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5. L’applicabilità dell’istituto nel processo minorile e in quello

5.2 La particolare tenuità nel procedimento dinnanzi al giudice d

Nel dibattito parlamentare in sede di parere sullo schema di d.lgs. n. 28 del 2015, il Governo era chiamato a valutare “l’opportunità di coordinare la disciplina della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000, con riferimento ai reati del giudice di pace, con la disciplina prevista dal provvedimento in esame”.

La relazione al d.lgs. n. 28 del 2015 è chiara nello stabilire che il mancato coordinamento della disciplina prevista per il nuovo istituto di cui all’art. 131 bis c.p. con quella già esistente dinnanzi al giudice di pace è giustificato da un’estraneità di indicazione in tal senso nella legge delega.

Quindi, in assenza di una disciplina di coordinamento, si sono avuti diversi dubbi circa la possibile interferenza tra le diverse disposizioni e gli interpreti saranno chiamati a valutare e risolvere tali interferenze di volta in volta.

Già dalla prima sentenza in materia, la giurisprudenza maggioritaria si è espressa nel senso di non poter applicare l’art. 131 bis c.p. anche al procedimento dinnanzi al giudice di pace, sulla base di alcune

116 argomentazioni23. Intanto che i due istituti avrebbero ambiti applicativi diversi, ossia l’art. 34 d.lgs. 274 del 2000 opera esclusivamente nei procedimento dinnanzi al giudice di pace, mentre l’art. 131 bis c.p. nei procedimenti dinnanzi al giudice ordinario. Quindi in questo senso il rapporto tra le due disposizioni sarebbe un rapporto di specialità, ossia l’art. 34 è norma speciale rispetto all’art. 131 bis c.p. che è norma generale. Tale orientamento, facendo riferimento al criterio di specialità disciplinato dall’art. 16 c.p. (secondo cui nei rapporti tra il codice penale, inteso come legge generale, e le leggi speciali, le disposizioni contenute nel codice si applicano anche alle materie regolate dalle leggi speciali se da queste non diversamente stabilito), esclude l’applicabilità della disposizione di cui all’art. 131 bis c.p. nella materia della legge speciale poiché nel caso in questione prescriverebbe una specifica disciplina.

Altra argomentazione a sostegno dell’impossibilità applicativa dell’art. 131 bis c.p. al procedimento dinnanzi al giudice di pace fa riferimento alla diversità “ontologica” dei due istituti.

La differenza principale tra i due istituti infatti, oltre a quella inerente alla natura giuridica affermata dalla Corte costituzionale24, si incentra sul piano dei presupposti e sul piano propriamente processuale; entrambi gli istituti attengono però al tema dell’inoffensività del fatto. Con riferimento ai presupposti per l’applicabilità dell’istituto di fronte al giudice di pace, l’art. 34 richiede condizioni più gravose per la sua

23 Cassazione penale, Sez. IV, 21 luglio 2015, n. 31920. In tal senso anche: Cassazione

penale, Sez. VII, 15 gennaio 2016, n. 1510; Cassazione penale, Sez. V, 28 luglio 2016, n. 26854; Cassazione penale, Sez. V, 20 dicembre 2016, n. 54173.

24 Corte costituzionale, Sent. 3 marzo 2015, n. 25 afferma la natura giuridica

dell’istituto di cui all’art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000 intendendo lo stesso come una causa di improcedibilità, ossia come istituto di diritto processuale.

È evidente la differenza con la clausola di cui all’art. 131 bis c.p. che si sostanzia come una causa di esclusione della punibilità.

117 operatività, ma allo stesso tempo prevede una disciplina maggiormente garantistica nei confronti della persona offesa.

A livello strutturale sono richiesti gli stessi indici di tenuità di cui all'art. 27 del sistema minorile, e in più rileva l’eventuale pregiudizio che l’ulteriore prosecuzione del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell’interessato.

Nello specifico si avrà esclusione della procedibilità ex art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000 quando ricorrano, congiuntamente, i seguenti presupposti:

 l’esiguità del danno o del pericolo conseguenti alla condotta del reo;

 l’occasionalità del fatto;

 il grado di colpevolezza dell’autore del reato.

Oltre a, come si diceva, la valutazione circa l’eventuale pregiudizio che l’ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o salute dell’imputato.

Con riferimento all’esiguità del danno o del pericolo conseguenti alla condotta del reo bisogna in primo luogo chiarire che questo presupposto deve essere confrontato con “l’interesse tutelato” della persona offesa. Per la tenuità nel procedimento dinnanzi al giudice di pace si fa esplicito riferimento al pregiudizio che può derivare alla persona sottoposta alle indagini dalla prosecuzione del processo.

