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Proscioglimento dibattimentale per particolare tenuità del fatto

Come si è detto la declaratoria di non punibilità per irrilevanza del fatto, dopo l’esercizio dell’azione penale, può trovare applicazione o prima del dibattimento o all’esito del giudizio. Quest’ultima ipotesi si evince dall’art. 651 bis c.p.p. rubricato “efficacia della sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto nel giudizio civile o amministrativo di danno”60.

Data la natura dell’istituto, intesa come causa di non punibilità, il giudice che la rileva non pronuncia una sentenza di non luogo a procedere (art. 529 c.p.p.) ma una sentenza di assoluzione, indicando nel dispositivo che il reato è stato commesso da persona non punibile per particolare tenuità del fatto (art. 530, comma 1, c.p.p.)61.

60 L’art. 651 bis c.p.p. recita:La sentenza penale irrevocabile di proscioglimento

pronunciata per particolare tenuità del fatto in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del prosciolto e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto a norma dell’art. 442, salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato”.

89 La valutazione va effettuata tenendo conto di tutti i requisiti, compresi quelli inerenti alla non abitualità del comportamento, secondo gli ordinari criteri in materia di onere della prova e potrà essere pronunciata la relativa sentenza solo dopo che sia stato accertato il compimento del fatto di reato da parte dell’imputato e rilavata la sua lievità offensiva. La sentenza di assoluzione potrà essere pronunciata dal giudice anche nei casi in cui sussista un ragionevole dubbio sulla sussistenza della causa di non punibilità, ex art. 530, comma 3, c.p.p.

Ai fini di una sentenza di assoluzione per difetto di punibilità, non è prevista una precisa di interlocuzione con le parti, perché essa è garantita dalla pienezza del contraddittorio dibattimentale. Né è riconosciuto un potere di veto o di rinuncia simile a quello previsto per alcune cause estintive del reato, come prescrizione o indulto dove l’interesse dell’imputato è sotteso all’ottenimento di una sentenza di merito preclusa dall’estinzione del reato e invece sussistente nella declaratoria di non punibilità ex art 131 bis c.p.

Le parti possono solo argomentare sulla sussistenza dei presupposti per la non punibilità, ma il giudice non è vincolato ad esse, dovendo rilevare d’ufficio la presenza dei requisiti per dichiarare la cause di non punibilità. Il giudice inoltre non dovrà dare alcuna motivazione nel caso in cui l’istituto in esame non venga applicato, salvo il caso in cui sia stato l’imputato stesso a chiedere che l’istituto venga applicato62. La Corte di Cassazione sostiene che deve essere la parte che vi abbia interesse a dimostrare la sussistenza dei presupposti per l’applicabilità dell’istituto, indicando gli elementi in maniera specifica, in quanto i

62 In tal senso si era pronunciata la Cassazione con riferimento al procedimento

innanzi al giudice di pace: “il potere-dovere del giudice di chiudere il procedimento,

sia prima che dopo l’esercizio dell’azione penale, quando il fatto risulti di particolare tenuità, rispetto all’interesse tutelato…configura un potere discrezionale del giudice, il cui mancato esercizio non impone una esplicita motivazione, allorché l’applicabilità dell’istituto non sia stata invocata dall’interessato”.

90 relativi presupposti sono elementi di prova ex art. 187 c.p.p., poiché sono fatti che si riferiscono alla responsabilità dell’imputato63.

Spesso questi elementi emergono direttamente dal materiale probatorio fornito dal pm, quindi esonerano l’imputato a farsi carico di tale onere. La sentenza di assoluzione ex art. 131 bis c.p. prevede solo una motivazione circa la sussistenza del fatto, la rilevanza penale e l’attribuzione del fatto di reato all’imputato.

Sulla base del principio del favor rei e del principio della responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio il giudice pronuncia sentenza assolutoria se non rileva anche un solo elemento costitutivo della responsabilità dell’imputato.

La sentenza produce gli effetti extra-penali di cui all’art. 651 bis c.p.p., ai sensi del quale: “la sentenza penale irrevocabile di proscioglimento per particolare tenuità del fatto pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno”.

