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La Congregazione delle Acque e la Congregazione delle Paludi Pontine

5. La “vulgata” della bonifica

2.3. La Congregazione delle Acque e la Congregazione delle Paludi Pontine

La Congregazione delle Acque fu attiva per un ampio arco temporale, compreso tra il 1619 e il 1833. In analogia con altre congregazioni romane deputate alle acque – ad eccezione della congregazione sistina – né la bibliografia né la legislazione forniscono un quadro chiaro dell’origine delle magistrature delle acque (e delle strade)18. Si ritiene che le origini della congregazione siano da collegarsi alla magistratura sistina super viis, pontibus et fontibus, sebbene la sua attività divenisse regolare solo negli anni ’20 del Seicento, a molti anni di distanza dall’istituzione della congregazione sistina (1588). Spesso, però, l’operato della congregazione delle Acque è stato erroneamente confuso con quello delle Presidenze camerali rispettivamente delle Strade e degli Acquedotti urbani, da cui invece era completamente distinta19.

Nonostante i primi documenti prodotti dalla congregazione delle Acque risalgano agli ultimi anni del pontificato Borghese, fu principalmente durante il papato di Urbano VIII Barberini (1623 – 1644) che la congregazione definì le proprie competenze e che, soprattutto, le sue riunioni assunsero cadenza regolare. L’affermazione della congregazione sembra rientrare in una precisa strategia dei Barberini, realizzatasi a partire dal ritorno a Roma di Maffeo, asceso al soglio pontificio nel 1623.

Una delucidazione sulla natura della congregazione ci è fornita in apertura alla raccolta di documenti della prima busta: «Raccolta di varie Congregazioni dell’acque dall’Anno 1619 all’anno 1652 con varii documenti e ristretti delle Cause e Materie in esse proposte già raccolte e legate disordinatamente in un tomo che per l’antichità era mezzo lacero ordinato e legato in tempo di Monsignor Antonio Baldani Segretario»20. Monsignor Baldani ricoprì la carica di segretario della congregazione delle Acque nel 1757, su nomina del pontefice Benedetto XIV21. Dunque questa serie di documenti è il risultato di un riordino archivistico, risalente al segretariato Baldani di metà Settecento, che aveva quindi riunito un preesistente insieme di carte.

In un appunto non datato nelle carte iniziali del primo volume si specificano gli intenti della congregazione:

appoggiare a questa Congregazione non solo di que’ negozii di acque che ci sono al presente ma anche tutti gli altri concernenti acque fiumi, navigatione, bonificationi, condotti, molini e tutte le opere pubbliche spettanti non solo a privati ma ancora a Comunità, Camera Apostolica, chierici e luoghi pii22.

17 C. D’Onofrio, Roma vista da Roma, Liber, Roma, 1967, pp. 368-369.

18 E. Aleandri Barletta, C. Lodolini Tupputi (a cura di), Archivio di Stato di Roma in Guida generale degli archivi di

Stato italiano, direttori P. D’Angiolini - C. Pavone, Le Monnier, Roma, 1981-86, p. 1100, n. 1.

19 Ivi, p. 1102.

20 ASR, Archivio della Congregazione delle Acque, b. 1, fasc. 1 (1619-1652), c. 1r. 21 L. Moretti, DBI, cit, Roma, vol. 5 (1963), pp. 442-443.

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Dunque è evidente che sia in corso una “rifondazione” della congregazione: la ridefinizione delle sue competenze documenta la volontà di sistematizzare in modo definitivo l’ambito di azione. La congregazione, come si legge, da adesso estende le proprie competenze a tutte le opere pubbliche dello Stato ecclesiastico. La sua azione non si limiterà ai negozii di acque - espressione che con il termine negozio richiama a una sfera d’azione “privata”, facendo probabilmente riferimento alla vendita di acque di acquedotto - ma comprenderà tutte le questioni concernenti le acque “pubbliche” cioè fluviali, lacustri e paludose e le problematiche derivanti (navigazioni, bonifiche, canali, mulini). Il raggio di azione si estende dalle compravendite di acqua tra privati alle grandi questioni idrauliche dello Stato, includendo non solo tutte le opere pubbliche spettanti alla Camera apostolica, alle persone e ai luoghi ecclesiastici ma anche a tutte le comunità e ai privati.

