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LE PROCEDURE DI REGOLAZIONE DELLA CRISI

2. Il concordato preventivo di gruppo nel CCI

2.3 Il procedimento di concordato di gruppo

L’individuazione di un unico tribunale competente a trattare il concordato di gruppo è il presupposto necessario per procedere alla nomina di organi unitari.

L’art. 286, comma 2°, dispone che il tribunale, qualora accolga il ricorso, nomini un unico giudice delegato e un unico commissario giudiziale per tutte le imprese del gruppo.

È stato constatato come la norma de qua avrebbe potuto essere più esaustiva in merito all’accoglimento (o meno) del ricorso da parte del tribunale: difatti non vengono specificate le conseguenze della mancata ammissione di una singola impresa, né viene indicato in quali casi ciò possa comportare l’inammissibilità del concordato di tutte le imprese del gruppo291. Al tema della ripartizione dei costi tra le varie imprese appartenenti al gruppo, il CCI dedica due previsioni:

- in primis, l’art. 286, comma 2°, ai sensi del quale il tribunale dispone “il deposito di un unico fondo per le spese di giustizia”;

- per le successive fasi di svolgimento ed esecuzione della procedura, l’art. 286, comma 3°, il quale precisa che “i costi della procedura sono ripartiti tra le imprese del gruppo in proporzione delle rispettive masse attive”.

289 L’art. 7, comma 2°, CCI, recita infatti: “Nel caso di proposizione di più domande, il tribunale tratta in via prioritaria quella diretta a regolare la crisi o l'insolvenza con strumenti diversi dalla liquidazione giudiziale o dalla liquidazione controllata, a condizione che nel piano sia espressamente indicata la convenienza per i creditori e che la domanda medesima non sia manifestamente inammissibile o infondata”.

290 G. D’ATTORRE, I concordati di gruppo nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit.

291 A. LA MALFA, op. cit., p. 103.

Il criterio di ripartizione dei costi della procedura in proporzione delle rispettive masse attive risponde a esigenze di “giustizia distributiva”, imponendo alle imprese di rispondere pro quota rispetto al presumibile valore degli assets destinati al soddisfacimento della massa dei creditori292.

Nella sua applicazione concreta, tuttavia, tale criterio si presta a numerosi dubbi interpretativi, generati dalla pluralità delle possibili tipologie di concordato, nonché dalla flessibilità delle proposte e dei piani:

- in primis, occorre domandarsi se la massa attiva, a cui fare riferimento, sia quella indicata in sede di ricorso di concordato, oppure se sia opportuno fare riferimento alla massa effettivamente realizzata a seguito dell’attività di liquidazione dei beni, ovvero della prosecuzione dell’attività di impresa;

- laddove si propenda per questa seconda soluzione, si pone un ulteriore problema di ordine temporale, posto che i tempi di realizzazione dell’attivo possono essere variabili ed estesi (di conseguenza, nel caso di riparti in alcune procedure che avvengano prima che sia ultimata la realizzazione dell’attivo presso altre imprese, sarà necessario effettuare degli accantonamenti, non potendosi stabilire con certezza la quota dei costi gravanti su quella specifica impresa);

- infine, nel caso di concordati con continuità aziendale, la nozione di massa attiva non è agevole, poiché essa viene determinata, per quanto concerne la parte in continuità, dai flussi che derivano dalla prosecuzione dell’attività, ma solo limitatamente alla durata del piano concordatario (ciò implica che eventuali flussi derivanti dalla continuità per il lasso di tempo successivo alla durata del piano non siano compresi nella nozione di massa attiva)293.

Al fine di risolvere i problemi applicativi emersi e di facilitare le fasi di riparto, in dottrina si sostiene la tesi secondo cui sia preferibile ancorare la nozione di massa attiva a un dato definito ex ante, sia pure in via probabilistica, e costituito dall’ammontare dell’attivo che, secondo quanto previsto dal piano e dalla proposta di concordato, ogni impresa del gruppo offre ai propri creditori, senza tenere conto dei risultati concretamente realizzati294. L’art. 284, comma 4°, inerente ai poteri informativi concessi al commissario giudiziale, sancisce la possibilità che il medesimo, previa autorizzazione del giudice, possa richiedere alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) o a qualsiasi altra pubblica

292 G. D’ATTORRE, I concordati di gruppo nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit. Una previsione analoga è contemplata altresì dall’art. 85, d.lgs. n. 270/1999, in tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza.

293 Cfr., in merito, G. D’ATTORRE, op. ult. cit.

294 G. D’ATTORRE, op. ult. cit.

autorità “informazioni utili ad accertare l’esistenza di collegamenti di gruppo”, nonché, alle società fiduciarie, “le generalità degli effettivi titolari di diritti sulle azioni o sulle quote ad esse intestate”, precisando che tali informazioni debbano essere fornite entro quindici giorni dalla richiesta.

Pur nel silenzio del CCI, si ritiene che al commissario giudiziale spetti altresì il compito di redigere un’unica relazione, sia pur con esame specifico delle situazioni di ciascuna società, ma con un giudizio di sintesi sull’opportunità o meno di omologare il concordato di gruppo295.

Mentre l’art. 284 CCI contempla la possibilità di un ricorso unitario e di un piano unitario o di piani reciprocamente collegati e interferenti, nulla dispone in merito alla proposta di concordato. Nel silenzio della legge, occorre valutare, pertanto, se il concordato di gruppo possa basarsi anche su una proposta unitaria. Secondo quanto rilevato in merito dalla dottrina, a tale interrogativo deve essere data una risposta negativa: si ritiene, pur nel caso di un ricorso e un piano unitario, che ciascuna impresa debba sottoporre all’approvazione dei relativi creditori una proposta distinta e autonoma da quella di altre imprese296. Tale soluzione è avvalorata dalla regola, sostanziale prima ancora che processuale, dettata dall’art. 286, comma 5°, il cui testo recita: “i creditori di ciascuna delle imprese che hanno proposto la domanda di accesso al concordato di gruppo, suddivisi per classi qualora tale suddivisione sia prevista dalla legge o dal piano, votano in maniera contestuale e separata sulla proposta presentata dall’impresa loro debitrice. Il concordato di gruppo è approvato quando le proposte delle singole imprese del gruppo sono approvate dalla maggioranza prevista dall'articolo 109”.

