3.1 L'Unità e Rinascita in Cina nel luglio del 1979 “dopo 15 anni”
3.1.1 Petruccioli e Ghiara sullo svolgimento e il significato simbolico del viaggio
Di ritorno dalla Cina popolare, Petruccioli inizia a pubblicare su l'Unità una serie di articoli riguardo alla propria esperienza cinese, durata due settimane: il primo viene pubblicato il 29 luglio 1979.402 Nell'articolo, Petruccioli sottolinea l'enorme rilevanza del viaggio dal punto di vista politico
e spiega che il Quotidiano del popolo ha invitato l'Unità e Rinascita ad inviare due dei loro giornalisti nella Rpc. Petruccioli sottolinea che, nonostante si tratti di “un viaggio di giornalisti”, la permanenza di due comunisti italiani nella Repubblica popolare è un fatto di indubbia risonanza politica a causa della “novità formale” nelle circostanze in cui è avvenuto il viaggio: dopo anni, Petruccioli e Ghiara sono stati inviati nella Cina popolare “in quanto giornalisti degli organi ufficiali del Pci, in quanto giornalisti comunisti italiani”.403 Secondo il giornalista, infatti, è da “molti anni
(più di quindici) che nelle relazioni di ogni tipo” i comunisti italiani sono “ignorati o addirittura discriminati da parte degli organismi statali e di partito cinesi”.404 Petruccioli fa riferimento ad “un
mutato atteggiamento politico” cinese verso i comunisti italiani, ai quali è stata riservata “un'accoglienza calorosa e fraterna”, “«da compagni»”. Tuttavia, il giornalista osserva che durante la permanenza in Cina, non sono stati affrontati con i comunisti cinesi “specifici argomenti di carattere politico, in particolare internazionale”, sui quali “i comunisti italiani e i comunisti cinesi hanno, notoriamente, posizioni diverse”. Petruccioli rassicura però il lettore, affermando che
399 PONS, Berlinguer e la fine del comunismo, p.180.
400 Fin da queste prime prese di contatto tra i due partiti, però, l'Urss e la Germania orientale non esitano a mostrare la propria contrarietà circa il riallacciamento dei rapporti. In una “Nota sulle conversazioni con la Sed”, sempre presente nella sezione Estero degli Archivi, è riportato che la Sed apostrofò il Pci affermando che il riavvicinamento alla Rpc avrebbe significato lo spostamento della bilancia delle forze mondiali a favore del “nuovo blocco militare” antisovietico, costituito proprio dalla Rpc e dagli Usa: il Pci, stringendo alleanze con le forze capitaliste e imperialiste, avrebbe dimostrato, quindi, di passare dalla parte del nemico. Ibidem.
401 Per uno sguardo sul contenuto di questi colloqui si veda Antonio RUBBI, “A Pechino 23-31 luglio”, Appunti cinesi, pp.49-78.
402 Claudio PETRUCCIOLI, “Il decennio di fuoco della Cina. Appunti e impressioni del primo viaggio di giornalisti del Pci invitati nella Rpc”, l'Unità, 29 luglio 1979.
403 Ibidem 404 Ibidem
“l'amicizia che si cerca” non vuole nascondere le “diversità di giudizi o disparità di opinioni”, ma “è anzi la premessa per discuterne in modo libero e proficuo”.405
Petruccioli continua e chiarisce la natura degli incontri avvenuti con i comunisti cinesi: i due inviati de L'Unità e Rinascita sono stati invitati dai dirigenti dei Comitati permanenti rivoluzionari delle province del Sichuan e del Zhejiang, delle città di Shanghai, Chongqing, Chengdu e Hangzhou. Il giorno seguente all'arrivo dei giornalisti italiani a Pechino, inoltre, sono stati accolti con un banchetto offerto da una delegazione composta dai dirigenti di alcuni quotidiani, quali il
Quotidiano della chiarezza (Guangmin Ribao 光明日报) e il Quotidiano dei lavoratori (Gongren
Ribao 工人日报), e guidata dal segretario generale della redazione del Quotidiano del Popolo, Guo Wei.406 E' proprio l'edizione del 10 luglio del Quotidiano del popolo che da notizia della visita dei
giornalisti del Pci, segnando uno storico ritorno dei comunisti italiani sulle testate cinesi. L'articolo sul quotidiano cinese non si sofferma riguardo al significato politico dell'evento, ma riporta solo la notizia della visita dei due inviati e del banchetto tenutosi la sera del 9 luglio.407
Di rilievo, in particolare per la natura di questa tesi, è un trafiletto, pubblicato a due giorni di distanza, il 1° agosto 1979, su L'Unità, in cui appaiono due lettere di critica all'articolo di Petruccioli firmate da nomi autorevoli: Alberto Jacoviello e Emilio Sarzi Amadé.408 Nella lettera di