Da quanto emerge dalla relazione al d.lgs. 28 del 2015, l’imputato ha avuto ogni possibilità di difesa nel giudizio penale in cui la particolare tenuità del fatto è stata accertata, da qui la scelta del legislatore di attribuire efficacia di giudicato alla sentenza di assoluzione ex art. 131 bis c.p. Il giudice civile è però libero in merito alla quantificazione del risarcimento. La sentenza va iscritta nel certificato del casellario giudiziale.

Il danneggiato invece, che vuole riproporre in sede civile la domanda di danno esercitata nel processo penale, ha l’onere di dimostrare il nesso causale fra la condotta delittuosa dell’imputato e la sua pretesa risarcitoria, oltre che l’entità del danno che ha subito.

91 L’esistenza di una condizione di non punibilità non consente di applicare le misure cautelari ai sensi dell’art. 273, comma 2, c.p.p., né l’arresto e il fermo ex art. 385 c.p.p.

La sentenza dibattimentale che applica l’art. 131 bis c.p. può, se non condivisa, essere impugnata in Appello dal pm, ed è impugnabile sia in appello sia con ricorso in cassazione dall’imputato, poiché potrebbe avere interesse ad ottenere una sentenza maggiormente liberatoria anche al fine di evitare gli effetti pregiudizievoli di cui all’art. 651 bis c.p.p.

L’interesse all’impugnazione deriva inoltre dall’accertamento della responsabilità sotteso alla pronuncia e dagli effetti extra-penali della sentenza che dichiara l’esclusione della punibilità ex art. 131 bis c.p. Il giudice d’appello, nel caso in cui gli sia devoluta la questione sulla responsabilità, potrà affrontare la questione della non punibilità nel rispetto del principio di reformatio in peius, nel caso in cui la questione sia sollevata dall’imputato.

La Corte di cassazione, invece valuterà la presenza in “astratto” delle condizioni di applicabilità del nuovo istituto e, se non ci siano da fare accertamenti, potrà disporre l’annullamento senza rinvio.

La sentenza di proscioglimento pronunciata ex art. 131 bis c.p.p., può essere pronunciata anche all’esito del nel giudizio abbreviato ex art. 442 e art. 529 c.p.p., salvo opposizione della parte civile che non abbia accettato il rito speciale, art. 651 bis, comma 2, c.p.p.

La sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto può infatti essere pronunciata in ogni fase e rito (monocratico o direttissimo).

L’imputato almeno formalmente non ha alcun potere di veto, in quanto dal momento che chiede di celebrare il processo nelle forme del rito abbreviato, implicitamente ne accetta la definizione anche con una sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, che

92 implica un accertamento del fatto tipico, antigiuridico e colpevole e che verrà poi iscritta nel certificato del casellario giudiziale. È dubbio se possa il suo difensore opporre per lui opposizioni in sede di conclusioni. Non è stata invece attribuita alcuna efficacia extra-penale ai provvedimenti di archiviazione che riconoscono l’esiguità del fatto all’esito delle indagini preliminari (art. 411 c.p.p.), all’esito dell’udienza preliminare (art. 425 c.p.p.) o all’esito della fase predibattimentale (art. 469 c.p.p.).

I maggiori dubbi si riscontrano sul piano del controllo. L’unico ricorso esperibile contro le sentenze di proscioglimento per particolare tenuità del fatto è il ricorso in Cassazione, non è ammissibile il ricorso in Appello.

In seguito alla pronuncia di incostituzionalità dell’art. 443, comma 1, c.p.p. infatti, il ricorso in Appello è ammissibile per l’imputato solo per le sentenze di assoluzione per difetto di imputabilità derivante da vizio totale di mente ex art. 88 c.p.64

La Corte ha in questo contesto sottolineato come la pronuncia per tenuità del fatto presupponga un accertamento del fatto di reato e la sua riferibilità all’imputato e, per questo motivo, per poco o per niente si discosti da una sentenza di condanna. Da qui sembra chiaro come sia chiaramente da escludere la sussistenza di un interesse dell’imputato ad impugnare in Appello.

