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LE PROCEDURE DI REGOLAZIONE DELLA CRISI

2. Il concordato preventivo di gruppo nel CCI

2.1 Il contenuto del piano o dei piani di gruppo

Il profilo di maggior interesse operativo che caratterizza la disciplina del concordato di gruppo è quello concernente il contenuto della relativa proposta.

L’art. 285 CCI precisa il possibile contenuto del piano unitario di gruppo o dei piani collegati e interferenti, stabilendo che esso possa consistere:

1. nella liquidazione di alcune imprese del gruppo e nella continuazione dell’attività di altre imprese, potendosi applicare la disciplina del concordato in continuità solo a condizione che dal confronto dei flussi complessivi derivanti dalla continuazione dell’attività con quelli derivanti dalla liquidazione, risulti che i creditori delle varie imprese siano soddisfatti prevalentemente con il prodotto risultante dalla continuità aziendale diretta o indiretta (comma 1°)255;

2. in operazioni contrattuali e riorganizzative, ivi inclusi trasferimenti di risorse infragruppo (comma 2°).

253 G. SCOGNAMIGLIO, I gruppi di imprese nel ccii: fra unità e pluralità, cit.

254 D. CORRADO, op. cit. Occorre precisare, tuttavia, che prima del decreto correttivo tale previsione era contenuta nell’art. 286, comma 7°.

255 L’espressione “ivi compresa la cessione del magazzino” è stata soppressa dal decreto correttivo al CCI.

Dall’insieme delle disposizioni esaminate emerge una serie di articolate soluzioni, aventi il pregio di poter essere applicate a qualsiasi fattispecie economico-imprenditoriale, atte a

“ridisegnare” la fisionomia o il perimetro del gruppo, in vista del superamento della crisi e del mantenimento della propria quota di mercato256.

La distinzione, già presente nella legge fallimentare, tra concordati liquidatori e concordati in continuità aziendale continua a sussistere nel CCI, tanto sotto il profilo delle condizioni di ammissibilità257, quanto sotto il profilo dello svolgimento258; risulta, pertanto, necessario stabilire se ricorra l’uno o l’altro, poiché la definizione tipologica rappresenta il presupposto per l’applicazione di una differente disciplina.

La formulazione dell’art. 285, comma 1°, seppur non “ineccepibile dal punto di vista tecnico”259, ammette la possibilità che si configurino piani omogenei, prevedendo un concordato liquidatorio o in continuità per tutte le imprese, oppure di contenuto misto, disponendo per alcune imprese la continuità aziendale, mentre per altre la liquidazione del patrimonio.

Qualora il ricavato, derivante dalla continuità aziendale diretta o indiretta delle imprese, sia idoneo a soddisfare i creditori in misura prevalente rispetto al ricavato realizzato dalla liquidazione, si applicherà, tuttavia, esclusivamente la disciplina del concordato in continuità, trovando attuazione il criterio di prevalenza contemplato dall’art. 84, comma 3°, CCI260.

Il legislatore delegato chiarisce, nel disposto dell’art. 84, comma 2°, che la continuità aziendale deve essere intesa in senso oggettivo e non soggettivo, con la conseguenza che rientri nel concetto di continuità tanto quella diretta, in capo all’imprenditore che ha presentato la domanda di concordato, quanto quella indiretta, nella quale la gestione dell’azienda è posta in capo a un soggetto diverso dal debitore: ciò che rileva è infatti che l’attività delle imprese possa proseguire dopo la conclusione della procedura. La norma annovera, tra le fattispecie di continuità indiretta configurabili, la cessione, l’usufrutto, l’affitto, il conferimento dell’azienda in una o più società (anche di nuova costituzione) o

“qualunque altro titolo”.

256 M. L. VITALI, op. cit.

257 Si fa riferimento all’obbligo di apporto di risorse esterne tali da incrementare di almeno il 10% il soddisfacimento dei creditori chirografari, nonché del vincolo del soddisfacimento non inferiore al 20% nei concordati liquidatori, ex art. 84, comma 4°, CCI.

258 Si fa riferimento, ad esempio, agli artt. 86 (in tema di moratoria del concordato in continuità) e 95 (in tema di disposizioni speciali per i contratti con le pubbliche amministrazioni), CCI.

259 G. D’ATTORRE, op. cit., ha rilevato che la liquidazione non riguardi le imprese, come da formulazione legislativa, bensì il patrimonio delle stesse.