Jacoviello, egli contesta il “primato” attribuito al viaggio di Petruccioli e Ghiara, definito, nell'articolo pubblicato su L'Unità il 29 luglio 1979, il primo “di comunisti italiani invitati nella Rpc”. Egli sottolinea di essersi recato nella Cina popolare nell'autunno del 1970 assieme a Maria Antonietta Macciocchi, e poi, nuovamente, sempre con la moglie, nel 1973. In occasione del primo viaggio egli occupava una funzione di responsabilità nei servizi Esteri de L'Unità, mentre durante il secondo viaggio ricopriva la funzione di inviato speciale de L'Unità: per questo motivo, Jacoviello sostiene che la concessione dei visti per i suoi viaggi da parte della Rpc costituivano “un preciso gesto politico del Pcc nei confronti del Pci” e, dunque “sia il primo che il secondo viaggio [...] rappresentarono un contributo non irrilevante al miglioramento dei rapporti tra il Pcc e il Pci, [...] di cui il viaggio di Petruccioli e Ghiara costituisce il sintomo più recente”. Inoltre, l'autore ritiene inesatta la nozione per la quale “è da più di quindici anni che i giornalisti comunisti italiani sono stati ignorati e discriminati dai cinesi”.409 Sarzi Amadé, nella sua lettera, contesta la medesima
affermazione di Petruccioli, ricordando, in particolare, un viaggio di una delegazione del Pci verso Hanoi, durante il quale i comunisti italiani furono ospiti del Pcc nel 1965 e,410 quindi, quattordici
405 Ibidem
406 PETRUCCIOLI, “Il decennio di fuoco della Cina...”, l'Unità, 29 luglio 1979.
407 “Youhao wanglai”, 友好往来, (Visite amichevoli), Quotidiano del popolo, 10 luglio 1979.
408 Alberto JACOVIELLO, Emilio SARZI AMADE', “Due lettere e una precisazione”, l'Unità, 1 agosto 1979. 409Ibidem
anni prima e non “più di quindici”. Inoltre, richiama alla memoria del lettore i viaggi di Jacoviello, Pavolini e dello stesso Sarzi Amadé nella Repubblica popolare, affermando di aver potuto constatare di persona che, soprattutto negli ultimi anni, non vi sia stata discriminazione verso i comunisti italiani, né che questi siano stati ignorati.411 Pur ammettendo che il viaggio di Petruccioli
costituisca qualcosa di “qualitativamente diverso”, Sarzi Amadé pone l'accento sul fatto che a questo non “si sia giunti di colpo” e che l'invito non “sia nato all'improvviso da un vuoto durato quindici anni”.412 A conclusione delle due lettere vi è la risposta di Petruccioli, la quale sottolinea
che “le precisazioni sono giuste”, ma la volontà del giornalista é quella di evidenziare “la novità dell'invito che questa volta è stato rivolto, ufficialmente, al quotidiano e al settimanale comunista”.413 A proposito di questo breve dibattito, è importante sottolineare la correttezza delle
critiche rivolte a Petruccioli da Jacoviello e Sarzi Amadé, in quanto, come si ha avuto modo di analizzare nei capitoli precedenti di questa tesi, sono numerose le tappe che hanno portato al viaggio di Petruccioli e Ghiara, al quale sicuramente non si è, appunto, “giunti d'un colpo”. D'altro canto, è innegabile la rilevanza del viaggio dei due giornalisti, sollecitato dagli stessi comunisti cinesi, rispetto a quello dei nobili predecessori. Ad ogni modo, il dibattito conferma l'esistenza all'interno del partito di una componente che rappresenta l'ala più filocinese del Pci, e, per questo motivo, probabilmente invisa alla Dirigenza, che nutre il timore che la loro azione infastidisca Mosca. A ciò, si aggiunge la volontà di rilanciare i rapporti con i cinesi: la leadership del Pci intende chiudere con le esperienze pregresse e, quindi, eclissare coloro che ne erano stati protagonisti, aprendo una stagione fatta di nuovi personaggi e nuove prerogative, in modo da sorvolare sulle divergenze tra i due partiti.
3.1.2 “L'approccio non propagandistico” dei comunisti cinesi
Alle premesse di Petruccioli, seguono alcune considerazioni generali riguardo al viaggio, che hanno lo scopo di fungere da introduzione alla serie di articoli che verranno pubblicati su L'Unità nei giorni successivi: l'autore, che si promette di restare ancorato “alla cautela e alla modestia nel formulare giudizi e apprezzamenti”, specifica che i cinesi stessi hanno invitato i comunisti italiani a “non parlare troppo bene della Cina”, e quindi “non abbellire”, “non nascondere”, “non giustificare”. Massimo Ghiara, compagno di viaggio di Petruccioli, nel suo unico reportage
svolgimento di questi colloqui, si veda il primo capitolo di questa tesi p.37.
