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La riappropriazione della storia

Nel documento Raccontare la storia al tempo delle crisi (pagine 141-146)

4. L'impegno ai tempi del tardo capitalismo

5.2 Mia Couto, le ragioni di un'inclusione

5.3.2 La riappropriazione della storia

"Q" porta l'offensiva direttamente al cuore dell'industria culturale italiana, nel suo punto più debole: la narrativa. Nel momento in cui il minimalismo generazionale brizziano/cannibalesco/santacrociano è morente, "Q" interviene a dargli il colpo di grazia e - si spera - a soppiantarlo, o quanto meno a fare da battistrada per una nuova tendenza.261

L'ingresso di Luther Blissett nel panorama letterario è in effetti un passaggio decisivo per la letteratura italiana contemporanea. Prima di tutto proprio per come gli stessi Luther Blisset si pongono nei confronti del panorama letterario facendosi carico di una volontà di rigetto rispetto ad esso. Da questo punto di vista l'attività narrativa funzione non è determinante solo nel percorso letterario, essa è anche come fondamento di un percorso politico di rottura rispetto al sistema letterario. Ciò comporta un'operazione di autonarrazione che se da un lato può essere letta come la scusa per acquisire notorietà, dall'altro svolge un ruolo di riappropriazione della possibilità di una presa di parola. Q è pubblicato da Einaudi nel 1999 con la firma Luther Blissett. Al suo interno sono ben evidenti elementi che caratterizzavano il Luther Blissett Project: il romanzo narra le vicende di un personaggio senza nome, senza passato e senza alcuna caratterizzazione fisica, che attraversa le lotte contadine del XVI secolo, nell'epoca delle cosiddette guerre di religione. Il protagonista, che nel corso della vicenda assume una decina di identità differenti, è sempre schierato dalla parte di coloro che saranno sconfitti e riesce a salvare la vita sempre all'ultimo istante, per poi cambiare luogo e iniziare una nuova lotta. Q diventa dunque un modo per ri-raccontare il passato e metterlo in gioco alla luce del presente. Il libro si inserisce perfettamente nella logica di «strappare i miti dalle mani dei reazionari»262, con la differenza che in questo caso non è solo la Storia ad essere oggetto di una riappropriazione, bensì la stessa possibilità di costruire e divulgare

261 Luther Blissett, “Quattro facce di Q”, 08/03/1999, disponibile all'indirizzo: http://www.lutherblissett.net/archive/.

262 Wu Ming, Spettri di Münster all'alba, in Giap. L'archivio e la strada. Scritti 2010-2012, Simplicissimus Book Farm Srl, 2013.

una narrazione che inedita rispetto a quanto richiesto dal mercato. Lo stesso genere del romanzo storico rappresenta in realtà una rottura rispetto al panorama letterario della fine degli anni Novanta e come tale viene intesa dal collettivo stesso: «noi usiamo la Storia per estrarre le storie, nel senso che crediamo che la letteratura consiste nel raccontare storie che abbiano un capo, una coda e un intreccio in mezzo, abbiano dei personaggi, coinvolgano la gente. Tutte robe che nella letteratura italiana degli ultimi anni non si è fatta»263.

Da più parti emergono voci che accostano la figura di Luther Blissett a quella di Umberto Eco e specialmente a Il Nome della Rosa. All'ipotesi che dietro all'identità del collettivo si celi proprio Umberto Eco, Luther Blissett risponde che «l'accostamento a Eco è l'appiglio di chi fa finta di leggere i libri»264. In realtà le connessioni tra i due romanzi ci sono, anche semplicemente per il fatto che Eco è uno degli autori che a livello mondiale ha dato nuovo impulso al romanzo storico contemporaneo. Tuttavia si tratta di un legame che non può essere considerato esclusivo: l'uso della forma del romanzo storico, l'utilizzo di materiali e forme della cultura di massa, sono, come si è già scritto, caratteristiche comuni a gran parte della letteratura occidentale a partire dagli anni Ottanta.

L'ingresso di Luther Blissett nel panorama letterario dà effettivamente avvio ad un'inversione di tendenza. Ad ampliare la ricezione e la circolazione del romanzo è l'attualità politica: nei lettori dell'epoca (quelli vicini al Luther Blissett Project, ma non solo), il romanzo delle rivoluzioni fallite crea un'immediata connessione con la situazione del presente. I giochi di potere della Chiesa e delle banche, che proprio nel XVI secolo cominciano a nascere in Europa, possono essere confrontati con la situazione politica dei grandi della terra che determinano i destini del mondo. In un'epoca in cui gli anni di tensione rivoluzionaria sembrano ormai lontani: le rivolte di Seattle del 1999 e il sorgere di un movimento globale viene così ricollegato alle rivoluzioni del romanzo.