260 G. D’ATTORRE, op. ult. cit.

Emergono dubbi in merito alla possibilità che si applichi, all’ipotesi del concordato di gruppo, il criterio alternativo contemplato ulteriormente dall’art. 84, comma 3°, secondo cui “la prevalenza si considera sempre sussistente quando i ricavi attesi dalla continuità per i primi due anni di attuazione del piano derivano da un’attività d’impresa alla quale sono addetti almeno la metà della media di quelli in forza nei due esercizi antecedenti il momento del deposito del ricorso”261.

Dal testo dell’art. 285, comma 1°, si deduce, altresì, che l’operatività della disciplina del concordato in continuità risulti estesa, in presenza di una valutazione complessiva delle modalità di soddisfazione dei creditori dell’intero gruppo, anche a proposte che, singolarmente considerate, presentino un contenuto qualificabile come liquidatorio262; tale circostanza dimostra il maggior favor, accordato dal legislatore, alla procedura di concordato in continuità aziendale rispetto al concordato liquidatorio.

L’art. 285, comma 2°, riproduce il principio di cui all’art. 3, comma 2°, lett. f), l. n.

155/2017, con la rilevante eccezione di sancire apertis verbis l’ammissibilità, tra le operazioni contrattuali e riorganizzative configurabili (quali, ad esempio, fusioni, scissioni, trasferimenti di azienda, disciplinate dall’art. 116 CCI), dei “trasferimenti di risorse infragruppo”.

L’ammissibilità di operazioni infragruppo, giustificata nell’ottica di consentire il conseguimento degli obiettivi previsti dal piano concordatario (o dai piani collegati e interferenti), costituisce un importante strumento volto a favorire i passaggi di ricchezza da un’impresa del gruppo all’altra263.

Tale norma, sebbene costituisca la codificazione di operazioni già invalse nella prassi e oggetto di ampio dibattito nella legge fallimentare264, è stata ritenuta viziata per eccesso di

261 In senso affermativo O. CAGNASSO, La domanda di accesso al concordato preventivo di gruppo in continuità, in Il nuovo diritto delle società, febbraio 2020, pp. 141 ss. In senso negativo L. BOTTAI, I gruppi di imprese nella riforma concorsuale, in E. D’INNELLA e F. TRIPODI, op. cit., p. 78.

262 Di conseguenza si disapplica, a svantaggio dei creditori dell’impresa per la quale la proposta preveda la liquidazione del patrimonio, la previsione dell’art. 84, comma 4°, CCI, la quale richiede un apporto di risorse esterne tale da incrementare per almeno il 10% la soddisfazione dei creditori chirografari e che fissa nel 20%

il limite minimo della loro soddisfazione.

263 S. DELLA ROCCA e F. GRIECO, Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Primo commento al d.lgs. n. 14/2019, Padova, CEDAM, 2019, pp. 258 e 259.

264 Nel vigore della legge fallimentare anteriore alle riforme degli anni 2005-2007, il tema era già stato affrontato da M. FABIANI, Il gruppo di imprese nelle procedure concorsuali giurisdizionali, in Riv. Soc., 1998, pp. 1341 ss., secondo cui erano possibili trasferimenti di risorse da una società all’altra del gruppo in presenza di un piano organizzativo complesso, che contenesse altresì dichiarazioni di rinuncia dei creditori chirografari della società più capiente a percepire la differenza tra l’intero credito e la percentuale distribuita ai creditori delle altre imprese; in caso di opposizione all’omologazione da parte di un creditori dissenziente, l’Autore riteneva che fosse necessario il pagamento integrale del creditore medesimo, non potendo il tribunale considerare la soluzione concordataria più favorevole rispetto al fallimento per la società più florida che apportava risorse alle altre.

delega, in quanto posta in deroga al principio generale della responsabilità patrimoniale enunciato dall’art. 2740 c.c.265.

La legittimità delle operazioni contemplate dall’art. 285, comma 2°, è subordinata alla sussistenza di due condizioni, in quanto è richiesto che esse siano:

1. necessarie ai fini della continuità aziendale per le imprese per le quali essa è prevista nel piano;

2. coerenti con l’obiettivo del miglior soddisfacimento dei creditori di tutte le imprese del gruppo.

Viene altresì prescritto che l’asseverazione di tali requisiti sia affidata a un professionista indipendente. Al riguardo sorge l’interrogativo inerente alla possibilità che il professionista indipendente coincida con il professionista attestatore del piano; ferme restando alcune aree di sovrapposizione, in quanto il giudizio richiesto dall’art. 285, comma 2°, potrebbe costituire un’attestazione integrativa rispetto a quella redatta dal professionista attestatore, si ritiene che l’incarico possa essere affidato a un differente professionista indipendente, con vesti di “arbitratore” su aspetti puramente economici, atti a incidere sul processo di allocazione dei valori e sul miglior soddisfacimento dei creditori di ciascuna impresa del gruppo266.

