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La Convenzione per la tutela del patrimonio culturale intangibile (Parigi 2003)

VENEZIA E L’UNESCO: IL PATRIMONIO INTANGIBILE

GRAFICO 1: totale del patrimonio culturale e naturale inserito nella Word Heritage List per alcuni paesi membri.

3.4. La Convenzione per la tutela del patrimonio culturale intangibile (Parigi 2003)

Negli strumenti tecnici che sono stati appena analizzati, si può già notare un cambiamento di approccio nei confronti del proprio patrimonio culturale. Prima di tutto, si comincia a intendere come il patrimonio materiale possa essere interpretato correttamente solo attraverso l’immateriale, dal momento che si cerca di dare maggiore importanza al processo che permette la creazione, piuttosto che la protezione dell’oggetto in sé.                                                                                                                 65 FONTE: http://portal.unesco.org/en/ev.php-URL_ID=6209&URL_DO=DO_TOPIC&URL_SECTION=201.html 66 FONTE: http://icom.museum/shanghai_charter.html

In realtà, è proprio con la Convenzione per la tutela del patrimonio culturale

intangibile avvenuta a Parigi il 17 ottobre 200367, che si comincia a pensare in termini dinamici. Non ci si vuole più riferire al patrimonio culturale come a un qualcosa di statico, monumentale ed, essenzialmente, fisico, ma come una vera e propria espressione culturale vivente, che deve essere salvaguardata nella sua evoluzione. Per capire meglio lo sviluppo e le novità inserite nella Convenzione, prima di tutto bisogna analizzare la definizione di patrimonio intangibile enunciata all’articolo 2 paragrafo 1: “the practices, representations, expressions, knowledge, skills – as well as the instruments, objects, artefacts and cultural spaces associated therewith – that communities, groups and, in some cases, individuals recognize as part of their cultural heritage”. Se si prende in esame l’elenco dei termini che dovrebbero racchiudere il significato di patrimonio intangibile, possiamo notare come il loro campo semantico sia molto ampio:

- practices (pratiche): complesso di azioni, composto da comportamenti orientati al conseguimento di uno scopo;

- representations (rappresentazioni): ci si vuole riferire alla dimensione cognitiva- figurativa, piuttosto che alla dimensione di una “recita”, per la quale nell’idioma inglese sarebbe stato utilizzato il termine performance;

- expressions (espressioni): è la parola che ha maggiore estensione semantica, dal momento che indica tutti gli elementi che compongono le condizioni di manifestazione dei segni e dei simboli;

- knowledge (conoscenze): comprende tutti gli argomenti e i campi del sapere, oltre che le modalità per ottenerli;

- skills (competenze): la prontezza e le conoscenze pratiche che si possono dimostrare nello svolgere pratiche tangibili.

Dopo aver cercato di dare una definizione quasi esaustiva del patrimonio intangibile, è doveroso fare un breve riferimento anche ai cinque campi di applicazione della Convenzione, in cui si può notare una varietà di fenomeni culturali coinvolti. Nell’elenco inserito all’art.2 par.2 rientrano: a) oral traditions (ad esempio le attività dei cantastorie che uniscono l’arte del racconto al canto e alla recitazione); b)

performing arts (in cui possono essere raggruppate discipline come la danza, la

musica, il canto); c) social practices, ritual and festival events (cerimonie o festività, se molto legate al territorio in cui si praticano, come nel caso del Carnevale di                                                                                                                

Venezia); d) knowledge and practices concerning nature and the universe (intese come riti ed espressioni di pensare e guardare al mondo), infine, e) traditional

craftmanship (rientrano tecniche e abilità nella realizzazione di oggetti tradizionali).

In realtà, per essere più precisi alla lettera a) viene anche menzionato il linguaggio inteso solo nell’accezione di veicolo per il patrimonio intangibile. L’inserimento della lingua all’interno della Convenzione è da considerarsi una grande novità rispetto alla Raccomandazione del 1989 e alla Dichiarazione del 2001 sulle diversità culturali, anche se in realtà il linguaggio resta comunque estraneo alla tutela convenzionale. A questo punto, si può dire che è scomparso il limite caratterizzante la concezione del patrimonio culturale della Convenzione del 1972, dove veniva concepito solo come fenomeno artistico, escludendo tutte le espressioni che erano frutto del genio umano.

