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I gruppi di imprese nel fallimento: gli orientamenti giurisprudenziali

LA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE DI GRUPPO

1. I gruppi di imprese nel fallimento: gli orientamenti giurisprudenziali

L’ordinamento italiano, relativamente al fenomeno dei gruppi di imprese, si fonda sul principio di autonomia giuridica (o separate entity approach, nella terminologia anglosassone).

Per molto tempo, il gruppo di imprese è stato generalmente considerato non nella sua dimensione economica unitaria, bensì come insieme di società monadi, connesse ma giuridicamente indipendenti le une dalle altre: ogni società del gruppo costituiva, pertanto, un centro autonomo di imputazione giuridica.

Una conseguenza dell’approccio “individualistico” adottato nei confronti dei gruppi si manifesta nell’ambito dell’insolvenza e, nello specifico, nell’apertura di procedure concorsuali nei confronti di più società del gruppo.

In assenza di norme di raccordo nella legislazione concorsuale, un ordinamento che si fonda sulla “distinta soggettività e formale indipendenza giuridica delle società che concorrono a costituire il gruppo”366, è destinato a scomporre la realtà economica unitaria del gruppo, “atomizzando” le singole entità insolventi che lo compongono.

Quanto detto determina una separazione del patrimonio fallimentare dal contesto economico in cui è inserito, oltre che una svalutazione del valore organizzativo di gruppo.

Nei gruppi che sono contraddistinti da un basso grado di integrazione, l’approccio individualistico non solleva particolari problematiche367.

Diversa è l’ipotesi in cui si trovino in dissesto finanziario più società del medesimo gruppo cooperanti abitualmente nel perseguimento del proprio scopo sociale, il quale rappresenta una “porzione” dell’interesse generale di gruppo. La distorsione che si determina

366 L. ABETE, L’insolvenza nel gruppo e del gruppo, cit.

367 L. PANZANI Il gruppo di imprese nelle soluzioni giudiziali della crisi, in Le Società, 2013, pp. 1358 ss.

L’Autore riporta l’esempio dei cosiddetti gruppi finanziari, in cui le varie società partecipate svolgono attività diverse tra loro e tra le quali non è possibile instaurare forme di collaborazione operative. In tale ipotesi, la forma organizzativa di gruppo risponde all’esigenza di frazionare i rischi, ma non genera interconnessioni profonde tra le varie componenti del gruppo, che conservano la propria autonomia economica e giuridica. In caso di insolvenza, pertanto, la gestione coordinata delle diverse società non offre utilità rilevanti.

trascurando in sede concorsuale l’organizzazione economica del gruppo è tanto più accentuata quanto più le diverse imprese sono integrate tra loro dal punto di vista economico; assicurare una continuazione di quel coordinamento esistente nel gruppo anche nel momento della gestione, in sede concorsuale, della crisi, si è dimostrata essere la soluzione più efficiente, avvertita tanto dalla prassi commerciale, quanto dalle autorità istituzionali e giudiziarie coinvolte nelle procedure.

La norma fondante l’approccio individualistico è costituita dall’art. 2740 c.c., secondo cui

“il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”; il debitore, nella sua veste di società del gruppo, deve offrire ai suoi creditori l’intero suo patrimonio che, secondo l’orientamento tradizionale, non può invece essere imputato al pagamento dei creditori di altre società del gruppo, pena l’incriminazione per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione368.

Dello stesso avviso appare l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, secondo cui “al fine della dichiarazione di fallimento di una società, l’accertamento dello stato di insolvenza deve essere effettuato con esclusivo riferimento alla situazione economica della società medesima, anche quando essa sia inserita in un gruppo (...), atteso che (...) ciascuna di dette società conserva distinta la propria personalità giuridica ed autonoma qualità di imprenditore, rispondendo con il proprio patrimonio soltanto dei propri debiti”369.

La medesima impostazione si ricava dalla legge fallimentare e dal codice civile del 1942, i quali sono focalizzati sulla società atomisticamente considerata. In merito alle disposizioni, contenute nel r.d. n. 267/1942, astrattamente riferibili ai gruppi di società, la dottrina ha parlato di “tracce di gruppo”370.

Particolare rilevanza ha assunto l’art. 147 l. fall, che disciplina l’estensione della procedura fallimentare ai soci illimitatamente responsabili di una società di persone.

È stato sostenuto che la disposizione de qua fosse in grado di realizzare un’estensione della procedura fallimentare in capo alle varie società del gruppo, nel caso in cui socio illimitatamente responsabile di una società in nome collettivo, ovvero in accomandita semplice, fosse a sua volta una società. In tali ipotesi, il fallimento in successione di tutti i soci illimitatamente responsabili della società di persone fallita avrebbe comportato

368 S. POLI, Il “concordato di gruppo”: I) profili problematici, agnosticismo del legislatore e supplenza giurisprudenziale, cit.

369 Cfr. Cass. civ, Sez, I, 16 luglio 1992, n. 8656, cit.

370 A. DI MAJO, I gruppi di società. Responsabilità e profili concorsuali, cit., pp. 63 ss. V., altresì, Cap. 1, par. 2.

l’estensione della procedura fallimentare anche a quei soci che fossero costituiti da società, sia di persone, che di capitali371. La possibilità di una simile operazione è stata resa più agevole dalla riforma intervenuta a seguito del d.lgs. n. 5/2006, che ha modificato l’art.

147, comma 1°, l. fall, prevedendo il fallimento anche dei soci illimitatamente responsabili di una società di persone, “pur se non persone fisiche”. Tale precisazione costituiva una conseguenza dell’art. 2361 c.c., che prevede che l’assunzione, da parte di una società per azioni, di partecipazioni in altre imprese, tale da determinare una responsabilità illimitata per le obbligazioni assunte dalle medesime imprese, deve essere deliberata dall’assemblea.

