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I POTERI DEL CURATORE

1. Il sistema revocatorio degli atti infragruppo: premesse

1.3 Profili processuali

Le iniziative contemplate dall’art. 290 CCI rappresentano azioni derivanti dalla liquidazione giudiziale e, come tali, sono devolute alla competenza del tribunale che ha aperto tale procedura.

In dottrina si ritiene che, nel caso di liquidazione giudiziale unitaria, l’azione dovrà essere preceduta da un’apposita istanza per la nomina di un curatore speciale, dal momento che l’unico curatore non potrebbe resistere alla domanda di inefficacia già proposta nell’interesse di una società in procedura601.

Tale soluzione appare configurabile in virtù del fatto che la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto ammissibile, nel fallimento in estensione ex art. 147 l. fall. (corrispondente al nuovo art. 256 CCI), la nomina di un curatore speciale, qualora si fosse prospettato un conflitto di interessi tra le due procedure di fallimento602. In particolare, secondo quanto affermato dalla S.C., sia pure anteriormente all’emanazione del CCI, “l’unificazione personale degli organi delle procedure risponde essenzialmente ad una esigenza di coordinamento operativo, e non costituisce a ben guardare un dato indefettibile, essendo ammessa la nomina di un curatore speciale nel caso di conflitto di interessi tra le masse fallimentari”603. Si sostiene che tale nomina, in quanto afferente alla sostituzione precaria

600 M. SPIOTTA, op. cit.

601 M. PALLADINO, op. cit., p. 57. La medesima soluzione viene suggerita da D. LATELLA, Codice della crisi: una proposta organica di correzione dal centro di ricerca C.R.I.S.I., in federnotizie.it, 28 novembre 2019, secondo cui “nel momento in cui l’unico curatore decida di esercitare azioni giudiziarie a beneficio di una delle masse contro una o più delle altre imprese di cui egli è parimenti curatore, si può generare una situazione di potenziale conflitto di interessi che suggerisce di prevedere in via espressa l’introduzione di un meccanismo di nomina di un curatore speciale, il quale rappresenti le imprese del gruppo verso cui il curatore stesso intenda agire”.

602 Cfr. Cass. civ., Sez. I, 16 marzo 1972, n. 783, in Foro it., 1972, c. 1231 ss., nonché Cass. civ., Sez. I, 15 aprile 1980, n. 2446, in Foro it., 1981, c. 184 ss., secondo cui “per i fallimenti plurimi, tra loro connessi, della società e dei soci a responsabilità illimitata, l’unicità del curatore è prevista dalla legge, in maniera tassativa e non si può escludere la necessità della nomina di un curatore speciale, in sede contenziosa”. In dottrina, F. FERRARA JR. e A. BORGIOLI, Il fallimento, Milano, Giuffrè, 1995, p. 724, nonché M.

SPIOTTA, Il curatore fallimentare, Bologna, Zanichelli, 2006, pp. 35-37. V., altresì, Trib. Bologna, 7 aprile 1979, nel quale la Corte bolognese ha proceduto alla nomina di due curatori speciale, al fine di eliminare i singoli conflitti di interesse tra le masse dei diversi fallimenti.

603 Cass. civ., Sez. I, 30 gennaio 1998, n. 969, in Giur. It., 1998, pp. 1641 ss. La Corte prosegue affermando che “in tale sistema, la legittimazione all’esercizio dell’azione revocatoria contro atti di disposizione compiuti dal socio, dotati in sé stessi di rilevanza depauperatoria incidente sul patrimonio personale del socio e non anche su quello della società, va riconosciuta, oltre che al curatore del fallimento personale, nel cui ambito è destinato a verificarsi l’effetto, conseguente all’eventuale accoglimento dell'azione, di

di un organo della procedura, potesse essere disposta dallo stesso tribunale fallimentare, senza il ricorso alle formalità previste dall’art. 80 c.p.c.604.

La nomina di un curatore speciale è stata altresì ritenuta necessaria nel caso di pluralità di fallimenti con unico curatore605.

Si è poi affermata, nell’ipotesi di fallimento della società e dei soci a responsabilità illimitata, la possibilità che il tribunale fallimentare, profilandosi un contrasto di interesse tra il fallimento sociale e quello del singolo socio, nominasse per quest’ultimo un diverso curatore fallimentare, anziché un curatore speciale606.

In merito ai poteri del curatore speciale, la giurisprudenza ha precisato che questi può tutelare soltanto gli interessi del fallimento del socio in conflitto con quelli del fallimento della società, ma non può assumere la difesa degli interessi personali del socio stesso607. Ad ogni modo, in assenza di indicazioni legislative, permane il dubbio se la nomina di un curatore ad hoc si ponga in contrasto con l’impianto normativo del CCI, dal quale si ricava, in via generale, l’esigenza di nominare un curatore unico per ciascuna impresa appartenente a un gruppo, salvo che sussistano “specifiche ragioni” (art. 287, comma 2°, CCI)608. Poiché il curatore non ha il potere di realizzare autonomamente l’effetto restitutorio conseguente al vittorioso esperimento dell’azione, il tribunale, nell’ipotesi in cui la domanda di inefficacia sia formulata nei confronti di una società parimenti assoggettata alla liquidazione giudiziale, dovrà limitarsi a dichiarare l’inefficacia dell’atto: le consequenziali pronunce di restituzione dello specifico bene o del tantundem dovranno,

reintegrazione della garanzia patrimoniale vulnerata dagli atti di disposizione compiuti, anche al curatore del fallimento sociale, in considerazione dell’interesse correlato agli effetti positivi che, ai fini del soddisfacimento dei creditori sociali, è destinato a produrre l'incremento del patrimonio personale del socio”.

