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PROGETTI D’ITINERARI ESPERIENZIALI PER UNA “CULTURA VIVENTE”

MAPPA PRIMO ITINERARIO

 

  1^ TAPPA: SQUERO TRAMONTIN (Dorsoduro, 1542)

2^ TAPPA: SQUERO SAN TROVASO (Dorsoduro, 1097)

3^ TAPPA: INTAGIADÒR SANDRO MAZZON (Calle del traghetto, Dorsoduro 2783) 4^ TAPPA: “LE FORCOLE” DEL REMÈR SAVERO PASTOR (Dorsoduro, 341)

2° ITINERARIO

Anche in questo caso si è utilizzata la stessa tipologia di controllo della fattibilità, ottenendo un tempo di percorrenza pari a un’ora e mezza.

Quasi tutte le botteghe presenti in questo itinerario possono essere raggiunte solo via terra e, quindi, la tipologia di offerta può essere classificata come turismo fluviale tra terra e acqua (StudioTrend, 2010), dove si assiste all’unione dell’utilizzo della barca insieme ad altri mezzi, in questo caso i propri piedi.

Il ritrovo potrebbe essere di fronte al negozio della Caleghèra Giovanna Zanella in Campo San Lio (Castello, 5641), dove si potranno ammirare le scarpe speciali per gondolieri. Si tratta di una tradizione nata negli anni Settanta del XX secolo appositamente per i veneziani: la scarpa ha una suola con una zeppa in gomma morbida e resistente, adatta per non fare stancare le schiena di chi cammina molto, e una “suoletta di costruzione” con arco plantare in cuoio. Quest’ultima è applicata e fissata con tre chiodi e la tomaia di vitello martellato viene “tirata” con dei chiodini. Dopo aver scarnito la pianta e, in un secondo momento, unito la suola, il tutto viene messo in pressa con i mastici per otto ore. Quindi, per completare un paio di scarpe occorrono circa dieci ore e, data l’assenza di cuciture97, avranno un prezzo non troppo elevato. Tra i mestieri veneziani, i caleghèri, associati ai zavattèri (ciabattini), sono presenti già con il loro Capitolare nel 1271.

Dopo aver avuto la possibilità di parlare con la stessa artigiana Giovanna Zanella, magari averla vista al lavoro di una sua creazione, si procederà a piedi verso il Ponte Sant’Antonio, imboccando la Calle della Bissa fino a quando non si giunge a Campo San Bartolomeo. Una volta giunti in Campo, bisogna continuare su Mazaria 2 Aprile per poi trovarsi sulla destra la bottega della Baretèra Giuliana Longo (Calle del Lovo, San Marco 4813), in cui vi è una grande esposizione di cappelli. I baretèri confezionano i grandi cappelli estivi dei gondolieri in paglia cucita, di forma simile ad altri tipi di cappelli della tradizione marinara europea. L’origine in realtà è relativamente vicina nel tempo, tanto che l’uso può essere datato dopo la seconda guerra mondiale. Anche il berretto invernale risale a una tradizione marinaresca, ma temporalmente anteriore e più precisamente agli inizi del XIX secolo. Storicamente a Venezia i baretèri e i capelèri erano associati già nel 1281 ad altre mariègole o confraternite di artigiani dell’abbigliamento ed acquisirono autonomia solo nel 1677.

                                                                                                               

Interessante è scoprire come siano rimaste tracce di questo mestiere tradizionale nella toponomastica: il ponte dei baretèri e il sotoportego del capelèr.

A questo punto dell’itinerario, il turista sarà imbarcato su una gondola e, attraversando Rio San Salvador e Rio Ferali, giungerà alla terza tappa: il Negozio Valese (Calle Fiubera, San Marco 793) del fondidòr Carlo Semenzato. In realtà, essendoci a Cannaregio l’ultima fonderia di Venezia98, il turista osservando il lavoro finale verrà invogliato ad andare a visitarla, così da capire più da vicino il lavoro del

fondidòr.

