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Onde o mar termina e a terra espera

Nel documento Raccontare la storia al tempo delle crisi (pagine 61-67)

2. La logica culturale del tardo capitalismo

3.2 Onde o mar termina e a terra espera

La storia portoghese presenta un elemento decisivo nel passaggio tra dittatura e democrazia: se in Spagna la fase della cosiddetta Transizione è stata comunque gestita dalla vecchia classe dirigente, pur minacciata dalle spinte dei movimenti antifascisti, nel caso portoghese avviene un autentico processo rivoluzionario che chiama in causa innanzitutto la guerra nelle colonie (che in base alle differenti ottiche viene definita “guerra coloniale”, “di liberazione” o “de ultramar”), iniziata in Angola nel 1961 e poi allargatasi a Mozambico e Guinea, e il golpe militare del 1974 che dà origine al cosiddetto PREC (Processo Revolucionario em Curso), un momento di forte partecipazione popolare105 nella ridefinizione dello stato portoghese, la cui data di fine è riconducibile al 25 novembre 1975. La radicalità degli eventi e la necessità di riconfigurare l'identità del paese all'indomani della caduta del più duraturo regime fascista europeo, nonché del più longevo impero coloniale, fanno di questo passaggio un punto di riferimento per il cambiamento degli anni a seguire.

Tuttavia la fine dell'impero è un evento talmente significativo che la riflessione su di esso copre quasi per intero lo spazio della riflessione, che registra così una minore ricezione delle analisi di Lyotard e Jameson, così come delle critiche di Habermas. Al contrario di quanto avviene in Spagna, il processo di cambiamento culturale è totalmente incentrato su una rilettura ampia e partecipata della storia portoghese. Ciò non vuol dire che anche in Portogallo non avvenga un mutamento nella società e nel sistema culturale, ma più precisamente che si tratta di un processo che tarda più che altrove ad emergere.

105Cfr., Raquel Varela, História do Povo na revolução portuguesa. 1974-1975, Lisbona, Bertrand Editora, 2014.

Il maggiore interprete di questo cambiamento, dal punto di vista della critica culturale, è probabilmente Eduardo Lourenço. Nel volume a lui dedicato in occasione degli ottant'anni, da parte della rivista Colóquio/Letras, Sérgio Quaresma mette in evidenza la capacità di Lourenço di connettere la cultura portoghese ad un contesto europeo più ampio. Tuttavia le sue analisi non possono essere immediamente inserite nel filone del postmoderno, di cui comunque intercetta (e talvolta anticipa) alcune riflessioni. Questo ha probabilmente fatto sì che la critica di Lourenço sia poco conosciuta al di fuori del contesto portoghese e che la sua opera non venga presa come punto di riferimento per le analisi del periodo letterario postmoderno, sebbene egli stesso rilevi un mutamento che lo conduce a parlare di una «letteratura disinvolta»106. Le influenze di Lourenço sono piuttosto da ricercare nel poststrutturalismo francese, in particolare nell'opera di Foucault (sua è infatti la prefazione alla prima edizione portoghese de Les mots et les

choses).

A seguito della Revolução dos Cravos, Lourenço dichiara la necessità di immaginare un'identità nazionale «più ampia e diffusa, basata sulla lingua e sulla cultura»107, senza per questo ricadere nella totale frammentazione postmoderna, o tentare di recuperare gli elementi del “progetto moderno”. Il mito della “modernità” è anzi aspramente criticato, in quanto espressione di una forma di intendere la storia culturale europea legata agli stati occidentali e quindi non è del tutto assimilabile al contesto portoghese, in quanto esso è espressione di un altro percorso sia storico che culturale. Nelle parole di Roberto Vecchi, «se la storia del Portogallo è sempre stata letta in una dialettica problematica tra l'Atlantico e l'Europa, tra la deriva imperiale e le radici continentali, Eduardo Lourenço tenta di pensarla nei suoi movimenti combinati e non disgiuntivi, nei suoi contrappunti, nei suoi condizionamenti e trasformazioni reciproche»108.

Attraverso una riflessione che individua nella letteratura una fonte primaria per la

definizione della “iperidentità” portoghese, Lourenço avvia un'analisi dei miti legati alla cultura e alla storia portoghese: il mito del sebastianismo, il mito della saudade, il mito

106Cfr. Ana Paula Arnaut, Post-modernismo no romance português contemporâneo, ed. Libraria Almedina, Coimbra, 2002, p. 82 (trad. mia).

