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Dall’oralità alla scrittura e dal tangibile all’intangibile

VENEZIA E L’UNESCO: IL PATRIMONIO INTANGIBILE

3.1. Dall’oralità alla scrittura e dal tangibile all’intangibile

Quando si tratta un argomento come quello del patrimonio culturale di un Paese, è difficile definire in maniera precisa e inequivocabile l’oggetto di osservazione e di analisi.

Sicuramente tutti convengono sull’importanza che questo patrimonio ha sulla civiltà o, meglio ancora, sull’identità culturale. Se venisse chiesta una definizione di patrimonio culturale all’attuale comunità sociale, probabilmente la materialità sarebbe l’aspetto più presente in tutte le definizioni date. Se si pensa alle culture, sia occidentali sia orientali, ci si accorge che ogni civiltà fa riferimento prima di tutto a un libro, quindi a un oggetto materiale scritto e tangibile, come può essere la Bibbia per i cristiani e gli ebrei50 o il Corano per i musulmani.

In realtà, questo bisogno di concretezza e corporeità per concepire la propria identità culturale è nato insieme alla scrittura. Se si prende in considerazione il periodo preomerico51, si può affermare che il “libro culturale” della civiltà greca era conservato nella memoria dell’aoidòs52 (aedo). In questo caso, si parla di memoria orale che viene affidata completamente alla parola pronunciata e ripetuta: tutto quello che doveva essere ricordato, tramandato o assimilato viene raccontato, cantando le gesta degli antenati, come è avvenuto per l’Iliade e l’Odissea.

Allo stesso modo, sia nel caso in cui il patrimonio culturale venga definito tangibile sia, nel caso contrario, esso sia considerato intangibile, si può affermare che si tratta di un qualcosa che viene vissuto in modo collettivo: la sua importanza trasmissiva alle generazioni future viene riconosciuta dalla maggior parte degli individui di una società. Un’altra caratteristica molto importante della cultura è che questa può essere considerata come un flusso continuo, sempre in movimento, che richiama alla mente l’immagine di un fiume. Infatti, se si osserva un corso d’acqua da lontano, esso appare semplicemente come una linea azzurra in mezzo al paesaggio, quindi come

                                                                                                               

50 Nella religione ebraica la Bibbia prende il nome di Torah, che significa “Legge di Dio”. 51 Omero viene per la prima volta trascritto alfabeticamente intorno al 700-650 a.C. 52 Aoidòs, dal verbo greco àdein che significa “cantare”, era il cantore professionista.

un qualcosa di immobile. Ma se lo si guarda da vicino, si può notare che in realtà si tratta di un vero e proprio flusso continuo.

Per cercare di capire meglio quest’idea, è interessante fare riferimento all’aforisma del filosofo greco Eraclito53 panta rei os potamòs (tutto scorre come un fiume)54, con il quale egli voleva sintetizzare il concetto dell’impossibilità di immergersi due volte nella stessa acqua, dal momento che il fiume è un flusso, che mantiene la propria continuità nel tempo.

In realtà, anche quando si parla di cultura, ci si riferisce a un flusso continuo con cui quotidianamente ci imbattiamo: essa è, infatti, caratterizzata dall’ambiente sociale e temporale di riferimento. Non può essere considerata come un qualcosa di statico, ma possiede soprattutto caratteristiche dinamiche, che permettono un continuo sviluppo di diverse sinergie positive tra gli individui. È proprio attraverso l’analisi di queste continue evoluzioni, che con l’avvento del nuovo capitalismo si può cominciare a parlare di commodification of culture, ovvero di mercificazione della cultura. Con questo termine, si vuole far riferimento a quello che accade quando il frutto del “genio umano” si tramuta in bene di consumo. Esso diventa parte di quel processo di estraniamento che trova le sue radici nell’evoluzione produttiva tipica dell’economia capitalistica, in cui si comincia a trattare di “cultura del consumatore” (Rifkin, 2000). Per capire meglio quest’idea, è interessante prendere in esame la dottrina di Karl Marx, secondo cui “il prodotto del lavoro, si contrappone ad esso come un essere estraneo, come una potenza indipendente da colui che lo produce. Il prodotto del lavoro è il lavoro che si è fissato in un oggetto, è diventato una cosa, è l’oggettivazione del lavoro” (Marx, 1949).

Volendo quindi disquisire sulla mercificazione della cultura, è opportuno fare riferimento a due aspetti caratteristici di questo processo. Il primo, forse il più diffuso nell’ambito delle riflessioni sulle industrie culturali, conduce alla trasformazione generalizzata di alcuni item della cultura in semplici beni di consumo, pensati per la vendita, la riproducibilità e l’esaurimento. Mentre, il secondo aspetto implica che questo processo debba essere percepito come un’incorporazione di un valore

                                                                                                               

53 Eraclito (Efeso 535-475 a.C.) è passato alla storia come il filosofo del divenire legato al motto “panta

rei”, ma in realtà è molto probabile che questo sia da attribuire al discepolo Cratilo, che sviluppò il pensiero del maestro.

54 L’espressione è tratta da un frammento Sulla natura: “Non si può discendere due volte nel

medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va.”.

aggiunto di tipo simbolico-culturale ed estetico per ogni bene di consumo e per qualsiasi tipologia di prodotto.

È proprio per i suddetti aspetti che in questo capitolo, oltre ad analizzare la cultura e il patrimonio culturale attraverso gli strumenti tecnici promulgati dall’UNESCO, si è ritenuto interessante soffermarsi anche sugli aspetti più intimi di una comunità, in questo caso quella veneziana, in quanto sarebbe degno di nota assistere alla riscoperta delle tradizioni più antiche e dell’artigianato locale.

Quindi, si vuole cercare di creare un dialogo tra persone, culture e visioni differenti, rivolgendo il proprio interesse alle potenzialità della glocalizzazione55: trovare soluzioni adatte per adeguare il panorama della globalizzazione alle realtà di tipo locali. Si è utilizzato questo termine perché al centro del suddetto concetto vengono posti gli individui e il patrimonio materiale e immateriale delle persone o del gruppo di appartenenza. Bisogna affermare che sarebbe sbagliato pensare che con il termine globalizzazione si voglia porre l’accento solo sul globale, mentre con la parola glocalizzazione unicamente sul locale. Infatti, quest’ultima, pur ponendo idealmente il micro gruppo alla base del suo significato, è consapevole del fatto che questi in un secondo momento si sviluppano, interagiscono con altri gruppi più complessi, fino ad arrivare alle realtà globalizzanti di oggi.