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6. Presupposti applicativi per l’operatività dell’istituto

6.1 I limiti edittali

La particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p. ha, differentemente dai tradizionali casi di non punibilità disciplinati dal codice penale,33 “carattere generale”, poiché è applicabile in presenza di determinate condizioni, sia in caso di delitti che di contravvenzioni, con il criterio della specie (pena pecuniaria) e del massimo della pena (detentiva) prevista34.

A parere di un noto professore pisano “è illogico che il legislatore abbia fatto riferimento al massimo edittale anziché al minimo, dato che il minimo della pena è fissato a tutela dell'ordinamento poiché esprime il disvalore minimo riconosciuto all' offesa, mentre il massimo è a tutela del reo in quanto esprime la soglia oltre la quale non può spingersi la reazione”35.

32 Cassazione penale, Sez. IV, 15 settembre 2015, n. 44683. Ha qualificato l'istituto

come causa di ‘esclusione soggettiva della punibilità’, dato che l’art. 131 bis c.p. oltre ai presupposti oggettivi, prevede anche quelli soggettivi del comportamento non abituale, dell'intensità del dolo e del grado della colpa.

33 Il riferimento è agli artt. 376-384-598-599-649 c.p.

34 Art. 131 bis, comma 1, c.p.: “Pena detentiva non superiore nel massimo a cinque

anni, ovvero pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena”.

35 PADOVANI T., Un intento deflattivo dal possibile effetto boomerang, in Guida dir.

31 Cosi come presentata dal legislatore la norma porta ad esiti discriminatori, in quanto ad es. il delitto di sottrazione e trattenimento di minore all'estero (art. 571 bis c.p.) rientrerebbe nell'ambito di applicazione dell'art. 131 bis c.p. perché la pena spazia da uno a quattro anni di reclusione, mentre il sequestro di persona (art. 630 c.p.), nonostante il suo minimo edittale sia di sei mesi, è escluso perché la pena massima è di otto anni.

Nell’ambito applicativo della norma rientrerebbero quindi sia reati per cui si procede con citazione diretta, sia reati che richiedono l’esito dell'udienza preliminare e persino reati per cui sono ammesse tutte le misure cautelari personali, inclusa la custodia cautelare in carcere. Anche per i reati punti con le contravvenzioni, l'applicabilità dell'art. 131 bis c.p. dovrà passare attraverso la verifica della sussistenza dei presupposti di operatività della norma.

Il comma 4 dell’art. 131 bis c.p. attiene al meccanismo di determinazione della pena edittale; il legislatore ha previsto che “non si debba tener conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato (c.d. “autonome”, art 63, 3 comma c.p.) e di quelle ad effetto speciale che determinino un aumento o una diminuzione della pena base superiore a un terzo”.

Nel caso in cui ricorrano circostanze di questo tipo il giudice non potrà effettuare il giudizio di bilanciamento di cui all'art. 69 c.p., ma dovrà tener conto delle circostanze aggravanti presenti, che incideranno sul calcolo del massimo edittale36.

La ragione di questa eccezione è che, circostanze autonome e ad effetto speciale configurano un reato circostanziato, assimilabile ad una “fattispecie autonoma” dal punto di vista del disvalore37.

36 CAPRIOLI F., Prime considerazioni sul proscioglimento per particolare tenuità

del fatto, in Diritto penale contemporaneo, 2015, n. 2, pp. 13 ss.

32 Peraltro se sono più le circostanze a effetto speciale a concorrere, bisogna capire se queste siano tutte aggravanti o tutte attenuanti oppure siano una aggravante e l'altra attenuante.

Nell'ipotesi di circostanze ad effetto speciale omogenee, si dovrà far riferimento alle regole di calcolo dell'art. 63 c.p.p.

L'articolo infatti prevede che, in queste ipotesi, l'aumento e/o la diminuzione della pena avverrà una volta sola, poiché eventuali altri aumenti o diminuzioni avrebbero la caratteristica di riprendere il loro effetto ordinario (4 - 5 comma) e non rientrerebbero quindi nell'ambito applicativo del 4 comma dell'art. 131 bis c.p.

Nel caso di circostanze eterogenee invece, la diminuzione opererà sulla pena risultante dopo l'applicazione della circostanza aggravante. Non si deve invece tener conto delle circostanze ad effetto comune, che determinano una diminuzione della pena base fino a un terzo.

Il legislatore però in alcune ipotesi, - come l'aver agito per motivi futili o abietti, l'aver agito con crudeltà o sevizie verso le persone, o l'aver profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa (art. 61 n.1-2-3-5 c.p.) - attribuisce ad alcune circostanze aggravanti ad effetto comune efficacia ostativa. Incerto è invece il caso se rilevano o meno le circostanze aggravanti “indipendenti”, cioè quelle circostanze del reato per le quali la legge determina la misura in modo indipendente dalla pena ordinaria del reato stesso (es. artt. 625 - 628, 3 comma, c.p.).

Parte della dottrina qualifica queste circostanze come rientranti in quella a effetto speciale, di cui all'art. 63 c.p., poiché paragonando la nuova cornice edittale con quella ordinaria, si determina un aumento della pena superiore a un terzo. Ecco, ciò potrebbe determinare un irragionevole disparità di trattamento tra circostanze diverse, equiparabili dal punto di vista del disvalore.

