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PROGETTI D’ITINERARI ESPERIENZIALI PER UNA “CULTURA VIVENTE”

5.2. Il consumo esperienziale

Nel mondo contemporaneo, i processi di consumo rappresentano un riferimento costante nella vita delle persone. In pratica, questi sono presenti in tutte le azioni quotidiane, dallo spostamento nello spazio cittadino con i mezzi pubblici al rifocillarsi fuori casa. In realtà, solo attraverso un’attenta analisi, ci si può rendere conto che anche quando si pensa di non consumare, ci si accorge che si sta usufruendo di servizi ben precisi. Ad esempio, mentre si sta scrivendo un file utilizzando un computer, apparentemente non si usufruisce di alcun tipo di servizio, trattandosi di un’azione che dipende dalla nostra volontà. In realtà, bisogna anche analizzare quello che permette di scrivere il file e, nello specifico, quei servizi che inconsciamente si utilizzano, come ad esempio la corrente elettrica o internet.

Questa esigenza e ricerca di qualsiasi tipologia di consumo, anche durante il proprio tempo libero, sono caratterizzate da un continuo desiderio e volontà di vivere esperienze multiple e pluri-sensoriali (Pine – Gilmore, 1999). In questo modo, il consumo non è più percepito come individuale, in cui l’uomo si trova a usufruire dei servizi da singolo, anzi diventa un vero e proprio fatto sociale, in cui i valori, i significati e i momenti vengono condivisi insieme ad altre persone, unite dalla stessa passione (Addis, 2005).

Così, l’esperienza si appropria di una dimensione collettiva, in cui avvengono sia un apprendimento reciproco sia una condivisione delle emozioni, come se gli stessi fruitori si sentissero parte di una “tribù sociale” che agisce congiuntamente in un modo fortemente simbolico, come se si trattasse di un vero e proprio rituale (Cova, 2003).

L’individuo si sente totalmente immerso e parte attiva del prodotto-esperienza che sta consumando sia che si tratti di un concerto musicale sia di una finale calcistica, per fare solo due esempi. Interessante è rilevare in che modo anche un evento sportivo venga percepito dai tifosi non soltanto come un semplice momento di condivisione di una passione, ma come un’esperienza, uno spettacolo, dove l’entertainment risulta essere una caratteristica principale, tanto da mettere in secondo piano la performance prettamente sportiva (Radicchi - Zagnoli, 2008). In questa prospettiva, a parere di chi scrive, è interessante riportare una frase di Robert Johnson, proprietario della squadra di basket NBA dei Charlotte Bobcats: “there is no separation between sports and entetainment…merge than together and create something unique”.

Bisogna precisare, però, che un prodotto di consumo diviene un vero e proprio fatto sociale non solo perché è vissuto e percepito fisicamente insieme a un altro gruppo di persone, ma anche perché diventa motivo di discussione e di condivisione d’idee con altri, come nel caso della visione di un film sullo schermo televisivo di casa. Più precisamente, dagli anni novanta, si assiste a una vera e propria evoluzione nel pensare il consumo di servizi e prodotti, non solo da parte delle aziende, ma anche da parte dei consumatori. Andando verso questa direzione, le stesse imprese si trovano a riesaminare il loro rapporto con i propri clienti, che non si presentano più come semplici fruitori passivi dei prodotti acquistati, ma anzi cominciano a rivendicare il loro diritto a essere considerati come parte attiva del processo di produzione dell’esperienza (Dalli – Romani, 2003). Quindi, il punto focale di questa nuova era è di permettere all’individuo di immergersi in un contesto esperienziale, che riesca a coinvolgerlo a tutto tondo, attraverso una continua stimolazione sensoriale “nelle immagini, nell’ambiente, nei suoni e negli odori che lo caratterizzano” (Pine - Gilmore, 1999).

