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Un confronto tra le azioni di inefficacia e di responsabilità

I POTERI DEL CURATORE

2. Il ruolo della società capogruppo in caso di crisi o di insolvenza

2.4 Un confronto tra le azioni di inefficacia e di responsabilità

L’introduzione delle azioni revocatorie infragruppo nella complessiva disciplina della crisi dei gruppi di società induce a operare un confronto con le azioni di responsabilità fondate sull’abuso dell’attività di direzione e coordinamento, nei termini di un loro utilizzo alternativo o cumulativo. Le azioni ex art. 290 CCI sono infatti destinate, al pari delle azioni di responsabilità, a operare unicamente nell’ipotesi di liquidazione giudiziale di gruppo e anche nei confronti di società del gruppo in bonis.

Da un lato si rileva come il ricorso all’azione revocatoria sia contraddistinto da un’intrinseca maggiore flessibilità e selettività, a fronte degli “effetti moltiplicativi” propri di tale rimedio, specie quando relativo a rapporti infragruppo; dall’altro, non passano inosservate le incertezze relative all’attribuzione al curatore o ai singoli creditori della legittimazione all’azione di responsabilità, e dunque le maggiori difficoltà, che si pongono a livello risarcitorio, a distinguere tra danno alla massa e danno ai singoli creditori680. Emerge, pertanto, una maggiore snellezza dell’azione revocatoria, ferma restando l’esigenza di prova della scientia decoctionis che, tuttavia, nei rapporti infragruppo è resa agevole, in virtù dell'inversione dell’onere della prova che grava sulla società beneficiaria dall'art. 290, comma 2°, CCI (e consistente nel “provare di non essere stato a conoscenza del carattere pregiudizievole dell'atto o del contratto”).

Inoltre, l’art. 290 CCI fa salvo, sul piano dell’esperibilità dell’azione di inefficacia, la previsione di cui all’art. 2497, comma 1°, c.c.: la finalità è, infatti, quella di applicare anche nel campo dell’azione revocatoria tra imprese del gruppo, sia pur in modo non

678 M. PALLADINO, op. cit., p. 147.

679 F. LAMANNA, Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., p. 30.

680 M. MIOLA, Crisi dei gruppi e finanziamenti infragruppo nel Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, cit.

perfettamente coincidente, la categoria dei vantaggi compensativi, la quale è propria dell’azione di responsabilità da direzione e coordinamento.

Il ricorso al criterio dei vantaggi compensativi implica la possibilità di porre in essere operazioni di trasferimento di risorse, di per sé pregiudizievoli, ma rispetto alle quali venga accertato che siano state compensate da altre operazioni di segno opposto: è questa l’ipotesi, ad esempio, in cui un’operazione pregiudizievole per i creditori sia stata posta in essere dall’impresa, poi divenuta insolvente, con un’altra impresa in bonis, nella previsione di un vantaggio a sua volta conseguibile per mezzo dell’impresa beneficiaria681. L’introduzione, nella formulazione dell’art. 290 CCI, della mancata ricorrenza dei vantaggi compensativi testimonia altresì la rilevanza attribuita al requisito del danno ai fini dell’esperibilità dell’azione revocatoria e della funzione indennitaria a essa riconosciuta.

La circostanza che sia necessario valutare gli eventuali vantaggi compensativi, e che l’esperibilità dell'azione di inefficacia, sotto questo aspetto, sia subordinata al medesimo presupposto previsto per l’esercizio dell’azione di responsabilità da direzione e coordinamento, induce a ritenere che tali rimedi siano cumulabili, o quantomeno tra loro alternativi682. Sul punto si registrano opinioni difformi che non escludono, in presenza di determinate circostanze, la possibilità che i due rimedi coesistano, sull’assunto che l’intervenuta inefficacia dell’atto tramite revocatoria non esclude che permanga un danno che necessita di essere ulteriormente risarcito683. Si ritiene, pertanto, che possa delinearsi il cumulo tra i due rimedi, dal momento che:

- non sempre gli atti revocabili esauriscono l’intera area delle operazioni infragruppo a carattere pregiudizievole;

- il danno prodotto dall’attività di direzione e coordinamento non è sempre riparabile mediante l’azione revocatoria684.

Si è posta ulteriormente la questione della supposta inidoneità della revocatoria a porre rimedio, oltre che alla violazione della par condicio creditorum conseguente allo stato di

681 M. MIOLA, Crisi dei gruppi e finanziamenti infragruppo nel Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, cit.

682 M. MIOLA, op. ult. cit.

683 L’azione risarcitoria interverrà, pertanto, nelle ipotesi in cui l’azione revocatoria non risulti in grado di rimuovere tutti gli effetti pregiudizievoli prodotti dall’atto, oppure laddove l’esonero da revocatoria per talune categorie di atti richiedano il ricorso, in funzione suppletiva, alla prima azione. Cfr., altresì, L.

STANGHELLINI, La nuova revocatoria fallimentare nel sistema di protezione dei diritti dei creditori, in Riv. Dir. comm., 2009, pp. 69 ss.

684 M. MIOLA, Crisi dei gruppi e finanziamenti infragruppo nel Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, cit. L’Autore rileva che ciò può accadere considerando che l’attività di direzione e coordinamento non si estrinseca necessariamente in atti di disposizione o in atti con effetti traslativi specificamente individuabili, ovvero che tale attività può anche consistere in condotte omissive.

insolvenza, anche alle “disfunzioni gestionali” causate dalle politiche di gruppo685. A fondamento di questa tesi si pone l’idea che, alla luce della funzione restitutoria dell’azione revocatoria, la ripartizione in modo ampliato tra le società del gruppo delle conseguenze dell’insolvenza non necessariamente corrisponde a risarcire il danno provocato alla società dagli atti pregiudizievoli, i quali sono stati compiuti a fronte di direttive emanate nell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento; l’inefficacia dell’atto revocato nei confronti dei creditori non sarebbe pertanto idonea a eliminare anche il danno realizzatosi nel patrimonio della società (e dei relativi soci di minoranza) a seguito del suo compimento686.

Per contro, non necessariamente gli effetti pregiudizievoli dell’attività di direzione e coordinamento si estrinsecano in atti di disposizione suscettibili di essere oggetto di azione revocatoria.

La scelta del legislatore di deviare, con riferimento alla revocatoria dei rapporti infragruppo, dalla funzione distributiva a quella indennitaria, dando rilievo anche ai vantaggi compensativi (e precisando che la ricorrenza di questi ultimi determina la declaratoria di infondatezza della pretesa687), riduce le divergenze tra i due rimedi: ferma restando la possibilità di un cumulo tra essi, le circostanze in concreto possono condurre a escludere l’esperibilità dell’una o di entrambe le azioni, proprio per la sussistenza di tali vantaggi688.

685 Come ricordato da M. MIOLA, Crisi dei gruppi e finanziamenti infragruppo nel Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, cit, tali questioni sono state poste da G. TERRANOVA, Effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori. Parte generale. Artt. 64-71, in Commentario Scialoja-Branca Legge Fallimentare, Bologna-Roma, Zanichelli-Il Foro Italiano, 1993, pp. 118 ss.

686 Per le stesse regioni, si ritiene che non siano soggette all'azione revocatoria infragruppo le operazioni poste in essere prima che la società sia entrata a fare parte del gruppo.

687 M. MIOLA, Crisi dei gruppi e finanziamenti infragruppo nel Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, cit., sostiene, viceversa, che la ricorrenza dei vantaggi compensativi “conduce alla mancanza di un presupposto per l'esercizio dell'azione”.

688 M. MIOLA, op. ult. cit.

CAPITOLO VII