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Dubbi di legittimità costituzionale conseguenti all’iscrizione

6. L’iscrizione al casellario giudiziale dei provvedimenti d

6.1 Dubbi di legittimità costituzionale conseguenti all’iscrizione

L’art. 131 bis, comma 3, c.p. impone l’iscrizione nel casellario giudiziale dei provvedimenti giudiziari “definitivi”. Si definisce “definitivo” il provvedimento giudiziario “divenuto irrevocabile, passato in giudicato o non più soggetto a impugnazione con strumenti diversi dalla revocazione”, sulla base della definizione data dall’art. 2 lett. g del d.P.R. 313 del 2002.

Tra questi tipi di provvedimenti non dovrebbero ricomprendersi i decreti e le ordinanze di archiviazione per particolare tenuità del fatto, in quanto gli effetti di tali provvedimenti potrebbero venir meno ad es., in seguito a decreto con cui il giudice autorizza, su richiesta del pm e magari sollecitato dalla persona offesa, la riapertura delle indagini al fine di un’integrazione delle stesse34.

C’è da dire che, in realtà, l’eventuale riapertura delle indagini non rientra tra le ipotesi di eliminazione dell’iscrizione ai sensi dell’art. 5 lett. d-bis del d.P.R. 313 del 2002, quindi non è chiaro perché il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto sarebbe destinato a rimanere iscritto sebbene sia decaduto in seguito alla riapertura delle indagini.

Mantenere iscritto un provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto precluderebbe il riconoscimento del medesimo provvedimento una seconda volta, determinando così effetti negativi all’imputato.

Il provvedimento di archiviazione potrebbe non doversi iscrivere nel casellario giudiziale sulla base della valutazione secondo cui il giudice

126 in futuro non potrebbe comunque negare la non punibilità sulla base del solo presupposto della precedente archiviazione per tenuità. Ma, così facendo, si ammetterebbe all’autore seriale di fatti bagatellari di valersi continuamente della causa di cui all’art. 131 bis c.p. nei casi in cui l’azione penale contro di lui non viene mai esercitata.

A ciò potrebbe certo rimediare il pm se, nell’indagare su ulteriori atti illeciti, richiede la riapertura delle indagini con riferimento al primo fatto di reato e chiede al giudice che i fatti siano valutati e processati congiuntamente.

In questo modo si avrebbe una sorta di sospensione del procedimento e si solleciterebbe il reo ad evitare di compiere ulteriori reati, conscio del fatto che la commissione di ulteriori reati determinerebbe la riapertura delle indagini e eventualmente una condanna anche per i fatti precedenti.

Seguendo questa linea è necessario però che l’archiviazione per particolare tenuità del fatto sia accertata non solo sulla base della valutazione circa il requisito della responsabilità dell’indagato, ma in seguito a un accertamento completo.

Il g.i.p. per adottare il provvedimento di archiviazione ex art. 411, comma 1 bis, c.p.p. deve essere convinto che il fatto di reato non solo sussiste ma anche che sia ascrivile all’imputato e che però, data la lieve portata offensiva, non sia meritevole di sanzione penale.

Secondo alcuni il “giudice può definire il procedimento sulla base di una semplice valutazione sulla portata offensiva del fatto e sulla base di un’ipotetica ricostruzione da parte del pm dei fatti, prescindendo da ogni accertamento specifico circa la veridicità dell’accaduto”35.

35 SANTORIELLO C., Non punibilità per particolare tenuità del fatto, in archivio

127 In realtà, secondo altra parte della dottrina: “si deve ritenere che la regola della tendenziale completezza delle indagini non possa non essere utilmente invocata con riguardo alle acquisizioni probatorie necessarie per l’affermazione della non punibilità dell’indagato per particolare tenuità del fatto”36.

Secondo quanto detto l’iscrizione del provvedimento ex art. 411, comma 1-bis, c.p.p. nel casellario non sembra essere necessaria, poiché il pm è perfettamente in grado, nella fase delle indagini preliminari, di verificare la presenza di ipotesi di archiviazione ex art. 131 bis c.p. anche sulla base del registro informatico delle iscrizioni, il SICP.

Tuttavia nonostante l’iscrizione nel casellario determini molte criticità, questa risponde alla volontà del legislatore.

Sulla base della relazione ministeriale al decreto del 2015 infatti emerge “la necessità di iscrivere nel casellario giudiziale il provvedimento di applicazione del nuovo istituto, ancorché adottato mediante decreto di archiviazione”.

Una ragione a sostegno di tale conclusione potrebbe essere la circostanza che il legislatore ha previsto una singolare ipotesi di eliminazione dell’iscrizione “trascorsi dieci anni dalla pronuncia”, sulla base dell’art. 5 lett. d-bis.

Il legislatore non ha volontariamente aggiunto tale ipotesi all’art. 5 del d.P.R. 313 del 2002, che fa decorrere il termine di durata dell’iscrizione “dal giorno in cui è scaduto il termine per l’impugnazione”.

Questa circostanza potrebbe appunto essere indice della volontà del legislatore di dover iscrivere tutti i provvedimenti che applicano la causa di cui all’art. 131 bis c.p., incluso il decreto di archiviazione. È comunque data la possibilità all’imputato di essere avvisato della richiesta di archiviazione per tenuità del fatto.

128 L’avviso permette all’imputato di interloquire con il pm al fine di evitare proprio gli effetti pregiudizievoli conseguenti all’iscrizione del decreto e di proporre opposizione ex art. 411, comma 1-bis c.p.p. Le sezioni unite della Corte di cassazione di recente hanno optato per la rilevanza delle precedenti declaratorie di non punibilità per particolare tenuità del fatto, anche pronunciate prima del dibattimento, funzionali all’accertamento dei presupposti per l’applicabilità della non abitualità del comportamento.