Si ritiene che l’art. 2361 c.c. non si limiti ad ammettere, sia pur indirettamente, la partecipazione in veste di socio, anche illimitatamente responsabile, di una società per azioni, bensì riconosca altresì a tutte le tipologie di società di capitali la facoltà di assumere partecipazioni in società in nome collettivo o in accomandita semplice372.

Nella legge fallimentare, tuttavia, non si rinvengono altre disposizioni che legittimino l’apertura di una procedura di fallimento nei confronti di un gruppo di imprese.

Il fallimento è stata, invero, la procedura ove più complicato è risultato aggirare l’assenza di una specifica disciplina dei gruppi, a partire dalla stessa possibilità di avviare procedure di fallimento di singole società in forza dell’attrazione al fallimento di società appartenenti al medesimo gruppo373.

Sotto il profilo dell'elemento oggettivo che determina la dichiarazione di fallimento, vale a dire l’accertamento dello stato di decozione, l'inserimento della singola impresa nel contesto di un gruppo non sembrava, di fatto, giocare alcun ruolo, salva la configurazione di scenari processuali complessi374. Quanto alla fase dell’istruttoria prefallimentare che vedesse coinvolte più imprese del medesimo gruppo, l’appartenenza a esso poteva, viceversa, essere significativa, sia pure soltanto nella prospettiva di acquisire maggiori informazioni in merito alla solvibilità della singola impresa375.

Un approccio pragmatico, finalizzato a colmare tale lacuna, è stato quello di applicare sistemi di coordinamento delle procedure connesse che fossero state aperte in ragione

371 A. DI MAJO, I gruppi di imprese tra insolvenza e diritto societario, cit., pp. 38 ss.

372 L. ABETE, L’insolvenza nel gruppo e del gruppo, cit.

373 F. LAMANNA, Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., p. 11.

374 M. FABIANI, Legge fallimentare e insolvenza dei gruppi societari, in Fall., 1998, pp. 901 ss.

375 M. FABIANI, op. ult. cit. Secondo l’Autore, l’appartenenza a un gruppo acquisiva rilevanza in quanto la sospensione del procedimento, in attesa della definizione di altro procedimento concorsuale in cui era parte una società controllata, controllante, ovvero collegata, non era ritenuta ammissibile, considerati tre elementi:

- che la dimostrazione della solidità del gruppo poteva essere avanzata nel singolo procedimento con la messa a disposizione di liquidità o la prestazione di garanzie;

- che il processo fallimentare era contraddistinto da natura urgente;

- che non era sussistente il pericolo del conflitto di giudicati.

dell’autonomo stato di insolvenza di ciascuna società376. Secondo quanto ricostruito dalla dottrina, nella prassi giudiziale milanese, pur provvedendosi solitamente a un’autonoma e distinta nomina di curatori e giudici delegati per ciascuna società del gruppo, si riteneva necessario nominare anche un giudice delegato che fungesse da coordinatore dei vari fallimenti, con il compito di operare da trait d’union tra gli altri organi, riferendo periodicamente al Presidente di sezione377. Altre autorità giudiziarie hanno invece ritenuto opportuno nominare un curatore unico per le varie società fallite, esponendolo tuttavia al rischio di incorrere in varie situazioni di conflitto di interessi, con la conseguente esigenza di provvedere poi alla nomina di curatori speciali378.

In conclusione, al quesito circa l’ammissibilità o meno, in assenza di una disciplina positiva di legge, di una procedura fallimentare di gruppo, si dovrebbe fornire una risposta negativa, sulla scorta di quanto stabilito nel corso del tempo anche dalla giurisprudenza di legittimità379.

Nel 2010 la Corte di Cassazione380 ha infatti stabilito che, ai fini della dichiarazione di fallimento di una società inserita in un gruppo, l’accertamento dovesse essere effettuato con esclusivo riferimento alla situazione economica della società medesima, posto che ciascuna società del gruppo “conserva propria personalità giuridica ed autonoma qualità di imprenditore, rispondendo con il proprio patrimonio soltanto dei propri debiti”. La S.C.

ha altresì sancito l’esclusione dell’applicabilità in via analogica delle disposizioni dettate, in tema di gruppo di imprese, dalla disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, considerate di natura speciale e dunque non estensibili ad altri settori del diritto concorsuale.

Nel 2011, la Corte381 ha nuovamente sottolineato come, anche dopo la riforma della disciplina delle società di capitali e della legge fallimentare, ciascuna delle società facenti parte di un medesimo gruppo conservi la propria personalità giuridica e risponda soltanto dei propri debiti, escludendo così la configurabilità di un istituto giuridico qualificabile come “fallimento di gruppo”.

376 F. LAMANNA, Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., p. 11.

377 F. LAMANNA, op. ult. cit., p. 11-12.

378 F. LAMANNA, op. ult. cit., p. 12.

379 V. PALLADINO, Crisi del gruppo, in Il fallimentarista, 3 giugno 2020, nonché L. M. QUATTROCCHIO, L’insolvenza dei gruppi, in Diritto ed economia dell’impresa, 2016, pp. 85 ss.

380 Cass. civ., Sez. I, 18 novembre 2010, n. 23344, in ilcaso.it, 2011.

381 Cass. civ., Sez. I, 21 aprile 2011, n. 9260, in Fall., 2011, pp. 1163 ss., con nota di L. SALVATO, Accertamento dell’insolvenza di società di capitali facenti parte di un “gruppo”.