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La disciplina della liquidazione giudiziale di gruppo nel CCI

LA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE DI GRUPPO

2. La disciplina della liquidazione giudiziale di gruppo nel CCI

La liquidazione giudiziale è la procedura che, nel testo del CCI, sostituisce il fallimento, così come delineato nella legge fallimentare del 1942382; nella sua evoluzione storica, il fallimento ha infatti visto sfumare il carattere sanzionatorio e afflittivo che, fin dalle origini, l’aveva contraddistinto383.

La liquidazione giudiziale è una procedura concorsuale tipicamente liquidatoria, la cui finalità è ravvisata nella liquidazione del patrimonio dell’imprenditore che versi in stato di insolvenza, in modo da ripartire il ricavato in favore dei creditori, in virtù della graduazione dei loro crediti. Essa si fonda sull’accertamento del passivo, sulla ricostruzione e liquidazione dell’attivo, nonché sulla distribuzione ai creditori di quanto ricavato.

Il costante perseguimento della maggiore efficienza nella gestione delle procedure concorsuali ha altresì spinto il legislatore a prevedere, nell’ordinamento italiano, l’istituto della liquidazione giudiziale di gruppo.

L’art. 3, comma 1°, lett. d), l. n. 155/2017 prevede per le imprese del gruppo, che versino in stato di crisi o insolvenza e siano sottoposte alla giurisdizione dello Stato italiano, la facoltà di proporre, con unico ricorso, domanda di ammissione alla liquidazione giudiziale,

“ferma restando in ogni caso l'autonomia delle rispettive masse attive e passive, con predeterminazione del criterio attributivo della competenza, ai fini della gestione unitaria delle rispettive procedure concorsuali, ove le imprese abbiano la propria sede in circoscrizioni giudiziarie diverse”.

Specificamente dedicato alla liquidazione giudiziale di gruppo è l’art. 3, comma 3°, l. n.

155/2017, il quale dispone che “nell'ipotesi di gestione unitaria della procedura di liquidazione giudiziale di gruppo devono essere previsti:

a) la nomina di un unico giudice delegato e di un unico curatore, ma di distinti comitati dei creditori per ciascuna impresa del gruppo;

b) un criterio di ripartizione proporzionale dei costi della procedura tra le singole imprese del gruppo;

c) l'attribuzione al curatore, anche nei confronti di imprese non insolventi del gruppo, del potere di:

382 La riforma ha infatti operato una revisione del lessico della legge fallimentare, disponendo la sostituzione del termine “fallimento” con l’espressione, semanticamente meno invasiva, “liquidazione giudiziale”.

383 La disciplina del fallimento ha conosciuto il passaggio da una logica sanzionatoria, in cui il soggetto fallito era considerato come colui che pone in essere pratiche fraudolenti nei confronti dei creditori, a un approccio diverso, nel quale l’impresa viene considerata un bene la cui conservazione è vitale per l’economia e il mercato.

1) azionare rimedi contro operazioni antecedenti l'accertamento dello stato di insolvenza e dirette a spostare risorse a un'altra impresa del gruppo, in danno dei creditori;

2) esercitare le azioni di responsabilità di cui all'articolo 2497 del codice civile;

3) promuovere la denuncia di gravi irregolarità gestionali nei confronti degli organi di amministrazione delle società del gruppo non assoggettate alla procedura di liquidazione giudiziale;

4) nel caso in cui ravvisi l'insolvenza di imprese del gruppo non ancora assoggettate alla procedura di liquidazione giudiziale, segnalare tale circostanza agli organi di amministrazione e di controllo ovvero promuovere direttamente l'accertamento dello stato di insolvenza di dette imprese.

d) la disciplina di eventuali proposte di concordato liquidatorio giudiziale, in conformità alla disposizione dell’art. 7, comma 10, lettera d)”.

I principi dettati dalla legge delega in merito alla procedura di liquidazione giudiziale di gruppo sono stati accolti dal legislatore delegato nell’art. 287, contenuto nel Titolo VI, Capo II del CCI.

