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«Il concorso esterno prima non c’era, poi c’era, ora (forse) non c’è più» . Con queste parole un autore ha descritto l’impatto che la sen235 -

tenza Villecco ha avuto sulla questione del concorso esterno. 236

Sebbene prima facie sembra che la pronuncia presti ossequio non solo formale ma anche sostanziale alla sentenza Demitry del 1994, in real- tà, ad uno sguardo più approfondito, si nota come conduca un “lavorio ai fianchi” al fine di screditarne la tesi, così da mettere nuovamente in discussione la configurabilità in diritto del concorso esterno e prepara- re il terreno ad un nuovo accesso alle Sezioni Unite che, poi, si pro- nunceranno il 30 ottobre 2002 , ancora una volta in senso favorevo237 -

le, pur non essendosi venuto a formare un vero e proprio contrasto giurisprudenziale . 238

Oggetto della decisione era l’impugnazione di un’ordinanza cautelare di custodia in carcere in cui era stato ritenuto configurabile in capo agli indagati fratelli Villecco, Francesco e Rocco, sia il delitto di cui all’art. 648-ter c.p., aggravato dall’art. 7 d.l. 13 maggio 1991, n. 152,

Cit. F.M. Iacoviello, Concorso esterno in associazione mafiosa, op. cit., 2073. 235

Cass. Sez. VI, 21 settembre 2000, Villecco, in Foro it., 2001, II, 405, con nota di 236

C. Visconti; in Cass. pen., 2001, 2064, con nota di F.M. Iacoviello, Concorso ester- no in associazione mafiosa: il fatto non è più previsto dalla giurisprudenza come reato.

Cass. Sez. Un., 30 ottobre 2002, Carnevale, in Foro it., 2003, II, 450 ss., con 237

note di G. Fiandaca e di G. Di Chiara; in Riv. it. dir. e proc. pen., 2004, 342 ss., con nota di G. Denora, Sulla qualità di concorrente “esterno”, 353.

Anche la sentenza Carnevale si esprime nel senso della configurabilità del concorso esterno, partendo dalla Demitry, ne va ad affinare le argomentazioni.

Da notarsi, infatti, che nella stessa sentenza Carnevale si osserva, ad un certo 238

punto, che «la giurisprudenza si è pressoché uniformata ai contenuti e ai principi espressi nella pronunzia delle Sezioni Unite del 1994, senza compiere alcuna rielab- orazione dei medesimi, se si eccettua la sentenza Villecco».

conv. in l. 12 luglio 1991, n. 203, sia il concorso nell’associazione ma- fiosa.

Secondo i giudici di legittimità, invece, le condotte contestate pote239 -

vano tutt’al più ritenersi suscettibili di integrare il primo reato di im- piego di capitali di provenienza illecita, ma non anche il concorso esterno in associazione mafiosa così come delineato dalle Sezioni Unite, sicché rigettano il ricorso degli indagati riguardante la prima fattispecie e accolgono, invece, quello concernente la seconda fatti- specie, seppur «per ragioni diverse da quelle indicate nei ricorsi». È con un «abnorme obiter dictum» che la Sezione VI sottopone a 240

vaglio critico l’intero apparato argomentativo nonché le conclusioni della sentenza Demitry del 5 ottobre 1994.

Dal punto di vista oggettivo, si afferma, sarebbe tutto da dimostrare che l’art. 416-bis c.p. delinei un vero e proprio reato a concorso neces- sario e non piuttosto una fattispecie monosoggettiva caratterizzata da un momento «statico» che acquista una proiezione dinamica solo in relazione ai fini, cioè «senza considerare che l’associazione, se scatu- risce da un accordo, nel momento in cui si costituisce, resta uno schema aperto in cui possono inserirsi, di volta in volta, soggetti di- versi che il sodalizio chiama a far parte, così da rivelare la distinzione

In concorso tra loro i fratelli Villecco avevano impiegato in attività economiche e 239

finanziarie, vale a dire nella gestione di un caseificio e di un pub, la somma di lire 1.200.000.000, ricevuta dal clan camorristico formato da Roberto Procida e dai suoi familiari, quale provento di estorsioni e di truffe ai danni dell’INPS.