Il giudice valuterà il disvalore dell’evento più che dell’azione, come invece avviene nel giudizio per i minorenni, e solo per i reati che siano sprovvisti di evento naturalistico il giudice valuterà il disvalore della condotta. In via generale però nei procedimenti dinnanzi al giudice di pace, il giudice si limita a valutare il disvalore dell’evento, valutando allo stesso tempo il grado della colpevolezza.

Per quanto riguarda l’occasionalità del comportamento rileva immediatamente come sia un presupposto più stringente rispetto alla

118 non abitualità richiesta dall’art. 131 bis c.p. e anche rispetto alle due concezioni di “occasionalità” del processo minorile25.

La rilevazione dell’abitualità può essere esclusa anche nell’ipotesi di recidiva, ossia nel caso in cui i reati non siano riconducibili ad un’indole unitaria. In tal caso difficilmente potrà assumersi una valutazione di occasionalità nei confronti del soggetto recidivo.

Difatti, nel procedimento dinnanzi al giudice di pace, la “maturità” dell’adulto porta a predisporre una valutazione più immediata: nel caso in cui sussista una recidiva specifica, l’istituto non troverà applicazione. Infine, con riferimento al grado della colpevolezza, dalla relazione al decreto emerge che il giudice deve “valutare il grado di adesione psicologica del reo, l’intensità del dolo e il grado della colpa” sempre in relazione “all’interesse tutelato” della persona offesa.

Il giudice di pace, nel caso di dolo, dovrà escludere le ipotesi di dolo intenzionale o diretto; nel caso di rilevazione della colpa, dovrà avere cura della dimensione oggettiva e soggettiva del fatto.

Sul piano procedimentale invece la più rilevante differenza attiene al ruolo delle parti nel processo.

Nel processo penale dinnanzi al giudice di pace la particolare tenuità del fatto è connessa alle logiche riparative e conciliative che si realizzano, durante la fase delle indagini preliminari, mediante una valutazione sull’interesse della persona offesa a voler che il procedimento continui il suo corso.

Nessun ruolo è attribuito invece all’indagato, il quale potrebbe vedersi archiviare il procedimento nei suoi confronti senza mai essere sentito.

25 Nel procedimento per imputati minorenni il giudice valuterà “l’occasionalità

cronologica” e quella “psicologica”. Ossia sia la valutazione su eventuali condotte reiterate, sia l’intento e l’indole del soggetto agente.

In tal senso BARTOLI R., L’irrilevanza del fatto nel sistema processuale penale, in Riv. It. Dir. Proc. Pen, 2000, p. 245.

119 Il pm, nella fase delle indagini preliminari, ex art. 17 del d.lgs. 274 del 2000, potrà presentare domanda di archiviazione ai sensi dell’art. 411, comma 1, c.p.p., previsione da integrare con il nuovo art. 411, comma 1-bis, c.p.p. che suggerisce una disciplina autonoma rispetto al quella prevista per il procedimento dinnanzi al giudice di pace.

L’interesse della persona offesa, dopo l’esercizio dell’azione penale, viene a configurarsi come un vero e proprio diritto di veto che può immobilizzare l’applicazione dell’istituto e che viene concesso e garantito anche all’imputato, ma non al pm. Dopo l’esercizio dell’azione penale, la sentenza di non doversi procedere per particolare tenuità del fatto ex art. 34 d.lgs. 274 del 2000, può essere pronunciata “solo se l’imputato e la persona offesa non si oppongono”.

Qui rileva un’ulteriore differenza rispetto all’istituto di cui all’art 131 bis c.p., in quanto in tal contesto non è previsto alcun vincolo conseguente al dissenso delle parti, eccetto che il potere del pm e dell’imputato, e non della persona offesa che viene sentita “solo se compare”, di paralizzare l’adozione di una sentenza di proscioglimento predibattimentale ai sensi dell’art. 469 c.p.p.

Quindi, nel caso in cui la persona offesa non compaia in udienza, la mancata opposizione non è di intralcio alla declaratoria di non punibilità ex art. 131 bis c.p.

La cassazione a sezioni unite però di recente ha rilevato che questo valga anche per la declaratoria di improcedibilità dell’azione penale per particolare tenuità del fatto nel processo dinnanzi al giudice di pace. La corte sostiene che la mancata comparizione della persona offesa in udienza, deve essere interpretata come un “intento a non opporsi a tale dichiarazione”26.

Nella fase dibattimentale poi, l’applicazione della nuova disciplina sulla tenuità del fatto determina una riduzione delle garanzie dell’imputato e della persona offesa. Le parti potranno discutere sulle

120 formule finali che il giudice di pace eventualmente adotterà, e potranno manifestare il proprio disaccordo al proscioglimento per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p., dissenso che comunque non varrà a configurare un’opposizione ai sensi dell’art. 34 d.lgs. 274 del 2000. Contro la sentenza di proscioglimento ex art. 131 bis c.p. pronunciata dal giudice di pace, l’imputato potrà esclusivamente proporre ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 37, comma 2, del d.lgs. 274 del 2000. Spetterà al giudice a questo punto valutare quale sia il campo applicativo delle due norme27.

