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2.1 La svolta della politica estera cinese e la linea autonomista del Pci di Berlinguer

2.1.4 La linea autonomista e il respiro internazionale del Pci di Berlinguer

2.1.4.1 La politica estera del Pci

Fin dai primi anni della sua segreteria, Berlinguer ritiene che la coesistenza pacifica dei diversi popoli sia una “necessità oggettiva”: il superamento dei blocchi e una Europa “né antisovietica né antiamericana” aprono il passo al concetto di distensione pacifica auspicato dal leader, che è ben diverso da quello sovietico. Höbel, infatti, sottolinea che la concezione sovietica e statunitense di distensione mirava a mantenere la divisione del mondo in blocchi, mentre quella dei diversi attori politici europei, ossia le socialdemocrazie, il Pci e il mondo cattolico, tendeva ad attenuare le rigidità dei due campi, con l'obbiettivo di superare il bipolarismo, in un quadro di interdipendenza e

284 Alexander Höbel nota che i parallelismi riscontrabili tra le elaborazioni di Togliatti e di Berlinguer sono numerosi: buona parte degli spunti politici proposti dal leader sardo fanno riferimento all'operazione di rinnovamento ideologico del partito avviata da Togliatti a partire dalla “svolta di Salerno” fino al Memoriale di Yalta. A questo proposito, si veda Alexander HÖBEL, “Da Togliatti a Berlinguer”, dibattito tenuto al Centro culturale Concetto Marchesi, Milano, 25 gennaio 2014, pp.1-15.

285 Per uno sguardo globale sulla situazione politica internazionale si veda: DI NOLFO, “La grande distensione e i suoi limiti”, Storia delle relazioni internazionali.., pp.541-603.

286 Per un approfondimento sulla ostpolik di Willy Brandt, si veda B. VIVEKANANDAN, Global Visions of Olof

Palme, Bruno Kreisky and Willy Brandt. International Peace and Security, Co-operation, and Development, Nuova

Delhi, Palgrave Macmillan, 2016, pp.271.

287 Un apporto decisivo all'avviarsi della distensione all'inizio degli anni Settanta si può riscontrare anche nell'azione della sinistra cattolica italiana e del Vaticano: Alexander HÖBEL, “Pci, sinistra cattolica e politica estera (1972- 1973)”, Studi Storici, 2010, n. 2, pp.402-459.

cooperazione internazionale.289

I principi di distensione pacifica e di cooperazione internazionale del Pci di Berlinguer rimandano alla questione del Terzo e del Quarto Mondo, oltre che a quella della centralità del ruolo dei paesi socialisti in questo contesto, in cui torna anche la posizione della Cina popolare. Infatti, secondo il segretario del Pci, “assai grande potrebbe essere il ruolo della Repubblica popolare cinese pienamente e attivamente inserita nella costruzione in un assetto internazionale di coesistenza pacifica nel circuito della vita economica mondiale”. Lo “sviluppo della coesistenza pacifica”, che mira a “superare progressivamente la logica dell'imperialismo e del capitalismo”, necessita un'Europa occidentale autonoma, “interlocutrice positiva in tutto il contesto dei rapporti internazionale”, e, in particolare, in grado di “favorire il dialogo sovietico-americano […] nel quadro del generale processo di distensione” e di porsi come un “terzo polo” che favorisce la distensione.290

E' in questa riflessione che si colloca sia l'apertura del Pci alle socialdemocrazie e alla Chiesa, sia la proposta dell'eurocomunismo, che si fa strada nel 1975: il segretario del Pci, nella sua elaborazione, critica con forza la crisi economica, politica e sociale dell’Europa capitalista, affermando che solo un mutamento in senso socialista avrebbe potuto scongiurare una “moderna barbarie” e ridare all’Europa occidentale un ruolo rilevante.291 Höbel sottolinea che “il punto

centrale [delle tesi di Berlinguer] è la rivendicazione di una via democratica al socialismo, intesa non più e non solo come «via nazionale», ma come strada percorribile sul piano continentale”.292 Le

differenze vigenti tra i vari partiti comunisti e l'ostilità sovietica sanciscono il fallimento di questa prospettiva: l'eurocomunismo, infatti, suscita interesse anche fra i gruppi dissidenti dell'est europeo, e per questo viene visto con aperta avversione dalla leadership brezneviana. I sovietici non esitano a minacciare scomuniche e a provocare scissioni, mobilitando i partiti più vicini e, all'interno dei partiti eurocomunisti, i gruppi prosovietici, utilizzando l'arma del sostegno finanziario da sempre accordato ai partiti “fratelli”.293

