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Conflitti nel campo letterario e nel campo politico

Nel documento Raccontare la storia al tempo delle crisi (pagine 81-89)

4. L'impegno ai tempi del tardo capitalismo

4.1 Conflitti nel campo letterario e nel campo politico

L'analisi di Pierre Bourdieu consente di disarticolare alcuni aspetti che emergono nell'analisi di Jameson, in particolare alla sua lettura del sistema culturale. Rispetto ad un capitalismo inteso come network totalizzante, le riflessioni di Bourdieu consentono di inserire delle differenziazioni, attraverso la nozione di campo:

un campo si definisce […] definendo poste in gioco e interessi specifici, che sono irriducibili alle poste e agli interessi propri ad altri campi (un filosofo è indifferente a questioni che per un geografo sono invece essenziali) e che non sono percepiti da chi non è stato costruito per entrare in quel campo. Ogni categoria di interessi implica l'indifferenza ad altri interessi, altri investimenti, votati così a essere percepiti come assurdi, insensati, o sublimi o disinteressati.149

Rivolgendo la sua attenzione alla letteratura, Bourdieu analizza come il campo letterario articoli un rapporto di relativa autonomia rispetto al potere sociale e politico, individualizzando nella Francia della seconda metà dell'Ottocento il contesto cruciale

148Enzo Traverso, Che fine hanno fatto gli intellettuali?, Ombre Corte, Verona, 2014, pp. 49-50.

149In Anna Boschetti, “Introduzione all'edizione italiana”, in Les régles de l'art (1992), trad. it. Le regole dell'arte. Genesi e struttura del campo letterario, Il Saggiatore, Milano, 2005, p.12.

per l'interpretazione di questo rapporto: all'interno di una società in cui la borghesia si è definitivamente affermata come la classe dominante, l'artista è più alle dipendenze di un mecenate o di un protettore che ne garantisce il reddito. Per sopravvivere lo scrittore deve quindi dedicarsi ad una serie di attività che gli attribuiscono un ruolo all'interno della società: scrittura sui giornali, critica, relazioni con altri scrittori. L'autonomia del campo letterario, invece di portare ad un'emancipazione degli scrittori, porta infatti ad una loro professionalizzazione e ad una “subordinazione strutturale” rispetto al potere politico ed economico.

Bourdieu ricostruisce così i rapporti in quello che si definisce come un mercato dei “beni simbolici”, laddove «il valore di mercato e quello propriamente simbolico rimangono relativamente indipendenti»150. Il campo letterario ha quindi le sue regole non scritte e i suoi equilibri che determinano il valore dell'opera d'arte:

entrare in un campo di produzione culturale, acquisendo un diritto d'ingresso che consiste essenzialmente nell'acquisizione di un codice specifico di comportamento e d'espressione, vuol dire scoprire l'universo finito delle libertà condizionate e delle potenzialità oggettive che esso propone, problemi da risolvere, possibilità stilistiche o tematiche da sfruttare, contraddizioni da superare, persino rotture rivoluzionarie da operare.151

Ogni “ingresso” all'interno del campo letterario produce un mutamento nelle tensioni che lo costituiscono, i suoi equilibri non sono dunque stabiliti una volta per tutte, ma dipendono da molteplici relazioni in continuo mutamento. La rottura rispetto a questi equilibri può avvenire all'interno di una lotta per un cambiamento del gusto del momento (e quindi in nome di un cambiamento formale), o in conseguenza all'adozione di un differente modo di produzione dell'opera. In questo senso, scrive Bourdieu, la storia del campo letterario è una ciclica storia di lotte per il riconoscimento e il raggiungimento di una posizione dominante. Tuttavia le rotture rispetto ad un determinato equilibrio avvengono in relazione a determinate condizioni di possibilità, ossia «occorre che esse già esistano allo stato potenziale all'interno del sistema dei possibili già realizzati, come lacune strutturali che sembrano attendere e chiedere di

150Pierre Bourdieu, Les régles de l'art (1992), trad. it. Le regole dell'arte. Genesi e struttura del campo letterario, Il Saggiatore, Milano, 2005, p. 206.

essere colmate»152. Ciò non esclude il fatto che il ruolo dello scrittore possa entrare in conflitto con il sistema editoriale o con il sistema politico in generale, ma che le sue pratiche debbano essere lette alla luce delle dinamiche del campo letterario: la stessa presa di posizione di Zola in favore di Dreyfus contro i rappresentanti dello Stato, che di fatto rappresenta il momento della “invenzione dell'intellettuale”, è resa possibile proprio dalle dinamiche connesse al campo letterario e in particolare grazie alla sua conquistata autonomia, in virtù della quale Zola interviene nel campo politico stesso, ma con armi che non sono quelle della politica»153.

