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4.   La gestione dell’acqua negli insediamenti minori: l’esempio di Bliesbruck

4.5.   La fontana e il suo apparato monumentale

4.5.4.   Confronti

Questa struttura è stata interpretata come una fontana monumentale, costruita forse in relazione al complesso termale retrostante. Si tratta di una tipologia di edifici poco diffusa in Gallia e praticamente assente nelle province del Nord Est, caratterizzata da varietà planimetriche e strutturali. In questo caso è proprio l’organizzazione planimetrica a porre i principali problemi: al momento nessun confronto puntuale è stato trovato per questa struttura, che appare quasi un unicum nel panorama già variegato delle fontane costruite in età romana. Se il loro numero infatti non è sempre elevato, soprattutto in Gallia, le forme e tipologie sono estremamente diversificate, rendendo difficoltosa qualsiasi classificazione tipologica.

La prima difficoltà con cui ci siamo confrontati è determinata dalla forma e dimensione del bacino centrale. Nelle fontane monumentali infatti questo è in genere di forma allungata e si estende su tutta la lunghezza della facciata dell’edificio. Questo è valido sia per le fontane ad emiciclo, come ad esempio quella di Glanum445, che per quelle cosiddette a scaenae frons.

Se consideriamo il bacino di Bliesbruck separatamente dalla struttura ad emiciclo che lo inquadra, questo per il suo aspetto si avvicina più alla tipologia di fontana definita di tipo lacus, che corrisponde al tipo di fontane situate lungo le strade o agli incroci, sul modello di quelle di Pompei. Anche in questo caso però queste strutture presentano delle caratteristiche differenti. Innanzitutto le dimensioni sono più ridotte: le fontane di tipo lacus individuate a Bavay446 (Fig. 42) e Metz447 misurano in media tra i 2 e i 3 m di lato. A Horburg-Wihr448 (Fig. 45), unico altro caso di insediamento minore della regione in cui è nota una struttura di fontana, questa misura circa 2 m di lato. Altri esempi sono noti a Carhaix449, Lione450, Saint-Romain-en-Gal451 e Poitiers452. In tutti questi casi però

445 Agusta-Boularot, Follain, Robert 2004, pp. 88-97.

446 Adam 1979, pp. 823-836.

447 Dreier 2011, pp. 167-179.

448 Flotté 2012, pp. 95-97.

449 Le Cloirec, Pouille 2004, pp. 46-47.

450 Delaval 1989, pp. 229-241.

451 Delaval 1998, pp. 185-192; Brissaud 2004, pp. 98-109.

452 Gerber, Bambagioni 2012, pp. 541-567.

le dimensioni si aggirano tra i 2 e i 3 m di larghezza, e in nessun caso raggiungono 4,50 m di lunghezza. Ad Augusta Raurica453 (Fig. 44) è attestata una tipologia particolare di fontane, di forma quadrangolare, che dovevano contenere molta più acqua rispetto alle fontane pompeiane. Anche in questo caso però le dimensioni si aggirano tra i 2 e 3 m di lato: solo in due casi si raggiungono i 4 e 5,50 m di larghezza. Questi lacus sono inoltre abitualmente situati in corrispondenza di incroci stradali e non al centro di uno spazio pubblico, come nel caso di Bliesbruck.

La seconda differenza principale riguarda la tecnica costruttiva. In tutti questi casi, infatti, le fontane sono formate da grosse lastre di pietra, poggiate su un basamento anch’esso in pietra e spesso formato da diversi blocchi che presentano l’incastro per le pareti. In alcuni casi le quattro pareti sono legate tra di loro da grappe metalliche, mentre in altri casi, come ad esempio a Poitiers454 (Fig. 43), la struttura del bacino presenta dei pilastri alle quattro estremità.

Il bacino di Bliesbruck è composto invece da pareti in muratura, e doveva avere quattro pilastrini alle estremità, che sono stati fatti oggetto di recupero ma che possiamo supporre in grès o in calcare, sul modello del lacus di Poitiers. Per il resto la tecnica costruttiva sembra accomunarlo più all’esempio di Horburg-Wihr, dove non sono state rinvenute tracce di pareti monolitiche e dove anche la struttura della fondazione e del fondo sembra analoga a quella di Bliesbruck.

Questa differenza strutturale può avere diverse ragioni. In primo luogo non dobbiamo dimenticare che ci troviamo in un insediamento minore: nonostante lo sforzo di monumentalità dunque, queste strutture non utilizzano gli stessi materiali che ritroviamo invece nei contesti urbani delle capita ciuitatum. Possiamo allora immaginare che al posto di grosse lastre monolitiche si scelga di realizzare strutture in muratura più modeste, inserendo nonostante ciò dei dettagli più ricchi come pilastri monolitici alle estremità.