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7. La particolare tenuità del fatto nei giudizi di

legittimità

Con riferimento al giudizio difronte alla Corte di cassazione il problema che ci si pone è duplice. Da un lato l’ammissibilità per le parti di censurare l’applicazione o la mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p. da parte del giudice di merito mediante ricorso in cassazione, dall’altro la possibilità per la Corte di rilevare anche d’ufficio l’esistenza della causa di non punibilità in questione, per poi capire quale sia la valenza che la clausola può assumere difronte alla Corte.

Al primo problema si può rispondere nel senso di ammettere il ricorso in Cassazione sia per un errore di diritto, ex art. 606 lett. b, c.p.p., sia per un vizio della motivazione, ex art. 606 lett. e, c.p.p.

Con riferimento al primo caso, la violazione è riscontrabile quando il giudice di merito abbia sbagliato nell’interpretare i parametri di operatività dell’art. 131 bis c.p.

Se la parte lamenta l’avvenuta applicazione della causa di non punibilità, l’accoglimento del ricorso da parte della Corte determinerà una sentenza di annullamento con rinvio ex art. 623 c.p.p.

A questo punto il giudice di merito tornerà sul punto seguendo le indicazioni date dalla Corte e, se escluderà la non punibilità, procederà all’irrogazione della pena.

Trattandosi di un annullamento parziale, si avrà effetto di giudicato sulla sentenza, relativamente all’accertamento della commissione del reato da parte dell’imputato.

Anche l’accoglimento del ricorso, per mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p., comporterà l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice di merito per una nuova decisione. Ma essendo i fatti già accertati nella sentenza di merito la Corte potrebbe procedere

94 direttamente ad applicare la causa di non punibilità, essendo superfluo il rinvio ex art. 620, lett. l, c.p.p.

La Suprema Corte ha da sempre ammesso la deducibilità, per la prima volta, della questione sulla tenuità del fatto in Cassazione ai sensi dell’art. 609, comma 2, c.p.p., in quanto si tratterebbe di una questione che non sarebbe ammissibile dedurre in grado di appello65.

Se però la sentenza impugnata è successiva all'entrata in vigore d.lgs. 28 del 2015, la questione relativa alla sua applicazione non può essere proposta per la prima volta nel giudizio di legittimità poiché per applicare l’art. 131 bis c.p. è necessaria una valutazione di merito. Se però la questione è stata riscontrata nella sentenza impugnata, potrà essere oggetto di giudizio di legittimità solo relativamente a un vizio di motivazione e non invece relativamente all’interpretazione dei presupposti applicativi66.

La Corte potrebbe però non ammettere il ricorso, rilevando che lo stesso sia inammissibile, quando sia evidente la mancanza di uno dei presupposti di applicazione (o limite edittale incompatibile o presenza di un presupposto soggettivo ostativo). La Corte potrebbe anche rigettare il ricorso quando le deduzioni relative al caso concreto risultino infondate alla luce dello specifico contenuto della sentenza impugnata67.

“L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude la possibilità di rilevare e dichiarare l’esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis c.p. pur trattandosi di ‘ius superveniens’ più favorevole al ricorrente”68.

65 Cassazione penale, Sez. III, 22 aprile 2015, n. 21474. 66 Cassazione penale, Sez. VI, 27 aprile 2016, n. 20270. 67 Cassazione penale, Sez. VI, 6 novembre 2015, n. 44683. 68 Cassazione penale, Sez. V, 14 aprile 2016, n. 40293.

95 Per quanto attiene al secondo profilo invece bisogna capire in che modo sia consentito al giudice di legittimità prendere atto dell’istituto di nuova introduzione.

Con ordinanza adottata ex art. 618, 7 maggio 2015, la III sezione della Cassazione ha rimesso alle sezioni unite alcuni quesiti:

 l’ammissibilità del ricorso in cassazione per questioni attinenti l’applicabilità dell’art. 131 bis c.p. in procedimenti ove il ricorso risulti anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. n. 28 del 2015;

 la possibilità per la Corte, innanzi a un’impugnazione non manifestatamente infondata, di valutare d’ufficio l’applicabilità dell’istituto;

 la possibilità per la Corte di procedere a una valutazione dei presupposti applicativi della norma e se il giudizio di legittimità deve potersi concludere con un rinvio della sentenza impugnata o se sia, nello stesso caso, ammissibile un annullamento senza rinvio.