107Sérgio Quaresma, O papel das elites e o (ab)uso da História na construção labiríntica da identidade nacional, da Colóquio/Letras, 2009, n.170, p. 157 (trad. mia).

108Roberto Vecchi, O pensamento português, o crítico e a excepção, in Colóquio/Letras, 2009, n. 171, p. 145 (trad. mia).

del “quinto imperio”, dell'impresa coloniale, il mito dell'Europa illuminista, sono così riletti alla luce dei testi letterari, con particolare riferimento agli autori del romanticismo e all'opera di Fernando Pessoa.

Dopo la rivoluzione del '74, Lourenço pubblica una serie di articoli che interrogano la società portoghese sui principali avvenimenti in atto. I suoi articoli più feroci sono raccolti all'interno di un'antologia, dal titolo O fascismo nunca existiu, in cui l'assenza di un giudizio sul passato, già all'indomani della rivoluzione, è un elemento contraddittorio, se si pensa all'ampia mole di scritti letterari sulla guerra coloniale che appaiono immediatamente dopo la sua fine. Eppure la letteratura sembra essere un campo a sé: l'ampia e collettiva rilettura del passato portoghese paiono infatti insufficienti a costruire una memoria critica e altrettanto attiva sull'oggi:

il traumatismo salutare e l'eccesso di lucidità non hanno avuto molto tempo per mettere radici. Alla rivoluzione nascente è mancata la pedagogia virile e veridica che avrebbe potuto convertire questo traumatismo in un ricordo fecondante. Si è persa l'occasione unica di un ripensamento collettivo di questo fenomeno storico-politico che è stato la vita reale del paese durante quasi mezzo secolo.109

L'ingresso nella Cee rappresenta a sua volta un passaggio controverso, dal momento che il rischio è quello che l'Europa si converta in «un involucro vuoto, una realtà senza anima né memoria»110.

Anche José Saramago segnala l'assenza di una riflessione su quanto avviene in Portogallo a partire dalla seconda metà degli anni Settanta. Levantado do chão e

Memorial do convento, rappresentano il tentativo di una riscrittura della storia

portoghese, che tuttavia si scontra con l'oblio in cui sta cadendo il passato fascista. Questa situazione è denunciata con forza in O ano da morte de Ricardo Reis (1984) dove il protagonista, il poeta nato dalla fantasia di Fernando Pessoa, rivive le vicende di uno degli anni più drammatici del fascismo europeo, il 1936.

Pur non concentrandosi sull'analisi della società dello spettacolo e sul cambiamento nei

109Eduardo Lourenço, O fascismo nunca existiu, 25/01/1976, in Eduardo Lourenço, O fascismo nunca existiu, Publicações Dom Quixote, Lisba, 1976, p. 178 (trad. mia).

110Eduardo Lourenço, “Da Europa como cultura”, 1989, in Eduardo Lourenço, Nós e a Europa ou as duas razões. Imprensa nacional- Casa da Moeda, Lisboa, 1994.

modi di produzione in atto, tanto Eduardo Lourenço quando José Saramago individuano i cambiamenti che altrove sono analizzati attraverso una riflessione sul concetto di postmoderno. Oltre a loro i riferimenti sono piuttosto pochi. Fernando Guimarães, nel 1989, afferma che negli anni Ottanta «è arrivato nella letteratura il concetto del postmoderno»111, nato in campo filosofico per esprimere la crisi del “senso della modernità”. Eduardo Prado Coelho, riferendosi al campo della poesia analizza: «a questa dispersione affabile, senza pulsioni evidenti di affermazione generazionale, né messaggi programmati, né entusiasmi eccessivi, possiamodare il nome, disponibile e ambiguo come quasi tutti quelli che si trovano per simili funzioni, di postmodernità»112. Mentre João Barrente scrive il suo “requiem per il postmoderno” ancora prima che in Portogallo nasca un vero e proprio dibattito, il postmoderno è infatti definito come un unicorno di cui tutti parlano ma che «non è mai stato visto nei boschi portoghesi»113. In

realtà, come sottolinea Carlos Ceias, è la stessa struttura universitaria portoghese, a rendere difficile lo sviluppo di un dibattito su questi temi114. Per arrivare ad un uso argomentato e preciso di questa parola in Portogallo in ambito letterario è necessario attendere un articolo di Maria Alvira Seixo, Narrativa e Ficção. Problemas de tempo e

Espaço na Literatura Europeia do Pós-Modernismo, del 1994115.

