CAPITOLO 3: L’OCRI ‐ ORGANISMO DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI D’IMPRESA
3.2 Considerazioni finali sulla natura dell’organismo
Se il debitore non farà richiesta di accesso ad una delle altre procedure134 messe a disposizione dal codice, l’OCRI dovrà informare il Tribunale, che procederà alla liquidazione.
3.2 Considerazioni finali sulla natura dell’organismo
Sicuramente, la procedura di composizione assistita della crisi e, conseguentemente, la nascita dell’OCRI sono le vere novità contenute nella riforma.
Il legislatore in questo caso ha voluto dare un forte segnale di cambiamento, proponendo strumenti in grado di tutelare la figura e la reputazione dell’imprenditore che versa in una situazione di crisi, e supportandolo, allo stesso tempo, nella scelta del percorso di rinascita grazie all’aiuto di un pool di professionisti capaci di aggiungere un know-‐how e una conoscenza multidisciplinare decisamente superiore (quindi anche più efficiente) di quella apportata da solo individuo.
134 Il codice incentiva la composizione stragiudiziale della crisi tramite strumenti come i piani di risanamento
(Art. 56), gli accordi di ristrutturazione del debito (Art. 57), le convenzioni di moratoria (Art. 62); infine nella normativa sono previsti il concordato preventivo, in continuità aziendale o liquidatorio (Art. 84) e la liquidazione giudiziale (Art. 121).
Lo stesso Consiglio Nazionale dei Dottori Commerciali e degli Esperti Contabili, in un libro135
pubblicato a proposito del nuovo Codice della crisi d’impresa, auspica ad un ritorno ai valori essenziali del lavoro svolto dalla “consulenza aziendale”, troppo spesso subissata da adempimenti fiscali e normativi, che le hanno fatto perdere la sua vera vocazione: sviluppare le potenzialità delle aziende, migliorando e innovando il loro modello di business grazie agli studi accademici effettuati negli anni.
L’obbiettivo è quello di riconquistare la fiducia degli imprenditori e delle piccole e medie aziende che si sono trovate a lottare da sole contro la crisi, data la mancanza (sia da parte dei professionisti, sia da parte dell’amministrazione pubblica) di risposte efficienti e di interventi tempestivi che potessero salvare molti istituti dall’insolvenza.
Ridare valore alle aziende, significa ridare valore al mercato. Riportare in primo piano i rapporti con i creditori e i finanziatori, per dare nuova linfa al sistema.
Per crescere è necessario che nessuno rimanga indietro.
È facendo ognuno di noi la nostra parte che è possibile trovare una soluzione adeguata ai problemi e far sì che le aziende continuino ad operare nel mercato al massimo delle loro potenzialità.
Il legislatore ha così imposto una serie di obbligazioni sia in capo agli imprenditori, spingendoli a rivedere il loro modo di gestire l’azienda (ad esempio tramite l’introduzione dei sistemi di controllo e di visione/pianificazione prospettica dell’attività di impresa, i quali -‐ pur essendo principi basilari della teoria aziendalistica-‐ risultavano ancora in gran parte sconosciuti o inadoperati all’atto pratico nelle piccole e medie realtà produttive italiane), sia in capo ai professionisti del settore (inserendoli nelle procedure di composizione assistita e riservandogli un ruolo prominente nella valutazione e revisione delle situazioni di difficoltà operativa aziendale).
Però, come dimostra il documento sopracitato136, va effettuata una riflessione su quelle
che sono le finalità del legislatore nella definizione dei requisiti di accesso all’albo dei soggetti preposti alla procedura di composizione della crisi, in quanto, se da una parte si esentano i professionisti, ritenuti maggiormente esperti grazie ai tanti anni di lavoro sul campo, dagli obblighi formativi imposti ai fini dell’iscrizione, dall’altro si richiede che il soggetto si sia fatto carico di almeno quattro procedure negli ultimi quattro anni. È da questa clausola che nasce il problema: a causa di meccanismi di rotazione imposti da diversi tribunali, alcuni professionisti potrebbero non aver ricevuto un numero sufficiente di incarichi tali da renderli idonei all’iscrizione, o avere un numero di incarichi inferiore rispetto a professionisti più giovani; tutto ciò comporterebbe il rischio di incorrere in una situazione che costringa all’adempimento formativo (requisito di iscrizione) anche dei più esperti o, viceversa, in una predilezione dei professionisti più giovani che potrebbero peccare in termini ad esperienza nel settore. La soluzione potrebbe risiedere in un
allungamento del periodo considerato per l’assegnazione delle procedure (aumento il termine di 4 anni, attualmente in vigore).