Questa nuova tipologia di consumo esperienziale è caratterizzata da una dimensione ambientale fisica, cui si rivolgono con grande attenzione i marketing manager, visto che è considerato come il luogo in cui avviene il vero incontro tra la domanda e l’offerta. Ovviamente, questa importanza che i luoghi del consumo stanno rivestendo nell’economia esperienziale ha portato negli anni a investire in maniera consistente nella costruzione di punti vendita al dettaglio e di servizi, non solo monetariamente parlando, ma anche in termini architettonici. Per avvalorare questa tesi basta prendere in esame alcuni esempi d’investimenti che appartengono a mercati differenti: il Guggenheim Museum di Bilbao, costruito su progetto dell’architetto Frank Gehry e inaugurato nel 1997, è costato 100 milioni di dollari87; il Flagship Store di Prada a New York, progettato dall’architetto Koolhaas, è costato circa 60 milioni di dollari88 e, infine, la Walt Disney Concert Hall, inaugurata ad ottobre 2003 a Los Angeles su progetto di Frank Gehry, è costata la modica cifra di 274 milioni di dollari. Oltre ad avere in comune le ingenti somme di denaro, spese per la loro costruzione,

                                                                                                               

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FONTE: www.guggenheim-venice.it

88 L’architetto Koolhaas parla di 23 milioni di dollari, mentre il New York Times di 40. È interessante

notare come gli stessi committenti dei progetti, la famiglia Prada, non vogliano definire questa costruzione come un semplice negozio, ma preferiscono utilizzare la parola “epicentro” (Castelli Gattinara, 2006).  

questi edifici solo con le loro caratteristiche fisiche-architettoniche creano per l’individuo una vera e propria esperienza di valore (Arnould – Price - Zinkhan, 2002). È partendo da quest’analisi, che si può affermare che la mission di un’impresa sta diventando la creazione di veri e propri contesti esperienziali, in cui, ad esempio, è sufficiente la presenza di una barca per fornire un contesto che si presta alla produzione di un’esperienza di pesca o un semplice picnic in montagna per rinviare a una camminata con gli amici.

In quest’ambito, la vera chiave di svolta è che alcuni settori d’attività stanno cercando di appropriarsi di quei luoghi in cui prevalgono delle situazioni create appositamente seguendo un tema specifico, come nel caso di Disneyland o dei Disney Store e dell’Hard Rock Cafè. Analizzandoli singolarmente, si può notare come, in suddetti casi, l’individuo sembra trovarsi a vivere quasi “inconsapevolmente” un fenomeno esperienziale, provocato in maniera artificiale, in determinate condizioni fisiche e psicologiche.

Nel caso del parco a tema di Disneyland, i visitatori si sentono immersi in una realtà parallela, che non solo ha lo scopo di intrattenerli, ma li coinvolge in una vera e propria storia (Codeluppi, 2001). Similmente, i Disney Store sono dei negozi a tema, che cercano di ricreare al loro interno un mondo completamente fantastico, organizzato in modo da avvolgere i fruitori (che diventano in questo modo veri e propri spettatori), come se si trovassero a vivere all’interno di un cartone animato. È proprio questo ambiente fisico che si presta a venire potenziato con l’introduzione di una molteplicità di stimoli sensoriali, che permettono una maggiore immersione del consumatore a livello emozionale e fisico. In realtà, questa nuova potenzialità non è stata ancora valorizzata a sufficienza, soprattutto se si vuole ragionare su una scala ancora più vasta, che comprende delle esperienze con stimolazione pluri-sensoriale. I due sensi più sviluppati, forse perché anche i più semplici da sollecitare, sono la vista e l’udito, anche se gli altri tre non devono essere trascurati. In qualsiasi caso, a parere di chi scrive, bisogna sempre tener presente che le percezioni dei singoli individui possono essere molto diverse, poiché sono influenzate dalle proprie caratteristiche e dallo stesso vissuto personale89.