Il primo tentativo di sistematizzazione della letteratura portoghese attraverso la critica postmoderna è quello di Maria Fátima de Marinho, con il saggio O romance histórico

em Portugal (1999). Nel capitolo intitolato “O romance histórico pós-moderno”, dove si

fa particlare riferimento alle analisi di Linda Hutcheon in merito ai romanzi di Mario de Carvalho (in particolare A paixão do Conde de Fróis, 1986) e di José Saramago (O

Evangelho segundo Jesus Cristo, 1991).

Tuttavia il volume che pone definitivamente le basi per ripensare la letteratura contemporanea portoghese secondo una chiave di lettura postmoderna appare solamente

111Fernando Guimarães, A poesia conemporânea portuguesa e o fim da modernidade, Lisbona, Caminho, 1989, p. 157.

112Eduardo Prado Coelho, “A poesia portuguesa contemporânea”, in A noite do mundo, Imprensa nacional- Casa da moeda, Lisbona, 1998, p.115.

113João Barrento, A razão transversal- requiem pelo pós-moderno, in “Vértice”, 1990, p. 31. 114Carlos Ceia, O que é afinal o pós-modernismo?, Edições Século XXI, Lisboa, 1998.

115Maria Alzira Seixo, Narrativa e Ficção. Problemas de tempo e Espaço na Literatura Europeia do Pós-Modernismo, in Colóquio/Letras, 1994, n. 134.

nel 2002. Si tratta di Post-modernismo no romance português, di Ana Paula Arnaut: nato da una tesi di dottorato con un titolo significativamente più articolato (O sócio-

código post-modernista no romance português contemporâneo), il libro mette in luce

l'assenza di un dibattito sul postmoderno in Portogallo, benché gli scrittori abbiano assimilato alcuni dei tratti della scena postmoderna:

nonostante le affinità che, praticamente da sempre, possiamo riconoscere e stabilire fra la produzione e l'evoluzione culturali in Portogallo e quelle avvenute in altri paesi, europei e non, la verità è che, come verificheremo, il nostro scenario letterario non ha accolto studi sistematici su questa materia. Di conseguenza, se la lettura delle opere pubblicate essenzialmente nel pieno della decade degli anni sessanta comincia a permettere di intravedere una relazione, o meglio, un'assimilazione letteraria effettiva delle coordinate del postmodernismo, ciò che è certo è che la produzione saggistica portoghese sembra aver messo in secondo piano il dibattito che ha dominato, e ancora domina, la scena nordamericana.116

I testi presi in esame sono quasi tutti romanzi storici, anche perché è proprio il tema della ri-lettura della storia che è centrale nei romanzi scritti in Portogallo dopo la fine del regime e la caduta delle colonie. Il processo di critica del passato suggerito da Eduardo Lourenço è dunque più forte che mai proprio all'interno del campo letterario. Ana Paula Arnaut analizza i testi della letteratura contemporanea attraverso le riflessioni di Lyotard e Jameson, individuando nel romanzo di José Cardoso Pires, O Delfim (1968) il testo che segna l'inizio della nuova produzione letteraria portoghese che prosegue con le opere di José Saramago, Mário Cláudio e Mário de Carvalho, arrivando a coprire almeno trent'anni di storia della letteratura portoghese.