Una “Nota delle materie”, nel primo registro di verbali, elenca chiaramente le competenze della magistratura

Acque di qualsivoglia sorte: fiumi, ponti, molini, condotti, chiaviche, escavationi di torrenti, fossi e simili. Bonificationi universali e particolari fatte e da farsi. Navigationi, e porti. Negotii di Ferrara, Bologna, Romagna e Romagnola, e di altri luoghi dipendenti dalli bonificationi et altre cose predette. Si potranno rimettere ancora alla Congregazione tutte [le] altre opere pubbliche.

Vi sono ancora Le Chiane, ch’è Congregazione e negotio separato. Le paludi Pontine, che parimente è Congregazione e negotio separato23.

Gli interventi della congregazione non si sarebbero dunque limitati alle acque in senso stretto, ma avrebbero compreso anche tutte le infrastrutture (ponti, porti, canali, fognature) e le stesse opere di risanamento o mantenimento, quali bonifiche o escavazioni di fossi. Le acque, con le relative infrastrutture pubbliche, dell’intero Stato della Chiesa venivano così affidate alla congregazione delle Acque. Tuttavia i primi anni di attività furono ancora incerti: se, infatti, il primo verbale risale al 1619, ancora quattro anni dopo, in alcune lettere inviate ai legati emiliani nel 1623, la Congregazione viene presentata come una nuova istituzione in procinto di riunirsi24. Dal 1624, però, la Congregazione funziona regolarmente, come testimonia la serie di registri di copialettere da cui risulta una costante corrispondenza con le Legazioni, le Chiane e l’Umbria25.

La congregazione delle Acque era presieduta da un cardinale e, come già accennato, ne faceva parte anche un rappresentante camerale, ossia il chierico di Camera presidente delle acque. Il presidente delle Acque faceva parte anche della congregazione delle Chiane e della congregazione delle Paludi Pontine, che avevano lo stesso notaio segretario delle acque e delle strade. I primi prefetti della congregazione furono i cardinali Francesco e Antonio Barberini, i primi segretari Diomede Varese e Giovanni Giacomo Bulgarini (dal 1629). Le riunioni si tenevano nella casa del prefetto e vi prendevano parte anche il Tesoriere e il Commissario della Camera apostolica.

Le attività della congregazione si concentrarono su due questioni principali: la costruzione del ponte Felice al Borghetto, sul fiume Tevere, e la bonifica delle paludi romagnole26. Come anticipato, per le Chiane e per le Paludi pontine esistevano delle congregazioni separate. Occorre quindi rilevare come la distribuzione delle competenze a congregazioni separate non avvenisse in modo coerente: se per la gestione delle Chiane si formò una congregazione distinta, lo stesso non avvenne per le paludi di Ferrara, Ravenna e Bologna. Il criterio alla base di questa disomogeneità potrebbe essere stato il maggior rilievo attribuito alle acque delle Legazioni, non tanto sul piano tecnico ma su quello politico.

Ma qual era il rapporto tra la congregazione delle Acque e quella delle Paludi? È necessaria innanzitutto una precisazione archivistica: il fondo della Congregazione delle Paludi Pontine rientra

23 Ibidem.

24 Ibidem: «è stata istituita (...) dovrà adunarsi quanto prima». 25 Ivi, fasc. 2 (1623-1637) e fasc. 3 (1638-1652).

26 P. Buonora, Cartografia e idraulica nel Tevere (secoli XVI-XVII) in A. Fiocca, D. Lamberini, C. Maffioli, Arte e

scienza delle acque nel Rinascimento, Marsilio, Venezia, 2003, pp. 169-193, cfr. Appendice: notizie dai registri della Sacra Congregazione delle acque, pp. 186-189.