Una seconda ragione può essere determinata dal fatto che l’edicola era già presente al momento della costruzione del bacino e della fontana monumentale, con una funzione che purtroppo resta totalmente oscura. Al momento della costruzione del bacino si

453 Furger 1997, pp. 143-184; id. 1998, pp. 43-50.

454 Gerber, Bambagioni 2012, pp. 541-567.

sceglie dunque di conservare la struttura preesistente, riadattandola con alcune sistemazioni alla nuova funzione di bacino e aggiungendo allo stesso tempo una struttura forse monolitica – come una sorta di parapetto – che serviva a chiudere la vasca sul lato est, e forse altre lastre sui tre lati contro le pareti, per offrire un aspetto più omogeneo e ricco alla struttura. Questo fatto può spiegare anche le dimensioni atipiche e la tecnica di costruzione inusuale, nonché l’orientamento del bacino e di conseguenza dell’emiciclo, leggermente disassati rispetto alla facciata delle terme e agli altri edifici dell’area pubblica.

Un terzo aspetto che risulta poco chiaro è il sistema di alimentazione del bacino stesso. Ci aspetteremmo infatti un arrivo d’acqua sul retro del bacino, legato poi ad una bocca di fontana, come viene proposto nella ricostituzione di Poitiers455. Anche in questo caso però la struttura di Bliesbruck fa eccezione: l’arrivo d’acqua avviene inizialmente dal lato sud, per poi essere sostituita di una nuova adduzione da est, ma sempre in corrispondenza del bordo anteriore del bacino. Anche le modalità di alimentazione di quest’ultimo non sono del tutto chiare: le tubature sembrano arrivare solo fino alla base della struttura, sul fondo, tanto da farci chiedere se questa fosse semplicemente una vasca riempita dal basso, o se esistesse una bocca di fontana situata sopra la struttura del bacino stesso. Per questa seconda ipotesi va specificato che non è stata individuata una colonna di fontana né una conduttura attraverso cui potesse essere fatta passare l’acqua. L’unica traccia che resta è una sorta di fossa al centro del pavimento del bacino, come se vi fosse stato collocato un elemento successivamente asportato durante la spoliazione del bacino, come è stato osservato a Poitiers sul retro della fontana.

Se dunque uniamo la posizione delle condutture provenienti dal lato anteriore alla presenza di questa fossa, simile a quella osservata a Poitiers anche per dimensioni, dove si ipotizza fosse situato il sistema di alimentazione idrico tramite fistulae e una o più bocche d’acqua, possiamo ipotizzare per la fontana di Bliesbruck un nuovo modello di fontana, dove la colonna di distribuzione si situa al centro della vasca. Questa scelta ci appare in realtà logica se pensiamo alle dimensioni del bacino: la presenza di una sola bocca di fontana sulla parete di fondo sarebbe stata inaccessibile a chi avesse voluto

455 Eid. pp. 554-555.

recuperare l’acqua direttamente dalla bocca della fontana. Se invece questa era situata al centro, era più facile poter recuperare l’acqua senza doverla attingere direttamente dal bacino. Non è da escludere la presenza di un sistema multiplo di bocche d’acqua rivolte sugli altri lati, dal momento che la fontana, aperta su uno spazio pubblico, era accessibile da tutti i lati, anche se questo sistema non è abituale nel mondo romano, dove di solito si privilegia lo schema frontale – la bocca di fontana posta sul retro e rivolta verso il lato anteriore del bacino. Se riteniamo valida questa ipotesi ricostruttiva ci troviamo dunque di fronte ad un modello atipico di bacino di fontana, una sorta di ibrido tra il modello di tipo lacus e la struttura più monumentale delle grandi fontane e ninfei.

Lo schema di questo edificio è ancora più atipico se andiamo poi a considerare la presenza del grande emiciclo che inquadra simmetricamente il bacino centrale.

Quest’ultimo incornicia il locale rettangolare in maniera perfettamente simmetrica: il suo diametro esterno corrisponde a 40 piedi romani, esattamente la metà della lunghezza del muro ovest dell’edicola. Si tratta dunque di un unico grande monumento, che ancora una volta si distingue per le sue caratteristiche anomale.

Se infatti le grandi fontane monumentali ad emiciclo non sono un’eccezione nel mondo romano, queste presentano una pianta e un’organizzazione molto differente. In particolare in genere il bacino d’acqua occupa tutta la lunghezza della facciata, e in alcuni casi, come ad esempio a Tipasa456, è situato lungo il perimetro stesso dell’emiciclo. Inoltre in genere è proprio l’emiciclo ad ospitare le adduzioni, che attraverso complessi giochi d’acqua e cascate raggiungono poi un bacino situato più in basso.

La prima anomalia dell’emiciclo di Bliesbruck è dunque proprio il fatto che questo non è interessato da nessuna tubatura o arrivo d’acqua. Esso non fa dunque altro che incorniciare il bacino principale, ma appare strutturalmente quasi slegato da esso, nonostante si tratti di un unico progetto architettonico.

La seconda anomalia è proprio l’organizzazione del bacino, relativamente piccolo per una fontana monumentale e troppo grande per un lacus, situato al centro ma senza occupare tutta la lunghezza della facciata.