604 In tal senso Trib. Milano, 29 marzo 1965, in Foro it., 1965, c.1798 ss.

605 Cfr. App. Palermo, 11 marzo 1991, in Temi siciliana, 1991, pp. 40 ss. Nel caso di specie, era stato dichiarato il fallimento di due società, di cui una creditrice dell’altra; la Corte ha ritenuto che l’opposizione avverso la sentenza dichiarativa del fallimento della società debitrice potesse essere proposta dalla società creditrice, ai sensi dell’art. 18 l. fall., non in proprio, bensì da un curatore speciale nominato ex art. 78 cpc.

606 A. MAFFEI ALBERTI, op. cit., p. 1028.

607 M. SPIOTTA, Il curatore fallimentare, cit. Ne consegue che, in caso di controversia circa la ricorrenza dei presupposti fondanti la sentenza di estensione del fallimento di una società al socio illimitatamente responsabile, deve dichiararsi inammissibile, per difetto di legittimazione ad agire, l’impugnazione proposta dal curatore unico dell’intera procedura fallimentare nei confronti del curatore speciale del fallimento del socio (Cass. civ., Sez. I, 15 aprile 1980, n. 2446, cit.). Ulteriormente, si è osservato che il curatore speciale del fallimento del socio è privo dell’interesse a chiedere la revocazione dell’ammissione di un creditore particolare al passivo della società fallita, dal momento che la massa creditoria del fallimento personale del socio non risente alcun pregiudizio, anzi trae vantaggio, dall’erronea ammissione del credito (Trib. Arezzo, 11 maggio 1953, in Dir. fall., 1953, pp. 492 ss.).

608 Secondo L. M. QUATTROCCHIO, Liquidazione giudiziale, in G. BONFANTE (a cura di), Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., pp. 1993 ss., tra le “specifiche ragioni” contemplate dalla norma rientrerebbero, per l’appunto, le prevedibili situazioni di conflitto di interesse che darebbero luogo alla reiterata necessità di nominare curatori speciali per singoli atti.

pertanto, costituire oggetto di apposita domanda di ammissione al passivo609. Considerata l’impossibilità di dare esecuzione ai capi condannatori al di fuori dell’apposita sede concorsuale, la sentenza con cui viene definito il giudizio revocatorio dovrebbe limitarsi alla sola declaratoria di inefficacia dell’atto, con la conseguente successiva canalizzazione della fase di esecuzione nell’ambito del procedimento di verificazione del passivo.

Tale principio processuale comporta che per le azioni revocatorie esperite nei confronti di un imprenditore assoggettato a procedura concorsuale sia necessario operare una suddivisione dei giudizi: l’attore in revocatoria, dopo aver radicato un primo contenzioso dinanzi al tribunale competente ex art. 32 CCI610, sarà tenuto a formulare la propria domanda di ammissione al passivo della procedura convenuta.

Non può escludersi la possibilità di presentare, nelle more del giudizio di revoca, un’apposita domanda di ammissione al passivo con riserva, valorizzando la natura

“condizionata” del credito revocatorio, in modo da consentire alla procedura ricorrente di partecipare agli eventuali riparti mediante accantonamento delle somme insinuate, in attesa che il giudice funzionalmente competente abbia risolto la controversia devolutagli dalla legge611.

A tale riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che il tribunale destinatario di una domanda di ammissione al passivo di un credito di natura fiscale contestato dinanzi alle commissioni tributarie non deve dichiarare il proprio difetto di giurisdizione, dovendo, piuttosto, ammettere con riserva il relativo credito al passivo, in attesa della definizione del processo tributario, in modo da consentire la partecipazione al riparto mediante accantonamento612.

Allo stesso modo, nel caso in cui venga richiesta l’ammissione al passivo di un credito contestato e le relative questioni siano devolute alla giurisdizione amministrativa, “gli organi fallimentari sono tenuti a considerare il credito come condizionale, ai fini di ammissione con riserva, da sciogliersi all’esito della definizione del giudizio amministrativo”613.

609 M. PALLADINO, op. cit., pp. 57-58.

610 Il cui testo recita: “nei giudizi che derivano dall’apertura delle procedure di liquidazione promossi innanzi al tribunale incompetente, il giudice, anche d’ufficio, assegna alle parti un termine di non oltre trenta giorni per la riassunzione della causa davanti al giudice competente ai sensi dell’articolo 50 del codice di procedura civile e ordina la cancellazione della causa dal ruolo”.

611 M. PALLADINO, op. cit., p. 57.

612 Cfr., ex multis, Cass. civ., Sez. I, 16 agosto 1996, n. 7579, in Giur. It., 1997, I, pp. 602 ss., con nota di A.

TURCHI, Crediti tributari contestati e tutela concorsuale dell’amministrazione finanziaria.

613 Cass. civ., Sez. I, 29 gennaio 1999, n. 789, in Fall., 1999, pp. 1334 ss., con nota di D. A. BONFANTI, Ammissione con riserva di credito condizionale.

Tale orientamento, pur afferente a questioni di giurisdizione, potrebbe rivelarsi compatibile anche con una situazione di conflitto tra competenze, soprattutto se funzionali e inderogabili: “nel caso in cui l’accertamento sull’esistenza e liquidità del credito sia sottratto alla cognizione del giudice fallimentare (perché quest’ultimo è carente di giurisdizione, o perché sussiste una competenza inderogabile di altro giudice ordinario), gli organi del fallimento devono considerare il credito assimilabile ai crediti condizionati, e quindi possono ammetterlo con riserva, da sciogliersi dopo la definizione del processo dinanzi al giudice competente, e in relazione all’esito di tale giudizio”614.