Come già evidenziato nell’ambito del concordato preventivo di gruppo, nel Titolo VI le norme concernenti la liquidazione giudiziale seguono quelle relative al concordato, posto che, a norma dell’art. 49 CCI, il vaglio giudiziale della domanda di accesso a una procedura di regolazione concordata della crisi debba precedere qualsiasi attività di accertamento dei presupposti per l’apertura della liquidazione giudiziale384.

La liquidazione giudiziale di gruppo, espressamente definita “unitaria” dall’art. 287 (diversamente da quanto accade nel concordato di gruppo), trova la sua ratio all’interno di un disegno normativo che persegue l’obiettivo dell’ “ottimizzazione del risultato economico” delle procedure concorsuali385.

Ai sensi dell’art. 287, comma 1° “Più imprese in stato di insolvenza, appartenenti al medesimo gruppo e aventi ciascuna il centro degli interessi principali nello Stato italiano, possono essere assoggettate, in accoglimento di un unico ricorso, dinanzi ad un unico tribunale, a una procedura di liquidazione giudiziale unitaria quando risultino opportune forme di coordinamento nella liquidazione degli attivi, in funzione dell’obiettivo del migliore soddisfacimento dei creditori delle diverse imprese del gruppo, ferma restando l’autonomia delle rispettive masse attive e passive”. La norma precisa che, a tal fine, “il

384 G. SCOGNAMIGLIO, I gruppi di imprese nel ccii: fra unità e pluralità, cit. V., altresì, Cap. 3, par. 2.

385 M. SCIUTO, Le ragioni della liquidazione giudiziale di gruppo, in D. VATTERMOLI, I gruppi nel Codice della crisi, cit., p. 53.

tribunale tiene conto dei preesistenti reciproci collegamenti di natura economica o produttiva, della composizione dei patrimoni delle diverse imprese e della presenza dei medesimi amministratori”.

Dall’analisi dell’art. 287, comma 1°, si evince che il presupposto soggettivo per l’assoggettamento a una procedura di liquidazione giudiziale sia limitato a “più imprese”, appartenenti al medesimo gruppo e aventi ciascuna il COMI nello Stato italiano, mentre il presupposto oggettivo è costituito dallo stato di insolvenza. La sussistenza del presupposto oggettivo per l’ammissione alla procedura deve essere accertata con riguardo a ciascuno dei soggetti proponenti, talché non può assoggettarsi a liquidazione giudiziale di gruppo un’impresa non insolvente386.

In virtù della limitazione alle sole imprese, si ritengono esclusi dalla portata applicativa della norma quei soggetti che non siano dotati dei requisiti dell’imprenditorialità387. In assenza di qualsiasi forma di automatismo procedurale, spetta alla capogruppo il compito di valutare se, in base alla struttura, alla conformazione del gruppo e al grado di integrazione economica e organizzativa tra le diverse imprese che ne fanno parte, sia più conveniente chiedere l’assoggettamento a una procedura di liquidazione giudiziaria unitaria di quelle imprese che versino in stato di insolvenza, da condurre in maniera accentrata, oppure se sia preferibile che ciascuna delle imprese intraprenda percorsi liquidatori indipendenti e distinti rispetto alle altre388; si ritiene, tuttavia, che la domanda possa essere presentata da qualsiasi società del gruppo, e non necessariamente da quella che eserciti l’attività di direzione e coordinamento389.

La decisione di avviare una liquidazione giudiziale di gruppo va subordinata all’assenza, o alla valutazione negativa, di eventuali proposte di regolazione concordata della crisi o dell’insolvenza, sulla base di una superiore “gerarchia assiologica” riconosciuta, in via generale, dall’art. 7, comma 2°, CCI; di conseguenza, qualora unitamente al ricorso per aprire una liquidazione giudiziale di gruppo sia pendente un ricorso per una procedura di regolazione della crisi, quest’ultimo andrebbe valutato in via prioritaria e preferito, ove risulti funzionale al miglior soddisfacimento degli interessi dei creditori390.

