• Non ci sono risultati.

!

Tra le prime obiezioni degli autori contrari al concorso esterno nel rea- to associativo abbiamo quella per cui dalla combinazione della disci- plina del concorso di persone nel reato, afflitta dal carattere tautologi- co della definizione generale , e dall’incertezza, rectius vuotezza, dei 128

contenuti tipizzanti propria delle fattispecie associative, deriverebbe un perverso connubio pericoloso per la stabilità dei principi costitu- zionali in materia penale.

In primo luogo, si denuncia la lesione del principio di legalità e, più precisamente, di quella sua articolazione costituita dal principio di tas- satività o determinatezza della fattispecie penale: la strutturale inde- terminatezza della condotta di partecipazione cui si combina la voca- zione estensiva della punibilità propria del concorso di persone, ri- schia di porre nella mani della giurisprudenza un formidabile strumen- to con cui operare una sorta di giustizia del caso concreto, al di fuori del canone di tassatività dell’applicazione della legge penale . 129

Tuttavia, se da un lato non si può sottacere la necessità di una rivisita- zione dell’istituto generale del concorso di persone nel reato da parte del legislatore in un’ottica di maggiore rispetto del principio di deter- minatezza, dall’altro non si può non sottolineare che trincerarsi dietro

In cui non si dice quando si concorre, ma solo che è punito chi concorre. 128

Tra le critiche più convincenti si segnalano G.A. De Francesco, Paradigmi generali e concrete scelte repressive nella risposta penale alle forme di cooperazione in attiv- ità mafiosa, in Cass. pen., 1996, 3487 ss.; G. Grasso, Disciplina normativa della compartecipazione criminosa e principio di tassatività della fattispecie, in Le dis- crasie tra dottrina e giurisprudenza in diritto penale, a cura di A. Stile, Jovene, 1991, 131 ss.; G. Insolera, voce Concorso di persone nel reato, op. cit., 458 ss.; L. Monaco, La riforma dell’art. 110 del codice penale italiano. Spunti introduttivi, in Problemi generali di diritto penale, a cura di G. Vassalli, 1982, 120 ss.

G. Insolera, Il concorso esterno nei delitti associativi, op. cit., 427 ss.; A. Manna, 129

astratte affermazioni di principio non fa altro che impedire il dialogo tra teoria e prassi in un ambito in cui se ne avverte il bisogno, dato che le esigenze di difesa sociale continuano ad essere incalzanti, ora più che mai.

Si denuncia, altresì, la lesione del principio di uguaglianza, in quanto si verrebbero a punire in egual modo, alla luce del principio della pari responsabilità dei concorrenti sancito dall’art. 110 c.p., comportamenti di gravità assai diversa e, sia oggettivamente che soggettivamente, di- versi anche in rerum natura . Sotto questo profilo, nonostante non si 130

possa non apprezzare la particolare sensibilità costituzionale espressa da tale obiezione, si osserva che la stessa censura può allora essere mossa a qualsiasi applicazione del concorso di persone nel nostro si- stema penale, stante la scelta del legislatore del ’30 per un modello indifferenziato di responsabilità concorsuale . 131

Ben altra capacità incisiva ha l’argomento, più volte ripreso anche dal- la giurisprudenza, della indistinguibilità logico-giuridica tra partecipa- zione (interna) e concorso (esterno) con conseguente superfluità, sotto il profilo politico-criminale, dello strumento concorsuale.

Secondo G. Contento non è «ipotizzabile un concorso di terzi che non si risolva, esso stesso, in una partecipazione all’associazione e acqui- sti, quindi, rilevanza penale non più come comportamento concorsua- le, ma come condotta tipica punibile ex se, ai sensi della varie norme di parte speciale». Partendo dalla fattispecie di assistenza agli associa-

G. Contento, Il concorso di persone nei reati associativi e plurisoggettivi, op. 130

cit., 110 ss.; A. Manna, L’ammissibilità di un c.d. concorso “esterno”, op. cit., 1196. Peraltro parametri generali quali quelli di cui all’art. 133 c.p. o, eventualmente, 131

all’art. 114 c.p., consentono senz’altro al giudice di quantificare e rapportare la pena all’effettivo contributo apportato dal concorrente all’associazione, oltre che alla ca- pacità a delinquere dello stesso; v. C.G. Paci, Osservazioni sull’ammissibilità, op. cit., 545 ss.; C. Visconti, Il concorso esterno tra aspetti di costituzionalità e prospet- tive di riforma legislativa, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1998, 751 ss.