33 La giurisprudenza di merito ha ritenuto di non poter valutare le circostanze aggravanti indipendenti ai fini dell'applicazione della causa di non punibilità38.

Le circostanze autonome ad effetto speciale invece rilevano ai fini dell'applicazione dell'art. 131 bis c.p., anche nelle ipotesi in cui gli effetti sulla pena vengano annullati dal giudizio di bilanciamento con concorrenti circostanze attenuanti (art. 131 bis, 4 comma, c.p.).

La ratio è quello di impedire che il giudice sia indotto a “forzare” il canone dell'offensività per conseguire il risultato dell'impunità, neutralizzando le circostanze aggravanti.

Secondo la Corte Costituzionale, “la rilevanza delle circostanze autonome o ad effetto speciale nella quantificazione della pena, può essere neutralizzata solo con l'esclusione in fatto della loro sussistenza”39.

Nell'ipotesi quindi in cui ricorrono circostanze ad effetto speciale eterogenee, allora non si ricorrerà all’art. 69 c.p. ossia al loro bilanciamento, ma basterà applicare la circostanza aggravante ad effetto speciale nella sua massima estensione e, da qui, scegliere la minor riduzione ammessa per la circostanza attenuante ad effetto speciale. Il dato letterale della norma consente poi di tener conto di circostanze attenuanti che comportino una riduzione della pena superiore a quella ordinaria. Sembrerebbe essere quindi ammessa l'applicazione dell'art. 131 bis c.p. anche per reati puniti con pena edittale massima superiore a cinque anni ma solo se, inseguito alla minima riduzione ammessa per le circostanze attenuanti, il limite edittale massimo scende sotto la predetta soglia.

38 Tribunale di Novara, sent. 15 maggio 2015, n. 673.

34 Più immediato sembra essere il problema del calcolo della pena per il delitto tentato.

Benché non espressamente menzionato dalla norma, non può che essere ormai pacifico che il tentativo è un titolo autonomo di reato, dotato di una propria oggettività giuridica e una propria struttura, cosicché è facile concludere che per calcolare la pena edittale massima del delitto tentato occorre tener conto della pena massima prevista per il delitto consumato, ridotta di un terzo.

Basta accertare che il reato rientri nel limite edittale previsto dalla legge per poi valutare se per le modalità di condotta e l'esiguità del danno o del pericolo determino una offesa particolarmente tenue, sulla base della valutazione ai sensi dell'art. 133, 1 comma, c.p.

Anche qui rileva la gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa e l'intensità del dolo o il grado della colpa.

Teoricamente quindi la causa di non punibilità sembra essere in armonia con il delitto tentato.

Un esempio assai frequente nella prassi è quello della sottrazione di merce di modesto valore al supermercato, da parte di un soggetto che è stato seguito in tutta l'azione dalla vigilanza che l'ha poi fermato una volta superate le casse.

Configuratasi questa ipotesi, la Corte di Cassazione a sezioni unite40, ha stabilito che debba qualificarsi come una fattispecie di furto tentato aggravato (il riferimento è agli artt. 56, 624 e 625 n. 2 c.p.).

Se ad applicarsi fosse la diminuente di cui all'art. 56 c.p., la pena edittale massima non supererebbe i cinque anni di reclusione, mentre la fattispecie consumata e aggravata non rientrerebbe nella portata applicativa dell'art. 131 bis c.p., dato che l'aggravante configurerebbe la pena della reclusione da uno a sei anni.

35 In più si tratta anche di una aggravante ad effetto speciale che si colloca tra le circostanze in cui il giudice deve tener conto nel calcolo del massimo edittale a fini dell'applicabilità della causa di non punibilità in esame (4 comma, art. 131 bis c.p.). Il 4 comma, art. 56 c.p. prevede il caso di recesso attivo, che riduce la pena da un terzo alla metà, in quanto si configura come una circostanza attenuante ad effetto speciale. La diminuente si calcola sulla pena per il delitto tentato, (pena massima per il delitto consumato diminuita di un terzo) ridotta ulteriormente di un terzo, salvo ricorrano una o più circostanze aggravanti ad effetto speciale.

A conclusione si può rilevare che l'esclusione di fattispecie punite con pena superiore ai limiti edittali massimi previsti per l'applicabilità dell'art. 131 bis c.p., a prescindere dalla valutazione circa il caso concreto, configura non poche perplessità, non è infatti da escludersi che reati astrattamente sanzionati con una pena superiore a cinque anni di reclusione rechino di fatto un'offesa “particolarmente tenue”. Emblematico è il caso del peculato avente ad oggetto un bene di scarso valore economico che incide minimamente sulla funzionalità e sull'operatività del servizio.

Da questo esempio appare evidente come sia di fatto irragionevole circostanziare la portata applicativa dell'art. 131 bis c.p. dato che fattispecie di reato punite con pene edittali eccedenti i limiti imposti della norma, possono di fatto configurarsi come “condotte particolarmente tenui”.

Il rischio è come accennato in precedenza che l'interprete sia portato a forzare il canone dell'offensività pur di avere come risultato l’assoluzione41.

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