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1. Le modifiche al codice di procedura penale con il d.lgs n 28 del

2.3 Contenuto e conseguenze dell’opposizione

2.3 Contenuto e conseguenze dell’opposizione.

La presentazione dell’opposizione deve indicare, a pena di inammissibilità, non approfondimenti investigativi con i relativi elementi di prova e di conseguenza nuove piste di indagine, ma le motivazioni del dissenso rispetto alla richiesta di archiviazione del pm. A nessuna delle parti, differentemente a quanto previsto nei procedimenti difronte al giudice di pace, è stato attribuito un potere di veto all’archiviazione per particolare tenuità del fatto.

Le parti potranno solo argomentare l’opposizione alla richiesta del pm, senza vincolarlo nella sua scelta. Il pm infatti potrà decidere di archiviare il fatto, se ritenuto di particolare tenuità, anche in presenza di un’opposizione.

Alle parti non è stato attribuito nemmeno il potere di opporsi nel merito al provvedimento di archiviazione. Tale decisione fu voluta in sede di attuazione della delega, a fronte di diverse sollecitazioni della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, che avevano rappresentato la necessità di introdurre un meccanismo di reclamo nel merito del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto.

La Relazione di accompagnamento al decreto è chiara sul punto in questione e sostiene che “le ragioni dell’indagato e della persona offesa trovano adeguata tutela nella preposta sede della opposizione e della conseguente udienza camerale”.

Il giudice valuterà in modo autonomo la presenza dei presupposti per disporre la archiviazione dopo aver sentito le parti e potrà pronunciarla anche in caso di conclusioni differenti di una delle parti.

Bisogna chiarire però che se il mancato riconoscimento di un potere di veto in capo alla persona offesa appare conforme alla legge delega (che non dice niente sul punto) e in linea con la circostanza per cui non sussiste alcun “principio dispositivo” del processo in mano alla persona

66 offesa, se non nei casi in cui è esplicitamente previsto, la mancata previsione di un potere di veto in favore dell’indagato rischia di violare l’art. 6, comma 2, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e il conseguente diritto a un processo equo.

L’opposizione dovrà ritenersi inammissibile non solo quando si limiti a censurare l’incompletezza o l’inesattezza investigativa, ma anche e soprattutto quando sia priva di tale contenuto argomentativo.

Per alcuni è altresì inammissibile quando le ragioni del dissenso sono manifestatamente infondate22.

La presentazione dell’opposizione, che superi il vaglio di ammissibilità, determina la necessità che il giudice fissi l’udienza in camera di consiglio, ex art. 409, 2 comma, c.p.p., all’esito del quale il giudice, dopo aver sentito le parti eventualmente comparse pronuncerà, con ordinanza, l’archiviazione.

Dal testo letterale della norma si evince che il giudice può emettere l’ordinanza di archiviazione “dopo avere sentito le parti”, senza specificare se sia o meno necessaria la loro comparizione, requisito invece previsto nel nuovo art. 469, 1-bis comma, c.p.p. in riferimento alla persona offesa.

A questa “disattenzione del delegato”23, bisogna capire se l’audizione ha valenza di condizione di procedibilità, o se invece può essere emesso il decreto anche senza l’audizione delle parti. Con la conseguenza, nel primo caso, di non poter adottare il provvedimento in caso di mancata convocazione; soluzione questa che ben si adatta alla condizione

22 Circolare n. 4 del 19 marzo 2015 del Procuratore della Repubblica presso in

Tribunale di Trento.

23 MARZADURI E., L’ennesimo compito arduo (…ma non impossibile) per

l’interprete delle norme processualpenalistiche: alla ricerca di una soluzione ragionevole del rapporto tra accertamenti giudiziali e declaratoria di non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis c.p., in Archivio penale, 2015, n.1, p. 8 ss.

67 difensiva di cui le parti devono poter disporre e che comporta una pronuncia più liberatoria.

La seconda conclusione è però prevalente, in ragione di quanto emerge dalla Relazione al decreto, secondo cui il g.i.p., pur a fronte del dissenso manifestato dalle parti, può liberamente decidere sull’accoglimento o meno della richiesta di archiviazione.

