• Non ci sono risultati.

Crematorio

Nel documento Raccontare la storia al tempo delle crisi (pagine 106-112)

4. L'impegno ai tempi del tardo capitalismo

5.1 Rafael Chirbes

5.1.1 Crematorio

Come sottolinea Sabine Schmitz in un articolo su La caída de Madrid, i titoli dei libri di Chirbes contengono spesso un sottile gioco di riferimenti “ironico” rispetto al contenuto del romanzo, capace di creare connessioni inattese rispetto al contenuto del romanzo. E così La caída de Madrid non narra, come potrebbe pensare il lettore, la caduta di Madrid nel 1939 (l’evento che segna la fine della Guerra Civile), bensì le vicende della notte precedente la morte di Francisco Franco; La larga marcha non narra le vicende della Lunga Marcia guidata da Mao negli anni '30, bensì le vicende e i pensieri degli esponenti di tre generazioni, che si sviluppano dagli anni '40 agli anni '80; mentre il

estilo historiográfico de Rafael Chirbes”, in Mária-Teresa Ibañez Ehrlic (ed), ensayos sobre Rafael Chirbes, Iberoamericana/Vervuert, Madrid, 2006, p. 240.

titolo Los viejos amigos rappresenta un riferimento sarcastico alla relazione dei “vecchi amici” del romanzo, che in realtà provano sentimenti di amarezza e in alcuni casi di odio, l'uno nei confronti degli altri.

Anche nei confronti di Crematorio è possibile condurre una lettura analoga. Il titolo è prima di tutto un riferimento alla cremazione del corpo di Matías Bertomeu, protagonista assente del romanzo. Tuttavia è possibile leggere in esso un riferimento ai forni crematori dei campi di sterminio nazisti: si tratterebbe di un modo per comunicare al lettore che l'ordine sociale e politico che si stabilisce a seguito della fine del franchismo non è sintomo di un contesto di pace. Esso può anzi essere letto in continuità con i momenti di violenza che hanno contraddistinto il Ventesimo secolo. Ma il riferimento ai forni riguarda anche la cancellazione delle tracce del passato nel presente: il rimando più evidente si trova all'interno del monologo di Juan Mullor, studioso universitario impegnato a scrivere la biografia di un altro personaggio del libro, lo scrittore Federico Brouard, di cui registra gli sconclusionati aneddoti. È l'ultima occasione, dal momento che lo scrittore, malato di tumore, è già consapevole della propria morte ormai prossima:

Juan, mentre registra nella radio, pensa: Ti salverò per qualche tempo dalla gestapo del tempo, di distribuirò nei messaggi della rete, ti nasconderò nella penombra delle biblioteche, mostrerò il tuo volto nelle lezioncine universitarie. Le famiglie benintenzionate di Amburgo, di Norimberga, di Monaco, della Parigi occupata, nascondevano una bambina ebrea nella cantina di casa per liberarla dalla soluzione finale. Soffrica la bambina durante qualche tempo, correndo di armadio in armadio, di cantina in cantina, fino a che non era più possibile nasconderla in casa. Così la portavano da un posto all'altro per qualche giorno- altri appartamenti, cantine, soffitte- prima di decidersi ad abbandonarla in qualche terra di nessuno, in qualche luogo solitario in cui la bambina non potesse compromettere nessuno: il giorno dopo, la bambina era arrestata e, poco dopo, gasata.204

204«Juan, mientre graba en el magnetofón, piensa: Te salvaré durante algún tiempo de la gestapo del tiempo, te distribuiré en los mensajes de la red, te esconderé en la penumbra de las bibliotecas, mostraré tu rostro en los cursillos universitarios. Las familias bienintencionadas de Hamburgo, de Núremberg, de Múnich, del Paris ocupado, escondían una niñita judía en la despensa de casa para librarla de la solución final. Sufría la niña durante algún tiempo, corriendo de armario en armario, de sótano en sótano, hasta que resultaba ya imposible guardarla en casa. Entonces la llevaban de un sitio para otro durante algunos días- otros pisos, sótanos, buhardillas- antes de decidirse a abandonarla en alguna tierra de nadie, en algún lugar solitario en el que no comprometiera a nadie: al día siguiente, la niña era detenida y, poco después,

