• Non ci sono risultati.

La crisi del movimento comunista internazionale: il XX Congresso del Pcus, il rapporto

Il periodo di relativa fluidità nei rapporti tra i vari partiti comunisti negli anni Cinquanta viene scosso dal XX Congresso del Pcus e dal noto rapporto Krushev. In seguito alla morte di Stalin nel 1953, il nuovo gruppo dirigente sovietico imprime una svolta alla politica bolscevica sia sul piano interno che sul piano esterno. Dal mutato clima politico mondiale, in seguito alla fine della guerra di Corea e del conflitto franco-vietnamita, scaturisce una nuova fase della guerra fredda, e, dall'altra parte, avanzano i paesi appena emancipatisi dal dominio coloniale, sotto l'egida della Rpc. Assume particolare rilievo in questo contesto la Conferenza di Bandung nel 1955, che pone le basi per la formazione del Movimento dei “non allineati”, ossia i paesi che si ritengono socialisti secondo una via nazionale e rifiutano la concezione bipolare degli equilibri mondiali. La Cina dà così voce ad un modello di socialismo diverso da quello sovietico e il movimento comunista internazionale inizia a mostrare le sue molteplici facce.131

126 Sergio Segre (1926) partecipa attivamente alla Liberazione. Nel dopoguerra è a capo del servizio Esteri della sezione torinese de l'Unità. In seguito, è corrispondente dalla Germania per l'Unità dal 1952 al 1957, redattore capo di Rinascita e condirettore de l'Unità di Roma. Capo della Segreteria di Longo e responsabile della sezione Esteri del Pci negli anni Settanta, viene eletto europarlamentare nel 1979 e nel 1984. Sergio Segre, “Associazione Nazionale Partigiani d'Italia (A.N.P.I)”, 25 luglio 2010, http://www.anpi.it/donne-e-uomini/292/sergio-camillo- segre, 05/05/17.

127 PINI, Italia e Cina, 60 anni tra passato e futuro, p.85

128 Già nella prima metà degli anni Cinquanta l'azione del Centro Cina si snoda attraverso una serie di iniziative che pongono crescente pressione sulle autorità italiane riguardo alla questione cinese: numerose delegazioni vengono invitate a visitare la Cina tra il 1954 il 1960 e diverse sono le personalità che lasciano testimonianze della propria esperienza. “La diplomazia dell'amicizia: le relazioni non ufficiali tra Roma e Pechino negli anni cinquanta”, in DE GIORGI, Lontane,vicine, pp.105-112.

129 SAMARANI, “Roma e Pechino negli anni della Guerra fredda: il ruolo del Centro studi per le relazioni economiche e culturali con la Cina”, in MENEGUZZI ROSTAGNI, SAMARANI (a cura di), La Cina di Mao.., pp.93-119.

130 DE GIORGI, SAMARANI, “La diplomazia dell'amicizia: le relazioni non ufficiali tra Roma e Pechino negli anni cinquanta”, in Lontane,vicine, p. 109. Per una testimonianza del viaggio di Malaparte in Cina si veda: Curzio MALAPARTE, “Saluto alla Cina”, in l'Unità, 21 marzo 1957 e, più nel dettaglio, Curzio MALAPARTE, Io in

Russia e in Cina, Mondadori, Milano, 1991, pp.350.

131 Il processo di decolonizzazione in corso in seguito alla fine della Seconda guerra mondiale e l'imperversare della guerra fredda, danno nuovo slancio al sentimento nazionalista degli ex-popoli coloniali appena emancipatisi, i quali, fin dall'inizio, si dichiarano estranei al processo di costruzione dei due blocchi. Il Movimento dei non allineati si sviluppa dunque sulla base del neutralismo, concepito come il rifiuto di trasformare l'Asia nel nuovo fronte della

Il gruppo dirigente sovietico coglie l'importanza di questo processo: nel 1955 Nikita Kruscev si reca nella Cina popolare per stringere importanti accordi commerciali e, parallelamente, riprende i contatti con la Jugoslavia di Josip Broz Tito, il cui socialismo era stato etichettato come “revisionista” nel 1948.132 La linea della coesistenza pacifica, adottata da Kruscev e sancita dal XX

Congresso del Pcus del febbraio del 1956, ribalta le tesi della “inevitabilità della guerra” durante la fase storica dell'imperialismo e riconosce la possibilità di uno sviluppo pacifico delle relazioni internazionali e di vie nazionali al socialismo diverse da quella sovietica: una delle conseguenze immediate del Congresso è lo scioglimento del Cominform qualche settimana più tardi.133

Il contenuto del XX Congresso viene però presto messo in secondo piano dalla pubblicazione del Rapporto segreto di Kruscev, che il leader legge ad una sessione riservata, in cui questi denuncia quello che definisce il “culto della personalità” di Stalin e rivela gli errori della sua leadership. Mentre il mondo comunista è investito dal dibattito riguardo al leader sovietico, il Rapporto segreto emerge pubblicamente e viene riportato anche su l'Unità.134 Al Consiglio

nazionale del Pci in vista delle elezioni amministrative, Togliatti si impegna ad esaltare il ruolo del compagno Stalin nella costruzione e nella difesa della società socialista, suggerendo che i difetti e gli errori dello stalinismo risultarono necessari nel processo storico di definizione dell'identità bolscevica nazionale e quella del comunismo internazionale, ma, nella fase di distensione della seconda metà degli anni Cinquanta, è altrettanto importante condannare le deficienze del sistema.135