263 Wu Ming 1, “Estratti dall'intervista-fiume di Wu Ming 1 alla rivista. Arranca. e al giornale Jungle World, Berlino, in un parco del quartiere Kreuzberg, 13 ottobre 2001” in Giap! Tre anni di narrazioni e movimenti. Storie per attraversare il deserto dagli autori di Q e 54, Einaudi, Torino, 2003, p. 53.

264 Luther Blissett, “Q-Luther Blissett, intervista a cura di Infoxoa”, Wu Ming Foundation, 20/11/1999 http://www.wumingfoundation.com.

Le giornate di Genova 2001, molto più degli attentati del 9/11, rappresentano un punto di svolta dell'attività letteraria di Wu Ming, che da quel momento mettono in discussione il proprio ruolo come produttori di “miti” all'interno dei movimenti. Ciò tuttavia non diminuisce l'attività politica del collettivo, né quella letteraria: Asce di

Guerra (2000 in collaborazione con Vitaliano Ravagli) e 54 (2001) sono le tappe

successive di un percorso letterario che punta alla letteratura come una forma di presa di posizione politica. Lo stesso vale per Manituana (2007), il romanzo sulla rivoluzione statunitense che ha comportato una gestazione di cinque anni. Come sottolinea Giuliana Benvenuti265, tutti questi romanzi raccontano avvenimenti storici già noti, secondo una prospettiva divergente rispetto alla narrazione dominante. Questo modo di guardare alla storia non implica il cedere alle tentazioni di un “realismo ingenuo”, né la velleità di sostituire la propria attività a quella dello storico. La storia è anzi letta come mito fondativo che può e deve essere riarticolato. In questo senso, rimettere in gioco un mito non vuol dire cedere alla sua forza persuasiva, bensì significa trovare in esso degli elementi che possono essere giocati in chiave emancipativa. Affinché ciò accada è necessario però rinunciare alla pretesa di un'unica verità storica. Da questo punto di vista è significativa la polemica sul revisionismo storico che ha avuto luogo in Italia (e non solo) all'inizio del millennio. In merito alla presa di posizione del presidente della regione Lazio, Francesco Storace, che condannava i libri di storia utilizzati nelle scuole in quanto succubi dell'influenza marxista266, Wu Ming scrivono:

chi ci conosce sa che non ci siamo mai stracciati le vesti sbraitando contro i revisionismi, non abbiamo mai presidiato i mausolei della Memoria storica. Il passato va rimesso in gioco, costantemente, radicalmente. Non si può che essere revisionisti, nel senso che bisogna ri-vedere, adottare nuovi sguardi, giocare d'anticipo.

Siamo una stecca nel coro di proteste indignate contro Storace e la sua proposta da Minculpop, ma è il coro che stona, non noi.267

265 Giuliana Benvenuti, Romanzo neostorico in Italia. Storia, memoria, narrazione, p. 80.

266 Simona Casalini, “Lazio, AN censura i libri di testo 'troppo filo-marxisti'”, La Repubblica, 10/11/2000.

267 Wu Ming, “Resistenza e revisioni storiche: cazzi nostri”, in Giap! Tre anni di narrazioni e movimenti. Storie per attraversare il deserto dagli autori di Q e 54, cur. Tommaso de Lorenzis, Einaudi, Torino, 2003, p. 207.

L'attività di ri-lettura della Storia da parte di Wu Ming è dunque un'operazione dichiaratamente di parte, condotta nel modo più collettivo possibile, non solo per via della forma-collettivo che il progetto assume, ma anche perché si tratta di un'operazione che chiama alla partecipazione di altri soggetti. Il collettivo, influenzato in questo anche dalle analisi di Henry Jenkins in Culture Convergence268 (di cui scrivono la prefazione

all'edizione italiana), svolge quindi l'operazione di rielaborare il contenuto della storia invitando i lettori a fare lo stesso con le loro opere. È il caso delle innumerevoli discussioni sui blog che a loro volta diventano parte integrante dell'oggetto letterario, nonché sua prosecuzione. È anche il caso del sito di Manituana, creato per accogliere narrazioni dei fan nelle loro diverse forme, ed è il caso di L'armata dei sonnambuli (2014), che già a pochi giorni dalla sua uscita stimolava produzioni di ogni tipo: maschere di Scaramouche, giochi di carte, laboratori di magnetismo, disegni. Riguardo all'ultimo romanzo si è anche sviluppata un progetto che sviluppa ulteriormente le teorie di Jenkins: #TifiamoScaramouche (nato da un'idea di Mauro Vanetti) è una proposta ai

fan del blog di comporre, su ispirazione all'ultimo romanzo di L'armata dei sonnambuli,

un'antologia di “storie di lotta di classe”, ambientate dal 1640 al 2010: ogni fan è dunque chiamato a scegliere un lustro specifico, per un totale di 74 racconti, partecipando così ad un'opera collettiva di riscrittura della storia269.