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attualmente nella “Miscellanea camerale per materie” pur essendo una filiazione della Congregazione delle Acque, il cui archivio costituisce invece un fondo separato da quelli camerali. Tale differenza è dovuta al fatto che con l’acquisizione e il relativo riordino delle carte che andarono a comporre l’Archivio di Stato di Roma, gli archivisti di fine Ottocento, seguendo una pratica allora diffusa, scorporarono dagli archivi di provenienza alcune carte per costituire delle miscellanee (per la Camera apostolica, la miscellanea camerale per materia e la miscellanea camerale per luoghi). Quindi le carte della congregazione delle Paludi pontine vennero riunite in gran parte nel Camerale II cioè nella miscellanea camerale per materia, mentre l’archivio della congregazione delle Acque rimase separato. Inoltre altri documenti, sempre relativi alle Paludi pontine, vennero inseriti nell’altra miscellanea, quella per luoghi (o Camerale III), in base al luogo di provenienza. Dal 1977 l’Archivio di Roma ha ricomposto l’unità dei vari fondi e ha avviato lo scioglimento della Miscellanea camerale per materia, cercando di recuperare l’antico ordinamento degli archivi delle congregazioni e presidenze (acque, strade, ripe).La congregazione delle Paludi pontine, come anche la congregazione delle Chiane, possono considerarsi delle sotto-commissioni della congregazione principale. L’ampiezza delle questioni, e la loro specificità, avevano richiesto la creazione di commissioni separate, per evitare che i lavori della congregazione centrale si focalizzassero solo su alcuni problemi. La congregazione delle Acque veniva quindi chiamata in causa solo per esaminare questioni particolarmente rilevanti, quasi fosse un tribunale di seconda istanza: era qui, insomma, che si decidevano molte delle questioni portate all’attenzione della congregazione delle Paludi. Anche se non si trattava propriamente di un tribunale, come ben chiariscono queste notazioni del cardinal de Luca:

essendovene diverse altre [congregazioni] meno cognite e rare: cioè dell’Annona, delle Strade e ponti, delle Acque, e simili. (...) In queste Congregazioni i Cardinali in particolare niuna giurisdizione hanno, la quale risiede in potere di tutto il Corpo; siche i particolari non sono veri Giudici: anzi li medesimi Corpi universali non esercitano la loro giurisdizione nella forma di Tribunale, ma solamente, conforme i Giuristi dicono, più in dominio, che in esercizio, overo più in teorica che in pratica, & in forma sommaria stragiudiziale, dando i loro oracoli, e risoluzioni per lettere, o decreti, l’osservanza ed esecuzione de’ quali con i termini giuridici segue da’ Vescovi, e Governatori, e altri Giudici ordinarij, o delegati, o pure dall’Auditore della Camera, e da altri Giudici, o Tribunali della Corte27.

Dunque i cardinali della congregazione delle Acque si limitavano a discutere e decidere collegialmente alcuni provvedimenti, notificati poi tramite bandi o decreti, la cui applicazione sarebbe stata cura di governatori e giudici veri e propri.

Nel caso particolare della congregazione delle paludi, sarà specialmente l’Auditor Camerae (o Uditore generale) a giudicare molti casi controversi. Sebbene le varie presidenze della Camera apostolica competenti su singole materie (strade, annona, etc.) potessero avanzare pretese sulle cause che le interessavano direttamente28, tuttavia erano solo due i tribunali romani che potevano intrecciare la propria giurisdizione con quella delle curie al di fuori del Distretto di Roma: il tribunale del governatore di Roma e quello dell’Auditor Camerae29. L’uditore generale della

Camera aveva competenza esclusiva nelle cause riguardanti chiunque rivestisse incarichi nella Curia e nella Camera apostolica, così come nell’esecuzione dei contratti stipulati in forma camerae, e delle lettere apostoliche. L’uditore era un magistrato che aveva raggiunto piena autonomia dalla Camera molto precocemente, assumendo la guida di un tribunale generale con competenze civili e criminali vastissime, da cui erano però escluse le cause che comportassero pene corporali o la

27 G. B. de Luca, Il cardinale della Santa Romana Chiesa pratico, nell’ozio tusculano della primavera dell’anno 1675.

Con alcuni squarci della relazione della Corte circa le Congregazioni e le cariche cardinalizie, nella stamperia della

Reverenda Camera Apostolica in Roma, 1680, pp. 158-159.