Ad esempio, si può trovare una forte stimolazione multisensoriale nei diversi punti vendita dei Disney Store, dove la vista viene attivata non solo dall’ambiente che è                                                                                                                

89 Nel caso della stimolazione visiva, vi sono degli studi specifici che sostengono che ad ogni colore

sono associate delle specifiche emozioni e i loro significati più intrinseci sono legati al sesso, al gruppo etnico di appartenenza e all’età dell’individuo (Addis, 2007).

tematizzato e spettacolarizzato (lo store di Milano ha come filo conduttore il tema della moda, tanto che al suo interno vi è una riproduzione di Biancaneve in tenuta da top model; oppure, nel caso di Roma, dove Minnie e Topolino sono vestiti da antichi romani, avendo come tema principale la Roma Antica), ma soprattutto dalla merce esposta, che risulta essere una vera e propria tentazione per gli occhi, conquistati dai colori vivaci che sono eye-catching.

Contemporaneamente, la vista e l’udito sono attivati da maxi schermi, che proiettano immagini delle novità Disney, con un fondo musicale tenuto ad alto volume.

Infine, l’ultimo senso a essere stimolato in questi store della fantasia è il tatto, attraverso l’invito, a volte indotto dagli stessi commessi (i cosiddetti cast member), di toccare direttamente la merce che è esposta sugli scaffali priva del packaging, posizionata a una altezza facilmente raggiungibile anche dai più piccoli (Zarantonello, 2003). Quindi, si può affermare che si tratta principalmente in un’esperienza estetica (vedi posizione del cerchio rosso nel grafico 2), poiché la partecipazione dell’individuo è soprattutto passiva: manca quella novità che permette ai consumatori di non essere solo visitatori, ma anche spettatori e giocatori. In questo modo, seguendo gli insegnamenti di Pine e Gilmore (1999), la proposta dei Disney Store Italia non può essere considerata un’esperienza della ricchezza, visto che non include tutti i domini esperienziali: non si è di fronte a dei luoghi speciali, poiché non sono in grado di generare nella mente degli individui un luogo mnemonico che spinga il consumatore a tornare nel posto visitato.

Quindi, una strategia che dovrebbe essere perseguita dalla Disney Company per migliorare i propri punti vendita è di includere nell’offerta degli aspetti legati all’evasione, estendendo il campo ai domini dell’educazione e dell’intrattenimento (grafico 2).

ASSORBIMENTO                    

GRAFICO 2: Gli ambiti dell’esperienza (Pine - Gilmore, 1999)  

Dal momento che si sono presi in considerazione gli ambiti dell’esperienza, è importante analizzare anche l’intrattenimento, che spesso viene pensato come un tratto principale del marketing esperienziale (esempio dell’Hard Rock Cafè, analizzato a pag.50).

La continua ricerca di diverse tipologie d’intrattenimento viene percepita come una risposta alla ricerca di piacere e soddisfazione del consumatore, nonché contraddistinta da aspetti edonistici (Addis, 2005): “Si tratta di coinvolgere i consumatori in processi indimenticabili – offrendo loro un’esperienza o, ancora meglio, trasformandoli mediante esperienze attraverso le quali li si guida” (Arnould – Price - Zinkhan, 2002). È con queste esperienze multiple che il consumatore viene stimolato, sia mentalmente che fisicamente, e s’immerge totalmente in esse.

Un obiettivo che deve essere perseguito nella realizzazione della situazione esperienziale è di facilitare l’immersione del fruitore. Per questo esistono tre caratteristiche specifiche, che devono essere presenti nel contesto che si vuole creare: deve essere definito e delimitato, poiché questo permette all’individuo di rompere i ponti con il proprio quotidiano, uscendo da un contesto ben conosciuto e familiare, così da aumentare anche l’intensità dell’esperienza vissuta.

Deve essere sicuro e con minimi rischi, eliminando la necessità di avere una soglia di attenzione molto elevata, che già caratterizza il vivere quotidiano e, infine, deve essere distinto da un tema prescelto.

PARTECIPAZIONE ATTIVA IMMERSIONE PARTECIPAZIONE PASSIVA   Intrattenimento

Esperienza estetica Evasione Educazione