386 F. LAMANNA, Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., p. 23.

387 M. PALLADINO, op. cit., p. 44.

388 G. FAUCEGLIA, Il nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., p. 222.

389 G. MEO e L. PANZANI, Procedure unitarie “di gruppo” nel codice della crisi (un “contrappunto”), in ilcaso.it, 20 dicembre 2019, pp. 1 ss.

390 M. SCIUTO, op. cit., p. 56.

Secondo quanto prescritto dal combinato disposto degli artt. 37 e 40 CCI, la domanda di accesso alla procedura di liquidazione giudiziale si propone con ricorso, nel quale devono essere indicati:

1. l’ufficio giudiziario;

2. l’oggetto e le ragioni della domanda;

3. le conclusioni.

Il ricorso deve poi essere sottoscritto da un difensore munito di procura e comunicato al registro delle imprese, entro il giorno successivo al deposito, nonché al pubblico ministero, unitamente ai documenti allegati.

L’art. 33 CCI fissa il termine entro il quale può essere depositato il ricorso per l’apertura della procedura: la liquidazione giudiziale può essere avviata entro un anno dalla cessazione dell’attività del debitore, se l’insolvenza si è manifestata “anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo”.

Si ritiene che la legittimazione attiva a proporre il ricorso per la procedura unitaria di liquidazione giudiziale non spetti esclusivamente alle imprese del gruppo, come invece previsto per le procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza, bensì risponda alla regola generale posta dall’art. 37 CCI391; secondo quanto previsto da quest’ultima norma, la legittimazione attiva compete, oltre che al soggetto debitore:

- a uno o più creditori;

- al pubblico ministero;

- agli organi e autorità che svolgono funzioni di controllo o di vigilanza sull’impresa.

Diversa dottrina sostiene, invece, che la liquidazione di gruppo possa essere aperta solamente su istanza congiunta e volontaria delle diverse imprese insolventi del gruppo, in quanto né i creditori né tantomeno il pubblico ministero sarebbero in grado di avere il

“quadro giustificativo” dell’esigenza di una trattazione unitaria della crisi, la cui valutazione rientra nel settore delle scelte di impresa che non possono essere sottratte agli organi competenti392. Secondo quest’ultimo orientamento appare invece possibile che, presentata da parte di un creditore o dal pubblico ministero istanza di liquidazione

391 Ex multis, G. SCOGNAMIGLIO, I gruppi di imprese nel ccii: fra unità e pluralità, cit., nonché M.

SCIUTO, op. cit., p. 57, secondo cui la sottoposizione a procedura liquidatoria obbedisce principalmente agli interessi dei creditori, i quali potrebbero essere legittimati a scegliere, nel novero di quelli offerti dalla legge, lo strumento più adatto alla propria tutela.

392 Ex multis, G. MEO e L. PANZANI, Procedure unitarie “di gruppo” nel codice della crisi (un

“contrappunto”), cit., nonché F. LAMANNA, Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., p. 24.

giudiziaria di una società facente parte di un gruppo, la holding o altre società possano chiedere l’ammissione a una procedura di gruppo393.

Indici a favore della prima tesi si ricavano:

- dallo stesso dato letterale dell’art. 287, comma 1°, il quale fa riferimento all’apertura della procedura di gruppo “in accoglimento di un unico ricorso” (a differenza dell’art.

284 CCI, che si riferisce al ricorso per una procedura di regolazione come quello che più imprese del gruppo “possono presentare”);

- dalla previsione dell’art. 287, comma 4°, inerente alla facoltà di proporre una pluralità di ricorsi in sequenza tra loro e all’ulteriore possibilità di una “domanda di accesso alla procedura presentata contemporaneamente da più imprese dello stesso gruppo”.

