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L’esclusione della punibilità nei reati in materia di circolazione

I reati del codice della strada rientrano tra i limiti edittali previsti per l’applicabilità dell’art. 131 bis c.p.

È più complessa la previsione circa l’ammissibilità di applicare la causa di non punibilità per la guida in stato di ebbrezza, art. 186 d.lgs. n.285 del 1992, in quanto la valutazione complessiva del fatto deve riguardare non solo il tasso alcolico riscontrato nel sangue che, per rientrare tra i limiti edittali dell’art. 131 bis c.p., deve superare di poco la soglia, ma anche una valutazione sulle caratteristiche del conducente (ossia se fosse la prima infrazione o si fossero riscontrate al momento del controllo delle alterazioni psico-fisiche) e anche una vera e propria valutazione sulla condotta. È necessario infatti, affinché si rientri nei limiti edittali previsti dall’istituto in esame che ad es. il conducente sia stato fermato con un tasso alcolico di poco sopra la soglia consentita, magari in un parcheggio o in corsa a bassa velocità.

L'art 131 bis c.p. potrebbe applicarsi solo per le soglie di punibilità che segnano il confine inferiore dell'illecito penale, ma nel caso della guida in stato di ebbrezza la predetta soglia non traccia il confine con la liceità perché a chi guida con un tasso alcolico inferiore a 0,8 g/l, ma superiore a 0,5 g/l, sono applicate le sanzioni amministrative di cui alla lettera a) dell'art 186 d.lgs. 285/1992.

Ma, un’indifferenziata applicazione dell’art. 131 bis c.p. comporterebbe effetti discriminatori dato che si garantirebbe l’applicazione di una sanzione amministrativa a casi lievi al di sotto della soglia del penalmente rilevante (come nel caso di guida in stato di ebbrezza il tasso alcolico superiore a 0,5 ma inferiore a 0,8 g/l), lasciando impregiudicate le condotte che anche se superano di poco la

136 soglia penalmente prevista, sono caratterizzate da una condotta di particolare tenuità (tasso alcolico di poco superiore allo 0,8 g/l). Da ciò ne deriva che all’applicazione dell’art. 131 bis potrebbe seguire un’estensione verso l’alto dell’illecito amministrativo, ma ciò contrasta con il principio di legalità dell’illecito amministrativo, il quale stabilisce che può essere sanzionato esclusivamente ad opera di una legge formale.

Una parte della dottrina tende a dare una risposta al problema in maniera analoga alla previsione dell’art. 75 del Testo Unico sulle Tossicodipendenze, d.P.R. n. 309 del ’90 il quale elimina anche la sanzione amministrativa se emergano fatti che, non rientrano in fattispecie criminose, ma sono previsti tra gli illeciti amministrativi detenenti una condotta particolarmente tenue1.

Potrebbe però delinearsi una soluzione opposta, cioè quella di prevedere in via di principio sanzioni amministrative per i casi di applicazione della causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p. nel rispetto del principio di legalità2.

Relativamente alla questione circa la compatibilità dell’applicazione dell’art. 131 bis c.p. ai reati di guida in stato di ebbrezza, una pronuncia della Corte di cassazione rileva che non è possibile ritenere un fatto

1 Quando si costruiscono fattispecie in progressione criminosa nelle quali la più lieve

è sanzionata in via amministrativa, per evitare il paradosso che si può concretamente realizzare di essere più conveniente la commissione del reato con una offesa esigua piuttosto che il compimento dell'illecito amministrativo, sarebbe necessario introdurre una disposizione analoga a quella di cui al comma 14 dell'art. 75 T.U. stupefacenti, la quale esclude anche le conseguenze amministrative in presenza di una particolare tenuità del fatto integrante un illecito amministrativo, sì da riportare il sistema a ragionevolezza. In Dir. Pen. Contemporaneo, Cassazione penale, Sez. IV, 13 dicembre 2015, n. 49824, pp. 6 - 7.

2 AVITTO P., La particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p.: soglie di punibilità,

137 come particolarmente tenue quando le ipotesi di illecito previste per la commissione di quel reato sarebbero già ancorate dal legislatore ad un preciso dato tecnico oggettivo, costituito appunto dal tasso alcolemico. Il legislatore difatti avrebbe già operato una valutazione di maggiore o minore pericolosità commisurando l’entità della sanzione sul solo parametro del “tasso alcolico”. Il giudice nel valutare la particolare tenuità del fatto si sostituirebbe illegittimamente al legislatore poiché non avrebbe a sua disposizione altri parametri diversi a cui ancorare “ragionevolmente il giudizio di tenuità”. La conseguenza è l’irrilevanza delle ‘modalità della condotta’ di guida che possono variare facilmente di caso in caso3.

La questione è stata rimessa alle sezioni unite della Corte di cassazione, da cui derivano due “sentenze gemelle”4.

La prima sentenza si è occupata proprio dell’applicabilità dell’art. 131 bis c.p. alla guida in stato di ebbrezza ex art. 186, comma 2, lett. b, del Codice della Strada. La IV sezione aveva già risolto la questione in senso affermativo5, ma data la rimessione alle sezioni unite la Corte ha approfittato per rilevare alcuni argomenti in senso contrario.