Un'azione del tutto vana, dunque, contro una «gestapo del tempo» che comunque sarà in grado di cancellare qualunque ricordo. E tuttavia non è solo la morte a cancellare le tracce del passato, si tratta al contrario di un meccanismo che coinvolge le vite stesse dei personaggi. Lo stesso Federico Brouard si vota all'autodistruzione trasformando la sua casa in una sorta di tomba all'interno della quale lasciarsi vivere nell'attesa che il tumore faccia il suo corso. Gli ultimi giorni della sua vita sono dedicati all'alcol, un'abitudine che ha in comune con l'amico Matías Bertomeu, a sua volta morto di cirrosi epatica. Nelle vite dei suoi personaggi rieccheggia quindi una dichiarazione che Chirbes rilascia in un'intervista del 2003: «la metà della mia generazione è nei bar ad acolizzarsi, oppure a guardare le partite di calcio»205. Con i personaggi di Matías e Federico Chirbes condivide non solo l'età anagrafica, ma anche la lotta politica, di cui ora pagano le conseguenze. Entrambi infatti vengono raffigurati come due sconfitti politici, disperati, intrappolati dal loro passato.

Il percorso politico di Matías viene descritto tramite i monologhi di suo fratello Ruben: prima attivista stalinista, vicino alla lotta armata e successivamente militante del partito comunista. La sua militanza termina negli anni Ottanta quando abbandona il partito socialista a cui aveva brevemente aderito, dopo aver mosso feroci critiche contro di esso. Tuttavia, secondo Matías in quel particolare momento storico il partito socialista era diventato, secondo le sue parole, «l'unica sinistra possibile»206, identificabile con quella voglia di “cambiamento” che connota il momento storico dei primi anni Ottanta e che Matías condivide, pur con diverse reticenze. La sua rinuncia, tuttavia, è pienamente marcata da un senso di “disillusione” destinato a lasciare un segno indelebile nella sua vita futura. Dopo l'abbandono del partito Matías si ritira nei possedimenti della famiglia, dove si dedica al lavoro della terra. Si tratta tuttavia di una strategia resistenziale: la stessa terra da lui coltivata dà pochi frutti e perde valore di anno in anno, mentre Matías si dedica sempre di più all'alcol, fino alla sua morte. La militanza di Matías si rivela del tutto inutile: non solo non avviene il cambiamento

gaseada.», Rafael Chirbes, Crematorio, Anagrama, Barcelona, 2007, p. 342.

205Rafael Chirbes, in Javier Rodríguez Marcos, “Las novelas se escriben contra la literatura”, El País, 21/07/2003.

politico a cui ha tanto aspirato, ma la sconfitta degli ideali da lui condivisi ha aperto le porte ad un modello di società che rinnega, contro il quale la lotta politica non sembra produrre alcun effetto.

Le vicende di Matías e Federico mostrano gli effetti della sconfitta di chi non è stato in grado di dare corpo ad una società differente. Si tratta infatti degli unici personaggi che hanno tentato di opporsi al vero protagonista del romanzo, l'architetto e imprenditore Ruben Bertomeu: per tutta la vita infatti Matías si è opposto alla cessione di terreni al fratello, organizzando proteste contro le sue attività di sfruttamento del territorio. Federico invece ha pubblicato un romanzo dove viene descritto un imprenditore senza scrupoli e accecato dal denaro, facilmente riconducibile alla figura di Ruben.

Ruben Bertomeu dipinge se stesso come il fratello responsabile che sempre ha dovuto occuparsi della famiglia, al contrario di Matías, il quale «non si è occupato mai di nessuno»207, neanche dell'anziana madre. Dopo aver collaborato con il partito comunista

(«chi non lo ha fatto», si chiede in uno dei suoi monologhi) a partire dagli anni della Transizione Ruben ha creato un impero turistico nella città immaginaria di Misent, una possibile Macondo spagnola208, un ambiente ristretto all'interno del quale tutto ciò che avviene è ricollegato ad un mondo e ad una storia ben più vasti. Tuttavia, a differenza di Macondo, i processi di modernizzazione non hanno nulla di «magico», essi hanno infatti trasformato la città in un polo turistico in cui regna la corruzione. Misent ha perso la propria identità, come sostiene Silvia, la figlia di Ruben, in una citazione nascosta del

Nome della Rosa:

rimangono i nomi delle cose, come idee a cui aspiriamo. I nomi servono per ambientar avventure, per tirar fuori cose che abbiamo dentro e non sappiamo come esprimere, nomi di personaggi, di luoghi, città (ogni volta meno: le buone comunicazioni, la mondializzazione, pongono tutto a portata di mano, rendono tutto uguale, eliminano ogni fascino alle cose...209

207Rafael Chirbes, Crematorio, Anagrama, Barcelona, p. 178.

