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Per questo rilievo cfr. G.A. De Francesco, Paradigmi generali e concrete scelte 265

repressive, op. cit., 3502: essendo l’accordo incentrato esclusivamente su una plural- ità di condotte convergenti verso uno scopo delittuoso, non richiede la presenza in concreto di quell’ulteriore “evento”, per così dire, dato dall’esistenza di un’autono- ma struttura organizzativa (l’associazione appunto); è allora evidente che limitarsi a postulare, ai fini del concorso esterno, un nesso d’influenza sulle singole condotte di partecipazione, trascurandone il diretto collegamento con l’associazione-evento del reato, non possa che condurre ad una configurazione di tale forma di concorso in nulla differente da quella prospettabile in relazione ad uno o più comportamenti des- tinati ad esaurirsi in un puro e semplice fenomeno di accordo-cooperazione nel reato.

A completamento delle obiezioni v. retro 3.4, Cap I. 266

Ai fini della configurabilità del concorso esterno, la Suprema Corte richiede un «contributo concreto e specifico provvisto di un’effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento del- l’associazione».

Resta da risolvere il difficile problema dell’individuazione del livel267 -

lo di intensità o di qualità idoneo a considerare il concorso dell’agente come concorso nel reato di associazione per delinquere, in quanto si tratta, appunto, di «contributo concreto e specifico provvisto di un’ef- fettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamen- to dell’associazione».

A riguardo si è osservato che il contributo, essendo diretto all’associa- zione, non può che giovare sempre alla conservazione o al rafforza- mento della stessa, anche qualora sia minimo o impercettibile, ma, seguendo questa via, si di darebbe luogo a una parossistica estensione dell’area del concorso esterno. Se, invece, si pretende un contributo veramente notevole, allora questo dovrebbe essere apprezzato in pro- porzione alle dimensioni dell’associazione criminale, al grado di fun- zionalità operativa, all’intensità del suo radicamento nel territorio so- ciale e ad altri analoghi parametri, con la conseguenza, anche qui pa- radossale, che più è vasta, efficiente, vincente un’organizzazione cri- minale, più si restringe l’area del contributo giuridicamente apprezza- bile del concorrente eventuale.

Certo è, affermano i giudici, che non ogni contributo portato all’asso- ciazione può farsi rientrare tout court nello schema del concorso even-

Per A. D’Agostino, Il problema della configurabilità o non del concorso even

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tuale o esterno nei reati associativi, in Giust. pen., 1997, II, 330-31, proprio la man- cata sufficiente determinazione della condotta di concorso esterno penalmente rile- vante è una delle sue principali lacune: « (…) nella stessa sentenza si parla di “con- tributo” di “agevolazione”, ma non si dice in che cosa questi elementi debbano con- sistere (…) resta insomma, indefinita, e perciò avvolta nella nebulosa, l’area tipolog- ica alla quale quel contributo debba essere assegnato».

tuale: nel reato associativo, il risultato della condotta tipica è il “mega- evento” della conservazione o del rafforzamento del sodalizio illecito, quindi, qualora possa ritenersi con sicurezza che il concorrente esterno sia estraneo all’organizzazione, il contributo richiestogli dovrà essere apprezzato come idoneo, in termini di concretezza, specificità, e rile- vanza, a determinare, sotto il profilo causale, la conservazione o il raf- forzamento dell’associazione . 268

Tuttavia, si fa riferimento ad un giudizio di idoneità senza che sia 269

chiaro se questo vada elaborato in una prospettiva rigorosamente ex

post (come richiederebbe un’autentica logica di impostazione causale

tipica dei reati di evento) ovvero possa essere effettuato ex ante se- condo i criteri prognostici assimilabili al paradigma dell’aumento del

È evidente come non sia punibile a titolo di concorso esterno «la sola “contiguità 268

compiacente”, “vicinanza” o “disponibilità” nei riguardi del sodalizio o di suoi esponenti, anche di spicco, quando a siffatti atteggiamenti non si accompagnino pos- itive attività che abbiano fornito uno o più contributi suscettibili di produrre un oggettivo apporto di rafforzamento o di consolidamento sull’associazione o anche su un suo particolare settore. Occorre, in altre parole, il compimento di specifici inter- venti indirizzati a questo fine. Ciò che conta, infatti, non è la mera disponibilità del- l’esterno a conferire il contributo richiestogli dall’associazione, bensì l’effettività di tale contributo, e cioè che a seguito di un impulso proveniente dall’ente criminale il soggetto si è di fatto attivato nel senso indicatogli», in questo passaggio la Suprema Corte riprende testualmente C. Visconti, Il concorso esterno in associazione, op. cit., 1337.

Per C. Visconti, Contiguità alla mafia, op. cit., 227, questa precisazione della Corte deve essere intesa come monito rivolto alle giurisdizioni inferiori al fine di evitare che, nella prassi, il concorso esterno nell’associazione mafiosa venga impropria- mente impiegato alla stregua di uno strumento sanzionatorio di meri atteggiamenti sub-culturali o di comportamenti privi di consistenza offensiva.