Il caso dei “book bloc”, rappresenta l'estrema articolazione di questo meccanismo. Con questa formula coniata dagli stessi Wu Ming270, si identificano gli scudi di plexiglas che, tra il 2010 e il 2012 (in Italia ma anche a Londra), vengono utilizzati nelle manifestazioni di piazza. Nella formula “book bloc” si sente ovviamente l'eco della pratica del “black block”, tuttavia al contempo si sottilinea una caratteristica estetica: gli scudi, utilizzati per resistere alle cariche della polizia, recano ben evidente il titolo del titolo di un libro e del nome del suo autore. In questo modo, in anni particolarmente vivi dal punto di vista delle proteste universitarie, i libri “scendono” in piazza insieme ai manifestanti, che mettono materialmente in gioco i saperi. Si tratta, anche in questo

268 Henry Jenkins, Convergence Culture: Where Old and New Media Collide (2006), trad. it. Cultura convergente, Apogeo, Milano, 2007.

269 Wu Ming, “#TifiamoScaramouche. Storie di guerra di classe nello spirito di Marat”, Giap!, 15/09/2014, Disponibile all'indirizzo: http://www.wumingfoundation.com.

270 Federico Mello, “Proteste studenti. Wu Ming 'Senza una narrazione ogni battaglia è persa'”, Il fatto quotidiano, 28/12/2010.

caso, di rielaborazioni di un'opera letteraria, nonché della sua continuazione.

Il momento di affermazione della pratica del book bloc coincide anche con il ritorno ad un rapporto più intenso con i movimenti politici, rispetto a quello avuto nei primi anni del duemila, sebbene con modalità differenti da quelle tenute in occasione del G8 di Genova. In questo cambiamento c'è anche una rilettura del percorso del collettivo in occasione di Genova 2001 e che viene reso esplicito in un post del 2009, il decennale della pubblicazione di Q, intitolato Spettri di Münster. Rifacendosi alle analisi di Furio Jesi attorno al concetto di mito e in particolare al concetto di “mito tecnicizzato”271, Wu Ming analizzano il proprio percorso all'interno del movimento della fine degli anni Novanta e ripercorrono il proprio avvicinamento alle giornate di Genova in quanto attivisti e in quanto narratori. Il fatto di non aver saputo leggere adeguatamente i segnali che di fatto prefiguravano la tragedia che si sarebbe consumata nelle strade di Genova, Wu Ming individuano il loro principale errore proprio nella loro attività di narratori. In particolare proprio con Dalle moltitudini d'Europa in marcia contro l'Impero e verso

Genova: «la metafora era fallace. Nessun assedio era in corso, perché non si poteva assediare un potere che era ovunque e la cui principale manifestazione erano flussi di elettroni in continuo transito di borsa valori in borsa valori. Quella fallacia avrebbe avuto conseguenze pesanti»272. Il G8 di Genova e il 9/11 vengono a più riprese individuati come i momenti che hanno causato un cambiamento nella letteratura italiana: la riproposizione della violenza di piazza, l'apertura di uno scenario di guerra attraverso lo shock della caduta delle World Trade Center rappresentano l'emergere di un conflitto taciuto e allontanato. Lo shock del 2001 è talmente forte che il secondo romanzo di del collettivo, 54, concluso appena pochi giorni dopo l'11 settembre 2001, pur trattando di temi riconducibili al nuovo contesto politico, sembra quasi appartenere ad un'altra epoca. Eppure 54 centra il punto, ricollocando una storia che evidentemente non era stata raccontata nel modo corretto.

271 Ossia un mito che viene “forzato”, principalmente a scopi politici. Il principale riferimento in questo senso rimane Furio Jesi, Spartacus. Simbologia della rivolta, Bollati Boringhieri, Torinio, 2000. Le riflessioni di Wu Ming sono contenute anche nel numero 31 della rivista Riga, dedicato a Furio Jesi e curato da Enrico Manera e Marco Belpoliti.

272 Wu Ming, “Spettri di Münster all'alba”, in Giap. L'archivio e la strada. Scritti 2010-2012, Simplicissimus Book Farm Srl, 2013, p. 69.

Nel documento Raccontare la storia al tempo delle crisi (pagine 141-146)