Oltre al dato letterale, nel senso di una legittimazione attiva non limitata alle sole imprese del gruppo depone la considerazione degli stessi interessi in gioco. La liquidazione giudiziale, diversamente da quanto accade nelle procedure di regolazione della crisi, implica, infatti, lo spossessamento di tutte o alcune imprese del gruppo, al fine di incrementare il valore che i creditori possano realizzare all’esito di una procedura di esecuzione collettiva su tutte le attività del gruppo394.

Nella liquidazione giudiziale di gruppo, l’efficienza della procedura può essere perseguita entro un ventaglio di possibilità più limitato rispetto a quello consentito dal concordato di gruppo, in quanto ciò risulta conforme alla finalità liquidatoria tipica della procedura395. L’obiettivo perseguito dalla liquidazione giudiziale di gruppo è quello di valorizzare gli attivi delle imprese coinvolte nella procedura, al fine di ottenere un’ottimizzazione della loro liquidazione. A tal fine, non sembra potersi escludere, al pari di quanto previsto per la liquidazione giudiziale di imprese monadi, il ricorso a forme di prosecuzione dell’attività di impresa che siano strumentali a una migliore liquidazione; di fatti, sebbene l’art. 287 non faccia riferimento alla continuità aziendale, possono trovare luogo, per una o più imprese, l’esercizio provvisorio (art. 211 CCI), l’affitto dell’azienda (art. 212 CCI), ovvero la cessione dell’azienda in funzionamento (art. 214 CCI)396.

Sebbene la procedura unitaria di liquidazione giudiziale di gruppo sia da prediligere rispetto al mero coordinamento tra procedure autonome, essa si verifica soltanto in via eventuale397; secondo quanto prescritto dallo stesso art. 287, comma 1°, l’apertura della liquidazione giudiziale unitaria può infatti essere disposta solamente ove risultino

393 L. FARENGA, op. cit.

394 M SCIUTO, op. cit., p. 57.

395 M. SCIUTO, op. ult. cit., p. 54.

396 L. FARENGA, op. cit.

397 M. SCIUTO, op. cit., p. 56.

“opportune forme di coordinamento nella liquidazione degli attivi”, in funzione del miglior soddisfacimento dei creditori delle diverse imprese del gruppo.

La norma riprende, pur con gli opportuni adattamenti del caso, la disposizione contenuta nell’art. 81, comma 2°, d.lgs. n. 270/1999, che consente l’estensione dell’amministrazione straordinaria anche alle altre imprese del gruppo “quando risulta comunque opportuna la gestione unitaria dell’insolvenza nell’ambito del gruppo, in quanto idonea ad agevolare, per collegamenti di natura economica o produttiva tra le singole imprese, il raggiungimento degli obiettivi della procedura”398.

Nell’ambito della liquidazione giudiziale, le ragioni di opportunità della procedura unitaria dovranno, pertanto, essere valutate esclusivamente a fronte dell’efficiente e fruttuoso coordinamento della liquidazione dell’attivo e in funzione dell’ottimizzazione del soddisfacimento concretamente prospettabile ai creditori di ciascuna procedura399. Il coordinamento viene predisposto a seguito di una valutazione da parte del tribunale, la quale, secondo quanto enunciato dalla norma, deve tener conto:

a) dei collegamenti di natura economica o produttiva intercorrenti tra le imprese del gruppo;

b) della composizione dei patrimoni di tali imprese;

c) della presenza dei medesimi amministratori400.

Il riferimento alla “presenza dei medesimi amministratori” risulta enigmatico, posto che i medesimi, restando tendenzialmente privati dei propri poteri gestori in seno alla procedura, non dovrebbero poter condizionarne i presupposti, né tantomeno incidere significativamente sulle sue probabilità di successo401.

Dalla norma si deduce che il tribunale concorsuale svolga un ruolo primario nella procedura di liquidazione giudiziale, essendone un organo apicale. Esso, ai sensi dell’art.