La circostanza che la norma parli di votazione dei creditori sulla proposta presentata dall’impresa loro debitrice, implica che ogni impresa del gruppo debba presentare una proposta ai propri creditori, il che esclude il configurarsi di una proposta unitaria di gruppo.

Il principio dell’autonomia delle rispettive masse attive e passive impedisce, per giunta, una proposta unitaria che sia rivolta ai creditori, senza che gli stessi siano differenziati sulla base delle imprese loro debitrici, in quanto ciò comporterebbe una confusione tanto delle masse attive, quanto delle masse passive297.

295 M. ARATO, op. cit.

296 G. FERRI JR., op. cit., pp. 41 ss. Secondo M. PALLADINO, op. cit., pp. 22 ss., la predisposizione di una sola proposta e di un solo piano potrebbe configurarsi nel caso in cui si verifichi una fusione delle diverse società del gruppo in un’unica realtà. Secondo l’Autore sarebbe comunque preferibile collocare la fusione in epoca antecedente alla presentazione del ricorso, salva la possibilità di condizionare l’efficacia dell’operazione straordinaria all’omologazione del concordato, al fine di evitare che un’operazione siffatta possa intervenire senza il placet dei creditori e al di fuori del vaglio del tribunale.

297 G. D’ATTORRE, I concordati di gruppo nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit.

L’art. 286, comma 5°, sancendo che il concordato di gruppo sia “approvato quando le proposte delle singole imprese del gruppo sono approvate dalla maggioranza prevista dall'articolo 109”, richiama le medesime modalità di approvazione contemplate per il concordato preventivo “individuale”.

Tale previsione è stata interpretata nel senso che sia necessaria l’approvazione di tutte le proposte delle società del gruppo, mentre non è da ritenersi sufficiente il voto favorevole dei creditori della maggioranza di tali società, come invece previsto, in relazione all’approvazione dell’unica proposta da parte di una pluralità di classi di creditori, dall’art.

109, comma 1°, CCI298. Ciò implica che, in presenza di un piano unico, o di piani tra loro collegati e interferenti, l’approvazione della proposta inerente alla singola impresa assuma rilevanza in quanto presupposto dell’approvazione dell’unico concordato; di conseguenza, pur avendo ottenuto il voto favorevole della maggioranza dei rispettivi creditori, la singola proposta, laddove non corredata dall’approvazione di tutte le altre proposte, non deve ritenersi approvata, essendo di per sé inidonea a vincolare anche solo la relativa minoranza299.

La suddivisione in classi dei creditori di ciascuna delle società proponenti non è un atto obbligatorio, ma “altamente probabile”, in virtù dell’art. 85, comma 5°, CCI, il quale introduce diverse ipotesi di distinzione necessaria delle varie tipologie di creditori300. La votazione contestuale, che risponde sul piano procedurale all’unità del piano, consentendone l’attuazione, non presuppone soltanto che l’ammissione del concordato di gruppo sia contestuale, bensì anche che l’omologazione debba avvenire unitariamente, sebbene la norma non lo preveda specificamente301.

Con riferimento alla votazione, inoltre, l’art. 286 comma 6°, stabilisce che siano escluse dal voto “le imprese del gruppo titolari di crediti nei confronti dell’impresa ammessa alla procedura”.

La norma de qua riproduce il meccanismo, già contemplato dall’art. 109, comma 5°, CCI, che esclude dal voto, oltre alla società che controlla la società debitrice, le società da questa

298 F. GUERRERA, op. cit.

299 G. FERRI JR., op. cit., p. 43.

300 F. GUERRERA, op. cit. L’Autore rileva altresì come il CCI adotti, per la votazione dei creditori, una logica di coordinamento e di separazione differente da quella scelta dall’art. 4-bis, comma 2°, d.l. n.

347/2003, che prevedeva la formazione di “sottoclassi” di creditori in ragione della situazione patrimoniale della società debitrice.

301 A. LA MALFA, op. cit., p. 102.

controllate e quelle soggette a comune controllo, i creditori che si trovino in una situazione di conflitto di interesse302.

Il decreto correttivo, rispondendo all’esigenza di colmare una lacuna, peraltro già evidenziata dalla dottrina, ha introdotto l’art. 286, comma 7°, il quale prevede che “il tribunale, con decreto di omologazione, nomina un comitato dei creditori per ciascuna impresa del gruppo e, quando il concordato prevede la cessione dei beni, un unico liquidatore giudiziale per tute le imprese”303.

Il collegamento tra le diverse proposte emerge altresì in relazione alla disciplina della risoluzione e dell’annullamento del concordato, ai sensi del disposto dell’art. 286, comma 8°, che recita: “il concordato di gruppo omologato non può essere risolto o annullato quando i presupposti per la risoluzione o l'annullamento si verificano soltanto rispetto a una o ad alcune imprese del gruppo, a meno che ne risulti significativamente compromessa l'attuazione del piano anche da parte altre imprese”304.

Dalla previsione in oggetto sembra potersi desumere la possibilità di non ammettere al concordato una singola impresa del gruppo, laddove il suo ruolo non sia rilevante ai fini dell’esecuzione del piano e dell’adempimento della proposta di gruppo305.