È anche attraverso questa analisi che è possibile leggere la recente ondata di romanzi storici e il parallelo ritorno alla necessità di un impegno sociale da parte degli scrittori. Una volta individuata l'assenza di impegno come una delle caratteristiche che ha segnato la letteratura a partire dagli anni Ottanta fino alla fine degli anni Novanta, la generazione di scrittori successiva ha espresso questo elemento come termine di rottura rispetto all'equilibrio esistente. Tuttavia è lecito chiedersi se questa forma di impegno non sia a sua volta stata assorbita all'interno degli equilibri del campo letterario, se quindi sia diventata quindi una condizione per la possibilità di ingresso, di divulgazione e di successo di diversi romanzi e diversi autori.

Secondo l'analisi di Bourdieu, il successo delle opere è un elemento che può essere letto come sintomo di tale fenomeno. La produzione di massa ha portato ad una distinzione, all'interno del campo, tra prodotti immediatamente consumabili (i cosiddetti bestseller) e i prodotti di avanguardia, un termine che Bourdieu utilizza ancora, sebbene non per indicare un movimento artistico storicamente determinato, bensì per riferirsi a quelle opere che provocano una rottura ed una ridefinizione dei rapporti all'interno del campo. Secondo tale distinzione, bestseller e prodotti di “avanguardia” prevedono un diverso tipo investimento da parte delle case editrici, obbligate a prevedere il tipo di consumo verrà fatto del libro che viene pubblicato. Da questo punto di vista non esiste alcuna garanzia al di fuori del successo già ottenuto:

il capitale “economico” non può assicurare I profitti specifici offerti dal campo- e nello stesso tempo I profitti “economici” che spesso ne derivano- se non riconvertendosi in

152Ibid. 153Ivi, p. 197.

capitale simbolico. La sola accumulazione legittima, per l'autore come per il critico, per il mercante di quadri come per l'editore o il direttore di teatro, consiste nel farsi un nome, un nome conosciuto e riconosciuto, vero e proprio capitale di consacrazione che implica il potere di consacrare gli oggetti (è l'effetto di marca o di firma) o persone (con la pubblicazione, la mostra ecc.), di dar quindi valore e di trarre profitti da tale operazione.154

Ecco così che il nome di uno scrittore diventa un logo, un marchio di garanzia dall'enorme valore simbolico, spendibile sul mercato. Diventando un elemento che può facilitare la vendita del prodotto, la vita stessa di uno scrittore può essere messa a valore e sfruttata economicamente. Anche per questo motivo le rotture che Bourdieu individua all'interno del mondo dell'arte sono sempre legate ad una posizione economica, attraverso un meccanismo che marca un'opposizione tra arte e denaro: per questo motivo il soggetto che pratica la rottura è legato ad una “purezza” originaria, slegata dal coinvolgimento economico:

l'opposizione tra arte e denaro (il “commerciale”) è il principio generatore della maggior parte dei giudizi che, in maniera di teatro, di cinema, di pittura, di letteratura, pretendono di stabilire la frontiera tra ciò che è arte e ciò che non lo è, tra l'arte “borghese” e l'arte “intellettuale”, tra l'arte “tradizionale” e 'arte “d'avanguardia”.155

Fare parte delle avanguardie implica dunque la dichiarata appartenenza ad un tipo di arte slegata dal mondo del mercato, una convinzione priva di base dato che, sostiene Bourdieu, anche chi si dichiara esterno rispetto ad uno specifico sistema socio- economico è comunque determinato dallo stesso. Il campo letterario è dunque subordinato al campo politico, sebbene si tratti di un equilibrio che può essere rideterminato:

il livello d'autonomia di un campo di produzione culturale si rivela nel grado in cui il principio di gerarchizzazione esterno è subordinato al principio di gerarchizzazione interno: più l'autonomia è grande, più il rapporto di forze simbolico è favorevole ai produttori maggiormente indipendenti dalla domanda.156

154Ivi, p. 215. 155Ivi, p. 231. 156Ivi, p. 291.