122 CCI, opera in composizione collegiale, con competenza diffusa su tutta la procedura:

398 V. Cap. 1, par. 2.

399 M. PALLADINO, op. cit., p. 47.

400 Secondo quanto rilevato da M. PALLADINO, op. ult. cit., pp. 47-48, un’ipotesi destinata a soddisfare i presupposti evidenziati è ravvisabile nei casi in cui la titolarità di un complesso produttivo “concettualmente”

unitario sia frazionata tra due o più imprese inserite nel medesimo gruppo. Al cospetto di una simile evenienza, la dismissione in blocco del compendio potrebbe rendersi opportuna nell’ottica di coordinare le operazioni di vendita, accentrando i relativi adempimenti nell’ambito di un’unica procedura. Allo stesso modo, la liquidazione unitaria potrebbe risultare opportuna, in presenza di gravi fatti di mala gestio addebitabili ai medesimi soggetti che hanno ricoperto cariche gestorie (o di controllo, ancorché le sovrapposizioni dei membri del collegio sindacale non siano espressamente contemplati dall’art. 287) nell’organigramma di entrambe le società. In quest’ultimo caso, viene valorizzata l’esigenza di coordinare l’avvio delle iniziative giudiziali concretamente esperibili.

401 M. SCIUTO, op. cit., p. 54.

- provvede alla nomina e alla revoca degli organi della procedura, fatte salve le competenze del giudice delegato;

- vigila sull’andamento della procedura e ha la facoltà, in qualunque momento, di sentire in camera di consiglio soggetti quali il curatore, il comitato dei creditori e il debitore, al fine di ottenere chiarimenti;

- decide altresì sulle controversie insorte nell’ambito della procedura402.

L’art. 122 prevede altresì che i provvedimenti resi dal tribunale concorsuale abbiano la forma del decreto motivato, laddove non sia diversamente disposto.

Affinché sia consentito al tribunale di operare la valutazione prevista dall’art. 287, comma 1°, risulta applicabile anche alla liquidazione giudiziale il dettato dell’art. 289, il quale prescrive che l’istanza di liquidazione debba contenere “informazioni analitiche sulla struttura del gruppo e sui vincoli partecipativi o contrattuali esistenti tra le società e imprese”, nonché “indicare il registro delle imprese o i registri delle imprese in cui è stata effettuata la pubblicità prevista dall’art. 2497-bis c.c.”, precisando poi che l’impresa dovrà depositare il bilancio consolidato di gruppo, ove redatto403.

Nell’ambito dell’istruttoria, al fine di accertare l’esistenza di collegamenti di gruppo, specifici obblighi di cooperazione sono posti dal medesimo art. 289 in capo alla CONSOB, alle società fiduciarie e a “qualsiasi altra pubblica autorità”. Tali soggetti sono infatti tenuti a comunicare, entro quindici giorni dalla richiesta del tribunale, le generalità degli effettivi titolari di diritti sulle azioni ovvero, nel caso delle società fiduciarie, sulle quote a esse intestate. Successivamente alla sua nomina, la facoltà di chiedere i dati prescritti dall’art. 289 si trasferisce, tuttavia, al curatore404.

Essendo finalizzata a regolare le pretese creditorie nel concorso, la liquidazione giudiziale presuppone che di tali pretese si verifichi l’effettivo fondamento giuridico. I soggetti creditori, al fine di poter essere qualificati creditori concorsuali, necessitano del riconoscimento del proprio credito all’interno della procedura, attraverso il procedimento dell’accertamento del passivo, disciplinato dagli artt. 200 ss. CCI405. Le pretese creditorie non consistono soltanto in crediti nei confronti del debitore, bensì anche in “eventuali diritti reali e personali sui beni, mobili o immobili”. Le domande di ammissione al passivo di un credito, di una restituzione o di una rivendicazione di beni mobili o immobili si propongono

402 G. FAUCEGLIA, Il nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., p. 106.

403 D. CORRADO, La liquidazione giudiziale di gruppo nel Codice della crisi e dell’insolvenza, in Il fallimentarista, focus del 24 maggio 2019.