Stando alla lettera della norma de qua, i trasferimenti di risorse infragruppo sono ammissibili esclusivamente nell’ipotesi di concordato in continuità e soltanto qualora, in tale prospettiva, siano qualificati come necessari. Si è affermata in dottrina la possibilità di estendere la portata applicativa di tale norma, permettendo il trasferimento di risorse anche in favore di imprese per le quali sia prevista la liquidazione, purché sia dimostrato che ciò sia necessario al fine di consentire la continuità aziendale di altre imprese del gruppo267. Non sembra, per contro, possibile estendere la norma al caso in cui tutte le imprese siano da sottoporre a concordato liquidatorio268.

Si rileva, in merito alla seconda condizione relativa al miglior soddisfacimento dei creditori di tutte le imprese del gruppo, come l’art. 285, comma 2° riproduca quanto previsto dal legislatore ai fini dell’ammissibilità dello stesso concordato di gruppo; anche in questo caso si ritiene che tale obiettivo sia raggiunto qualora non venga arrecato alcun pregiudizio ai creditori di ciascuna impresa269.

265 D. CORRADO, op. cit.

266 C. PAGLIUGHI, op. cit.

267 G. D’ATTORRE, op. cit.

268 O. CAGNASSO, op. cit.

269 O. CAGNASSO, op. ult. cit.

Ponendosi dalla prospettiva dell’impresa beneficiaria delle risorse infragruppo, l’attribuzione patrimoniale viene qualificata in termini di finanza esterna. D’altro canto, ponendosi dal lato dell’impresa che effettua il trasferimento, si configura l’ipotesi di un concordato con destinazione solo parziale dei beni ai propri creditori, dal momento che, di fatto, una parte del patrimonio non viene devoluta ai propri creditori270. Secondo altra dottrina, tuttavia, il trasferimento di risorse non viene considerato nei termini di un atto definitivo di distribuzione di parte del valore della massa attiva pertinente all’impresa trasferente271. Di conseguenza, il contenuto della proposta che prevede il trasferimento non si presta a essere qualificato come destinazione solo parziale dei beni ai propri creditori;

esso appare, piuttosto, un finanziamento dell’attività unitaria del gruppo, funzionale a consentirne la continuazione272.

È stata individuata la possibilità di contraddizione tra il dettato dell’art. 284, comma 3° e la previsione dell’art. 285, comma 2°. Mentre la prima norma, affermando espressamente il principio di separazione delle masse, comporta che il contenuto della proposta di concordato debba rispettare le regole di destinazione dell’attivo, la seconda, aprendo la strada a un possibile utilizzo dell’attivo di alcune imprese del gruppo per soddisfare i creditori di altre imprese, si presta a essere considerata una palese deroga di tale principio273. Secondo quanto ipotizzato dalla dottrina, le due regole possono coesistere, operando difatti su piani diversi: dal lato passivo, si mantiene salda la separazione delle masse, in modo che i creditori di ciascuna impresa rimangano distinti e votino separatamente; dal lato attivo, la regola dell’autonomia delle masse attive subisce un contemperamento, potendo essere derogata attraverso i trasferimenti di risorse infragruppo274.

L’art. 285, comma 3°, prescrive che “gli effetti pregiudizievoli delle operazioni di cui ai commi 1 e 2 possono essere contestati dai creditori dissenzienti appartenenti a una classe dissenziente o, nel caso di mancata formazione delle classi, dai creditori dissenzienti che

270 Si rileva, tuttavia, che prima dell’emanazione del CCI i concordati con cessione parziale dei beni siano stati considerati illegittimi dalla Corte di Cassazione (Cfr. Cass. civ., Sez. I, 17 ottobre 2018, n. 26005, cit.).

Diversamente, ampia parte della dottrina li riteneva ammissibili anche nel vigore della legge fallimentare (Cfr., tra tutti, G. D’ATTORRE, Concordato preventivo e responsabilità patrimoniale del debitore, in Riv.

dir. comm., 2014, pp. 359 ss.).

271 G. SCOGNAMIGLIO, I gruppi di imprese nel ccii: fra unità e pluralità, cit.

272 G. FERRI JR., op. cit., p. 49.

273 G. FERRI JR., op. ult. cit., p. 45, nonché F. LAMANNA, Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, IV, Milano, Giuffrè, 2019, p. 25.