Precedentemente la Corte chiariva che si trattasse di fattispecie penalmente rilevanti intese a proteggere la regolarità della circolazione stradale e da questa costatazione si poteva intanto dedurre che non sia ammissibile “graduare l’offesa”, come accadrebbe se invece il bene tutelato fosse l’incolumità del singolo. In più il legislatore ha già predeterminato situazioni di maggior pericolo per la sicurezza, come ad es. l’ora notturna, considerandole come aggravanti del fatto e da ciò potrebbe implicitamente dedursi che il legislatore abbia voluto escludere la possibilità di ritenere “particolarmente tenui” i reati in riflessione.

3 Cassazione penale, Sez. IV, 3 dicembre 2015, n. 49824.

4 Cassazione penale, Sez. Unite, 25 febbraio 2016, nn. 13681- 13682. 5 Cassazione penale, Sez. IV, 2 novembre 2015, n. 44132.

138 Le sezioni unite osservano però come il ragionamento parta da una erronea premessa, poiché l’istituto della particolare tenuità non è legato esclusivamente a valutazioni attinenti l’offensività, ma deve poter essere valutato anche in relazione alle modalità della condotta, all’esiguità del danno o del pericolo e anche al grado della colpevolezza. Per questo, secondo la S.C. non esistono reati per i quali non sia consentito porre in essere una “valutazione sulle modalità della condotta” e nei cui confronti possa precludersi l’applicabilità dell’istituto.

La Corte fa di più, chiarisce anche in che termini l’istituto possa trovare applicazione in relazione ai reati di guida in stato di ebbrezza.

La previsione di una soglia relativa al tasso alcolico ha la funzione di individuare un “disvalore minimo della situazione pericolosa”. Allora tanto più ci si allontana dalla soglia, tanto più è verosimilmente possibile che si sia dinnanzi a “fatti non tenui”; ma allo stesso modo se una condotta di poco supera il limite previsto dalla norma certo potrà essere considerato nel caso concreto come “tenue”, sulla base di valutazioni attinenti al grado della colpevolezza o alle modalità della condotta. Quello che comunque rimane è chiaramente una valutazione concreta sul possibile impatto pregiudizievole della condotta sul bene tutelato.

Nella seconda pronuncia la Corte prende posizione in merito ad un’ulteriore questione, ossia se la clausola di cui all’art. 131 bis c.p. possa essere ammessa in caso di rifiuto di sottoporsi agli accertamenti del tasso alcolico nel sangue, ex art. 186, comma 7 del d.lgs. 285 del 1992.

Alcuni in precedenza hanno ammesso la tenuità sulla base della sola costatazione che il conducente, al momento del fermo per il controllo, non stesse tenendo una guida pericolosa, ma secondo altri la condotta non può prescindere dal comportamento di rifiuto di sottoporsi a un controllo.

139 La IV sezione si era pronunciata sull’argomento stabilendo che il rifiuto di sottoporsi ad alcol- test si “risolve in una condotta di dissenso che è sostanzialmente sempre uguale e delinea un reato istantaneo, motivo per cui sarebbe inammissibile una graduazione dell’offesa nel senso richiesto dall’art. 131 bis c.p.”.

La IV sezione sia per la guida in stato di ebbrezza che per il caso di rifiuto di sottoporsi a controllo alcolimico ritenne inapplicabile il principio secondo cui l’offensività di una condotta opera su due piani (offensività astratta e concreta), in quanto il bene tutelato è nel caso in esame la sicurezza stradale, che ha una connotazione troppo generica per detenere un profilo di rilevanza in concreto6.

Le sezioni unite invece non ritennero condivisibile tale conclusione sulla base delle stesse motivazioni adottate nella precedente pronuncia, infatti la motivazione delle due “sentenze gemelle” è quasi identica: “ai fini della tenuità deve essere valutato il grado della colpevolezza ma specialmente le modalità della condotta, poiché non è indifferente accertare se il comportamento sia stato un mero rifiuto o una violenta opposizione. È importante valutare anche se il rifiuto sia dovuto a una non perfetta comprensione del contesto o ad altre concomitanti esigenze personali”. La Corte rileva inoltre che nel comma 7 dell’art. 186 del Codice della strada, non rileva la “mera disobbedienza ma il rifiuto connesso a modalità di guida che presumibilmente rischino di essere pericolose o irregolari”.