ti ex art. 418 c.p. che punisce specifiche forme di sostegno ai membri dell’associazione non corredate dall’animus soci, si evince che che non è sufficiente un mero contributo causale per integrare il concorso nel reato, occorrendo altresì «un particolare atteggiamento subbiettivo, cioè l’intento appunto di partecipare». Ma se anche per il concorrente esterno è necessario riscontrare un simile profilo psicologico, oltre al contributo all’associazione, diventa pressoché inutile interrogarsi in punto di diritto sulla configurabilità o meno del concorso esterno nel reato associativo, visto che ci si troverebbe già al cospetto di una con- dotta recante tutti i requisiti della partecipazione associativa . 132

Altro autore approda alla medesima conclusione proseguendo per 133

un diverso percorso: la condotta partecipativa non deve essere ricon- dotta al modello c.d. organizzatorio facente perno sulla nozione ri- stretta di mera assunzione di un ruolo all’interno del sodalizio, bensì alla più ampia nozione data dal modello c.d. causale, per il quale è fondamentale una rilevanza causale della condotta rispetto alla vita associativa, prescindendo dal fatto che il soggetto abbia assunto o meno un ruolo nell’organigramma associativo. Se «da un lato l’auto- noma incriminazione della partecipazione all’associazione si fonda nella rilevanza causale del contributo rispetto all’organizzazione cri-

Secondo l’autore la condotta partecipativa si inserisce nella realizzazione 132

plurisoggettiva del reato associativo, cioè un’organizzazione stabile e permanente funzionale all’esecuzione di un programma criminoso, ed è inquadrata come fat- tispecie monosoggettiva per integrare la quale è sufficiente, sul piano oggettivo, che «l’aderente manifesti in concreto (ad es. mediante l’accettazione di un determinato ruolo) la sua disponibilità ad assolvere» i compiti assegnatigli dall’organizzazione criminale, senza che sia poi indispensabile che, in concreto, il partecipe faccia mate- rialmente qualcosa; mentre, sul piano soggettivo, occorre l'affectio societatis, consis- tente nella coscienza e volontà di essere membro dell’associazione e di farne proprie le finalità e gli obiettivi.

G. Insolera, Problemi di struttura, op. cit. 148-9; Id., Il concorso esterno nei 133

minale, dall’altra parte su un’analoga dinamica di tipizzazione si im- pernia il concorso eventuale», ne consegue che «o il contributo appare significativo e adeguato rispetto alla struttura organizzativa predispo- sta alla realizzazione di determinati reati (i c.d. delitti scopo), ed allora verseremo in un caso di partecipazione all’associazione, ovvero in mancanza di tale connotazione, esuleremo dall’ambito di rilevanza penale».

Un’ampia monografia sviluppa una diversa tesi che approda alla ne- gazione del concorso esterno all’associazione, ammettendo il concor- so esterno alla partecipazione nell’associazione . Il concorso esterno 134

all’associazione viene negato in quanto darebbe luogo a tre “aporie dogmatiche” suscettibili di provocare, in sede applicativa, effetti spe- requativi nel trattamento penale riservato rispettivamente al concor- rente esterno e al partecipante interno.

La prima “aporia” consisterebbe nell’applicabilità al concorrente esterno, a differenza del partecipante, dell’aggravante delle cinque o più persone prevista dall’art. 112, n. 1, c.p., in materia di concorso di persone . L’aggravante in questione, non applicabile al partecipe in 135

quanto prevarrebbe il dettato della fattispecie incriminatrice di parte speciale, trova applicazione rispetto al concorrente esterno, che per

V.B. Muscatiello, Il concorso esterno, op. cit., 78 ss., 140 ss.; Id., Sul concorso 134

"esterno" nei reati associativi, in Indice pen., 1996, I, 75; vedi anche F.M. Iacoviel- lo, Il concorso eventuale, op. cit., 863 ss.; Id., Concorso esterno in associazione mafiosa: il fatto non è più previsto dalla giurisprudenza come reato, in Cass. pen., 2001, 2073 ss.