Una diversa sistematizzazione della letteratura contemporanea è proposta da Miguel Real, autore di romanzi e critico piuttosto defilato rispetto all'ambiente accademico. Nel 2001 pubblica uno studio intitolato A Geração de 90. Romance e sociedade no Portugal

Contemporâneo, in cui viene evidenziato uno stacco netto tra la letteratura degli anni

'80 e quella degli anni successivi. A partire dagli anni '90, infatti, i nuovi scrittori mettono radicalmente da parte i temi della storia, delle guerre coloniali e soprattutto dell'impegno politico, in quanto qualcosa che appartiene al passato. Nell'articolo A

História não è uma coisa seria, Miguel Real sostiene che nel corso degli ultimi anni la

letteratura, complice un'overdose di testi sulla rivoluzione e sul passato coloniale, emerga un rifiuto generalizzato nei confronti di una presa di posizione rispetto ai temi sociali del passato:

le polemiche che hanno alimentato la nostra Storia (nazionalista/a favore degli stranieri; atlantisti/europeisti; sebastianisti e messianisti/progressisti; rivoluzionario/conservatori) non hanno molto senso per questa nuova generazione, i cui testi non riflettono nessuno di questi temi e che così si osserva camminare sola, a costruire un sentiero già dentro l'Europa, e attraverso la globalizzazione, già dentro un mondo nuovo, che è nuovo solamente in quanto non è stato costruito, ossia, creandolo nei propri testi, stanno aiutando a farlo.117

Un secondo elemento che emerge nel saggio di Miguel Real riguarda le opere di autori provenienti da altri contesti: tra gli scrittori presi in esame egli include infatti autori come Mia Couto e Pepetela, provenienti dalle ex-colonie.

Anche lo studio di Roberto Vecchi permette di creare ponti tra contesti differenti, proponendo un approccio alla cultura e alla letteratura contemporanea portoghese che ha il suo baricentro il tema della guerra coloniale. Si tratta di una prospettiva che, seguendo la linea di Eduardo Lourenço, utilizza le recenti rappresentazioni letterarie della guerra coloniale per indagare l'identità portoghese che, lungi dall'essere qualcosa di definito in sé, si articola attraverso le relazioni storiche che il paese ha intessuto. Per quanto traumatica, la guerra coloniale «mina l'ontologia nazionale» facendo emergere la cosiddetta “eccezione atlantica” e imponendo quindi una «storia che non si lascia rinchiudere e scrivere in forme statiche e consequenziali»118.

Si tratta di una linea che si pone come base per uno studio comparativo dei testi in lingua portoghese, specialmente di quelli che provengono da paesi che si legano al portogallo attraverso la memoria della guerra. Da questo punto di vista è fondamentale lo studio di Ana Margarida Fonseca all'interno del volume Percursos de Identidade (2012), dove si mettono in relazione i romanzi di António Lobo Antunes, Helder

117Miguel Real, “Historia não è uma coisa seria”, in Geração de 90. Romance e Sociedade no Portugal Contemporâneo, Campo de Letras, Porto, 2001, p. 131.

118Roberto Vecchi, Excepção Atlântica. Pensar a literatura da guerra colonial, Edições Afrontamento, Porto, 2010, p. 21.

Macedo, Mia Couto e Pepetela, proprio a partire dalla narrazione dell'impero e della guerra coloniale.

Recentemente Helena Buescu fa riferimento al concetto di “buon vicinato” recependo il dibattito sulla world literature (in particolare il riferimento è agli studi di David Damrosh e Pascale Casanova) e assumendo in pieno un’ottica post-nazionale, laddove la lingua portoghese diventa il principale ponte fra culture differenti, tra le quali è possibile tessere nuovi dialoghi:

si tratta di capire che la geometria degli incroci fra i tre concetti [lingua, letteratura e nazione] non può continuare a proiettarsi come un blocco, soprattutto in casi in cui, come nella letteratura in portoghese, la sua espressione coinvolge il riconoscimento di permeabilità attraverso manifestazioni transanazionali e anche transcontinentali.

[…]

Si tratta di una ricchezza, simbolicamente e storicamente eterogenea, che combina le eredità post-imperiali e post-coloniali nell'analisi di ciò che è scritto “in portoghese”, nei differenti continenti e nei differenti momenti storici.119

L'idea di inserire la letteratura in una serie di relazioni di carattere sovranazionale è dunque fortemente presente all'interno del contesto portoghese. Pur non registrando un dibattito particolarmente acceso sul postmoderno, diversi elementi decisivi sono comunque particolarmente presenti, sebbene non necessariamente articolati nelle posizioni espresse da Lyotard, Habermas e Jameson. Al contempo l'analisi del contesto portoghese consente di registrare elementi che altrove sono assenti, o taciuti.

Nel documento Raccontare la storia al tempo delle crisi (pagine 61-67)