274 G. D’ATTORRE, I concordati di gruppo nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit.

rappresentano almeno il venti per cento dei crediti ammessi al voto con riguardo ad una singola impresa275, attraverso l'opposizione all'omologazione del concordato di gruppo”.

Ai sensi dell’art. 285, comma 4°, il tribunale omologa il concordato qualora ritenga, sulla base di una valutazione complessiva del piano o dei piani collegati, che i creditori possano essere soddisfatti in misura non inferiore a quanto ricaverebbero dalla liquidazione giudiziale della singola impresa. Quest’ultima norma costituisce espressione del cosiddetto cram down, basato sul principio del no creditor worse off (NCWO), introdotto nell’ordinamento italiano altresì nell’ambito delle crisi bancarie, attraverso i d.lgs. nn.

180/2015 e 181/2015276.

Risponde all’obiettivo di stabilizzare la procedura concordataria la previsione, contemplata dall’art. 285, comma 5°, secondo cui anche i soci possano dolersi del pregiudizio arrecato alla redditività e al valore della propria partecipazione sociale dalle operazioni di cui ai commi 1° e 2°277, ma soltanto attraverso l’opposizione all’omologazione del concordato278. A questo proposito, tuttavia, la norma compie un esplicito richiamo alla “teoria dei vantaggi compensativi”279, affermando che il tribunale possa procedere comunque all’omologazione “se esclude la sussistenza del pregiudizio in considerazione dei vantaggi compensativi derivanti alle singole imprese dal piano di gruppo”280.

Poiché la norma fa riferimento ai vantaggi compensativi derivanti “dal piano di gruppo”, deve ritenersi che la sussistenza di tali vantaggi non debba essere necessariamente immediata, bensì possa verificarsi anche in un secondo momento, purché entro il termine stabilito per l’adempimento della proposta e la completa esecuzione del piano281.

275 Secondo A. FAROLFI, op. cit., deve ritenersi che la soglia del 20% riguardi i creditori della società asseritamente danneggiata dall’operazione e non i creditori di una qualsiasi società del gruppo, potendo difettare altrimenti un concreto interesse ad agire.

276 L. BOTTAI, I gruppi di imprese nella riforma concorsuale, in E. D’INNELLA e F. TRIPODI, op. cit., p.

79. L’espressione anglosassone “cram down” si riferisce alla circostanza in cui i creditori si vedano costretti a “inghiottire” la decisione del giudice, nonostante siano in disaccordo.

277 L’espressione “alla redditività e al valore della partecipazione sociale dalle operazioni di cui ai commi 1 e 2” è stata introdotta dal decreto correttivo.

278 C. PAGLIUGHI, op. cit.

279 La “teoria dei vantaggi compensativi” è stata contemplata, per la prima volta, da P. MONTALENTI, Conflitto di interesse nei gruppi di società e teoria dei vantaggi compensativi, in Giur. Comm., 1995, pp. 710 ss. In particolare, l’art. 285, comma 5° stabilisce, in sede concordataria, quanto già previsto nelle società in bonis in tema di responsabilità per abuso dell’attività di direzione e coordinamento (art. 2497, comma 1°, c.c.).

280 È opportuno rammentare che l’art. 2497 c.c., dopo aver affermato la responsabilità per abuso di direzione e coordinamento, prevede che “non vi è responsabilità quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette”.

281 A. FAROLFI, op. cit.

Sebbene il legislatore preveda espressamente la regola dei vantaggi compensativi esclusivamente con riferimento ai soci, si sostiene che la stessa possa applicarsi altresì agli eventuali pregiudizi sofferti dai creditori, in quanto trattasi di un principio di portata generale282.

Controverso appare il rapporto tra i rimedi endoconcorsuali sanciti dall’art. 285, commi 3°

e 5°, e i diversi rimedi previsti dall’ordinamento a favore dei soci e dei creditori, i quali lamentino il danno provocato alla società da operazioni contemplate dal piano concordatario di gruppo. In particolare, risulta oscuro se il socio o il creditore che sostenga di essere stato pregiudicato da un piano concordatario di gruppo possa avvalersi degli strumenti di tutela contemplati dal codice civile, e in particolare dell’azione di responsabilità di cui all’art. 2497 c.c., qualora non abbia esercitato l’opposizione all’omologazione del concordato ovvero questa sia stata respinta283.