208Javier Rodríguez Marcos, “Posguerra, ciudad de vacaciones”, El País, 16/08/2013. La città di Misent appare anche nei romanzi La buena letra e Los disparos del cazador.

209«Quedan los nombres de las cosas, como ideas a las que aspriamos. Los nombres sirven para ambientar aventuras, para sacar […] cosas que llevamos dentro y no sabemos cómo expresar, nombres de personajes, de lugares, ciudades (cada vez menos: las buenas comunicaciones, la mundialización, lo ponen todo al alcance de la mano, lo igualan todo, le quitan todo a la fascinación...», Rafael Chirbes, Crematorio, p. 192.

La citazione del Nome della rosa, così reinterpretata, conferisce un altro significato alle parole di Eco: la sempre maggiore distanza tra le parole e le cose viene ricollegata al rapido sviluppo economico e alle sue conseguenze.

Durante i numerosi diverbi tra padre e figlia, Ruben sottolinea come la critica di Silvia si scontri contro l'ammirazione di lei nei confronti delle grandi metropoli del mondo. Facendo riferimento al lavoro di restauratrice della figlia, Ruben afferma che Silvia «ha scelto di prendersi cura del passato, come se il passato di cui si prende cura non sia stato costruito distruggendo un passato anteriore»210. Inoltre, pur criticando l'attività del padre, Silvia usufruisce pienamente della sua ricchezza senza per questo preoccuparsi di come egli abbia costruito il suo impero: i primi anni dell'attività di Ruben si legano infatti al commercio di droga che veniva importata dal Messico. A queste operazioni si affiancano gli incendi che Ramón Collado, il suo braccio destro, appiccava nella regione con lo scopo di distruggere la vegetazione e far abbassare così il prezzo dei terreni. Collado è anche il responsabile delle minacce e delle violenze nei confronti dei concorrenti di Ruben: l'ascesa al successo di quest'ultimo è condotta infatti anche attraverso una violenza gestita nel silenzio. Tuttavia, queste operazioni si interrompono nel momento in cui l'impero economico di Ruben si stabilizza e pertanto il ricorso alla violenza non sembra più necessario. Allo stesso modo si interrompe il rapporto con Traian, l'imprenditore russo gestore di un club di prostitute che in diversi casi, facendo leva sui suoi legami con la malavita, ha risolto i problemi di Ruben.

Nella fase successiva delle sue attività questo tipo di affari è del tutto assente. La sua nuova giovane fidanzata, Monica, è assolutamente ignara delle azioni portate avanti da Ruben per costruire il suo successo. Per Monica, Ruben rappresenta l'uomo che ha costruito e che è diventato importante per la sua personalità dominante; nulla, in ciò che lei vede, reca le tracce del passato. Ma nel giorno della morte di Matías i ricordi del passato assumono una loro consistenza, bloccando i pensieri di Ruben che così rinvia continuamente la sua telefonata a Collado, finito in ospedale con una parte del corpo ustionata dopo che la sua auto è stata data alle fiamme. Ruben rinvia anche la visita all'obitorio: «ti sto vedendo», pensa all'inizio del romanzo, immaginando il fratello steso

210«Ha elegido cuidar el pasado, como si el pasado que ella cuda no se hubiera hecho a costa de destruir el pasado anterior», Rafael Chirbes, Crematorio, p. 367

sul letto dell'obitorio, eppure non arriva mai a vedere mai il corpo del fratello, immettendosi nel traffico di Misent, piuttosto di raggiungere l'ospedale.