Quello che deve essere tenuto in considerazione è l’intero “sfondo fattuale, la rischiosità del contesto nel quale l’illecito si iscrive”. Come dicevo la conclusione è la stessa della prima pronuncia, ossia la previsione di una o più soglie di rilevanza penale della condotta non è ostativa, in astratto, all’applicazione dell’art. 131 bis c.p.7

6 Cassazione penale, Sez. IV, 31 luglio 2015, n. 33821.

7 Da lì a poco la questione è stata ribadita in un’ulteriore pronuncia, riferita però ai

140 Rimane il dubbio circa le sanzioni amministrative accessorie (come la sospensione -revoca della patente).

A tal proposito la Corte Suprema ha ritenuto che esse sono applicabili anche in caso di declaratoria di non punibilità ex art 131 bis c.p.; tuttavia appare doveroso sollevare almeno qualche perplessità, posto che l'art. 131 bis c.p. non prevede la possibilità di applicare sanzioni accessorie, mentre l'art 186 del Codice della Strada, sembra legare alla condanna penale l'irrogazione delle sanzioni amministrative. La questione è quindi stata rimessa alle Sezioni Unite8, poiché il principio di legalità, art. 1 l.689/1981, è di ostacolo all'applicazione della sanzione amministrativa nei confronti di chi realizza l'illecito penale. Ne deriverebbe che costui, anche se non punito perché il fatto viene valutato come lievemente offensivo, sarà esente da qualsiasi conseguenza, anche amministrativa, comportando un’evidente disparità di trattamento rispetto a chi ha commesso l'illecito amministrativo comparativamente meno grave rispetto a quello penale. È evidente come risulti essere più conveniente commettere il reato con un'offesa esigua piuttosto che l'illecito amministrativo9. Problema affine riguarda la possibilità di applicare le sanzioni accessorie di carattere amministrativo anche in caso di sentenza di assoluzione ex art 131 bis c.p. Sempre rispetto alla guida in stato di ebbrezza ci si chiede se in caso di proscioglimento per particolare tenuità del fatto sia possibile sospendere la patente e confiscare il veicolo dell'autore del reato. Guardando alla norma, questa richiederebbe una sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, ma potrebbe anche sostenersi che il presupposto della sanzione accessoria sia

8 Cassazione penale, Sez. IV, 13 dicembre 2015, n.19089. 9 Cassazione Penale, Sez. IV, 9 settembre 2015 n. 44132.

141 l'accertamento della commissione di un reato da parte dell'imputato, a prescindere dalla sua punibilità in concreto.

A tale conclusione si potrebbe però replicare che l'esiguità del fatto giustifichi anche l'esenzione dalle sanzioni accessorie, dato che la pericolosità sociale dimostrata dall'imputato con la sua condotta è talmente modesta da rendere eccessivamente afflittive anche le misure di natura amministrativa.

Nel caso in cui invece dalla guida in stato di ebbrezza dell’imputato derivi un incidente quello che deve rilevare è l’entità dell’omissione, da valutare tenendo conto alla gravità dell’incidente.

Ad es. se il conducente in stato di ebbrezza abbia tamponato una macchina senza ferire nessuno e si sia fermato in attesa delle autorità per rendere possibile l’accertamento, secondo la Corte in questo caso può rilevare la clausola di particolare tenuità10. Colui che provoca un incidente stradale poiché in stato di ebbrezza subirà il raddoppio di tutte le sanzioni amministrative previste per il livello alcolico riscontrato nel sangue. Tale circostanza aggravante non può, secondo la Cassazione essere applicata a chi rifiuta di sottoporsi ad alcoltest11.

Con la conseguenza che chi ha provocato un sinistro stradale e si renda conto che sicuramente supererà la soglia massima di alcool nel sangue, ossia 1,5%, sarà avvantaggiato se rifiuterà di sottoporsi al alcol test, in quanto pur applicandosi la pena massima prevista per tale soglia alcolica, non subirà il raddoppio della pena prevista.

La circostanza aggravante dell’aver provocato un incidente stradale (articolo 186, comma 2-bis, del codice della strada) non è configurabile rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza (art. 186, comma 7, dello stesso codice), stante la diversità ontologica di tale fattispecie incriminatrice rispetto a

10 Cassazione penale, Sez. IV, 17 marzo 2015, n. 11195. 11 Cassazione penale, Sez. Unite, 24 novembre 2015, n. 46624.

142 quella di guida in stato di ebbrezza (art. 186, comma 2, del codice della strada).

A sostegno di tale diversità la Corte afferma che nel rifiuto si punisce solo la condotta omissiva del soggetto che ricusa l’accertamento, prescindendo dalla condizione alterata in cui tale soggetto si trovi, con la ulteriore conseguenza che è finanche possibile configurare l’eventuale concorso materiale tra le fattispecie incriminatrici del rifiuto e della guida in stato di ebbrezza.

Ultima questione attiene alla possibilità di escludere la punibilità per particolare tenuità del fatto, quando il reato prevede una specifica causa di non punibilità nel caso di eliminazione degli effetti della condotta. Da ciò che si evince nelle linee guida per l'applicazione del d.lgs. 16 marzo 2015 n. 28, per tali reati risulterebbe problematica l'applicabilità dell'art. 131 bis c.p., poiché il legislatore ha stabilito che possa essere consentita l’esclusione della punibilità ex art. 131 bis c.p. solo se l’autore del reato si attivi per eliminare le conseguenze della sua condotta, ripristinando lo status quo ante.

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3. L’esclusione della punibilità per particolare