Insieme agli intagiadòri, i fondidòri intervengono nella fase decorativa della gondola, in particolar modo con l’aggiunta dei cavalli e degli altri ornamenti metallici. L’opera di queste maestranze interessa numerose parti dell’imbarcazione: i canòni (contenitori per i fiori e per il lume posti in punta della gondola a poppa o a prua); il feràl o faràl (il lume di prua di forme diverse in lamiera di ottone sbalzata e saldata); le decorazioni della parte superiore della lama di poppa, che vengono personalmente scelte dal gondoliere. In realtà, i fondidòri sono conosciuti soprattutto per la costruzione dei

cavài, la coppia di cavalli marini che orna in simmetria la parte centrale di due lati

della gondola. Per la fusione di questi viene utilizzata una tecnica molto antica chiamata staffa o anche libro. Consiste in una cassa che viene riempita con sabbia molto fine, detta “francese”, in cui il modello viene impresso; tolto il modello e chiuso il libro, si cola al suo interno il bronzo o l’ottone. Ottenuta una forma grezza, questa viene lavorata a mano in bottega con lime e ceselli di varia misura, granatura e spessore. Alla fine, l’opera realizzata può essere brunita o patinata con bagni in sostanze chimiche.

Da Calle della Fiubera, bisogna imboccare Marzaria de l’Orologio, fino a giungere in Piazza San Marco, dove ci sarà una gondola per condurre i partecipanti alla visita del laboratorio del Remère Paolo Brandolisio (Successori Carli, Castello 4725), solcando il Rio del Vin. La bottega è appartenuta al grande maestro Giovanni Carli, la cui famiglia ha costruito, nello stesso luogo, i remi almeno per due generazioni precedenti. Dal momento che, Paolo Brandolisio ha deciso di mantenere l’arredamento e la stessa disposizione del passato, oltre che rappresentare un luogo di lavoro, assume un grande fascino soprattutto per chi lo scopre per la prima volta. Agli occhi della gente appare come un museo: si possono riconoscere gli utensili d’intaglio, delle tele impolverate e alcune vecchie stampe. Un particolare da dover                                                                                                                

notare è una fotografia in bianco e nero che ritrae il maestro Giovanni Carli e l’allievo Paolo Brandolisio in un simbolico passaggio di consegne.

L’ultima tappa, da raggiungere a piedi attraverso Campiello del Vin, è la bottega dell’Indoradòr Gianfranco Miotto (Castello 4945), che appartiene a quella categoria di maestranze che intervengono nella rifinitura della gondola: sono coloro che trasformano l’oro in foglie sottilissime, che vengono poi applicate dai doratori sugli ornamenti. Nel caso in cui l’intervento richiesto riguardi delle parti fisse, come i

fiubòni di prua, gli indoradòri si devono recare negli squeri. Invece, alcune parti mobili

possono essere lavorate presso il proprio laboratorio: ad esempio per quanto riguarda le fòdre, le tavole lunghe e strette che rivestono la parte interna del bordo della barca, e la portèla a spigolo, tavoletta estetica posta giusta dirimpetto ai passeggeri.

A causa dell’acqua e della salsedine lagunare, la doratura della gondola richiede una tecnica particolare: la doratura mordente. In un primo momento, il pezzo in questione è preparato con un fondo giallo per esterni e con uno strato di mordente99 ad olio. Il tutto viene seguito da un rito: su un cuscino di pelle si appoggia il libretto della foglia d’oro, questi si sfogliano soffiando e si afferrano con un coltello speciale. Una volta tagliati, con la penèta100, elettrizzata sui capelli, si adagiano sul pezzo e, coperta la parte, si batte piano con il pennello e si passa la pietra d’Agata101.

                                                                                                               

99 Il mordente è un colorante che si presenta in polvere o in grani, che vengono diluiti in acqua, in olio

o in alcool.

100 La penèta è un pennello di peli di vaio o martora (simile alla faina).

101 La superficie estremamente liscia della pietra permette di fissare e lucidare la foglia d’oro, che