Il cauto atteggiamento di Togliatti fa evincere una certa riserva nei confronti dell'operato di Kruscev, che viene poi riconfermata in un'intervista al leader del Pci su Nuovi Argomenti. Infatti, Togliatti imputa a Stalin la colpa di non aver affrontato gli errori e i vizi strutturali del sistema giustificandoli con le teorie del sabotaggio e del tradimento, atteggiamento che ha compromesso, però, solo relativamente il programma socialista, che ha mantenuto una giusta forma democratica. Il leader, inoltre, denuncia l'approccio di Kruscev alla questione, rimarcando la limitatezza dell'interpretazione kruscioviana nell'imputare tutti gli errori commessi dalla classe dirigente bolscevica alla personalità di Stalin: è necessario proseguire l'analisi dei difetti del sistema russo, senza cristallizzarsi su un atteggiamento che rientra, comunque, nel culto della personalità.136

guerra fredda. Nonostante le origini del non allineamento si riconducano alla Conferenza di Bandung, il Movimento nasce ufficialmente nel 1961, soprattutto grazie all'impulso del leader jugoslavo Josip Broz Tito. Sin dalla prima metà degli anni Cinquanta, la Repubblica popolare e l'Urss competono nella volontà di affermarsi come i principali interlocutori dei paesi di nuova autonomia. Marco GALEAZZI, Il Pci e il movimento dei non allineati, pp.23-30. 132 Dal 1954 l'Urss rivolge una crescente attenzione ai paesi asiatici, prima tra tutti l'l'India di Nehru, con la volontà di

porsi come punto irrinunciabile dell'indipendenza e dello sviluppo dei paesi di nuova emancipazione. Ivi, p.28. 133 Alexander HÖBEL, Il PCI e il 1956. Scritti e documenti dal XX Congresso del Pcus ai fatti d'Ungheria, La Città

del Sole, Napoli, 2006, pp.19-22.

134 Giuseppe BOFFA, “Pieno sviluppo in tutta l'Unione Sovietica del dibattito sul XX Congresso del partito”, l'Unità, 18 marzo 1956.

135 HÖBEL, Il PCI e il 1956..., pp.23-30.

Nell'ottobre del 1956 la situazione internazionale viene complicata da altri eventi significativi, come la rivolta degli operai di Poznan e l'insediamento di Wladyslaw Gomulka al governo in Polonia, la crisi di Suez e, soprattutto, la crisi d'Ungheria.137 L'Ungheria chiede il ritorno

al potere di Imre Nagy, comunista riformatore appena riammesso al partito, e l'indipendenza del paese: il 23 ottobre la richiesta si manifesta in un corteo che, dopo aver assunto le forme di una rivolta, vede l'intervento delle truppe sovietiche.138 Il Pci si schiera a favore del militarismo di

Mosca e critica la classe dirigente ungherese, la quale si era mostrata inadeguata nel lavoro di consolidamento del rapporto con la classe operaia e di edificazione socialista: l'intervento militare, considerato necessario, sottolinea, inoltre, l'urgenza di correggere gli errori del passato e di adottare la linea espressa nel XX Congresso del Pcus.139 I fatti d'Ungheria hanno pesanti ripercussioni sul Pci

che, non condannando l'Unione sovietica, vede alzarsi il dissenso tra le sue file: il 29 ottobre viene redatto il “Manifesto dei 101” dai numerosi intellettuali di sinistra e del Pci che contestano la linea ufficiale del partito riguardo ai moti d'Ungheria e chiedono il rinnovamento della classe dirigente, oltre che solidarietà e appoggio ai rivoltosi.140 Nonostante i fatti di Polonia e di Ungheria suscitino

una forte discussione all’interno del Pci, lo studioso del Pci Alexander Höbel nota che Togliatti supera le difficoltà per la sua leadership e si pone “come il punto di equilibrio più avanzato tra le esigenze «nazionali» del partito e la sua appartenenza al movimento comunista internazionale”.141

Questi scossoni, infatti, fungono da incentivo per il partito che, durante l'VIII Congresso del Pci, rilancia una linea che si basa sui concetti di policentrismo, di molteplicità delle vie al socialismo e di “unità nella diversità” del movimento comunista, determinando la ripresa delle riflessioni, avanzate da Togliatti alla fine della Seconda guerra mondiale, riguardo all'adattamento alle condizioni della situazione italiana e europea della via al socialismo.142 Dal momento che il XX

Congresso del Pcus e i fatti di Ungheria mettono in discussione il ruolo egemone dell'Urss all'interno del movimento comunista, che già dalla Conferenza di Bandung vede apparire altri protagonisti, il Pci inizia ad elaborare una timida strategia di riposizionamento sulla scena internazionale, cercando di assumere una collocazione più autonoma rispetto a Mosca, sebbene sempre sotto l'egida e le posizioni della patria del socialismo. Il gruppo dirigente del Pci desidera promuovere l'immagine del partito, in modo che esso assuma le sembianze di un nuovo soggetto

137 Ennio DI NOLFO, “Il sistema internazionale dopo il 1956”, Storia delle relazioni internazionali, Vol.II: Gli anni

della Guerra fredda (1946-1990), Bari, Laterza, 2015, pp.476-500.

138 DI NOLFO, “Il sistema internazionale dopo il 1956”, Storia delle relazioni internazionali..., pp.513-541. 139 HÖBEL, Il PCI e il 1956, pp.35-38.

140 Emilio CARNEVALI, “I fatti d'Ungheria e il dissenso degli intellettuali di sinistra. Storia del manifesto dei 101”, MicroMega, n.9, 2006.

141 Cit. Alexander HÖBEL, “Il Pci nella crisi del movimento comunista internazionale tra Pcus e Pcc (1960-1964)”,

Studi Storici, 2005, n.2, p.518.

politico internazionale, che condiziona sia il mondo socialista nella sua totalità che il mondo capitalista occidentale.143