Successivamente i Villecco avevano fatto richiesta di lire 500.000.000, da utilizzare sempre in attività imprenditoriali; a tutto questo si aggiunge un’intensità di rapporti tra i Villecco ed i Procida, relativi proprio all’impiego di capitali, ai conseguenti interessi ed all’utilizzazione degli importi «mutuati», unitamente alle minacce per mancata restituzione di somme espressamente indicate come oggetto di «riciclag- gio», tale da attestare, secondo i giudici del Tribunale di Salerno, un «grave panora- ma indiziario».

Così lo definiscono C. Visconti, Contiguità alla mafia, op. cit., 217 e G. Fianda

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tra associazione (nella sua dimensione “statica”) e delitti fine (nella loro dimensione “dinamica”)». Infatti, se anche l’espressione far parte postula un’adesione, quindi, una partecipazione, si tratterebbe tuttavia di momenti distinguibili concettualmente anche se non sotto il profilo «diacronico».

Passando al piano dell’elemento soggettivo, affermare che possa ipo- tizzarsi un concorso con dolo generico in un reato a dolo specifico a condizione che altro concorrente abbia agito con la finalità richiesta dalla legge, cioè con dolo specifico , senza che ciò stia a significare 241

che il concorrente non voglia il suo contributo e non si renda conto che questo contributo gli viene richiesto per agevolare l’associazione, ma più semplicemente che il concorrente eventuale, pur consapevole di agevolare l’associazione, può disinteressarsi della strategia com- plessiva di quest’ultima e degli obiettivi che la stessa si propone di conseguire, è, per i giudici della sentenza Villecco, una «conclusione davvero inquietante, perché mentre, da un lato, ci si trova in presenza di un dolo di “agevolazione”, che non può non incentrarsi sulla posi- zione del partecipe, dall’altro lato, tutto si esaurisce nell’accertamento dell’esistenza del dolo di “agevolazione”», di conseguenza, «se il fe- nomeno si restringe all’agevolazione, poiché la legge tipicizza le ipo- tesi di agevolazione con dolo di agevolazione, se ne dovrebbe trarre a corollario che le altre ipotesi di agevolazione non siano penalmente rilevanti».

Già da questo sornione attacco si comprende quale sia il vero intento dei giudici, ma in più si aggiunge la più incisiva sferzata sferrata al requisito della «fibrillazione», cioè dell’emergenza della vita associa-

Per la Sentenza Demitry è sufficiente — lo si deve ribadire — che il concorrente 241

abbia la consapevolezza che altri fa parte e ha voglia di far parte dell’associazione e agisce con la volontà di perseguirne i fini.

tiva, considerato il vero “tassello” posto dalla sentenza del 5 ottobre 1994 alla indiscriminata operatività del concorso esterno, giacché «il concorrente esterno deve sapere che con la sua opera salva l’associ- azione».

Il presupposto, infatti, dimostrerebbe tutta la sua contraddittorietà ri- spetto all’attività del concorrente morale: nell’esempio del padre che, ormai fuori dal sodalizio, determina il figlio ad entrare a far parte del- l’associazione, non si ravvisa la pretesa fase di fibrillazione, ma, ciò nonostante, lo si considera pacificamente un’ipotesi di concorso ester- no, seppur morale. È, quindi, contraddittorio affermare che il concorso esterno morale sia sempre ammissibile, mentre il concorso esterno materiale lo sia soltanto nei momenti di fibrillazione della vita dell’as- sociazione mafiosa . 242

Come si può constatare, tra “voli pindarici”, detto e non detto, accese critiche, i giudici, seppur sibillini, non negano esplicitamente il con- corso esterno nel reato associativo, ma affermano che, anche a volerlo ammettere, l’ordinanza è entrata in contrasto con la configurazione che dello stesso è stata data dalle Sezioni Unite nella sentenza Demi- try, quindi, annullano l’ordinanza cautelare per mancanza di motiva- zione in ordine alla sussistenza dello stato di crisi o «fibrillazione» dell’associazione, ritenendo, inoltre, che la natura del vizio riscontrato

Per i giudici «l’argomento pare davvero decisivo proprio perché il punto più 242

significativo della parte della sentenza (Demitry, n.d.r.) che ammette il concorso e- sterno materiale sembra incentrarsi sulla riconosciuta ipotizzabilità del concorso morale».