28 M. G. Pastura Ruggiero, La Reverenza Camera, cit, pp. 88, 90, 104, 176.

29 L. Londei, La funzione giudiziaria nello stato pontificio di antico regime, in «Pro tribunali sedentes». Le

magistrature giudiziarie dello Stato pontificio e i loro archivi, Atti del convegno di studi, Spoleto, 8-10 novembre 1990,

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condanna a morte (riservate al governatore di Roma)30. Ma soprattutto, questo tribunale aveva competenze di seconda istanza su tutte le cause discusse avanti a un giudice ordinario fuori del distretto di Roma, nelle terre soggette a qualsiasi titolo alla Sede apostolica.

Come accennato, anche la congregazione delle Acque prese alcune risoluzioni in merito alle Paludi Pontine: per questa materia quindi, come già per altre dell’amministrazione pontificia, non esisteva una congregazione con competenza esclusiva ma più magistrature competenti. Spesso erano le parti interessate – privati cittadini o comunità locali – a fare appello direttamente alla congregazione delle Acque, anche se i contenziosi continuavano a essere sottoposti a tribunali spesso diversi (come il tribunale della Camera apostolica, dell’Auditor Camerae o della Sacra Rota) mettendo in evidenza come la giurisdizione in materia non fosse ancora precisamente definita. L’intervento della congregazione delle Acque avveniva solitamente ex post cioè solo dopo una denuncia o una richiesta di intervento da parte dei locali che potevano essere ufficiali cittadini, canonici, affittuari e, in un caso, addirittura il duca di Sermoneta31. A quel punto la congregazione valutava cosa fare e, una volta approvata la decisione, scriveva al governatore di Campagna e Marittima affinché provvedesse all’esecuzione degli ordini emanati. Dunque l’ intervento dei cardinali sul territorio non avveniva mai in forma diretta, ma era sempre mediato dal governatore provinciale.

I provvedimenti della congregazione delle Acque riguardarono in special modo la rete fluviale pontina: molti ordini di spurgo dei fiumi provenivano direttamente dalla congregazione centrale. Nel settembre del 1645, ad esempio, la congregazione delle Acque fu chiamata a decidere sull’alveo del fiume Sisto, che con le sue esondazioni aveva danneggiato le aree limitrofe. I proprietari di queste zone chiedevano alla congregazione di inviare due periti per valutare l’entità del danno procurato dal fiume. In una seduta dello stesso mese, i cardinali decretavano che il fiume Sisto dovesse essere spurgato da ogni immondizia in modo da consentire il libero deflusso delle acque. Dietro denuncia delle Comunità, i cardinali potevano intervenire laddove si contravveniva a statuti o leggi che da secoli regolavano la gestione del territorio: nel 1625 la congregazione intervenne a tutela della comunità di Piperno, che lamentava la presenza di dannosi bufali nel proprio territorio, a dispetto della proibizione contenuta nell’antico statuto32

. Anche negli anni successivi non mancarono le suppliche di sindici e ufficiali della cittadina: nel 1630, la comunità chiese l’intervento della congregazione per sistemare alcuni fiumi, al fine di mantenere inalterata la pesca nel lago di Piperno, spettante per consuetudine agli abitanti della comunità, e per evitare l’inondazione delle vicine terre coltivate. Nel ’700 (1765-1797) Piperno fece nuovamente ricorso alla congregazione per chiudere gli argini di fiumi che danneggiavano terreni o mulini.