Tale relazione si gioca sull'opposizione tra autonomia (il grado di libertà da agenti esterni al campo letterario) e “eteronomia” (il grado di influenza degli agenti esterni). A queste questioni Bourdieu dedica diverse pagine, contenute nel Post Scriptum che chiude le pagine delle Les Régles de l’art. I produttori culturali contemporanei sono, secondo Bourdieu, sempre più alle prese con un rapporto di forza sfavorevole nei confronti del datore di lavoro:

i produttori legati a grandi burocrazie culturali (giornali, radio, televisione) sono sempre più costretti ad accettare e adottare norme e vincoli legati alle esigenze del mercato e, in particolare, alle pressioni più o meno forti e dirette degli inserzionisti; ed essi tendono, più o meno inconsciamente a costituire in misura universale dell'eccellenza intellettuale le forme dell'attività intellettuale alle quali le loro condizioni di lavoro li costringono (penso per esempio al fast writing e al fast reading che costituiscono spesso la legge della produzione e della critica giornalistiche).157

Attraverso quest'ottica è possibile guardare ad alcuni casi avvenuti nel contesto portoghese degli ultimi anni, facendo riferimento all'abbandono della casa editrice Leya da parte di alcuni tra i più noti scrittori in lingua portoghese dell'ultimo decennio: si tratta di scrittori di fama internazionale come Richard Zimler, José Eduardo Agualusa, Mario de Carvalho, João Tordo, Miguel Sousa Tavares. Persino la moglie di Pilar del Rio, moglie di José Saramago, decide di ritirare le opere del marito defunto dal catalogo Leya158. Intervistati sulle ragioni di questa decisione, la maggior parte di questi ha risposto in maniera evasiva sostenendo che la decisione di tale allontanamento è avvenuta in forma pacifica e di mutuo rispetto. Tuttavia Richard Zimler ha giustificato la sua scelta di lasciare il gruppo Leya dopo venti anni di collaborazione, sostenendo che non sentiva valorizzata dovutamente la sua presenza. Zimler ha così affermato di non sentirsi rispettato in quanto «scrittore che si guadagna da vivere con i propri libri». Secondo l'autore il problema con gli editori riguarda tanto il rapporto di lavoro, quanto le richieste formali di adattamento del testo secondo criteri commerciali, difficilmente negoziabili da parte dell'autore «a meno che non sia un autore già consacrato o un

157Ivi, p. 434.

premio Nobel»159:

gli autori avranno sempre di più questo problema. Ma è necessario dire che ci sono molte proposte da parte degli editori che sono pertinenti e giustificate. Non ho nulla in contrario a questi suggerimenti, a volte eccellenti, che hanno lo scopo di migliorare il libro. Oltretutto questo mi è già successo. Il problema sorge quando vogliono solo rendere il libro più commerciale. Comprendo che vogliano vendere libri. Ed è difficile conciliare questa necessità di creare un eccellente romanzo e al tempo stesso soddisfare criteri commerciali. A volte non è proprio possibile.160

A partire da questa rottura Zimbler di avviare una collaborazione con una casa editrice relativamente minore, la Porto Editora.

La stessa scelta viene praticata da Miguel Sousa Tavares, il quale dichiara che la Leya ha «ucciso l'identità delle case editrici»161. In merito alle condizioni di lavoro con il

gruppo Leya, Tavares ha dichiarato:

non ho mai accettato la proposta di pubblicare un romanzo ogni anno, così come non ho accettato l'ultima proposta della Leya che era di pagarmi immediatamente un anticipo molto cospicuo per un mio eventuale e futuro romanzo.162

Sulla base di queste interviste, è dunque possibile ricostruire un'attività editoriale votata al successo commerciale dei suoi autori, che impone alti ritmi lavorativi (un romanzo l'anno) e caratteristiche formali che orientano l’opera in termini “commerciali”. Queste imposizioni si scontrano con un'opposizione individuale da parte degli autori che preferiscono una casa editrice meno potente ma che fornisce maggiori garanzie lavorative. Difficilmente è possibile definire questa scelta come una forma di “impegno”, tuttavia è innegabile che si tratti di una forma di “resistenza”, sebbene gestita in maniera assolutamente individuale.

Occorre però rilevare che queste tensioni emergono in un ambito specifico della

159Richard Zimler, “Intervista”, Jornale de Letras, Artes e Ideias, 22\01\2014. 160Ivi.

161Isabel Coutinho, “Miguel Sousa Taveres abandonou o grupo Leya que nã considera «vocacionado para a edição dos livros»”, Público, 23\01\2014.

letteratura: Richard Zimler, Miguel Sousa Tavares, João Tordo, Mário de Carvalho, sono infatti autori diventati noti per i loro romanzi storici, uno dei filoni letterari in cui le case editrici hanno maggiormente investito negli ultimi anni, riscontrando un particolare interesse da parte del pubblico. Risulta quindi che proprio in quei settori più redditizi, i meccanismi di disciplina si fanno sentire con maggior decisione. Questi meccanismi disciplinanti rivelano però un'ulteriore conseguenza: attraverso l'imposizione di ritmi e norme formali le case editrici hanno il potere di influire sulle narrazioni a carattere storico, la qual cosa può comportare (come di fatto avviene) ampie ripercussioni per quel che riguarda il dibattito relativo alla narrazione Storia.