Nello stesso senso in dottrina v. F.M. Iacoviello, Concorso esterno in associazione mafiosa, op. cit., 2076, secondo il quale si tratterebbe di un’«obiezione in- confutabile».

non imponga l’applicazione dell’art. 618 c.p.p. e la conseguente ri- messione della questione alle Sezioni Unite . 243

Non si può che condividere la posizione di C. Visconti , secondo il 244

quale la vera massima da trarre sarebbe non già quella riportata nelle maggiori riviste specializzate, ossia la negazione della configurabilità del concorso esterno secondo l’impronta che hanno dato le Sezioni Unite nel 1994, bensì quella riportata nella rivista Foro italiano : 245

«La realizzazione di una condotta punibile ai sensi dell’art. 648-ter c.p., pur se aggravata dal fine di agevolare l’associazione mafiosa, non è di per sé sufficiente ad integrare in capo a un soggetto non facente parte del sodalizio gli estremi del concorso esterno nel reato di cui al- l’art. 416-bis c.p., a meno che non si traduca in un intervento di soste- gno all’organizzazione criminale tendente a farle superare una situa- zione di momentanea difficoltà, e sia comunque dimostrato che l’age- nte si sia avvalso della forza d’intimidazione del vincolo associativo di tipo mafioso e dello stato di assoggettamento che ne deriva».

Pur non spiccando per qualità o innovatività, anzi, trattandosi — se- condo un’opinione dottrinale — «di un pronunciamento che andrebbe

Leggendo i brevissimi paragrafi 10 e 11 che chiudono la corposa motivazione 243

della sentenza, ci si accorge che i giudici di legittimità ritengono di dover «superare, nel caso di specie, i rilievi problematici proposti sul complessivo apparato moti- vazionale della Sentenza Demitry, riflettendo sul fatto che, proprio alla stregua di tale decisione, dall’ordinanza impugnata emerge quanto si sia lontani dal presuppos- to condizionante l’ipotizzabilità del concorso esterno nel delitto di associazione mafiosa», facendosi qui riferimento al requisito della «fibrillazione»; rilevano, in- oltre, che i giudici a quibus non hanno tenuto nel dovuto conto che il «concorrente esterno deve avvalersi (anche se con dolo soltanto generico, ma pur sempre inten- zionale), della forza di intimidazione del vincolo associativo e della situazione di assoggettamento e omertà che ne deriva (…) dato sul quale l’ordinanza impugnata risulta del tutto silente, pur trattandosi di un aspetto dell’elemento oggettivo del reato decisamente designante».

C. Visconti, Contiguità alla mafia, op. cit., 218. 244

Foro it., 2001, II, 405. 245

ricordato, piuttosto, come una delle pagine meno felici dell’intera giu- risprudenza di legittimità, quanto a chiarezza degli enunciati e deci- frabilità dell’iter argomentativo, se non, talora, della stessa chiarezza del periodare» , la sentenza Villecco deve essere ricordata come un 246

tentativo di far «implodere» l’impostazione data dalle Sezioni Unite nel 1994 applicando pedissequamente la parte meno stringente e giu- ridicamente anche meno vincolante della sua motivazione, ossia quel- la dove si indica il “contesto situazionale” della «fibrillazione», o «patologia» della vita associativa, in presenza del quale i giudici ave- vano ritenuto più verosimile la sussistenza del nesso causale tra l’apporto dell’esterno e la vita dell’ente criminoso, con, per di più, l’aggiunta di un nuovo presupposto consistente nel richiedere, per la punibilità del concorrente, anche l’effettivo «avvalersi» della forza d’intimidazione del vincolo associativo . 247

In altri termini, la sentenza Villecco, altro non deve essere considerata che quella scintilla che, come ha efficacemente scritto F.M. Iacoviello, «riapre le ostilità sul concorso esterno» , tanto da indurre ad una 248

nuova remissione alle Sezioni Unite nel processo Carnevale.