Il riferimento all’idoneità non è una scelta innovativa, riprende, infatti, alcune 269

posizioni dottrinali che già avevano insistito su un accertamento dell’efficienza causale che richiedesse un contributo « — sia pure solo ex ante — idoneo, almeno al consolidamento o al mantenimento di quella particolare struttura organizzativa», cit. G. Spagnolo, L’associazione, op. cit., 140.

rischio . Quest’ultimo sembra il criterio scelto dalle Sezioni Unite, 270

ma è evidente come ad esso sia connesso il rischio di un’attribuzione di responsabilità per mero “aumento del rischio” di rafforzamento del- l’associazione . 271

Comunque, nessun peso decisivo si dovrà assegnare al fatto che l’atti- vità posta in essere sia continuativa, ripetuta, ovvero si tratti di un in- tervento occasionale, ossia di una singola prestazione . 272

Dovrà valutarsi esclusivamente «se la pluralità o l’unica attività posta in essere, per il grado di concretezza e specificità che la distingue e per la rilevanza causale che esprime, possa ritenersi idonea a conse- guire il risultato sopra menzionato».

A questo punto la Suprema Corte applica i principi enunciati in via generale al caso concreto in esame, riconducibile a quella particolare tipologia di “contiguità alla mafia” esprimentesi «nel comportamento

G. Fiandaca, La tormentosa vicenda, op. cit., 695; C. Visconti, Contiguità alla 270

mafia, op. cit., 240, si chiede se far leva sull’idoneità significhi, più che una causal- ità in concreto accertata ex post, un’attitudine ex ante di tipo generale, quindi, in altri termini, una causabilità, piuttosto che una causalità in senso proprio.

G. Denora, Sulla qualità di concorrente “esterno”, op. cit., 364. 271

Secondo le Sezioni Unite, invece, nell’accertamento del nesso causale nell’ipotesi di concorso esterno non sono da ravvisarsi difficoltà maggiori rispetto all’individu- azione dello stesso in un caso di condotta interna o, più in generale, di una condotta idonea ed univoca agli effetti del tentativo o nella ricostruzione delle singole respon- sabilità colpose individuali nel quadro dell’esercizio di attività complesse e via di- cendo.

Favorevole a questa soluzione era C.F. Grosso, La contiguità alla mafia, op. cit., 272

1192, secondo il quale bisognerà comunque valutare tenendo conto di tutti i para- metri a disposizione (importanza della prestazione in assoluto e/o con riferimento alle particolarità della situazione concreta, ampiezza e complessità della associ- azione criminosa, effetti della prestazione, importanza del soggetto che fornisce l’apporto, etc.), «con la precisazione ulteriore che trattandosi di prestazione continu- ativa, o anche soltanto ripetuta, si dovrà ulteriormente valutare con attenzione se il soggetto non sia per caso componente della organizzazione criminale quindi concor- rente necessario»; v. Id., Il concorso esterno, op. cit., 686; A. Ingroia, L’associ- azione, op. cit., 96-7; G. Spagnolo, L’associazione, op. cit., 138-39; A. Valiante, L’avvocato dei mafiosi, op. cit., 829.

del magistrato volto a favorire non già un singolo associato bensì il sodalizio mafioso nel suo complesso: vale a dire il caso del c.d. “ag- giustamento” di un processo penale che rischia di disarticolare l’ente associativo, e la cui neutralizzazione, di conseguenza, viene a costitui- re un obbiettivo privilegiato dalle strategie del sodalizio, che dell’im- punità fa una parte delle sue principali prerogative».

Secondo la Cassazione «la soluzione rigorosa — del concorso even- tuale in reato associativo — si impone anche nel caso in cui la condot- ta del magistrato sia una condotta episodica e isolata, posto che il con- seguito “aggiustamento” anche di un solo processo penale a favore di un’associazione mafiosa costituisce pur sempre un contributo di e- strema rilevanza alle strategie del sodalizio volte a salvaguardare la sua sopravvivenza». Quando, invece, non si tratta di un comportamen- to isolato, volto cioè a falsare l’esito di un singolo procedimento, «ma di un’attività reiterata e costante di intervento nell’ambito di una serie di procedimenti, specie se tutti dotati di caratteristiche di particolare rilevanza per il sodalizio criminale», può risultare anche «non essen- ziale, ai fini della configurabilità del concorso esterno, l’esito favore- vole delle condotte, vale a dire l’effettivo “aggiustamento” di ogni procedimento o di ogni singola decisione, dal momento che che è pro- prio nella reiterata e costante attività di ingerenza che va ravvisata l’idoneità del contributo apportato dall’extraneus: non potendosi dubi- tare che la condotta posta in essere da quest’ultimo determina negli esponenti del sodalizio la consapevolezza di poter contare sul sicuro apporto di un soggetto qualificato, operante in istituzioni giudiziarie e

un tale effetto costituisce, di per sé solo, un indiscutibile rafforzamen- to della struttura associativa» . 273

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