La presenza fantasmatica di Matías obbliga Ruben a pensare al suo passato. Non è un caso che il suo primo ricordo a proposito del fratello sia una lettura ad alta voce delle parole minacciose di Edmond Dantès: «voglio essere la Provvidenza perché ciò che di più grande e di più bello può fare un uomo è ricompensare e castigare». Il ricordo di Matías obbliga Ruben a ricordare i dissidi col fratello, accusato di aver proclamato per tutta la vita ideali che si sono rivelati del tutto vani, come dimostrato dai suoi insuccessi. Le posizioni di Matías sono quindi considerate una forma di egoismo e di narcisismo:

Matías non ha mai volto gettarsi in un fuoco, né ardere; il suo fuoco solo accendeva le parole che pronunciava ai banconi dei bar o nelle riunioni chiusi di fedeli disposti ad ammirarlo; il suo sangue aveva più alcol che emoglobina, più gin che cloratina. Le parole ardevano nell'aria per qualche secondo e poi cadevano convertite in cenere. Erano solo strategie dell'io.211

Giudicando gli altri Ruben arriva a relativizzare le sue scelte più controverse, dichiarandosi l'unico ad essere riuscito a dare uno sbocco agli ideali di un tempo: i bungalow e i palazzi che lui costruisce sulle rive del Mediterraneo sono dei sogni che finalmente diventano alla portata di tutti. Si tratta di un sistema di giustificazioni che Juan inquadra perfettamente quando afferma che Ruben descrive se stesso come una vittima incolpevole del capitalismo che lo ha spinto ad arricchirsi. Tuttavia, il discorso di Ruben si poggia sul confronto con le scelte e i percorsi degli altri: chi appartiene alla generazione successiva rispetto a quella di Ruben, non è infatti meno ipocrita di lui. Nella fattispecie non lo è Silvia, che non si è mai preoccupata di quale fosse l'origine della ricchezza del padre. Ma lo stesso discorso vale per Juan che tuttavia si dichiara consapevole di appartenere ad una generazione che non ha mai voluto cambiare il mondo.

211«Matías nunca quiso arrojarse en una hoguera, ni arder; su fuego sólo encendía las palabras que pronunciaba en las barras de los bares, o en cerradas renuniones de fieles dispuestos a admirarlo; su sangre llevaba más alcohol que hemoglobina, más ginebra que cloratina. Las palabras ardían en el aire durante algunos segundos, y luego caían convertidas en ceniza. Eran sólo estrategias del yo», Rafael Chirbes, Crematorio, p. 229.

È nel confronto con un personaggio a lui coetaneo che il carattere e le scelte di Ruben emergono in tutta la loro contraddittorietà: nonostante abbia scritto un romanzo contro Ruben, Federico Brouard, dichiara di non riuscire a provare odio nei suoi confronti, sottolineando al contrario come in realtà tanto lui quanto Ruben hanno iniziato da un principio comune, quello di superare il grigiore della propria vita e della propria città. Se Federico e Matías si sono resi conto di non poter cambiare il mondo come volevano, entrambi hanno comunque scelto un percorso che non ha dato alcun frutto tangibile, al contrario di Ruben che si è dimostrato aver saputo cambiare il mondo intorno a lui. Il fallimento di Federico e Matías è dunque l'altro volto del successo di Ruben che rappresenta la fine di ogni possibile ideale e di ogni lotta per mondo diverso da quello esistente: quello costruito da Ruben si rivela così l'unico mondo possibile.

Tuttavia qualcosa non torna: il discorso auto-assolutorio di Ruben comporta un prezzo da pagare che consiste nella cancellazione di parte di se stessi, come dimostra la scena con cui si conclude il romanzo. Per Ruben la figura di Matías rappresenta uno snodo della sua vita a cui egli si rifiuta di rinunciare, ostinandosi a lasciare aperta la possibilità di tornare indietro. Per questo motivo, nelle pagine finali del romanzo, Ruben sembra voler fermare il tempo. Ritardando il più possibile il suo arrivo in obitorio, Ruben immagina il corpo del fratello come un oggetto in esposizione all'interno di un un museo: «adesso sei una installazione da museo contemporaneo, teso su un lenzuolo, su una lamina di metallo o su un tavolo di marmo212. Nelle righe che chiudono il romanzo Chirbes riprende dunque le stesse parole che lo hanno aperto, in una ripetizione che sembra congelare definitivamente il tempo, privandolo di un passato e di un futuro. Ruben non compie il passo finale di chiudere con il proprio passato perché sa che questo vuol dire perdere anche se stesso, dal momento che sa perfettamente che anche lui è destinato a diventare cenere e quindi scomparire per sempre. Si tratta dell'estrema resistenza di un personaggio che per non scendere a patti con se stesso rimanda continuamente il tempo dell'azione e, fissando il tempo, tenta di immortalarlo per sempre.

Nel documento Raccontare la storia al tempo delle crisi (pagine 106-112)