Nonostante il fallimento del progetto dell'eurocomunismo, la politica internazionale di Berlinguer si sviluppa a tutto campo, soprattutto verso la Jugoslavia di Tito,294 i movimenti di

289 Ibidem

290 Enrico BERLINGUER, Antonio TATO' (a cura di), “Cooperazione internazionale. Roma, 18 marzo 1975: Dal rapporto del XIV Congresso nazionale del Pci”, in Berlinguer attualità e futuro. Una scelta di scritti, discorsi,

interviste di Enrico Berlinguer nel 5° anniversario della scomparsa, Roma, L'Unità, 1989, p.11.

291 HÖBEL, “Berlinguer e la politica internazionale”, pp.45-54.

292 BERLINGUER, TATO', “Democrazia, valore universale. Mosca, 3 novembre 1977: Discorso tenuto in occasione della celebrazione del 60° anniversario della Rivoluzione d'Ottobre”, in Berlinguer attualità e futuro, pp.28-30. 293 AGOSTI, Bandiere rosse..., pp.280-287.

294 All'interno del Movimento dei non allineati, la Jugoslavia sostiene fortemente le nazioni arabe e appoggia la liberazione della Palestina contro Israele, soprattutto a causa dell'amicizia di Tito con Nasser e dell'influenza della grande popolazione islamica jugoslava. Negli anni Sessanta e Settanta, l'attività di Tito è volta a cementare le relazioni con il Terzo Mondo e a mantenere un equilibrio tra influenze occidentali e sovietiche. Nel corso degli anni

liberazione e i paesi di recente indipendenza.295 Come nota Silvio Pons, la politica estera del Pci di

Berlinguer rende il partito un soggetto importante della politica internazionale, assicurando “al comunismo italiano una risonanza nel mondo mai posseduta”.296

Gli elementi di novità avanzati dal Pci di Berlinguer in politica estera elencati da Höbel sono, in sintesi, la decisione di “congelare” la questione dell’uscita dell’Italia dalla Nato, collocandola in un percorso più generale di superamento dei blocchi, “l’ipotesi di un polo comunista occidentale”, la critica ad alcuni aspetti del socialismo sovietico e l’affermazione della leicità della democrazia come strumento per istituire “un’originale società socialista”, che dia inizio a quella che viene denominata “terza fase” del processo di edificazione del comunismo.297

Lo studioso del comunismo europeo Marco Galeazzi, nella sua pubblicazione “Il Pci e il movimento dei paesi allineati”, offre, invece, un'analisi più critica riguardo alla politica estera del Partito comunista italiano, e cerca di fornirne al lettore un panorama dettagliato della complessa diplomazia del partito. Egli mette in luce sia il ruolo istituzionale esercitato dal Pci in politica estera “accolto [dal partito stesso] non più in chiave tattica e propagandistica, ma come terreno di confronto programmatico tra maggioranza e opposizione”,298 sia “i ritardi e le aporie del Pci a lungo

incapace di sciogliere il legame di ferro con l'Urss”.299

Tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta si assiste alla crisi del mondo bipolare, a causa della frammentazione del potere politico in atto, ma, secondo Galeazzi, i dirigenti del Pci non percepiscono subito “l'emergere di un nuovo ordine internazionale”. In questo contesto, “era difficile la concretizzazione del potenziale strategico tra il movimento operaio dei paesi capitalistici europei e le forze progressiste e rivoluzionarie del Terzo Mondo”.300 Nonostante ciò, la

complessa evoluzione delle relazioni internazionali condiziona l'azione del Pci, che cerca un dialogo con i paesi non allineati, in particolare con quelli moderati e meno orientati verso Mosca.301

La diplomazia del Pci, all'inizio degli anni Settanta, si indirizza soprattutto verso Algeria ed Egitto, in quanto punti chiave per la distensione nel Mediterraneo, ma risulta anche intenso l'impegno dei comunisti italiani a favore dei movimenti di liberazione africani.302

Contemporaneamente, il Pci, moltiplica i contatti con le leadership dei paesi dell'America Latina, e Settanta, la Jugoslavia si presenta come la forza moderata del Movimento, che bilancia la forte influenza pro- sovietica di Fidel Castro. Allison, ROY, The Soviet Union and the Strategy of Non-Alignment in the Third World, New York, Cambridge University Press, 1988, pp.21-59.