456 Aupert 1974.

Va detto poi che in generale il pessimo stato di conservazione e in generale la quasi assenza di alzati rende davvero difficile fornire una ricostruzione dell’aspetto di questo edificio: non sappiamo infatti se l’emiciclo costituisse un muro pieno lungo tutto il suo perimetro o se si tratti solo di una zoccolatura atta ad ospitare forse una sorta di colonnato. Anche la funzione delle due ali laterali resta indeterminata: si tratta di una planimetria inusuale e le dimensioni ridotte di questi ambienti ne fanno degli spazi difficilmente utilizzabili. Possiamo forse immaginare si trattasse di piccoli locali di servizio ma la loro reale funzione non è stata chiarita.

Anche cercando confronti con fontane o ninfei inseriti all’interno di strutture termali, non è stato possibile ritrovare un modello analogo a quello di Bliesbruck. A.

Bouet e F. Saragoza457citano una serie di edifici che non si trovano inseriti all’interno delle terme, ma partecipano all’alimentazione della natatio: è il caso ad esempio delle terme di Nerone, di Traiano, di Caracalla e di Diocleziano a Roma e delle terme di Santa Barbara a Treviri (datate al II sec. d.C.). Nel caso delle terme di Porte D’Orée a Fréjus, di quelle di Costantino ad Arles e dei Lottatori a Saint-Romain-en-Gal la situazione è invece differente: in tutti questi casi le fontane sono parte integrante delle terme.

A Cluny, se la fontana è da mettere in relazione con le terme per la sua modalità di alimentazione, essa se ne differenzia strutturalmente (Fig. 46). Altri casi analoghi sono attestati nelle terme di Alincourt a Lillebonne, in quelle dell’angolo sud-est dell’insula 19 a Avenches, della terme di Bulla Regia in Tunisia e delle Terme imperiali di Treviri (datate però al IV sec. d.C.). In questi casi la facciata delle terme che si apre sul forum presenta un vasto ninfeo in posizione assiale458. Nel caso dell’edificio di Bliesbruck non è attestato al momento alcun legame strutturale tra l’edificio delle terme e il grande emiciclo.

Possiamo pensare che alla fine del II sec. d.C. si sia scelto di dare un nuovo volto all’area pubblica di Bliesbruck costruendo l’edificio ad emiciclo in asse col circuito termale, in modo da dare l’impressione di uno spazio ordinato e coerente.

Questa scelta mirava a valorizzare lo spazio del bacino rettangolare ancora in uso, ma

457 Bouet, Saragoza 2007, pp. 55-59.

458 Petit, Santoro 2012, p. 87.

anche a dare un aspetto più monumentale alla piazza, che si andava dotando di nuovi edifici pubblici (Fig. 47).

Si tratta nonostante ciò di una struttura anomala, che non trova un confronto con altre fontane conosciute nel mondo romano. La scelta della posizione, in uno spazio pubblico ma staccata rispetto alle terme, la pianta utilizzata, gli aspetti architetturali e costruttivi non trovano riscontro in altri edifici noti. Qual era dunque il modello per questo edificio? Dall’epigrafia sappiamo che a Metz era presente un ninfeo che però non è mai stato ritrovato. Questa struttura poteva forse essere servita da modello per i costruttori? In mancanza di un riscontro archeologico resta impossibile affermare l’esistenza di un legame tra queste due costruzioni.

L’altra domanda che dobbiamo porci è come mai un insediamento minore come quello di Bliesbruck, che appare abitato per la più parte da artigiani e commercianti, abbia scelto di realizzare un monumento di questo tipo. Per la distribuzione di acqua pubblica infatti un semplice lacus sarebbe stato sufficiente per soddisfare i bisogni degli abitanti. La risposta va forse cercata negli abitanti del quartiere Est, che sembrano appartenere ad un rango più elevato, o forse nel ricco proprietario della villa di Reinheim. Entrambi potevano avere interesse a finanziare un monumento pubblico di una certa importanza, ma in mancanza di documentazione epigrafica non è possibile affermare che si tratti sicuramente di un atto di evergetismo.

Non dobbiamo infine escludere che dietro la costruzione di monumenti d’acqua si nasconda l’azione del potere centrale, e che questo sia quindi stato finanziato con del denaro pubblico. Va notato che in età severiana la costruzione di monumenti d’acqua incontra una certa ripresa su tutto l’impero: ad essere interessati sono in particolar modo l’Italia e il Nord Africa, ma non mancano alcuni esempi anche in Gallia459. Possiamo dunque chiederci se dietro questo nuovo impulso edilizio si nasconda un maggiore bisogno d’acqua o piuttosto che questi monumenti siano portatori di un valore ideologico aggiunto, attraverso una politica di costruzione di monumenti dell’acqua, che in maniera diretta o indiretta interessa tutte le provincie dell’impero.

459 Dazzi 2013, pp. 95-116.