Interessante è anche il commento137 di Luciana Cipolla sull’argomento, rilasciato al Sole24Ore, nel cui articolo mette in evidenza altre due questioni potenzialmente discutibili riguardanti la procedura di composizione assistita della crisi e il relativo ruolo dell’OCRI. La prima è afferente alla “competenza territoriale dell’OCRI”, o per meglio dire, alle segnalazioni effettuate ad un “OCRI incompetente”: in questo caso la disciplina risulta fallace in quanto non prevede alcuna posizione a riguardo. A rigore si dovrebbe ipotizzare una trasmissione della richiesta all’ufficio di competenza territoriale ma, visti i tempi di risposta della burocrazia, questo potrebbe determinare un ritardo delle procedure processuali che potrebbe andare a vanificare il proposito di un’azione di risposta rapida contro la crisi.
La seconda considerazione, invece, asserisce alla poca iniziativa individuale lasciata all’imprenditore una volta avviata la procedura: effettuata la richiesta il soggetto verrà seguito da un collegio di esperti nominati dall’organismo e non da esperti di sua fiducia (l’Art. 6 esclude la possibilità di prededucibilità dei crediti dei crediti dei professionisti dell’imprenditore riconoscendola solo ai membri del collegio, disincentivando così il ricorso a professionisti di fiducia).
137 Fonte: Cipolla L., Il procedimento di allerta davanti all’OCRI e il procedimento di composizione assistita
Nonostante alcune imperfezioni, normalmente presenti in una normativa non ancora praticamente adottata138, è possibile affermare che il legislatore ha voluto dare un’impronta molto più accorta rispetto alla gestione della crisi attuata in passato, mettendo in campo organismi dal carattere pluridisciplinare in grado di apportare nuove soluzioni e innovazione, in risposta a problemi molto spesso riconducibili ad una errata impostazione strategica (o gestionale dell’impresa) e sanabili attraverso l’azioni di consulenti esperti e professionalmente preparati.
138 Come già citato precedentemente nel primo capitolo, si ricorda che l’attuazione delle norme del nuovo
Codice della crisi di impresa è slittata al 15 agosto 2021 a causa dell’emergenza Covid-‐19 che ha investito il Paese.
CONCLUSIONI
La recente introduzione del Codice della crisi e dell’insolvenza ha segnato un grande passo avanti nel rapporto tra il governo e le impese, andando in contro alle richieste di auto per molto tempo rimaste inascoltate.
Il momento è cruciale e ad attendere la nuova normativa c’è un banco di prova veramente arduo.
Secondo le ricerche condotte negli anni negli ultimi due anni dall’Istat139 e dal Cerved140, in Italia resta elevato il numero di imprese che ogni anno decide di uscire dal mercato (anche se continua l’andamento decrescente della curva dopo il picco registrato nel 2005): due anni fa, nel 2018, sono uscite dal mercato a seguito di una procedura concorsuale o di una liquidazione volontaria 90.269 aziende mentre il numero dei fallimenti si è attesta intorno alle 11.000 unità (a farne le spese sono state, per lo più, soggetti appartenenti alla categorie delle micro-‐imprese, segnale di una recente evoluzione del sistema produttivo verso una dimensione media maggiore per aumentare la competitività sul mercato); i dati del 2019 mostrano che la tendenza è rimasta pressoché invariata, con un numero di imprese uscite dal mercato a seguito di procedura concorsuale o liquidazione volontaria
139 Fonte: Censimenti Permanenti Imprese, Censimento permanente delle imprese 2019: i primi risultati,
Istat.it, 2020, https://www.istat.it/it/files/2020/02/Report-‐primi-‐risultati-‐censimento-‐imprese.pdf, 7 febbraio 2020.