295 HÖBEL, “Berlinguer e la politica internazionale”, pp.45-54.

296 PONS, Silvio, “L'Italia e il Pci nella politica estera dell'Urss di Brežnev”, Studi Storici, anno 42, n.4, 2001, pp.929- 951.

297 HÖBEL, “Berlinguer e la politica internazionale”, pp. 45-54.

298 Marco GALEAZZI, Il Pci e il movimento dei paesi non allineati..., p.258. 299 Ivi, p.254.

300 Ivi, p.191. 301 Ivi, p.249. 302 Ivi, p.250.

in particolare con il Cile, la cui originale esperienza costituisce una fonte d'ispirazione per l'idea di socialismo che il partito andava elaborando.303 Determinante è, inoltre, l'azione del Pci come

intermediario tra Vietnam del sud e i governi europei: il partito è fautore di una intensa attività diplomatica che riesce a smuovere anche l'Europa capitalista di fronte agli orrori della guerra del Vietnam. Il principale interlocutore, dal punto di vista ideologico e organizzativo, rimane, però, Tito, il quale, come leader del Movimento dei non allineati, si era già mostrato disposto ad un dialogo con i comunisti italiani nel decennio precedente: Berlinguer continua, sulla strada tracciata da Togliatti, ad approfondire con il Pc jugoslavo il tema della cooperazione internazionale e della distensione pacifica.304

Secondo Galeazzi, però, “l'ambivalenza tra l'allineamento con il Pcus e la ricerca di terreni sui quali esercitare il proprio prestigio e rafforzare la propria indipendenza continuava a caratterizzare le prese di posizione […] del vertice del Pci”,305 in quanto la ricerca di una piena

autonomia e la volontà di operare per un progressivo superamento del bipolarismo incontrano notevoli ostacoli nel gruppo dirigente del Pci.306 A questo proposito Galeazzi osserva che: “gli eredi

di Togliatti mostrarono prudenza e una limitata capacità nel proseguire sulla via indicata dal Memoriale di Yalta”, a causa di determinati fattori culturali e politici interni al partito, come il “peso determinante dello stalinismo”, la “esigenza di evitare l'isolamento”, il “rifiuto del terzomondismo”, ed, infine, la “diffidenza verso il neutralismo come soggetto delle relazioni internazionali”.307

Le osservazioni di Galeazzi appaiono tese a sottolineare le deficienze dell'attività del Pci in politica estera, mentre le analisi di Höbel ne esaltano gli spunti innovativi: è unanime, però, l'idea che la diplomazia del Pci negli anni Settanta, nonostante i limiti dettati dal legame con l'Urss, si sia evoluta verso posizioni originali, che riprendono le elaborazioni dell'ultimo Togliatti e aumentano il prestigio e il ruolo di responsabilità del Pci a livello nazionale e mondiale.

Lo slancio propositivo della politica estera del Pci negli anni Settanta risulta sensibile a quelle che sono le problematiche di tipo mondiale, che riguardano, quindi, anche la Cina popolare. Le critiche di Galeazzi nei confronti dei limiti della politica estera del Pci sono applicabili anche al caso cinese: la volontà del partito di ricucire i rapporti con Pechino rimane subordinata ai dettami di Mosca e alle resistenze di una parte del gruppo dirigente stesso, che non è intenzionato a giocare la

303 In particolare, dall'esperienza cilena il partito comprende la necessità del dialogo con le destre ed è proprio in seguito al colpo di stato di Pinochet che Berlinguer inizia ad elaborare le tesi riguardanti il “compromesso storico”.

Ivi, pp.228-234.

304 Ivi, p.253. 305 Ivi, p.227.

306 Ivi, p.224. E' Armando Cossutta (1926-2005), politico e partigiano milanese, che entra nel gruppo dirigente del Pci nel 1960, a farsi portavoce dell'ala filo-sovietica del partito.“Armando Cossutta morto a 89 anni: dal Pci al Pdci, addio al più “sovietico” dei comunisti”, Il Fatto Quotidiano, 15 dicembre 2015.

carta cinese al costo di recidere i legami con Mosca.