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IL NUOVO CODICE DELLA CRISI DI IMPRESA E DELL’INSOLVENZA

3. L’individuazione del tribunale competente

Il tema dell’individuazione del tribunale competente viene disciplinato dagli artt. 27 e seguenti, contenuti nel Titolo III, Capo II.

Ai sensi dell’art. 27 CCI, la distinzione tra gruppi di rilevante dimensione o meno rileva al fine di individuare la competenza per territorio relativa ai procedimenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e delle controversie che ne scaturiscono. Il comma 1° del medesimo articolo stabilisce, difatti, che per i gruppi di imprese di rilevanti dimensioni la competenza spetti al tribunale sede della sezione specializzata in materia di imprese di cui all’art. 1, d.lgs. n. 168/2003, individuato a norma dell’art. 4, d.lgs. n. 168/2003, avuto riguardo al luogo in cui il debitore ha il centro degli interessi principali.

La norma in esame disciplina la “competenza”, vale a dire la distribuzione dei procedimenti tra uffici giudiziari, senza tuttavia incidere direttamente sulla “competenza interna” di ciascun tribunale, ossia sui criteri tabellari che stabiliscono l’attribuzione degli affari giudiziari tra le diverse sezioni, inclusa quella specializzata in materia di imprese: tale disposizione non impone che la cognizione dei procedimenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e le controversie che ne derivano siano attributi necessariamente alla sezione specializzata in materia di imprese169.

D’altra parte, secondo quanto disposto dal comma 2° del medesimo articolo, nel caso di procedimenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza relativi ai gruppi diversi da quelli

168 G. FINOCCHIARO, Dal 16 marzo 2019 parte il primo step del nuovo codice, in Guida al Diritto, edizione del 23 marzo 2019, XIV, pp. 3 ss.

169 G. FINOCCHIARO, op. cit.

di grandi dimensioni, la competenza va individuata nel tribunale nel cui circondario il debitore abbia il proprio centro degli interessi principali.

La formulazione dell’art. 27, commi 1° e 2°, si riferisce espressamente non soltanto alle procedure concorsuali, bensì anche a tutte “le controversie che ne derivino”, in modo da garantire continuità alla regola prevista dall’art. 24 l. fall., in virtù della quale il tribunale investito della procedura di fallimento conosce anche di tutte le azioni che ne derivano170; la norma italiana si conforma, altresì, al principio dettato in tema di riparto di giurisdizione internazionale tra gli Stati membri dell’Unione europea dall’art. 6 (“Competenza per le azioni che derivano direttamente dalla procedura d’insolvenza e che vi si inseriscono strettamente”) del Reg. UE n. 848/2015, relativo alle procedure di insolvenza171.

Dall’analisi dell’art. 27, si comprende come tale norma sottragga ai Tribunali circondariali la competenza a conoscere delle procedure di maggiore rilevanza economica, ossia quelle relative alle imprese in amministrazione straordinaria e ai gruppi di imprese di rilevante dimensione, conferendola ai Tribunali presso cui sono istituite le sezioni specializzate in materia di impresa172.

Come rilevato in dottrina, l’attribuzione della competenza di questi affari ai Tribunali sede delle sezioni specializzate in materia di impresa è conforme al criterio direttivo enunciato dall’articolo 2, comma 1°, lett. n), n. 1, della l. n. 155/2017; è dato constatare, tuttavia, che il legislatore delegato non si sia attenuto con la medesima solerzia ai criteri direttivi stabiliti nei successivi nn. 2 e 3 del medesimo articolo, in ragione dei quali il sistema della distribuzione della competenza delle procedure concorsuali avrebbe dovuto essere articolato su tre livelli:

- in primis, il livello proprio dei Tribunali delle imprese, investiti delle procedure di maggiore rilevanza;

- in secondo luogo, quello dei Tribunali circondariali, i quali avrebbero dovuto mantenere invariati “i vigenti criteri di attribuzione della competenza per le procedure

170 Secondo L. BOGGIO, L’accesso alle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza, in G.

BONFANTE (a cura di), Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., pp. 1952 ss., le espressioni

“procedimenti di regolazione (..) relativi (…) ai gruppi di imprese di rilevante dimensione” e “controversie che ne derivano” risultano equivoci. La prima espressione non chiarirebbe, difatti, se tra tali procedimenti debbano annoverarsi soltanto quelli unitari (ossia promossi attraverso un unico ricorso) oppure anche quelli scaturiti da ricorsi distinti, sebbene a carico di società di un medesimo gruppo. La seconda espressione, invece, non rivelerebbe quale sia il sufficiente grado di derivazione, alla luce del dettato dell’art. 11, comma 3°, CCI, in merito alla “diretta derivazione” delle azioni.