411 La permanenza nella Rpc di una delegazione del Pci, composta da Berlinguer, Galluzzi e Trombadori, durante un viaggio in direzione Hanoi nel 1967, sembrerebbe smentire, o quantomeno smorzare, le posizioni di Sarzi Amadé, in quanto i comunisti italiani descrissero l'accoglienza cinese con i termini “fredda” e “distaccata”. Per uno sguardo su questo aneddoto, si veda la nota n.203, p.38 di questa tesi e Chiara VALENTINI, Enrico Berlinguer, pp. 141-144. 412 JACOVIELLO, SARZI AMADE', “Due lettere e una precisazione”, l'Unità, 1 agosto 1979.
413 Nota di Claudio Petruccioli a fondo dell'articolo JACOVIELLO, AMADE', “Due lettere e una precisazione”,
riguardante il viaggio, pubblicato su Rinascita il 3 agosto 1979,414 sottolinea la “difficoltà di analisi
e comprensione” della realtà cinese a seguito di un viaggio di sole due settimane, data la “impenetrabilità della lingua” e la “diversa dimensione dei problemi” nella Rpc. Il tentativo di Ghiara di riferire, di ritorno dalla Cina, con “spirito di modestia”, secondo l'autore stesso, viene incoraggiato dai cinesi, i quali dimostrano di aver fatto proprio “un approccio non propagandistico” come riflesso “delle operazioni di stabilizzazione politica e di raddrizzamento economico in corso dal paese dalla fine del 1976”. L'atteggiamento autocritico e l'insistenza nel denunciare le deficienze del sistema portano i comunisti cinesi a ritenere necessario lo stabilirsi di un “periodo di aggiustamento”: quello che si nota, inoltre, aggiunge Ghiara, è l'insistenza nell'esporre le caratteristiche della tumultuosa stagione della Rivoluzione culturale.415 A questo proposito, nel suo
primo articolo Petruccioli ritiene giusto evidenziare che, durante il proprio viaggio, si è reso conto che riguardo al decennio 1966-1976, caratterizzato dalla Rivoluzione culturale e dall'eliminazione della banda dei quattro, “si conosca assai poco e si sia lungamente sottovalutata la portata delle lacerazioni, degli sconvolgimenti, degli scontri che, per tutto questo periodo, hanno investito la Cina”.416 Alla luce di questa considerazione, si può notare una convergenza di opinioni con Pavolini
e Jacoviello, i quali, all'inizio degli anni Settanta, sottolineano come la Rivoluzione culturale non fosse stata capita dall'opinione pubblica occidentale. A questo proposito, Petruccioli specifica che “ci sono stati combattimenti armati di grandi dimensioni e di lunga durata, che hanno coinvolto e sconvolto intere città e province, fabbriche e università. Questo si è verificato con maggiore intensità dal '66 al '69 e, ancora, fra il '73 e il '76”, ma “il numero dei morti non viene fatto”. Di conseguenza, “anche laddove non si sono raggiunti livelli di tale asprezza, […] l'iniziativa repressiva deve essere stata particolarmente intensa”, se si prendono in considerazione gli “elenchi di riabilitazioni che viene pubblicando il «Quotidiano del Popolo», molti dei quali si riferiscono a persone morte, e non di morte naturale”.417 Petruccioli spiega che “le argomentazioni politiche e
propagandistiche” utilizzate per spiegare questi eventi sono “di due ordini”, entrambe, secondo il giornalista, semplicistiche e insufficienti:
“C'è una versione e «popolare» e «ad effetto», che riconduce tutto alla «banda dei 4», alle loro malvagità, ai loro tradimenti, alla loro volontà di impadronirsi del potere contro il partito e contro la rivoluzione; c'è n'è un'altra, più meditata e argomentata, che pone l'accento sulle motivazioni politico-ideologiche dello scontro e della lotta, anche se non giunge a cercarne nella storia e nella realtà della Cina le cause e le sorgenti. Anche questa versione trova ampio spazio, in particolare sugli organi di stampa di maggiore impegno e prestigio.” 418
414 Massimo GHIARA, “La Cina socialista all'ora del realismo. Note di un fruttuoso viaggio nella grande repubblica popolare”, Rinascita, n.30, agosto 1979.
415 Ibidem
416 PETRUCCIOLI, “Il decennio di fuoco della Cina...”, l'Unità, 29 luglio 1979. 417 Ibidem