140 Fonte: Cerved Group S.p.A., Osservatorio sui fallimenti, procedure e chiusure d’imprese, 2020, n. 41,
pari a 90.649 unità (+0,4% rispetto all’anno precedente) mentre si contano 11.096 casi di fallimento (-‐1% dell’anno precedente).
A inizio 2020 un’indagine de IlSole24Ore pubblicata sullo speciale Indicatori di allerta
standard e personalizzati141, dichiarava che “(…) i potenziali soggetti che potrebbero venirsi a trovare in uno stato di crisi sarebbero circa 30.000 unità, il che significherebbe che l’OCRI (Organismo di composizione della crisi d’impresa) dovrebbe mettere in campo una task force di 90.000 professionisti in grado di gestire la crisi nella quale le società sono incappate perché non in linea con i parametri o, meglio, con gli indicatori individuati dal CNDCEC”.
Numeri veramente preoccupanti se consideriamo il fatto che risalgono ad un periodo precedente all’avvento della crisi da COVID-‐19 che sta mettendo in ginocchio l’economia mondiale.
Secondo uno studio di Modefinance (società specializzata nella valutazione del rating delle imprese e delle banche), pubblicato su IlSole24Ore142, effettuato sui bilanci di circa 11mila imprese manifatturiere lombarde, si prospetta un calo del Pil del 10%, stimando in circa 1.028 il numero delle imprese manifatturiere (il 9,5% del totale) che se non adottano contromisure, potrebbero entrare nell’area finanziaria di rischio fallimento; inoltre, l’articolo riporta che i primi report diffusi da Unioncamere-‐InfoCamere relativi al numero
141 Fonte: Ceroli P. et al., Indicatori di allerta standard e personalizzati, Speciale Guida ai Principi Contabili
Guida ai Principi Contabili Internazionali, n. 1, Il Sole 24 ORE S.p.A., Milano, 2019, p. 7.
142 In questo caso si fa riferimento all’articolo Coronavirus, già chiuse nel primo trimestre 9mila aziende in più
del 2019, redatto da Michela Finizio e datato 27 aprile 2020.
di imprese uscite dal mercato nel primo trimestre dell’anno hanno già fatto registrare un incremento di ben 9.000 unità rispetto all’anno precedente, dati che accendono i riflettori sul rischio di mortalità delle imprese in un momento così delicato come quello che stiamo vivendo.
Oltre ai numeri delle imprese che potrebbero fare domanda di accesso alla procedura di composizione assistita della crisi, un’altra difficoltà di attuazione pratica deriva dal fatto che secondo un’indagine, sempre effettuata da IlSole24Ore, a pochi mesi dall’entrata in vigore del codice (adesso slittata al 15 agosto 2021) solo il 7% degli intervistati sarebbe risultato in linea con i nuovi obblighi normativi riguardo alla predisposizione di sistemi di organizzazione e controllo da parte di amministratori e organi societari. Il grado di consapevolezza delle norme risultava estremamente basso tanto che il 42% affermava di conoscere solo in parte gli obblighi previsti dalla nuova normativa mentre il 14% dichiarava di esserne all’oscuro (si ricorda che essendo obblighi di legge, devono essere applicati in modo coercitivo e, in linea generale, non esistono eccezioni alla loro applicazione, per questo il risultato desta molta incredulità).
L’indagine ha dato anche qualche esito positivo in quanto solo il 4% del campione considera i suddetti meccanismi troppo onerosi, mentre la quasi totalità del campione li considera un’occasione per migliorare e processi; segno che la riforma ha centrato l’obiettivo di dare una spinta in termini di promozione all’innovazione e all’adozione di buone pratiche per la gestione delle imprese.
