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Il primo capitolo di questa ricerca mira a descrivere l'evoluzione dell'atteggiamento del Pci nei confronti del Pcc nel quadro generale dei rapporti dei due partiti dalla nascita della Repubblica popolare fino al suo riconoscimento italiano. Inizialmente, il Pci appare come l'interlocutore privilegiato del Pcc in Italia, ma l'attitudine del Pci rispetto al partito “fratello” appare assoggettata alle logiche della guerra fredda, poiché il bisogno di esaltare il significato della lotta e della vittoria del comunismo cinese, anche in prospettiva del riconoscimento italiano della Rpc, sembra oscurare la necessità di investigare la realtà del paese asiatico. Questa tendenza rimane invariata fino alla seconda metà degli anni Cinquanta, quando l'orientamento ideologico più radicale della Repubblica popolare raffredda i rapporti con il mondo occidentale nel contesto della crisi sino-sovietica. Le difficoltà che si registrano nelle relazioni fra il Pcc e gli altri partiti comunisti vengono esplicitate

228 Ibidem

229 MENEGUZZI ROSTAGNI, SAMARANI, (a cura di), La Cina di Mao..., pp.17-55.

230 Nonostante l'imperversare della Rivoluzione culturale, il Pci non esita ad incoraggiare il riconoscimento della nuova Cina, come sottolinea il rapporto di Longo al Comitato centrale del Pci del giugno 1968. “Il rapporto del compagno Longo al CC e alla CCC del PCI”, l'Unità, 21 giugno 1968; Antonio RUBBI, Appunti cinesi, pp.14-15. 231 Tuttavia Ennio di Nolfo nota che, nel momento in cui le conversazioni italo-cinesi hanno inizio nell'aprile 1969, il

Partito comunista si dimostra titubante nel prendere una posizione precisa riguardo al riconoscimento della Repubblica popolare. La questione, infatti, viene posta in concomitanza degli scontri sul fiume Ussuri e una chiara presa di posizione sarebbe risultata pericolosa e forse incomprensibile per alcuni membri del partito e per i sovietici. Ennio DI NOLFO, “Le reazioni americane al riconoscimento italiano della Cina”, Eunomia. Rivista semestrale del

Corso di Laurea in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali , n. 1, 2010, pp.9-32.

dai comunisti italiani residenti in Cina, i quali iniziano a percepire gli screzi all'interno del movimento comunista internazionale, e denunciano alla leadership del Pci le rigidità imposte dal sistema burocratico cinese, l'impossibilità di svolgere il proprio lavoro e l'indisposizione dei comunisti cinesi.233 Tuttavia, i dirigenti del Pci tendono ad esortare i giornalisti in loco ad evitare

qualsiasi inasprimento del diverbio, atteggiamento che porterà comunque alla rottura con i partner cinesi tra il 1962 e il 1963. L'appoggio del partito al riconoscimento della Cina popolare prosegue negli anni Sessanta, ma è il Psi di Nenni il protagonista nel processo di legittimazione del paese asiatico e negli sviluppi delle relazioni economiche con il paese.

Negli anni successivi all'interruzione dei rapporti, nonostante i comunisti italiani assumano una posizione critica nei confronti della Rivoluzione culturale e della politica estera del paese asiatico, l'atteggiamento del Pci è caratterizzato, secondo Bordone, da una certa “coerenza” e “moderazione”: la polemica con il Pcc non si traduce in una condanna dell'interpretazione cinese del marxismo, ma, piuttosto, in una critica riguardo al settarismo e al rifiuto della politica di coesistenza pacifica da parte del Pcc.234 In questa fase storica, l'atteggiamento del Pci nei confronti

del Pcc risulta certamente legato alle logiche della guerra fredda e all'alleanza con l'Urss, ma si iniziano ad intravedere nella linea dei comunisti italiani degli spunti originali che influenzeranno la politica del partito negli anni successivi. Il Memoriale di Yalta dimostra l'opposizione del Pci alla scomunica del Partito comunista cinese che, dal canto suo, rimprovera al Pci l'adesione al “revisionismo” sovietico, nonostante il concetto di via italiana al socialismo, sebbene ancora in nuce, inizi a muovere i primi passi verso una graduale indipendenza dalla linea sovietica.