In realtà, agli articoli 11 e 12 si legge che gli Stati contraenti devono provvedere alla salvaguardia del proprio patrimonio intangibile, attraverso uno e più inventari, che dovranno essere stilati “with the participation of communities, groups and relevant non-governmental organizations” (sez.III art.11). In questo modo, si attua un allontanamento di pensiero da una concezione archivistica, incentrata prettamente sulla documentazione, verso un approccio in cui si rilevi l’importanza della trasmissione e della riproduzione delle pratiche culturali in questione. Pensando quindi in termini dinamici, è come se si attuasse una diversa valorizzazione temporale: nei testi delle Convenzioni precedenti solo le rovine monumentali del passato assumevano la dignità di essere considerate parte del patrimonio culturale di una comunità, mentre attraverso il nuovo testo legislativo si cerca di spostare l’attenzione sul carattere presente e attuale della pratica presa in considerazione. Con questi presupposti, è necessario parlare di “cultura vivente” in cui convive sia l’universo culturale-simbolico sia quello vivente-naturale, accostando campi semantici apparentemente diversi tra loro. Interessante è notare come il modello di salvaguardia possa trovare dei riferimenti in alcuni studi di ecologia68, dal momento che, anche quest’ultimi, sostengono che preservare le entità viventi non significa immobilizzarle e cristallizzarle, alterando il loro flusso, ma assicurare loro un continuo movimento interno.

                                                                                                               

68 L’ecologia è la scienza che descrive i rapporti degli organismi in ragione del mantenimento della vita

Forse è proprio attraverso lo studio e il confronto con la scienza ecologica che si potrebbe rispondere a una delle critiche che gli antropologi muovono nei confronti della Convenzione: il rischio della museificazione.

Infatti, è proprio perché si tratta di patrimoni intangibili viventi che alcuni degli studiosi accademici e del settore temono che un’azione istituzionale come quella dettata dalla Convenzione possa portare a un’azione estetizzante, che spettacolarizza e mercifica la cultura tradizionale di una comunità. In realtà, a questa critica è possibile rispondere anche attraverso un’analisi terminologica del lessico utilizzato. Infatti, dopo aver letto l’intero testo, ci si può accorgere di come non venga mai utilizzato il termine conservazione, ma solo quello di salvaguardia. Con il primo termine si fa riferimento a un qualcosa che appartiene al passato, prendendosi cura di una memoria fissata e datata, il cui limite sta nel non riuscire a ripristinare l’entità del tempo e non dover affrontare la cultura viva del presente. Per capire meglio l’idea che sta alla base della conservazione potrebbe essere interessante fare riferimento a una pratica in voga nell’antico Egitto: la mummificazione dei faraoni. Attraverso questo rito, l’essere umano cercava di opporsi al cambiamento e alla degradazione della materia fisica causate dal flusso temporale. Infatti, la vera sacralizzazione e l’immortalità del faraone avveniva attraverso una pratica conservativa che portava alla fissazione della materia e, quindi, all’immobilità nello spazio.

In contrasto a questa enfasi eccessiva sull’aspetto materiale, nel testo della Convenzione, si vuole cercare di configurare l’aspetto dell’intangibilità del patrimonio attraverso l’utilizzo di un altro verbo: salvaguardare (to safeguard). Il termine salvaguardia in primis pone il problema della cultura vivente, dal momento che si tratta di tutelare un patrimonio che viene ricreato costantemente, garantendo “la più ampia partecipazione di comunità, gruppi e, ove appropriato, individui” (art.15), con l’obiettivo di trasmetterlo alle generazioni future, così da preservarlo.

Nei confronti del processo di salvaguardia, che viene definito all’art.2 par.3, oltre che dare importanza all’aspetto della “revitalization”, in particolare viene richiamato lo strumento della “formal e non-formal education”. In questo modo, attraverso la Convenzione, si vuole richiamare all’attenzione degli Stati il bisogno di diventare consapevoli e di conoscere il proprio patrimonio intangibile, così da riuscire a trasferire le competenze.

Molto interessante è notare come nell’art.14 venga individuato un particolare segmento del pubblico generale, “young people”, rispetto al quale dovrebbero essere

diretti gli sforzi di ogni Stato membro. Probabilmente, si è voluto sottolineare l’importanza che questa categoria anagrafica potrebbe avere nei confronti della tutela e della salvaguardia del proprio patrimonio intangibile, dal momento che i giovani sono caratterizzati da un “non-sapere”, che rischia molto spesso di non venire sanato, portando, ad esempio, alla perdita delle tradizioni appartenenti ai propri avi. In realtà, se si legge con attenzione l’art.14, in cui si tratta il tema dell’educazione, della sensibilizzazione e del potenziamento delle capacità, si può notare come l’unica forma di educazione che ha insito in sé un minor grado di astrazione è quella che riguarda “the protection of natural spaces and places of memory”. È proprio in questo campo che si prova a integrare la dimensione umana con quella non-umana, cercando di vivere la coscienza della memoria come un fenomeno dinamico, che può essere più o meno legato a determinati luoghi.