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Parte II

La sentenza Carnevale

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SOMMARIO: 2.1 Il caso Carnevale: iter processuale e rimessione alle Sezioni Unite. - 2.2 L’elemento oggettivo del concorso esterno: i requisiti negativi. - 2.3 segue: i requisiti positivi. - 2.4 L’elemento soggettivo del concorso esterno. - 2.5 Il supera- mento della teoria della “fibrillazione”. - 2.6 Una novità nel rigetto degli argomenti “sistematici”.

C. Visconti, Contiguità alla mafia, op. cit., 217. 246

Ibidem. 247

Cit. F.M. Iacoviello, Concorso esterno in associazione mafiosa, op. cit., 2073. 248

2.1 Il caso Carnevale: iter processuale e rimessione alle Sezioni

Unite.

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Le Sezioni Unite, mosse dall’esigenza di dirimere alcuni contrasti in- terpretativi sorti in ordine alla «tenuta» della sentenza Demitry, sono intervenute nuovamente, in posizione di sostanziale continuità rispetto alla pronuncia del 5 ottobre 1994, con la sentenza Carnevale , pun249 -

tualizzandone soluzioni ermeneutiche e argomentazioni, nonché preci- sandone le conclusioni . 250

Imputato era il dott. Corrado Carnevale, accusato di «aver contribuito in maniera non occasionale alla realizzazione degli scopi dell’associa- zione “Cosa nostra”, strumentalizzando le sue funzioni di presidente titolare della prima sezione penale della Corte di Cassazione ed assi- curando l’impunità agli esponenti di vertice e agli altri aderenti alla medesima organizzazione nei procedimenti penali nei quali costoro erano coinvolti», così da determinare «il mantenimento, il rafforza- mento e l’espansione dell’associazione», pur senza essere formalmen- te e organicamente inserito nella medesima.

Il Tribunale di Palermo, con sentenza 8 giugno 2000, aveva assolto l’imputato ai sensi dell’art. 530 comma 2° c.p.p., per insussistenza del fatto contestatogli, in particolare perché gli elementi di prova erano stati ritenuti insufficienti, «privi di quella efficienza causale necessaria alla integrazione della fattispecie contestata» . 251

Cass. Sez. Un., 30 ottobre 2002, Carnevale, in Foro it., 2003, II, 450 ss., con 249

note di G. Fiandaca e di G. Di Chiara; in Riv. it. dir. e proc. pen., 2004, 342 ss., con nota di G. Denora, Sulla qualità di concorrente “esterno”, 353 ss.

A. Gargani, Commento agli artt. da 414 a 421, op. cit., 3077. 250

I giudici di prime cure avevano interpretato il contributo del concorrente esterno 251

nel senso che dovesse avere una particolare efficienza causale, escludendo, pertanto, quei comportamenti da qualificare come meramente «sintomatici».

La sentenza veniva appellata su impugnazione del p.m. e la Corte di Appello di Palermo, con sentenza 29 giugno 2001, aveva rovesciato il verdetto in esito a differenti apprezzamenti dei fatti, dichiarando la colpevolezza dell’imputato e condannandolo alla pena di sei anni di reclusione, oltre che alle pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dell’interdizione legale durante l’esecuzione della pena, per aver svolto un’attività «complessivamente idonea ad incide- re, con efficacia determinante, sul contenuto delle decisioni», e per aver, di conseguenza, agevolato l’associazione mafiosa in un «fran- gente decisivo».