La scelta della Corte è funzionale a far sì che l’iscrizione delle pronunce per particolare tenuità del fatto nel casellario giudiziale evitino un possibile abuso dell’istituto37.

Se quindi sull’intento del legislatore di iscrivere nel casellario giudiziale i provvedimenti di archiviazione non residuano dubbi, qualche altra perplessità resta sulla legittimità costituzionale di tale intento.

Intanto è bene chiarire che tale iscrizione non è altrettanto prevista per le altre cause di esclusione della punibilità che comunque presuppongono l’accertamento di un fatto tipico di reato e la riconducibilità dello stesso all’imputato.

In più l’iscrizione nel casellario giudiziale è successiva all’archiviazione per particolare tenuità che di fatto non include un vero e proprio accertamento sulla responsabilità dell’indagato.

Questo provoca un forte dubbio di legittimità costituzionale con l’art. 3 Cost. relativamente al profilo della ragionevolezza di una disciplina differenziata, e un contrasto con l’art. 6 della CEDU, con riferimento alla presunzione di innocenza dell’indagato e quindi anche dell’art. 27, comma 2, Cost38.

37 Cassazione penale, Sez. unite, 25 febbraio 2016, n. 13681.

38 BIONDI G., Non punibilità per particolare tenuità e presunzione di innocenza, in

129 L’efficacia preclusiva del precedente determinerebbe una declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto priva di un pieno accertamento della responsabilità dell’imputato per il reato ipotizzato, violando in primo luogo il diritto di difesa del reo.

Alcuni, a questi profili di incostituzionalità, potrebbero obiettare che non sia stata ancora esercitata l’azione penale e che quindi l’indagato non rischi di essere condannato.

Ma allora il dubbio verrebbe a porsi in relazione ai provvedimenti di archiviazione per particolare tenuità del fatto pronunciati in seguito all’esercizio dell’azione penale.

In queste ipotesi intanto non si pone il problema del necessario accertamento degli elementi che integrino il fatto tipico di reato poiché, anche grazie al contributo delle parti, il giudice ha potuto ampiamente valutare gli elementi probatori emersi.

La conseguenza è che può passare in giudicato l’accertamento che il reato sussiste ed è stato commesso dall’imputato, ma che per sua lieve offensività è stato pronunciato un provvedimento di proscioglimento. Problematiche invece residuano sulla possibilità di revocare il giudicato e se, in seguito alla revoca del giudicato debba o meno seguire la cancellazione dal casellario giudiziale della pronuncia.

Sul primo punto sembra unanime la convinzione secondo cui possa essere revocato i giudicato.

Ai sensi dell’art. 673, comma 2, c.p.p. il giudice deve revocare la sentenza di non luogo a procedere per estinzione del reato o per mancanza di imputabilità, nei casi in cui, in seguito alla formazione del giudicato, si presenti un’ipotesi di abrogazione o una dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma penale.

A sostegno della revoca vi è l’idea per cui vi sia un interesse ad eliminare le conseguenze negative di una decisione che si fonda su una norma che non costituisce più fattispecie penale.

130 La conseguenza della revoca di una decisione di proscioglimento per difetto di imputabilità si riversa anche nell’iscrizione nel casellario giudiziale39.

Stesse conclusioni possono aversi nel caso di revoca di una sentenza di non punibilità per particolare tenuità del fatto, nel caso in cui venga presentata una declaratoria di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice o si sia avuta depenalizzazione della norma.

Ipotesi esclusa nel caso di sentenze di condanna passate in giudicato, in quanto l’intento del legislatore all’epoca dell’introduzione dell’art. 131 bis c.p. non fu quello di abrogare alcune fattispecie incriminatrici, ma quello escludere la punibilità a condotte connotate da lieve offensività.

Affrontate alcune delle diverse questioni che, dopo l’entrata in vigore dell’istituto, sono emerse e che hanno impegnato in questi anni gli interpreti della materia, non rimane ora che analizzare qualche caso pratico e capire come e se il giudice abbia applicato la clausola di particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p.

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CAPITOLO 4

SPUNTI SULL’OPERATIVITA’ DELL’ART.

131 BIS C.P. NELL’AMBITO DEL DIRITTO

PENALE SPECIALE

Sommario: 1. Premessa. – 2. L’applicabilità dell’istituto nei reati in materia di circolazione stradale. – 3. L’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto nel diritto penale tributario. – 4. La non punibilità per tenuità del fatto nel diritto penale del lavoro e dell’ambiente. – 5. La clausola di particolare tenuità del fatto nel diritto societario e fallimentare.

1. Premessa

La clausola di particolare tenuità del fatto è un istituto di forte inclinazione pratica, in quanto è finalizzato a differenziare o addirittura escludere il ricorso alla risposta sanzionatoria penale di fattispecie bagatellari, per cercare di alleggerire il carico giudiziario.

L’art. 131 bis c.p. lascia al giudice ampi margini di discrezionalità nella determinazione della res iudicanda e ciò rende necessario un esame individuale di ogni caso concreto.

L’estrema discrezionalità talvolta può anche portare il giudice ad emettere decisioni tra loro contrastanti.

Il capitolo si ripropone di analizzare alcune delle fattispecie che rientrano nell’art. 131 bis c.p. e il cui ricorso è frequente nelle aule giudiziarie, tentando di indicare le principali linee guida adottate dai giudici nei casi concreti, in particolare con riferimento alla problematica sulla compatibilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p. con i reati che prevedono soglie di punibilità, e

132 quindi l’applicazione della causa nonostante il superamento delle predette soglie.