Cosicché il concorrente esterno, già equiparato quoad poenam al partecipe, si 135

vedrebbe applicato un ulteriore aggravamento di pena, nonostante la sua condotta sia innegabilmente meno pericolosa ed intrisa di un minor disvalore.

sua natura, è sottoposto alle norme di disciplina del concorso di per- sone . 136

La “seconda aporia” è individuata nella possibilità di applicare al con- corrente esterno la rigorosa disciplina ex art. 116 c.p., che neanche teoricamente può essere applicata al partecipe interno. La dottrina in esame formula il seguente esempio in chiave esemplificativa: «si dia il caso che tre o più persone si siano associate per la commissione di azioni dirette a realizzare profitti ingiusti per sé o per altri, e che in quest’attività illecita usufruiscano del contributo esterno di un concor- rente, nelle forme ad esempio di un contributo in denaro, o della mes- sa a disposizione di un proprio immobile per le riunioni illecite del sodalizio e che l’associazione così costituita, utilizzando il contributo fornito da tutti i compartecipi, interni o esterni, per volontà di taluno o anche di tutti i soci, ma non anche del “socio” esterno, modifichi il piano delittuoso e realizzi, o si appresti a realizzare, fra l’altro, taluno

V.B. Muscatiello, Il concorso esterno, op. cit., 91 ss.; altro autore, C. Visconti, Il 136

concorso esterno in associazione mafiosa, op. cit., 1315-16, smonta l’argomento: «la dottrina ritiene, quasi unanimemente, che le norme di disciplina proprie del con- corso possano essere applicate ai reati necessariamente plurisoggettivi compatibil- mente con la struttura di ciascuno e con le indicazioni desumibili dalla loro fat- tispecie legale». Osservando l’art. 112, n. 1, c.p. si nota come il legislatore abbia condizionato l’applicabilità dell’aggravante all’assenza di controindicazioni nella fattispecie incriminatrice mediante l’inciso «salvo che la legge disponga altrimenti». In questo senso è orientata la dottrina, quasi unanime.

L’indagine deve, quindi, essere spostata sulle singole fattispecie incriminatrici: nel- l’associazione per delinquere semplice ex art. 416 c.p. il legislatore ha previsto al- l’ultimo comma un’aggravante specifica nel caso in cui gli associati siano più di dieci, si attribuisce rilevanza aggravante a un numero di persone superiore a quello minimo di tre soltanto qualora venga raggiunta la quota di dieci. Dando luogo alle affermazioni di Muscatiello, qualora, ad esempio, vi fossero nove partecipanti e cinque concorrenti esterni, ai primi non sarebbe applicabile l’aggravante speciale, mentre ai secondi sarebbe applicabile l’aggravante di cui all’art. 112 n. 1, c.p., con l’effetto sperequativo denunciato. Passando poi al delitto di associazione mafiosa ex art. 416-bis c.p. il discorso si fa ancor più palese: il legislatore ha espresso disinter- esse per il numero massimo di partecipanti, quindi si può escludere che il sistema possa interessarsi del numero di concorrenti eventuali; sul punto cfr. G.A. De Francesco, Gli artt. 416, 416-bis, 416-ter, 417, 418 c.p., op. cit., 42 ss.

dei delitti volti ad attentare all’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato, dando vita per tal guisa ad un organismo non più di tipo comu- ne, ma con una precipua finalità politica» . 137

In siffatta ipotesi, avremmo dei partecipanti che risponderanno del reato di associazione semplice, non di cospirazione politica mediante associazione in quanto hanno ritenuto di non aderire o contribuire dal momento del mutamento dello scopo sociale dell’ente; un concorrente esterno il quale, invece, sarà chiamato a rispondere dell’evento diver- so da quello voluto, e cioè della cospirazione politica rispetto all’asso- ciazione semplice, proprio per l’applicazione dell’art. 116 c.p. 138

Infine, la “terza aporia”: il concorrente esterno si vedrebbe riservato, in materia di desistenza volontaria e recesso attivo, un trattamento meno benevolo rispetto a quello di cui potrebbe usufruire il parteci- pe . Infatti il primo, per approfittare della non punibilità prevista al 139