Mentre il Pcc non si occupa per più di un decennio del Pci, accomunandolo nella sua condanna all'Urss, il Pci continua a seguire attentamente le mosse del paese asiatico, riaffermando l'interesse per l'esperienza cinese, la disponibilità ad una azione mediatrice tra Urss e Rpc e tentando una sforzo interpretativo, in particolare, della Rivoluzione culturale, pur non tacendo le differenze, che si presentano sia dal punto di vista ideologico e politico. Ideologicamente, il Pci rifiuta la teoria cinese della rivoluzione ininterrotta e dell'imperialismo come “tigre di carta”, mentre dal punto di vista politico, afferma la validità delle tesi legate alla coesistenza pacifica con le potenze occidentali e la liceità del metodo democratico all'interno dei paesi capitalisti.235

D'altro canto, i comunisti italiani durante gli anni Sessanta si dicono consapevoli di possedere un punto di vista parziale sulle vicende cinesi, legato alla scarsa disponibilità di notizie riguardo al paese asiatico: questa ammissione può ritenersi apprezzabile se considerata come atto di

233 Rigurado alla politica del Pcc nei confronti dei visitatori occidentali si veda BRADY, Making the Foreign Serve

China..., Rowman and Littlefield, Lanham, 2003, pp.287.

234 BORDONE, “Il contrasto sino-sovietico e la polemica tra PCI e PCC”, p.304. 235 Ibidem

onestà intellettuale, ma può essere anche interpretata come un atteggiamento liquidatorio, volto a giustificare alcune deficienze delle analisi condotte dal Pci riguardo alla questione cinese.

Il prossimo capitolo analizza come, nel decennio successivo (1970-1979), il Pci affronta l'evoluzione della politica interna del Pcc e il progressivo affermarsi della Repubblica popolare cinese sulla scena internazionale. Questo periodo, nonostante sia caratterizzato dall'effettiva assenza di relazioni ufficiali, determina il lento riavvicinarsi dei partiti “fratelli”, a causa dell'evolversi della realtà interna dei due paesi e del contesto internazionale.

Secondo capitolo

2. Tra Pechino e Mosca: il Pci del lento riavvicinamento cinese (1970-1979)

Il primo capitolo ha indicato come siano andate delineandosi le relazioni tra Pci e Pcc tra il 1921 e il 1970 e ha messo in luce quali siano stati i fattori determinanti nell'evoluzione del punto di vista dei comunisti italiani nei confronti della realtà cinese. La sospensione dei rapporti, avvenuta tra il 1962 e il 1963 in seguito all'apparizione sugli organi di stampa cinesi degli articoli intitolati “Le divergenze tra il compagno Togliatti e noi” e “Ancora sulle divergenze tra il compagno Togliatti e noi”, non impedisce il definirsi di nuove circostanze nell'atteggiamento del Pci riguardo alla questione cinese nel decennio successivo.

Il secondo capitolo di questa ricerca si pone l'obiettivo di studiare quali siano state le premesse che hanno determinato, alla fine degli anni Settanta, il ripristino delle relazioni tra i due partiti e quali siano state le reazioni del Pci all'evoluzione della linea politica del Pcc, su cui ha influito l'avvicendarsi di importanti eventi storici e politici di carattere nazionale e internazionale. Il capitolo si divide in due parti: la prima parte tratta degli eventi che vanno dall'inizio del decennio fino al 1977, la seconda parte tratta nello specifico il biennio 1978-1979, che anticipa proprio la ripresa dei rapporti tra i due partiti.