La possibilità di interloquire può dirsi soddisfatta anche con il contradditorio cartolare, che si determina con il deposito dell’atto di opposizione e, nel caso in cui non si sia provveduto nemmeno in tal senso, dovrà rilevarsi un chiaro disinteresse alla formula definitoria delle indagini preliminari.

In caso di mancata opposizione, o di inammissibilità della stessa, il g.i.p. procederà de plano e se dovesse accogliere la richiesta del pm, pronuncerà il relativo decreto motivato, notificandolo all’indagato per cui sia stata disposta la custodia cautelare e iscrivendolo nel casellario giudiziale ex art. 3, 1 comma, lett. f, d.P.R. 313/2002, che rappresenta una condizione ostativa al riconoscimento della non abitualità di un successivo comportamento tenue.

In caso contrario, restituirà gli atti alla pubblica accusa ex art. 409, 4-5 comma, c.p.p. con evidente disaccordo tra pm e g.i.p. circa la sussistenza di tutti i presupposti per ritenere integrata la causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p.

Anche nell’ipotesi in cui il g.i.p. non condivida la valutazione di tenuità del fatto predisposta dal pm, ma ritenga comunque sussistente un’altra causa di archiviazione, non potrà disporne con una diversa motivazione24, ma dovrà necessariamente rimettere gli atti al pm al fine di incentivarlo a formulare una diversa richiesta di archiviazione. Sembra che il g.i.p. possa fissare l’udienza camerale solo nel caso in cui intenda adottare uno dei provvedimenti di cui all’art. 409, 4 e 5 comma,

24 MARANDOLA A., I ragionevoli dubbi sulla disciplina processuale per particolare

68 c.p.p. (sollecitare lo svolgimento di ulteriori indagini, o ordinare l’imputazione coatta).

Il pm, una volta riavuto il fascicolo, continua ad avere potere di scelta, ossia potrà decidere di esercitare l’azione penale, proseguire le indagini o avanzare una nuova richiesta di archiviazione.

Particolare è invece il caso in cui il pm chiede l’emissione di un decreto penale di condanna al g.i.p. e quest’ultimo respinge la richiesta, sulla costatazione che, la condotta in esame potrebbe rientrare tra le ipotesi di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, non rilevata dal pm.

Di recente una pronuncia della Corte si è espressa nel merito, grazie al ricorso proposto dal pm, che denunciava l’abnormità dell’atto del g.i.p., sulla base del fatto che il giudice avesse introdotto una conclusione del procedimento per decreto atipica, aggiungendo che l’esercizio dell’azione penale è avvenuto tramite domanda di emissione del decreto penale di condanna, suscettibile di opposizione da parte dell’imputato, che in tal sede potrà anche chiedere la sussistenza della tenuità del fatto25.

La Corte ha ritenuto il ricorso fondato.

La stessa chiarisce che tra le ipotesi in cui è ammessa la restituzione degli atti al pm da parte del g.i.p., investito di una richiesta di emissione del decreto penale di condanna ex art. 459, comma 3, c.p.p., rientrano solo i profili di legittimità del rito, in quanto sottoposti al controllo del giudice, i profili di qualificazione giuridica del fatto, potere connaturato all’esercizio della giurisdizione, e di idoneità e adeguatezza della pena con riferimento al caso concreto.

69 Sono quindi da escludere ulteriori spazi di discrezionalità per il g.i.p., il quale potrà o emettere una pronuncia ai sensi dell’art. 129 c.p.p. oppure emettere il decreto penale oggetto di richiesta da parte del pm26. Sembra quindi evidente che la restituzione degli atti su ipotetica valutazione di applicabilità della particolare tenuità del fatto non solo non è consentita nel sistema processuale penale, ma costituisce anche un’ipotesi di abnormità.

La categoria dell’abnormità non rientra negli atti illegittimi e nasce come rimedio a comportamenti dell’organo giudicante da cui derivano atti non impugnabili in alcun modo.

Vi è un’abnormità strutturale, che si configura quando il giudice esercita un potere non attribuitogli dall’ordinamento e un’abnormità funzionale. Quest’ultima si determina in caso di impossibilità di proseguire il processo, cioè quando il provvedimento del giudice impone al pm il compimento di un atto nullo rilevabile solo nel corso del procedimento.

