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Come già rilevato, si tratta di quegli autori che pur ammettendo in astratto il concorso esterno nei reati associativi, pongono al centro del- la riflessione la questione dei limiti di ammissibilità del concorso esterno sul piano concreto della prassi giurisprudenziale.

Secondo G. Fiandaca, nonostante gli innumerevoli sforzi di precisa- zione e affinamento, la distinzione tra concorso materiale e partecipa- zione interna continua ad essere problematica ed evanescente.

Sul piano del profilo soggettivo, la distinzione per cui il partecipe agi- rebbe allo scopo di far raggiungere all’associazione i suoi fini, mentre il concorrente per finalità sue proprie , lascia troppa discrezionalità 144

al giudice nel decidere se accordare prevalenza agli uni o alle altre, è possibile che gli obiettivi propri dei concorrenti e quelli dell’associa-

C. Visconti, Il concorso esterno in associazione mafiosa, op. cit., 1320, riporta 143

(riprendendolo da V.B. Muscatiello, Il concorso esterno, op. cit., 169, nt. 179) l’esempio di Tizio che, partecipe in associazione criminosa, sfornito di autovettura o di patente, si fa accompagnare dall’amico Sempronio per partecipare alle riunioni periodiche dell’ente, rivelandogli il fine del passaggio e l’esistenza dell’associazione illecita. L’improvvisato autista risponderà di concorso esterno alla partecipazione (di Tizio) all’associazione in quanto «l’appoggio esterno, in tal caso, appare natural- mente e funzionalmente stabile e permanente, capace cioè di porsi come condicio sine qua non dell’altrui partecipazione». Per l’autore tale condotta sarebbe tutt’al più suscettibile di rientrare nell’ambito applicativo del reato di favoreggiamento.

G.A. De Francesco, Associazione per delinquere, op. cit., 1987, 310 ss.; A. In

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groia, Osservazioni su alcuni punti controversi dell’art. 416-bis c.p., in Foro it., 1989, II, 58; L. De Liguori, L’associazione mafiosa: pregiudiziali sociologiche e problemi interpretativi, in Giust. pen., 1987, 56 ss.

zione si sovrappongano e confondano. A ciò si aggiungano le serie difficoltà che tale sovrapposizione di interessi può provocare sul piano dell’accertamento probatorio, trattandosi di cogliere differenze di at- teggiamento psicologico fin troppo sottili e sfuggenti.

Sul piano dell’elemento materiale, l’adozione di una concezione «ri- stretta» di partecipazione (id est esplicito inserimento del soggetto nel- la struttura organizzativa dell’associazione da interpretarsi alla stregua di parametri formalistici) rischia di «svilire lo spessore oggettivo del contributo materiale e di privilegiare — per contro — una ricostruzio- ne del reato associativo in chiave soggettivistico-sintomatica»145. Altro autore146 si è chiesto come configurare in concreto il concorso esterno quando l’organizzazione criminosa è di proporzioni talmente vaste che «soltanto in presenza di una reiterazione in forma massiccia di una molteplicità di contributi di partecipazione alla vita e allo svi- luppo dell’ente delittuoso» si potrà affermare l’esistenza di un «nesso

G. Fiandaca, La contiguità mafiosa, op. cit., 476; in altre parole l’autore sta de

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nunciando il rischio che si corre riferendosi soltanto ad indicatori formali (ad es., rituali di iniziazione, regole di investitura formale etc.): se per ritenere integrata la condotta partecipativa può bastare un indicatore formale pur in assenza di un con- tributo materiale all’associazione (peraltro l’assunto che sia condizione sufficiente è da rivedere: il soggetto potrebbe anche essere stato cooptato nell’associazione, senza poi, di fatto, mai calarsi nel ruolo e svolgere alcun compito per l’associazione), non potrebbe dirsi altrettanto nel caso opposto in cui un contributo concreto e reiterato tipico del partecipe non sia accompagnato dall’indicatore formale suddetto, ecco perché la stessa dottrina che accoglie una nozione «ristretta» di partecipazione si trova poi costretta a dover ammettere una partecipazione per facta concludentia (v. G. Spagnolo, L’associazione, op. cit., 127); cfr. F. Albeggiani e G. Fiandaca, Strut- tura della mafia e riflessi penal processuali, in Foro it., 1989, II, 77; C. Visconti, Il tormentato cammino, op. cit., 565.

Sulle modalità di reclutamento ed ingresso in Cosa nostra e sui diversi livelli del vincolo associativo v. quanto hanno riferito i pentiti: audizione di Messina da parte della Commissione antimafia, op. cit., 514 ss.; audizione di Mutolo da parte della stessa, op. cit., 1237 ss.

G.A. De Francesco, Commento agli artt. 11-bis e 11-ter d.l. 8 giugno 1992, op. 146

cit., 131, che sembra riproporre la tesi del Trib. Catania 28 marzo 1991, in Foro it., II, 474.

tra l’attività del soggetto e la conservazione od il consolidamento della struttura associativa», ma, allora, la figura si troverebbe circoscritta a «spazi praticamente insignificanti per la difficoltà di differenziare — specialmente a fronte di un’attività esplicata in forma prolungata e continuativa — le ipotesi di concorso dalle condotte poste in essere in qualità di membri effettivi e permanenti dell’organizzazione delittuo- sa».

In un altro scritto lo stesso autore ritiene prospettabile un contributo del concorrente tale da potenziare ulteriormente e consolidare l’asso- ciazione «soltanto in presenza di fenomeni associativi che si trovino ancora ad uno stato del tutto embrionale e “rudimentale”, essendo evi- dente come, rispetto a questi, una qualsiasi prestazione materiale (pur- ché, ovviamente, non del tutto insignificante) rivolta a favore dell’as- sociazione possa apparire in qualche misura idonea a contribuire al “completamento” e consolidamento di una struttura organizzativa che non risultava ancora integralmente e definitivamente formata; ma un’analoga possibilità di riscontro non potrà non rivelarsi, viceversa, quanto meno problematica in presenza di associazioni — come quelle mafiose — già fortemente strutturate e dotate di risorse materiali (ed umane) di proporzioni talmente vaste ed imponenti da rendere estre- mamente difficile istituire una specifica correlazione “causale” tra la singola condotta di concorso ed un effetto di portata così rilevante come l’accrescimento ulteriore della potenzialità lesiva dell’organiz- zazione considerata nel suo complesso»147. Quindi, ribadisce l’autore, laddove l’organizzazione criminosa sia di vaste dimensioni è possibile ipotizzare un reale incremento e rafforzamento della sua potenzialità offensiva «soltanto in presenza di una reiterazione in forma massiccia

G.A. De Francesco, Dogmatica e politica criminale, op. cit., p. 1289 ss. 147

di una molteplicità di contributi di partecipazione alla vita e allo svi- luppo dell’ente delittuoso» con la conseguenza di restringere il con- corso eventuale nel reato associativo «entro spazi applicativi estre- mamente angusti per non dire praticamente insignificanti» e con il ri- schio di non riuscire più a distinguere tra partecipazione e concorso . 148

Anche secondo G. Spagnolo , pur non potendosi a priori escludere 149

la possibilità di applicare ai reati associativi le norme sul concorso di persone, occorre procedere con prudenza e grande cautela. Infatti, non è facile verificare l’adeguatezza in termini oggettivi e soggettivi del contributo rispetto alla vita del sodalizio e, tale verifica, sarebbe in- dispensabile per evitare di includere nell’area del concorso «anche comportamenti tanto distanti da quelli di vera e propria partecipazio- ne» . 150

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