Con riferimento al primo punto la nota sentenza Mazzarotto69afferma che la causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p. è applicabile anche ai procedimenti in corso o per reati commessi prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 28 del 2015, data l’assenza di una disciplina transitoria e la “natura sostanziale” dell’istituto inteso come causa di esclusione della punibilità, con conseguente applicazione del principio generale in tema di successione della leggi nel tempo, ossia il principio ex art. 2, comma 4, c.p. di retroattività della legge penale più favorevole all’imputato. L’istituto in questione è applicabile anche ai procedimenti pendenti in sede di legittimità, nei quali la Corte può rilevare d’ufficio, ex art. 609, comma 2, c.p.p., se non è stato possibile dedurlo in Appello70, la

69 Cassazione penale, Sez. III, 15 aprile 2015, n. 15449. 70 Cassazione penale, Sez. III, 26 maggio 2015, n. 27055.

96 sussistenza delle condizioni di applicabilità dell’istituto in questione, fondando la sua pronuncia sulla base delle risultanza processuali e della motivazione della decisione impugnata.

La Corte di legittimità dovrà verificare in primo luogo l’applicabilità in astrato dell’istituto, con riguardo ai limiti edittali di pena del reato, in secondo luogo dovrà verificare la sussistenza della tenuità dell’offesa e della non abitualità del comportamento. Relativamente a tale secondo aspetto la Corte dovrà rifarsi a quanto statuito nel giudizio di merito, tenendo conto dell’eventuale sussistenza nella motivazione del provvedimento impugnato, degli eventuali giudizi già espressi dal giudice del dibattimento circa l’esclusione della particolare tenuità del fatto71.

L’intervento della Corte sarà ammissibile anche in caso di “mancanza di sollecitazioni di parte o dinnanzi a memorie tardive”.

Relativamente al secondo punto la Corte di cassazione a sezioni unite chiarisce che il giudizio di tenuità in concreto dell’offesa ascrive una qualificazione giuridica al fatto contestato e può pertanto essere compiuta anche d’ufficio dalla Corte, sulla base dell’accertamento in fatto compiuto dal giudice di merito. Il giudizio di tenuità infatti attiene all’offesa e non al danno, sicché la verifica circa la rispondenza dei requisiti richiesti per l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. viene a riguardare una qualificazione giuridica compatibile con il giudizio in cassazione72.

Una parte della dottrina ha ammesso la rilevabilità d'ufficio della causa di non punibilità del fatto sulla base dell'art. 129 c.p.p., secondo cui "in ogni stato e grado del processo il giudice, il quale riconosce che il fatto

71 Cassazione penale, Sez. III, 22 maggio 2015, n. 21474. Cassazione penale, Sez. IV,

27 maggio 2015, n. 22381.

72 Cassazione penale, Sez. III, 22 aprile 2015, n. 21474; Cassazione penale, Sez. III,

97 non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero che il reato è estinto o che manca una condizione di procedibilità, lo dichiara di ufficio con sentenza"73.

Altra parte della dottrina non ammette di fondare la rilevabilità d’ufficio della causa di cui all’art. 131 bis c.p. sul richiamo all'art. 129 c.p.p. Dello stesso avviso parte della giurisprudenza che ritiene la clausola in questione, non esplicitamente prevista tra le ipotesi dell’art. 129 c.p.p. ossia non rientrante tra "le ipotesi in cui la causa di non punibilità possa essere dichiarata esclusivamente dopo l'accertamento del fatto di reato e della sua attribuibilità all'imputato"74.

Infine, con riferimento al terzo punto, la Corte a sezioni unite predilige l’ipotesi di annullamento della sentenza impugnata senza rinvio, in quanto, a parer della Corte, è maggiormente coerente con le finalità deflattive sottese alla norma; il riferimento è all’art. 620, comma 1, lett. l, c.p.p.

Tale previsione prevede la pronuncia di una sentenza di annullamento senza rinvio “in ogni altro caso in cui la Corte ritiene superfluo il rinvio”75.