171 G. FINOCCHIARO, op. cit.

172 G. FINOCCHIARO, op. cit.

di crisi o insolvenza del consumatore, del professionista e dell’imprenditore in possesso del profilo dimensionale ridotto”;

- da ultimo, il livello dei Tribunali concorsuali, che avrebbero dovuto essere individuati sulla base di una serie di criteri stabiliti dal legislatore delegante e che avrebbero conosciuto delle procedure concorsuali relative alle imprese diverse da quelle predette.

Il legislatore delegato, invece, ha preferito stabilire che la competenza in materia di procedure concorsuali sia ripartita soltanto tra i Tribunali delle imprese, per le procedure di maggiore consistenza, e i Tribunali circondariali, per le restanti procedure173.

La disciplina della competenza territoriale è caratterizzata dal recepimento del concetto di COMI, già conosciuto nella legislazione europea174: tale criterio viene scelto, in questa sede, quale “strumento di riparto” del potere di avviare una delle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza nei confronti di un’impresa175.

La nozione di COMI è definita dall’art. 2, comma 1°, lett. m), CCI, come “il luogo in cui il debitore gestisce i suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi”.

Siffatta previsione normativa attua il principio espresso dall’art. 2, comma 1°, lett. f), l. n.

155/2017, secondo cui la nozione rilevante di COMI sia quella “definita dall’ordinamento dell’Unione europea”: il legislatore delegante ha, pertanto, enunciato la necessità di interpretare la nozione di COMI conformemente al diritto di derivazione europea.

L’art. 27, comma 3°, pone in merito alcune presunzioni176, precisando che “il centro degli interessi principali del debitore si presume coincidente:

a) per la persona fisica esercente attività di impresa, con la sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell'attività abituale;

b) per la persona fisica non esercente attività d'impresa, con la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti, con l'ultima dimora nota o, in mancanza, con il luogo di nascita. Se questo non è in Italia, la competenza è del Tribunale di Roma;

c) per la persona giuridica e gli enti, anche non esercenti attività di impresa, con la sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell'attività abituale o, se sconosciuta, secondo quanto previsto nella lettera b), con riguardo al legale rappresentante”.

173 G. FINOCCHIARO, op. ult. cit.

174 V. Cap. 1, par. 3.

175 L. BOGGIO, op. cit.

176 Tali presunzioni sono qualificate come assolute nella Relazione Illustrativa. Tuttavia, come rilevato da L.

BOGGIO, op. cit., esse dovrebbero essere intese come relative, ossia applicabili salvo prova contraria, in coerenza con il diritto dell’Unione Europea richiamato dallo stesso art. 2, comma 1°, lett. f), l. n. 155/2017.

Il tema del trasferimento del centro degli interessi principali della società durante il decorso del cosiddetto “periodo sospetto” rileva ai sensi dell’art. 28 CCI, il quale a sua volta richiama il testo dell’art. 9, comma 2°, l. fall.177; la norma in esame intende evitare il rischio che tale trasferimento sia diretto a una scelta di competenza sulla futura procedura di crisi o insolvenza, piuttosto che a comprovate esigenze imprenditoriali (cosiddetto forum shopping)178. Pertanto, ai fini della determinazione della competenza, il trasferimento del COMI non rileva qualora sia intervenuto nell’anno anteriore al deposito della domanda di regolazione della crisi o dell’insolvenza o di apertura della liquidazione giudiziale, ovvero successivamente all’inizio della procedura di composizione assistita della crisi, se anteriore.

In proposito sono state rilevate delle divergenze tra la disciplina dettata in ambito europeo e quella prevista dal CCI: innanzitutto, ai fini dell’irrilevanza del trasferimento del COMI, l’art. 3, par. 1, Reg. n. 848/2015, ha posto un limite temporale pari a tre mesi, diversamente dal periodo di un anno previsto dall’art. 28 CCI.

In secondo luogo, il legislatore europeo ha stabilito che le presunzioni legali previste al fine di individuare il COMI non si applichino ove questo sia stato trasferito durante il periodo sospetto, permettendo comunque all’autorità giudiziaria la possibilità di verificare, nella fattispecie concreta, il luogo in cui sia effettivamente situato il COMI del debitore; la stessa facoltà di valutazione non viene riconosciuta dal legislatore italiano, posto che, ai sensi dell’art. 28, “il trasferimento (…) non rileva”179.

In conclusione, nel caso in cui ricorra la fattispecie delineata dall’art. 2, comma 1, lett. h) e qualora le imprese del gruppo abbiano ciascuna il COMI nello Stato italiano, troveranno applicazione le norme sancite dai Capi I-IV del Titolo VI del CCI180.

177 Il testo dell’art. 9, comma 2°, l. fall., recita: “il trasferimento della sede intervenuto nell’anno antecedente all’esercizio dell’iniziativa per la dichiarazione di fallimento non rileva ai fini della competenza”.

178 A. FAROLFI, La crisi dei gruppi alla luce del nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza, in Il fallimentarista, focus del 22 maggio 2019.

179 G. FINOCCHIARO, op. cit.

180 A. FABBI, op. cit., p. 279.

CAPITOLO III