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La gestione dell’acqua negli insediamenti protostorici

2.   Campi e problematiche di studio

2.2.   Romanizzazione “au temps de l’eau abondante”

2.2.2.   La gestione dell’acqua negli insediamenti protostorici

discontinuo e in continuo cambiamento. Ancora una volta si pone l’accento sulla diversità, troppo a lungo oscurata dal modello della “romanizzazione”, che tende a sottolineare l’omogeneità e l’uniformità del cambiamento.

Mattingly si domanda in che misura sia ancora valido il concetto di

“romanizzazione”, divenuto ormai un paradigma ridondante ed un ostacolo all’interpretazione, suggerendo nuovi approcci al problema dell’identità283. Secondo l’autore “Being Roman” non corrisponde ad un processo standardizzato: la risposta dei popoli autoctoni a Roma può variare infatti da una completa integrazione a forme di resistenza, senza privilegiare una all’altra. Ogni gruppo costruisce dunque la propria versione di identità romana o non-romana, accogliendo o resistendo all’impero.

Oggi al termine “romanizzazione” si possono sostituire espressioni che sottolineano approcci diversi, come quello di identità284, discrepant experience285, negoziazione tra élites e strategie di emulazione286, resistenza287, integrazione288, creolization289, power discourse290, cambiamento culturale e acculturazione291, cultural bricolage292. Nonostante ciò l’espressione “romanizzazione” continua ad essere utilizzata, anche in occasioni di convegni recenti293, per identificare un processo culturale che ancora oggi non ha trovato una definizione che sia davvero esaustiva.

poteva essere attinta anche attraverso pozzi o cisterne che raccoglievano l’acqua piovana. Possiamo dunque chiederci in che modo l’incontro tra la cultura romana e quella indigena abbia influenzato il sistema di gestione e utilizzo delle risorse idriche nel passaggio dall’abitato protostorico alle nuove realtà urbane. Occorre premettere però che il problema della gestione dell’acqua nell’età del Ferro soffre di un deficit nelle ricerche, che se si sono in parte dedicate alla questione dell’approvvigionamento idrico, raramente hanno esteso la ricerca all’insieme delle risorse disponibili su ciascun sito294.

Allo stesso modo gli studi sul sistema di evacuazione delle acque restano rari e meriterebbero un ulteriore sviluppo, nonostante la difficoltà data dalla scarsa riconoscibilità delle strutture stesse. Al problema della gestione delle risorse idriche durante l’età del Ferro è stato di recente oggetto di un colloquio da parte dell’AFEAF295, che ha riportato l’attenzione su questa tematica, riunendo diversi contributi e risultati di ricerche in diverse regioni della Gallia. Questo rinnovato interesse dimostra altresì l’importanza dello studio delle strutture idrauliche per comprendere l’organizzazione dell’abitato e i rapporti sociali instauratisi tra gli abitanti, e –ci auguriamo– potrà aprire nuove piste per la comprensione delle trasformazione dei modi di abitare nel passaggio dall’età de Ferro all’occupazione romana.

Se spesso la presenza di acqua è stata additata come un fattore determinante per la scelta di un nuovo insediamento, non dobbiamo, però, dimenticare che essa costituisce solo uno dei tanti elementi che ne stabiliscono la localizzazione, insieme alla vicinanza di vie di comunicazione, l’esistenza di difese naturali, la presenza di terreni favorevoli all’agricoltura e all’allevamento, di foreste o acque pescose. Questa questione è stata affrontata da S. Blétry-Sébé nella sua tesi di dottorato in cui, dopo aver preso in esame una sessantina di siti delle regioni di Hérault e Gard, ha individuato per ciascuno di essi i punti di approvvigionamento idrico; questa ne conclude che la disponibilità di acqua non è un fattore così decisivo nella scelta di un insediamento, dal momento che esistono numerosi siti che sono sprovvisti di questa risorsa nelle immediate vicinanze dell’abitato296.

294 Verdin, Colin, Bezault 2012, p. 412.

295 Les galois au fil de l’eau: 37e Colloque International de l’Association Française pour l’Etude de l’Age du Fer, (Montpellier, 8-11 mai 2013), in corso di pubblicazione.

296 Blétry-Sébé 1985, pp. 36-49.

Per il periodo anteriore alla conquista romana, la presenza dell’acqua sembra costituire un elemento repulsivo piuttosto che attrattivo. Gli oppida indigeni sono sprovvisti di un apprestamento idraulico vero e proprio; per essi la “maîtrise de l’eau” consiste essenzialmente nell’evacuazione di quest’acqua e molto meno nel suo reperimento e stoccaggio.

S. Agusta-Boularot297 ha affrontato in un articolo proprio la questione della

“maîtrise de l’eau” e delle installazioni idrauliche nel sud della Gallia tra IV e II sec.

a.C., osservando come questo utilizzo ridotto dell’acqua, negli spazi domestici come in quelli pubblici, sia una caratteristica degli oppida indigeni delle Gallia del Sud, in contrasto con le abitudini proprie delle altre civiltà del Mediterraneo. In particolare è forte la differenza per quanto riguarda il sistema di approvvigionamento e conservazione dell’acqua tra i siti indigeni e le città di fondazione greca, che risultano invece equipaggiate dal punto di vista idrico da sistemi di gestione e distribuzione più organizzati e complessi. All’interno di questo articolato panorama occorre distinguere anche le realizzazioni che sono frutto di iniziativa individuale, spesso riconducibili ad un contesto privato, da quelle collettive, destinate a più unità domestiche distinte o ad uno spazio pubblico della comunità. Solo dal momento in cui la comunità si fa carico del problema della gestione dell’acqua, si può parlare di un segnale di evoluzione urbana degli insediamenti.

Se la situazione della Gallia settentrionale rispetto alle regioni meridionali presenta gradi differenze dal punto di vista del clima e dei contatti culturali, anche qui il problema della gestione dell’acqua doveva essere avvertito come altrettanto urgente.

Dimitri Mathiot298, studiando le forme e l’organizzazione degli abitati rurali durante l’età del Ferro ha potuto osservare che la fase tra Hallstatt e antico La Tène, solo poche abitazioni sono provviste di pozzi. Questi si trovano in genere localizzati lontano dai settori domestici, ma piuttosto in aree più basse, dove la falda freatica era più facilmente raggiungibile. Questi pozzi, così distanti dalle abitazioni, sembrano essere a carattere collettivo, comune all’insieme di abitati che lo circondano. Nel corso del III sec. la presenza di abitazioni provviste di un recinto vede comparire pozzi all’interno delle

297 Agusta-Boularot 2004a, pp. 177-225.

298 Mathiot (in corso di pubblicazione); si ringrazia l’a. per averci fatto parte di queste informazioni ancora inedite.

abitazioni stesse, che necessitavano, data la loro posizione, di una struttura più profonda per attingere alla falda freatica. Si assiste quindi ad un passaggio da strutture collettive, situate in settori che favorivano l’accesso all’acqua, a strutture di carattere privato, che contribuiscono a definire il settore domestico delle abitazioni recintate.

Sarà interessante a questo punto osservare se nel passaggio dall’abitato protostorico a quello romano le pratiche di gestione dell’acqua rimangono sostanzialmente di natura privata o diventano di appannaggio pubblico. In che modo la presenza di un nuovo tipo di alimentazione idrica, tramite acqua corrente, condotta all’interno delle città e degli insediamenti, trasforma il modo di gestione e fruizione di questa risorsa?