La particolare tenuità del fatto può essere dunque rilevata dalla Corte, anche d’ufficio, con annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, laddove questa consenta di ravvisare la sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 131 bis c.p.: “il giudice di legittimità non appone una verifica di merito, ma piuttosto una valutazione della corrispondenza del fatto, nel suo minimum di tipicità, al modello legale

73 Cassazione penale, Sez. II, 30 settembre 2015, n. 41742. 74 Cassazione penale, Sez. III, 24 giugno 2015, n. 34932.

75 Cassazione penale, Sez. unite, 30 ottobre 2003, n. 45276. La Corte, pur

prescindendo dal richiamo all’art. 129 c.p.p., ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata perché ha ritenuto l’imputato “non punibile”.

98 di una fattispecie incriminatrice, come la disciplina del nuovo istituto impone nella fase del giudizio” (prescindendo invece nelle indagini preliminari)76.

Quanto al profilo della necessaria interlocuzione delle parti private, in vista dell’applicabilità dell’art. 131 bis c.p., deve rilevarsi che il giudizio di cassazione si fonda comunque sul principio del contradditorio, sia pure attraverso la partecipazione esclusiva dei difensori, senza che si imponga l’adozione di specifiche formalità per consentire alla persona offesa una partecipazione ulteriore rispetto a quella già garantita dalla generale facoltà di depositare memorie. La persona offesa, ex art. 90 c.p.p., anche se non si è costituita parte civile, è legittimata a presentare memorie nel giudizio di cassazione, investendo la Corte di ogni questione che ritenga rilevante per la decisione, eccetto la possibilità di proporre istanze tese a sollecitare acquisizioni istruttorie.

Vi è un precedente che, con riferimento al giudizio di fronte al giudice di pace, sembra tuttavia contrario all’applicazione dell’istituto della particolare tenuità del fatto in sede di legittimità77.

A sostegno la Corte sostenne che: “gli istituti della non punibilità per lieve tenuità del fatto e della non procedibilità per avvenuto risarcimento sono inapplicabili in cassazione per la decisiva e assorbente ragione che il presupposto processuale degli stessi non è attuabile in sede di legittimità ove non è contemplato l’intervento degli interessati”.

Tuttavia l’istituto della particolare tenuità del fatto è diversamente conformato rispetto a quello di fronte al giudice di pace: il primo è configurabile come causa di non punibilità in termini di diritto

76 Cassazione penale, Sez. V, 11 febbraio 2016, n. 5800. Nel caso di specie il giudice

annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché l’azione penale non può essere esercitata, trattandosi di persona non punibile ex art. 131 bis c.p.

99 sostanziale, il secondo è relativo alla “procedibilità e all’esercizio dell’azione penale”, in più i più recenti interventi della Corte hanno accolto la soluzione favorevole circa l’applicabilità dell’istituto di nuovo conio nel giudizio di legittimità78.

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CAPITOLO 3

QUESTIONI PROBLEMATICHE POSTE IN

SEGUITO ALL’ENTRATA IN VIGORE

DELL’ISTITUTO

Sommario: 1. Premessa. – 2. La tenuità del fatto in assenza di norme transitorie. – 3. L’applicabilità dell’istituto nei procedimenti speciali. – 4. Particolare tenuità del fatto e responsabilità amministrativa degli enti. – 5. L’applicabilità dell’istituto nel processo minorile e in quello dinnanzi al giudice di pace. – 6. L’iscrizione nel casellario giudiziale dei provvedimenti di archiviazione.

1. Premessa

Dopo soli due anni dall’entrata in vigore della clausola di non punibilità per particolare tenuità del fatto, molti sono stati gli interventi necessari della Corte di cassazione sulle diverse questioni problematiche sorte, sia attinenti al diritto sostanziale che al piano processuale.

Le incertezze nascono talvolta in virtù di una rilevata carenza della disciplina in materia che, troppe volte, per la sua vaghezza lascia spazio a diverse interpretazioni, altre volte dall’insufficiente coordinamento del nuovo istituto con i principi e le logiche esistenti nel processo penale.

Tutto ciò delinea uno scenario tutt’altro che lineare e spesso induce il legislatore a correre ai ripari, inserendo vere e proprie “forzature” per