Nella motivazione, il giudice dell’appello mostra una piena adesione al principio della configurabilità del concorso esterno nel reato di as- sociazione mafiosa affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza 5 ot- tobre 1994 e specifica anche come, nell’ambito del c.d. “aggiustamen- to” di processi, possa distinguersi tra due modalità alternative di con- figurazione del concorso esterno, ossia «contributo occasionale e inge- renza in una pluralità di procedimenti: nel primo caso l’evento è con- cretato solo dall’aiuto effettivamente prestato (…) nel secondo caso la verifica di un’effettiva alterazione dei singoli giudizi è superflua, per- ché l’effetto di rafforzamento è già realizzabile assicurando all’asso- ciazione lo stabile apporto di un soggetto infungibile nell’apparato giudiziario».

Contro la sentenza di appello, l’imputato aveva poi proposto ricorso per cassazione: denunciava pregiudizialmente la violazione degli artt. 110 e 416-bis c.p., investendo il problema della configurabilità nel no- stro ordinamento del concorso esterno nel delitto di associazione ma- fiosa, e, pur prescindendo dalla configurabilità giuridica dell’istituto, la sua non integrazione nel caso concreto in quanto le condotte attri- buite all’imputato non potevano contribuire causalmente al rafforza-

mento dell’associazione secondo lo schema enunciato dalla Demitry, che soltanto un effettivo aggiustamento della sentenza avrebbe potuto fare. Infine, denunciava la violazione dei criteri di valutazione della prova, essendo state utilizzate come prove testimoniali, peraltro deci- sive, le deposizioni coperte da segreto d’ufficio di altri giudici penali della Cassazione e non essendosi preso in considerazione l’aspetto, strettamente collegato alle particolari funzioni di cui era investito l’imputato e nel cui ambito si sarebbero poste in essere le illiceità at- tribuitegli, della natura collegiale delle sentenze pronunciate: secondo quanto riporta il ricorrente, la decisione è un atto unitario, alla forma- zione del quale concorrono i singoli componenti del Collegio in base allo stesso titolo e agli stessi doveri, è una somma di distinte volontà e convincimenti, la cui sintesi — operata secondo la regola maggiorita- ria — rende la decisione impersonale, imputabile al Collegio nel suo insieme, pertanto, se si sostiene che una determinata scelta collettiva, imputabile all’organo collegiale nel suo complesso, rappresenti invece il risultato raggiunto attraverso l’alterazione del regolare procedimen- to formativo della volontà collegiale, addebitabile ad un singolo sog- getto, occorre fornire una prova rigorosa di una condotta, da parte di quest’ultimo, se non di vera e propria coartazione e prevaricazione, almeno di concreto condizionamento esercitato sulla volontà dei com- ponenti del Collegio o di qualcuno di essi e che si siano perciò orien- tati ad operare proprio in funzione di quell’illecito intervento.

Pervenuti gli atti alla Corte di Cassazione, i difensori avevano deposi- tato istanza di assegnazione alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 610 comma 2° c.p.p., per «la risoluzione del contrasto insorto tra talune decisioni di singole sezioni con la più recente sentenza delle Sezioni Unite 5 ottobre 1994, n. 16, ric. Demitry, in ordine alla configurabilità,

alla stregua del sistema penale vigente, del concorso eventuale nel rea- to di associazione di tipo mafioso».

Le Sezioni Unite, investite della questione, hanno decretato l’annu- llamento senza rinvio della sentenza del giudice dell’appello , per252 -

ché «il fatto ascritto al ricorrente non sussiste»: infatti, una volta di- chiarate inutilizzabili ex art. 191 c.p.p. le deposizioni testimoniali dei giudici penali della Cassazione assunte nel procedimento, nelle parti afferenti le opinioni e i voti espressi nel segreto della camera di consi- glio , la decisione di colpevolezza del giudice di secondo grado ri253 -

mane «assolutamente carente nell’individuazione di elementi che pos- sano ritenersi davvero idonei a dimostrare che le deliberazioni della Cassazione (…) non furono espressione della volontà collegiale for- matasi liberamente attraverso l’apporto di volontà individuali deter- minatesi autonomamente, indipendentemente da influenze e condizio- namenti altrui, bensì il risultato del comportamento dell’imputato, il- lecito in quanto volto a favorire l’associazione criminale Cosa nostra».

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