Tutto ciò genera ulteriori incertezze interpretative, specialmente sul piano dell’uguaglianza.

Sulla base di questo quadro, la giurisprudenza maggioritaria conferma che l’art. 131 bis c.p. non possa essere applicato anche all'interno del sistema dinnanzi al giudice di pace, in quanto come già detto la normativa dettata dall’art. 34 prevarrebbe su quella generale disciplinata dall'art. 131- bis c.p., in base al principio di specialità di cui all’art. 16 c.p. e anche perché non esiste nessuna norma che si ponga a favore dell’applicabilità28.

Per altra parte della dottrina però, il criterio di specialità non può operare data la diversa natura giuridica dei due istituti, l’uno inteso come causa di non punibilità strettamente connesso alla gravità concreta del fatto e l’altro come condizione di procedibilità legato sia alla gravità del fatto sia all’interesse delle parti.

È proprio la diversa natura giuridica e i diversi presupposti operativi che mettono in luce come tra le norme non possa esserci

27 MANGIARICINA A., La tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p.: vuoti normativi e

ricadute applicative, pp. 12-13.

28 Cassazione penale, Sez. IV, 21 dicembre 2016, n. 4702. Cassazione penale, Sez. V,

121 incompatibilità, potendo anzi i due istituti in questione coesistere in presenza appunto dei requisiti richiesti29.

Il Tribunale di Novara, nell’ammettere l’applicabilità del nuovo istituto dinnanzi al giudice di pace, sostenne che aderire alla tesi del criterio di specialità condurrebbe a illogiche disparità di trattamento.

“Se infatti non si ammettesse l’operatività dell’art. 131 bis c.p. ai reati di competenza del giudice di pace, si escluderebbero dal perimetro di operatività della norma proprio illeciti che inducono minor allarme sociale. Qui sta la disparità di trattamento, ossia ammettere la non punibilità a soggetti che di fatto realizzino illeciti assai più gravi. A ciò deve aggiungersi che precludere l’applicabilità del nuovo istituto violerebbe i principi alla base della nuova disciplina in quanto un fatto non meritevole di essere sanzionato penalmente verrebbe ugualmente sanzionato con pene afflittive, in chiara violazione del principio di proporzione e di sussidiarietà”.

La Corte costituzionale di recente ha valorizzato la necessaria valutazione da parte del giudice del rapporto di specialità della normativa prevista per il procedimento dinnanzi al giudice di pace rispetto a quella prevista per il nuovo istituto dall’art. 131 bis c.p.30 La Corte ha evidenziato nuovamente le differenze sussistenti tra i due istituti richiamando una precedente pronuncia31 in cui aveva posto

29 Tribunale di Novara, sent. 11 giugno 2015, n. 16. Sullo stesso punto Cassazione

penale, Sez. IV, 19 aprile 2016, n. 40699 e ancora più di recente Cassazione penale, Sez. V, 28 febbraio 2017, n. 9713.

30 Corte costituzionale, ord. 24 febbraio 2017, n. 46.

31 Corte costituzionale, 3 marzo 2015, n. 25 ha affermato che: “il legislatore ben può

introdurre una causa di proscioglimento per particolare tenuità del fatto strutturata diversamente e senza richiedere tutte le condizioni previste dall’art. 34 d.lgs. 274 del 2000. La causa di non punibilità introdotta è una disposizione sensibilmente diversa da quella dell’art. 34 d.lgs. 274 del 2000 perché configura la particolare tenuità dell’offesa come una causa di non punibilità, invece che come una causa di improcedibilità, con una formulazione che non fa riferimento al grado della

122 l’accento sulla configurazione della causa di cui all’art. 131 bis c.p. come causa di non punibilità, invece che come causa di improcedibilità. La corte aveva anche fatto riferimento al mancato richiamo tra i presupposti dell’istituto generale al grado della colpevolezza, alle esigenze dell’imputato, e alla volontà della persona offesa, alla base invece dell’istituto dinnanzi al giudice di pace.

Dato il contrasto giurisprudenziale in materia, la Sez. III, il 4 aprile 2017 ha rimesso la questione alle Sezioni Unite penali per definire una volta per tutte la questione circa l’applicabilità dell’art. 131 bis c.p. ai procedimenti disciplinati dal d.lgs. n. 274 del 2000.

Non rimane che attendere la pronuncia della suprema Corte che si riunirà per la trattazione del ricorso il 22 giugno 2017.

colpevolezza, all’occasionalità del fatto, alla volontà della persona offesa e alle varie esigenze dell’imputato”.

123

6. L’iscrizione

al casellario giudiziale dei