3° comma dell’art. 56 o della diminuzione di pena di cui al comma

V.B. Muscatiello, Il concorso esterno, op. cit., 95. 137

C. Visconti, Il concorso esterno in associazione mafiosa, op. cit., 1316-17, si 138

oppone a tale ricostruzione: già sotto un primo aspetto è difficile immaginare casi simili che, eufemisticamente, non sono certo all’ordine del giorno, ma se anche si dovessero verificare, non si avrebbe niente di più che un’ordinaria applicazione del- la norma di cui all’art. 116 c.p.: tra il partecipante che recede dall’associazione per- ché non vuole essere coinvolto nel mutamento dello scopo sociale e il concorrente eventuale che si affida in toto alle determinazioni altrui per la commissione di un reato, la norma fissata dall’art. 116 c.p., piaccia o non piaccia, porta a punire con più rigore il secondo. Il discorso quindi riguarda non tanto la configurabilità giuridica del concorso esterno nel reato associativo, quanto la congruità costituzionale dell’is- tituto ex art. 116 c.p. (sul quale si v. per tutti A. Pagliaro, La responsabilità del partecipe per il reato diverso da quello voluto, Milano, 1966, passim).

V.B. Muscatiello, Il concorso esterno, op. cit., 96 ss. 139

successivo, sarebbe costretto ad eliminare gli effetti prodotti dalla sua condotta, mentre al secondo basterebbe recedere dall’associazione140. Conclusa la pars destruens tesa demolire la configurabilità del concor- so esterno all’associazione, l’autore sviluppa la pars construens in cui riconosce l’istituto del concorso esterno, ma non lo riferisce all’asso- ciazione, bensì alla partecipazione nell’associazione141.

Seppur non privo di spunti accattivanti — è soprattutto da evidenziare il tentativo di semplificare e circoscrivere il fatto punibile riferendo la rilevanza causale della condotta del terzo estraneo ad un quid empiri- camente più afferrabile e delimitato rispetto all’organizzazione asso- ciativa unitariamente considerata, ovvero l’altrui condotta di parteci- pazione associativa — «il rimedio escogitato è verosimilmente più rischioso del male»142. Per questa via si giunge, infatti, ad un’esten- sione della punibilità a forme di contiguità risolventesi in un mero au- silio ai singoli membri del sodalizio criminale, le quali invece prati- cando il modello concorsuale riferito all’intera associazione, o sareb- bero punite ai sensi di altre fattispecie incriminatrici (assistenza agli associati e favoreggiamento, ma anche le fattispecie dei reati-fine

Ancora una volta critico C. Visconti, Il concorso esterno in associazione 140

mafiosa, op. cit., 1318-19: in realtà la questione deve essere invertita, al partecipante è riservata in concreto la sola possibilità del ravvedimento, quindi l’eliminazione, mediante recesso dal vincolo associativo, del proprio apporto all’ente. Viceversa, la condotta del concorrente esterno che poi desiste può essere sussunta entro il 3° comma dell’art. 56 e quindi non risultare punibile (è riportato l’esempio di un soggetto che concorda con i capi dell’associazione criminale un suo interessamento per le sorti di un processo in cui sono coinvolti numerosi membri dell’organiz- zazione, e poi, però, desiste dall’intento non prendendo contatto con i magistrati che devono emettere la sentenza).

A suffragio è richiamata l’origine semantica che svelerebbe come il concorso 141

esterno si risolva in un «correre insieme» a che taluno «faccia parte» dell’associ- azione, cioè un concorso (eventuale) nel concorso (necessario) ovverosia una parte- cipazione (eventuale) nella partecipazione (necessaria); v. V.B. Muscatiello, Il con- corso esterno, op. cit., 136.

Cit. C. Visconti, Contiguità alla mafia, op. cit., 302. 142

eventualmente commessi materialmente dagli affiliati con l’ausilio indiretto dei soggetti estranei)143, o non avrebbero rilevanza penale. Inoltre, non si punirebbero quelle condotte, prive di un preciso aggan- cio ad una singola posizione associativa, ma pure vantaggiose per l’intera organizzazione criminale.

!