404 D. CORRADO, op. ult. cit.

405 V. LENOCI, Il procedimento concorsuale liquidatorio, in Questione Giustizia, 2019.

con ricorso da trasmettersi, unitamente alla documentazione necessaria, con le modalità e le forme di cui al comma 2° dell’art. 201406, almeno trenta giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo.

Ai sensi dell’art. 201, comma 3°, CCI, tale ricorso deve contenere:

a) l’indicazione della procedura cui si intende partecipare, le generalità del creditore e il suo numero di codice fiscale, nonché le coordinate bancarie dell’instante o la dichiarazione di voler essere pagato con modalità diverse dall’accredito in conto corrente;

b) la determinazione della somma che si intende insinuare nel passivo, la descrizione del bene di cui si chiede la restituzione o la rivendicazione, ovvero l’ammontare del credito per il quale si intende partecipare al riparto se il debitore insolvente è terzo datore di ipoteca;

c) la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda;

d) l’eventuale indicazione di un titolo di prelazione, nonché la descrizione del bene sul quale la prelazione si esercita, se questa ha carattere speciale;

e) l’indicazione di posta elettronica certificata al quale ricevere le comunicazioni relative alla procedura.

In virtù del mantenimento dell’autonomia della masse attive e passive delle imprese, previsto dal medesimo art. 287, comma 1°, la procedura in esame viene ricondotta, tra i vari modelli di procedure di gruppo, a quello del consolidamento procedurale: trattasi di un modello ben distinto tanto dal consolidamento sostanziale, nel quale le masse attive e passive vengono unificate, quanto dal coordinamento tra procedure, consistente nell’apertura di distinte procedure di liquidazione giudiziale, coordinate dai rispettivi organi di gestione407.

Il principio di separazione delle masse si riverbera sulla designazione del comitato dei creditori che, ai sensi dell’art. 287, comma 2°, dovrà essere nominato dal tribunale “per ciascuna impresa del gruppo”.

406 Ai sensi del quale: “il ricorso può essere sottoscritto anche personalmente dalla parte ed è formato ai sensi degli articoli 20, comma 1-bis, ovvero 22, comma 3, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni e, nel termine stabilito dal comma 1, è trasmesso all'indirizzo di posta elettronica certificata del curatore indicato nell'avviso di cui all'articolo 200, insieme ai documenti di cui al comma 6.

L'originale del titolo di credito allegato al ricorso è depositato presso la cancelleria del tribunale”.

407 M. SCIUTO, op. cit., p. 55. In merito al coordinamento tra procedure, v., infra, Cap. 5.

Il comitato dei creditori, agendo quale organo collegiale rappresentativo del ceto creditorio, vigila sull’operato del curatore, autorizza i suoi atti ed esprime pareri, nei casi previsti dalla legge, ovvero qualora ciò sia richiesto dal tribunale o dal giudice delegato408.

La responsabilità del comitato dei creditori viene disciplinata dall’art. 140, comma 7°, CCI, il quale, similmente a quanto previsto dall’art. 2407, commi 1° e 3°, c.c., per i sindaci nelle società per azioni, afferma il principio in forza del quale i singoli componenti devono adempiere i propri doveri con la professionalità e la diligenza richiesti dalla natura dell’incarico409.

È stato evidenziato come l’art. 287, comma 2°, nulla dispone in relazione a quali conseguenze si verifichino laddove i differenti comitati dei creditori, portatori di interessi diversi, non autorizzino singoli atti che incidano sulla liquidazione complessiva, da cui possano sorgere concrete difficoltà nella gestione unitaria410.

Elementi di unità della procedura si deducono, tuttavia, dallo stesso testo dell’art. 287,

Elementi di unità della procedura si deducono, tuttavia, dallo stesso testo dell’art. 287,