Tuttavia, dall’analisi delle carte archivistiche emerge chiaramente come gli interventi per la regimazione dei fiumi fossero subordinati al mantenimento in opera delle peschiere. La natura stessa del territorio, ricco di corsi d’acqua tendenti all’esondazione e difficilmente controllabili, aveva favorito la diffusione, sin dall’Alto medioevo, di impianti fissi per lo sfruttamento intensivo della pesca e per l’allevamento del pesce. L’abbandono completo nei secoli altomedioevali delle opere di regolamentazione di fiumi e ruscelli, attuate ancora al tempo di Teodorico33, aveva compromesso il tentativo di migliorare le condizioni ambientali finendo per ampliare l’area impaludata. Tali condizioni naturali avrebbero richiesto un’opera costante di cura e controllo del territorio, non solo mediante la costruzione e manutenzione di argini alti ma anche con la pulizia dei letti fluviali dagli ostacoli che impedivano il deflusso idrico. Oltre alle acque superficiali, inoltre, si

30 Rientravano tra le competenze del tribunale A.C. tutte le cause «tam civiles, quam criminale set mixtas, spirituales, Ecclesiastica set prophanas et alias quascumque causas», cfr. Costituzione di Innocenzo VIII, Apprime devotionis, 22 dicembre 1485 in L. Tomassetti et Collegii adlecti Romae virorum s. theologiae et ss. canonum peritorum, Bullarium

diplomatum et privilegiorum sanctorum romanorum pontificum Taurinensis editio, (Tomi XXIV), Seb. Franco et

Henrico Dalmazzo editoribus, Augustae Taurinorum , 1860, vol. V, pp. 320 e ss. 31 ASR, Archivio della Congregazione delle Acque, b. 1, fasc. 1 (1619-1652), c. 225r. 32 Ivi, c. 96 r.

33 M. Cancellieri, Pianura pontina inSoprintendenza archeologica di Roma, Misurare la terra: centuriazione e coloni

nel mondo romano. Città, agricoltura, commercio. Materiali da Roma e dal suburbio, Catalogo della Mostra tenuta a

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sarebbero dovute incanalare anche le acque sotterranee che riemergevano in numerose sorgenti ai piedi dei monti Lepini. Così, sin dal XII secolo, si ha testimonianza della presenza di nemora e

pantana, disposti lungo tutta la fascia compresa tra Cisterna e Terracina.Un quadro ambientale tanto

compromesso rese molto difficile l’insediamento nel territorio e lo sviluppo di attività agricole, ma non impedì una forma di sfruttamento economico della risorsa idrica. Le popolazioni locali, grazie alla pesca e agli allevamenti, riuscirono a sfruttare l’abbondanza di acque non solo come forma di sostentamento ma come vera attività economica: molto del pescato veniva infatti esportato su mercati esterni, in particolare su quello romano34. A caratterizzare il paesaggio delle paludi non fu dunque soltanto la presenza di pantani, stagni e laghetti ma l’impianto su di essi delle peschiere. La maggior parte di esse era installata nella zona più depressa della piana pontina, tra il centro della pianura e Terracina e delimitata dalla duna quaternaria che, parallela alla linea di costa, impediva ai fiumi di sfociare a mare nel Golfo di Astura, cioè seguendo la via più breve, e li costringeva a cercare percorsi più lunghi e tortuosi in direzione del Golfo di Terracina. Dunque nell’area più bassa e soggetta ad impaludamento si innestarono questi impianti che tendevano a trattenere le acque, poiché gli ordegni per pescare venivano impiantati nel letto dei fiumi e precisamente:

... ne’ siti, ove l’acqua ha maggior confluenza, ed ove il pesce migliore si unisce, e si vedono questi attualmente tessuti di fisse passonate, e poscia muniti di impenetrabili linee di cannucce, unite insieme, che riempite di fango, e di erba si chiudono in guisa, che formano un muro al passaggio delle acque, le quali così vengono obligate ad alzare il letto, e la superficie con le forzate deposizioni, ad innondare le campagne35.