In questo caso la Corte qualifica l’abnormità come “ipotesi di carenza di potere in concreto”, tenendo anche conto del fatto che il g.i.p. si sia pronunciato sulla ricorrenza della particolare tenuità del fatto in maniera probabilistica e non certa.

Data la configurazione dogmatica e la natura dell’istituto, inteso come causa di non punibilità, si ritiene che il g.i.p., destinatario di una richiesta di emissione del decreto penale di condanna, non possa emettere una sentenza di proscioglimento immediato ex art. 129 c.p.p. per la ritenuta sussistenza di un’ipotesi di particolare tenuità del fatto. Secondo la Corte la ragione non va ricercata nella mancata modifica all’art.129 c.p.p. in sede di intervento di riforma, ma nel fatto che il rito del caso di specie, ossia il procedimento per decreto, è privo di

26 Sul punto una precedente pronuncia, Cassazione penale, Sez. VI, 22 marzo 2016,

70 contraddittorio e preclude all’imputato di esercitare le facoltà che il sistema processuale gli concede in sede di archiviazione.

È pertanto corretto, a detta della Corte, che la rilevazione sulla tenuità del fatto possa essere ammessa solo in sede di opposizione al decreto penale emesso dal pm.

Alcuni commentatori hanno poi escluso, con riferimento all’archiviazione per particolare tenuità del fatto, l’istituto della riapertura delle indagini di cui all’art. 414 c.p.p.

A sostegno di tale affermazione adducono che, poiché il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto presuppone l’accertamento del reato e la sua riconducibilità all’indagato, permettere al pm di riaprire le indagini per lo stesso fatto violerebbe il principio del “ne bis in idem” e perderebbe di vista l’obiettivo di semplificazione alla base dell’istituto ex art. 131 bis c.p. Questo però non esclude che, una volta disposto il provvedimento di archiviazione possano ravvisarsi nuovi elementi sopravvenuti che determinerebbero una necessaria riapertura delle indagini e la cancellazione dell’iscrizione del provvedimento di archiviazione dal certificato del casellario giudiziale.

Alle parti in ogni caso è data la possibilità di impugnare l’ordinanza di archiviazione con ricorso in Cassazione nelle ipotesi in cui si riscontri una nullità per violazione del contradditorio (art. 409, 6 comma, c.p.p. che richiama l’art. 127, 5 comma, c.p.p.)27.

Da ciò ne consegue che: nelle ipotesi in cui l’indagato o la persona offesa non siano stati tempestivamente avvisati della richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto o, nonostante sia comparsi in udienza, non vengano sentiti o, non siano stati avvisati dell’udienza

27Cassazione penale, Sezione IV, 28 novembre 2014, n. 49764 e più di recente

71 camerale fissata in seguito all’opposizione all’archiviazione28, possono ricorrere in Cassazione per violazione del principio del contradditorio. In una recente sentenza della Corte di cassazione29 il pm chiarisce come il g.i.p., nell'archiviare de plano nonostante l'opposizione proposta dal denunciante ai sensi del secondo comma dell'art. 410 c.p.p., deve motivare specificamente in ordine sia alla infondatezza della notizia di reato sia all'inammissibilità dell'opposizione, che può essere dichiarata per omessa indicazione dell'oggetto delle investigazioni suppletive o dei relativi elementi di prova, ovvero per difetto di pertinenza o di rilevanza degli elementi indicati, in quanto inidonei ad incidere sulle risultanze delle indagini preliminari; ove difettino tali condizioni, l'archiviazione de plano determina una violazione del contraddittorio censurabile con ricorso per cassazione. Ancora più recentemente, poi, è stato analogamente rilevato che, in tema di opposizione alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, il giudice può disporre l'archiviazione senza fissare l'udienza in camera di consiglio a condizione che argomenti in ordine alla ritenuta inammissibilità dell'opposizione e, segnatamente, in merito all'omessa indicazione delle "ragioni del dissenso" della persona offesa rispetto alla sussumibilità del fatto nell'ipotesi di cui all'art. 131-bis c.p.30.

28Cassazione penale, Sezione V, 23 marzo 2015, n. 12200.

29Cassazione penale, Sezione III, 8 marzo 2017, n. 10030.

30 Cassazione penale, Sez. VI, 12 ottobre 2016, n. 46277, proc. ‘Synyava’, Rv.

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3. Riconducibilità della causa di non punibilità di cui