Fino a questo momento si è parlato di salvaguardia del patrimonio a livello nazionale, ma bisogna anche tenere presente che nel testo della Convenzione viene affrontata anche in termini internazionali. Come si legge nella Sezione IV, è prevista la creazione di due liste ben distinte: Representative List of the Intangible Cultural

Heritage of Humanity e List of Intangible Cultural Heritage in need of Urgent Safeguarding. Rispetto alla prima, indicata all’art.16, uno Stato membro può

presentare davanti alla Commissione una proposta di candidatura, che dovrà soddisfare la totalità69 dei cinque criteri, qui di seguito elencati:

i) l’elemento candidato si costituisce come Patrimonio Culturale Immateriale, come indicato nell’articolo 2 della Convenzione;

ii) l’iscrizione dell’elemento contribuirà a garantire visibilità e consapevolezza del significato di Patrimonio Culturale Immateriale e a favorire il confronto, riflettendo perciò la diversità culturale e la creatività dell’umanità;

iii) le misure di salvaguardia sono elaborate in modo da poter tutelare e promuovere l’elemento;

iv) l’elemento è stato candidato sulla base del più ampio riscontro di partecipazione da parte di comunità, gruppi o, eventualmente, persone singole coinvolte con il loro libero, preventivo e informativo consenso;

                                                                                                               

69 Per entrare a far parte di questa Lista, il patrimonio deve soddisfare tutti i cinque criteri prestabiliti,

mentre per candidare un bene alla Word Heritage List era necessario la soddisfazione anche di un solo criterio.

v) l’elemento è inserito in un archivio sul Patrimonio Culturale Immateriale presente nel territorio/i degli Stati membri, come indicato negli articoli 11 e 12 della Convenzione70.

Per un patrimonio, essere iscritto a questa lista, significa ricevere un riconoscimento formale e una divulgazione mondiale come testimonianza dell’importanza della sua tutela. All’interno della Representative List l’Italia è presente con tre elementi del proprio patrimonio intangibile: l’opera dei pupi siciliani, il canto a tenore e la dieta mediterranea, quest’ultima insieme a Spagna, Marocco e Grecia.

Invece, nella seconda lista (art.17) vengono inseriti, su richiesta dello Stato contraente interessato, quei casi di patrimonio intangibile in cui l’intervento di salvaguardia ha carattere di estrema urgenza. Anche in questa circostanza, il patrimonio preso in considerazione dovrà soddisfare gli stessi criteri indicati per la

Representative List con l’aggiunta di un sesto criterio e di un’ulteriore specifica del

secondo:

ii) l’elemento si trova in condizione di estrema urgenza di salvaguardia poiché sta subendo gravi minacce a valle delle quali non è possibile prevederne la sopravvivenza se non si avvia un adeguato processo di salvaguardia;

vi) in caso di estrema urgenza, lo Stato membro (Gli Stati membri) sono stati debitamente coinvolti in merito alla candidatura dell’elemento, in conformità con l’art.17 par.3 della Convenzione71.

L’ultimo punto da analizzare della Convenzione viene tracciato nella Sezione VI, dove si prospetta la costituzione di un Fondo per il patrimonio culturale intangibile, costituito da fondi di investimento. Questo comporta l’obbligo per gli Stati contraenti di versare, a cadenza biennale, un contributo72 che viene stabilito, in modo uniforme, dall’Assemblea Generale (art.26 par.1). In realtà, come si legge all’art.26 par.5, gli Stati contraenti che si trovano in arretrato con il pagamento dei contributi obbligatori, per l’anno in corso, non potranno essere eleggibili come membri del Comitato.

 

                                                                                                               

70FONTE: http://www.unesco.it/cni/index.php/cultura/patrimonio-immateriale.

71 “In cases of estreme urgency – the objective criteria of which shall be approved by the General

Assembly upon the proposal of the Commitee – the Committee may inscribe an item of the heritage concerned on the List mentioned in paragraph 1, in consultation with the State Party concerned” art.17 par.3.

72 In nessun caso, questo contributo potrà superare l’1% del contributo al bilancio preventivo

CAPITOLO QUARTO

SALVAGUARDARE E PROTEGGERE L'ABILITÀ TECNICA E LA