Le passonate erano delle robuste e raddoppiate palizzate, intervallate da stuoie di canne palustri, legate da vinchi di salice e da altre incannucciate strettamente intrecciate e piantate in profondità nel letto fluviale. Esse finivano per diventare delle vere e proprie dighe, contribuendo notevolmente al permanere del disordine idrico. Proprio nell’area dove erano più diffusi tali impianti, si concentrarono gli interventi dei bonificatori, che tracciarono un Circondario di bonifica (si veda il capitolo sulle bonifiche) comprendente molte peschiere. In base ai patti di concessione stipulati dai pontefici nel corso dei vari tentativi di bonifica, le aree incluse nel Circondario - e con esse le peschiere - venivano espropriate ai legittimi proprietari, che in compenso percepivano un risarcimento annuale (solitamente corrisposto dalla compagnia di bonifica)36. I terreni e le peschiere espropriate passavano dunque nelle mani della Camera apostolica che, a sua volta, li concedeva alle compagnie di bonifica. Questo passaggio è lucidamente esposto in una relazione del 1641 dal segretario della congregazione delle Paludi Pontine, Gian Giacomo Bulgarini (già notaio di Camera e maestro delle minute dei brevi), voluto in questa carica da Paolo V e che fu, in assoluto, il burocrate più esperto in materia di paludi pontine. Nel documento, il segretario spiega come dopo la quasi riuscita bonifica sistina (1586-1588) la concessione del Circondario venne prorogata varie volte dai pontefici successivi (Clemente VIII, Paolo V e Gregorio XV). Tuttavia, proprio in base ai patti stipulati con la compagnia di bonifica, i precedenti proprietari delle tenute avevano accumulato un risarcimento di circa 1648 scudi annui che però i bonificatori non avevano corrisposto. La congregazione avrebbe dunque deciso, secondo la relazione del Bulgarini, di affittare le peschiere incluse nel Circondario per saldare il debito accumulato negli anni dai bonificatori:

34 M. T. Caciorgna, Acque e pesca in territorio pontino in «ASRSP», vol. 116, (1993), pp. 121-151, p. 123.

35 Memorie dell’antico e presente Stato delle Paludi Pontine. Rimedj e mezzi per diseccarle A Publico e Privato

Vantaggio. Opera di Emerico Bolognini Governatore generale di Marittima, e Campagna, nella stamparia di Apollo

presso gli eredi Barbiellini a Pasquino in Roma, 1759, pp. 28-29.

36 ASR, Camerale II, Paludi Pontine, b. 2, fasc. “1637”, c. 2 r/v: «con obligo (...) di pagare alla detta Camera, Communità, et altri padroni interessati come sopra, quel tanto, che li detti Padroni ne cavavano di risposta, o di affitto durante la detta bonificatione».

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perchè ci sono li Padroni delle tenute che devono havere li Canoni e risposte ascendenti l’anno alla somma di scudi 1648 notati in una lista; la Congregazione pigliò cura d’affittare le peschiere, e con l’affitti di esse pagare li detti Canoni e risposte37.

Effettivamente gli affitti delle peschiere in mano alla Camera apostolica erano interamente gestiti dalla congregazione delle Acque: è la congregazione a formulare e far pubblicare il relativo bando ed è la congregazione a ricevere e valutare le varie offerte38. Gli affittuari erano tenuti a versare il canone di affitto concordato con la congregazione presso il Sacro Monte di Pietà e a rifornire di pesce il Palazzo apostolico a Natale e durante la Settimana santa. Gli ordini e i mandati di pagamento dell’archivio della congregazione evidenziano come la gestione degli affitti fosse prerogativa esclusiva dei cardinali a capo della congregazione. I depositi venivano per lo più destinati ai precedenti proprietari di tenute e peschiere, a mo’ di indennizzo; tuttavia potevano