Le critiche più dure rivolte alla nuova normativa derivano dagli economisti e dagli studiosi accademici che definiscono la procedura di allerta come “un percorso burocratico che appesantisce le imprese”143, domandandosi se queste siano procedure che vanno
veramente a migliorare il governo di un’impresa o sono solo d’intralcio alla gestione ordinaria.
Un primo elemento di valutazione144 nasce dalla considerazione che con ogni probabilità
gli organi di controllo societari e i creditori qualificati non lesineranno sull’avvio delle procedure di allerta appena si accennano i primi segnali di crisi (i primi per esimersi da responsabilità future in quanto l’avvio delle procedure costituisce motivo di esonero dalla responsabilità solidale posta in capo agli organi di controllo verso i terzi nel caso in cui la crisi sfoci in una situazione di insolvenza, i secondi per non perdere il grado di privilegio che notoriamente questi creditori hanno).
Potremmo quindi ritrovarci ad avere un elevato numero di segnalazioni al cospetto dell’OCRI, e del consiglio di esperti di volta in volta eletto, con il compito di sviluppare procedure e norme piuttosto complicate in soli tre mesi (in scenari di azienda particolarmente difficili da capire e risanare, il termine potrebbe andare a discapito dell’imprenditore).
143 La dichiarazione è stata fatta tramite un post su Linkedin da Stefano Morri, noto avvocato e commercialista
milanese, e riportata nell’articolo de IlSole24Ore dal titolo Allerta, c’è la crisi: le aziende da salvare e i dubbi
sul nuovo Codice, scritto da Leonardo Dorini il 2 aprile 2019. Nell’articolo vengono anche riportate alcune
critiche sulla nuova normativa che andremo ad analizzare di seguito nel paragrafo.
Inoltre, pur non approdando davanti ad un tribunale, è chiaro che la riservatezza della procedura risulta scarsa e la l’affidamento della domanda ad un collegio di esperti acquisisce quasi una rilevanza pubblica (soprattutto nelle piccole realtà industriali). A questo punto viene naturale domandarsi come l’accesso a tale procedura sarà accolto dai finanziatori del sistema bancario, in quanto potrebbe incentivare la messa in discussione del merito di credito alle imprese e creare indirettamente un clima di sfiducia tra le varie parti in causa. I pareri sono discordanti anche a causa della grande differenza tra i tempi imposti dalla riforma e tempi relativi all’utilizzo dei meccanismi del mondo bancario, ben più lunghi ed articolati.
L’ultima considerazione145 riguarda i professionisti coinvolti nella procedura, in quanto l’attuale normativa lascia supporre che gli iscritti all’albo risulteranno essere soprattutto curatori o liquidatori giudiziali: figure sicuramente importanti a livello professionale, ma forse meno adatte rispetto ad esperti che lavoro in ambito aziendale e manageriale e che hanno esperienza nel “salvataggio e risanamento delle aziende” rispetto a soggetti specializzati nella gestione di liquidazioni ormai conclamate.
Nonostante le critiche, la normativa resta ancora in fase di sperimentazione e per vederne i reali effetti sul mercato dovremmo aspettare ancora qualche anno.
In un clima di tensioni sociali ed economiche come quello di oggi, è necessario però ricordare che lo studio e la conoscenza dei sistemi aziendali e dei fenomeni di crisi, è l’unico strumento in grado di darci le risposte e i mezzi per affrontare al meglio delle nostre possibilità il futuro che verrà.
È infine doveroso ricordare che le situazioni di crisi non sempre segnano la fine di un percorso ma possono essere anche la fonte di incredibili innovazioni e la spinta necessaria al cambiamento che stavamo aspettando.
Per quanto la crisi da Covid-‐19 abbia sconvolto gli equilibri generali e lasciato dietro di sé una scia paurosa di vittime, essa è stata anche il motore che ha permesso la scoperta e la diffusione dello Smart-‐Working e dei modelli di istruzione a distanza, e che si spera permetterà alle imprese di trovare nuove soluzioni organizzative di cooperazione tra le varie realtà economiche mondiali.