4. 2 La cattura della vita

Le analisi di Bourdieu sono un punto di riferimento per le riflessioni sul rapporto autore-mercato in ambito post-coloniale. Tali studi si riferiscono ad autori provenienti dalle ex-colonie (per lo più inglesi) e che sono ora al centro di una riflessione che investe la letteratura a livello mondiale.

Rilevando l'aumento esponenziale di studi, ricerche, cattedre, pubblicazioni riguardanti l'ambito post-coloniale e registrando la centralità che esso assume nel centro del mercato editoriale anglo-americano, Graham Huggan si chiede: «cosa avviene quando i prodotti marginali, esplicitamente valutati per le loro proprietà di 'resistenza', sono posti all'interno del mainstream come mezzi di una cultura che rinvigorisce il

mainstream?»163. L' “autenticità” dell'autore che proviene da un sistema esterno è un elemento che produce un nuovo immaginario “esotico”, in grado quindi di restituire l'immagine dell'altro, riconducendolo però entro i canoni e i valori accettati dal lettore medio (in questo caso anglo-americano). Si tratterebbe così di una forma di addomesticamento degli elementi di diversità, disinnescando ogni elemento in grado di destabilizzare il sistema.

Eppure questo diventa spesso diventa la condizione per entrare all'interno del sistema di produzione letteraria. A partire da questa condizione l'attività dello scrittore postcoloniale consiste proprio nel prendere atto di quest'ambiguità, nel tentativo di rideterminarla a proprio favore. Da questo punto di vista il postcolonialismo, definito da

Huggan come ciò che «lavora verso la dissoluzione delle epistemologie imperiali e le strutture istituzionali»164, non condivide con il postmodernismo la mancanza di un impegno politico. Riguardo alla definizione di quest'ultimo Huggan è infatti estremamente radicale:

il postcolonialismo […] diventa un intellettualismo anti-coloniale che legge e valorizza i segni di una lotta sociale nelle faglie del testo culturale e letterario. Il postcolonialismo, in questo senso, condivide ovviamente parte della preoccupazione relativista del postmodernismo. Tuttavia, non condivide, o comunque non ambisce a farlo, quella mancanza di impegno del postmodernismo, la sua narcisista ossessione col gioco, o la sua cornice di riferimento eurocentrico.165

L'analisi di Sarah Brouillette prosegue in linea con quella di Huggan, partendo dall'idea che l'elemento esotico sia a tutti gli effetti diventato un prodotto di consumo a disposizione di una comunità di lettori perfettamente individuati come una nicchia di mercato. La stessa identità dell'autore è oggetto di un'operazione commerciale: essere nati o provenire da un determinato luogo comporta dunque un riconoscimento a livello letterario e una spendibilità sul mercato. Brouillette arriva così a sostenere che l'attività dello scrittore di ambito postcoloniale consista esattamente nel prendere coscienza di questo elemento ed elaborare delle strategie al fine di produrne una decostruzione:

il successo della brandizzazione dell'autore è in parte attribuibile allo sviluppo dei media commerciali che promuovono l'espansione e la proliferazione dei molti modi in cui un libro può essere promosso. I pubblicitari hanno riscontrato la funzionalità e l'economicità di forme di pubblicità che si focalizza sugli autori.166

L'autore in questo caso non emerge da un contesto neutrale, bensì da un contesto a sua volta costruito. Come scrive Brennan, ripreso da Brouillet, «provenire da “altrove” in questo senso è prima di tutto una sorta di passaporto letterario che identifica l'artista

164 Ivi

165Graham Huggan, The Postcolonial Exotic. Marketing the Margins, Londra, Routledge, 2001, p. 6 (trad. mia).

166Sarah Brouillette, Postcolonial writers and the Global Literary Marketplace, New York, PalgraveMacMillan, 2007, p. 66 (trad. mia).

come qualcuno che proviene da una regione di sottosviluppo e di sofferenza»167.

Senza addentrarsi eccessivamente in questo ambito (che ha caratteristiche specifiche che non possono essere del tutto fatte rientrare all'interno delle analisi fin qui condotte), è tuttavia possibile chiedersi se non vi sia qualcosa di simile tra questa messa in rilievo della vita dell'autore e alcuni fenomeni letterari che hanno interessato il campo della scrittura della storia. Se quindi l'uso dell'identità stessa di un autore in quanto brand, marchio utile per conquistare una fetta di mercato, non sia un meccanismo tipico nell'intero mercato letterario.

Nel documento Raccontare la storia al tempo delle crisi (pagine 81-89)