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Il contesto territoriale di riferimento: il comprensorio del Vulture-Alto Bradano Il comprensorio del Vulture-Alto Bradano, pur comprendendo differenti contest

DALL’ACCOGLIENZA ALLA RECLUSIONE: IL CASO DEL VULTURE

5.1.1. Il contesto territoriale di riferimento: il comprensorio del Vulture-Alto Bradano Il comprensorio del Vulture-Alto Bradano, pur comprendendo differenti contest

geomorfologici - la valle del fiume Bradano e le propaggini del Monte Vulture - presenta una particolare omogeneità storico-geografica che ne accentua i lineamenti di sub-regione, come testimonia anche la perimetrazione amministrativa dello specifico Progetto Integrato Territoriale.

Il PIT Vulture-Alto Bradano, comprendente 199.938 ettari ricadenti in 25 comuni lucani, ci può aiutare nella collocazione orientativa dell’area, tenendo presente però che trattandosi della zona più settentrionale della provincia di Potenza posta all’intersezione del confine tra la Puglia e la Campania, lo studio sul campo ha spesso travalicato consapevolmente o inconsapevolmente i confini amministrativi regionali.

La popolazione residente al 2008 nell’area era di 95.698 abitanti, con una densità media di 62 abitanti per chilometro quadrato. Diversi indicatori statistici (Istat 2001; Regione Basilicata 2002; Preziuso 2009) evidenziano l’estrema fragilità del contesto territoriale, a partire dalla carenza cronica di infrastrutture e servizi. L’indice di vecchiaia di 120,8 (di sette punti superiore alla media regionale del 113,79), così come l’indice di dipendenza pari al 56,3% (superiore alla media regionale del 51,7%) attestano un processo di senilizzazione che viene a sua volta rafforzato da un quoziente migratorio negativo dovuto ad un tasso di emigrazione assolutamente invariato negli ultimi anni. Il livello di istruzione della popolazione dell’area è inferiore sia alla media regionale che nazionale (Istat 2001), con il 2,1% della popolazione laureata (contro il 2,8% e il 3,8% rispettivamente della Basilicata e dell.Italia), il 14,5% diplomata (contro il 16,3% e il 18,6%), mentre l’alta percentuale

di persone senza titolo di studio (il 28% contro il 25,5% e il 14%) evidenzia fenomeni di analfabetismo ancora rilevanti. anche se in buona parte legati al peso della popolazione anziana.

119 Il tasso di attività è pari al 44%, mentre il livello di disoccupazione si attesta al 18,8%, circa cinque punti percentuali in più della media regionale, con una percentuale di disoccupazione giovanile che arriva al 51,8%, malgrado l’impennata occupazionale nell’area all.indomani dell.insediamento nel 1991 dello stabilimento FIAT-Sata a San Nicola di Melfi (Regione Basilicata 2002).

Il ruolo dell’agricoltura

Il fenomeno industriale, come era lecito attendersi, ha influenzato notevolmente anche le attività primarie, accentuando il part-time e incentivando l’abbandono dei giovani: il ricambio generazionale all’interno del settore primario è praticamente nullo essendo presente un solo agricoltore di età compresa tra i 14 e i 29 anni ogni 130 agricoltori con più di 55 anni (Istat

2001). L’agricoltura occupa ancora il 23% della popolazione attiva, toccando punte prossime al 50% in alcuni comuni.

Per quanto riguarda le imprese agricole, il censimento del 2001 rilevava, nell’area del Vulture-Alto Bradano, la presenza di 13.153 aziende con 107.656 ettari di superficie agricola utilizzata. L’incidenza della SAU (superficie agricola utilizzata, ndr) sulla superficie totale è particolarmente elevata (l’84% contro il 75% a livello regionale), con una forte concentrazione soprattutto nel triangolo tra i comuni di Genzano di Lucania, Venosa e Lavello, che complessivamente racchiude più del 40% della SAU del comprensorio.

La distribuzione delle aziende agricole per classi di superficie è caratterizzata da una forte concentrazione sui poli estremi: il 32,6% delle aziende ha meno di un ettaro, con un grado di copertura dell’1,6% della superficie totale, mentre il 3% ha più di 50 ettari e copre il 38,2% della superficie complessiva (Preziuso 2009).

Il frumento riveste ancor oggi un ruolo preponderante tanto nel paesaggio quanto nell’economia locale, con oltre 88 mila ettari e diverse migliaia di agricoltori impegnati nella coltivazione del grano duro: la meccanizzazione dell’intero ciclo colturale ha permesso la conduzione quasi esclusivamente familiare di queste aziende che però registrano da alcun anni una crisi profonda

a seguito del crollo del prezzo del frumento e del parallelo aumento dei costi di produzione.

120 Una tendenza analoga si registra nel comparto orticolo del pomodoro da industria. Dopo il boom degli anni novanta, sostenuto dalla forte domanda delle industrie di conservazione e trasformazione dell.Agro Nocerino Sarnese all’indomani della crisi nei primi anni novanta delle coltivazioni

in Campania, anche i campi di pomodoro hanno progressivamente perso terreno in Lucania, malgrado conserve di pomodoro e pelati rappresentino ancor oggi il prodotto agroalimentare più esportato dall’Italia.

I dati sul crollo delle superfici destinate a tale coltura in Basilicata sono da questo punto di vista abbastanza eloquenti: dai 4925 ettari del 2001 si passa ai 2390 nel 2004, con un dimezzamento anche delle aziende produttrici (Regione Basilicata 2004; Bubbico e Settembrino 2004).

A differenza della limitrofa piana del Tavoliere dove il pomodoro viene raccolto nel mese di agosto, nell.Alto Bradano le temperature meno torride determinano una più lenta maturazione, permettendo in questo modo alle industrie di trasformazione di dilazionare i tempi della lavorazione di questo prodotto ad alta deperibilità anche oltre i picchi estivi di produzione.

Le aziende di lavorazione campane, così come l’impianto Eugea di Lavello (Pz), l’unico stabilimento locale che a pieno regime trasforma circa 800.000 quintali di pomodoro a stagione attraverso la movimentazione giornaliera di 70 tir con un preciso cronoprogramma di consegna, impongono agli agricoltori locali una tempistica predeterminata per la raccolta del prodotto.

A differenza della mietitura del grano, la progressiva meccanizzazione ha risolto solo in parte la fase della raccolta, anche e soprattutto nel caso di pioggia o di terreno fangoso: in questi casi devono entrare in campo una considerevole quantità di “braccia” per il periodo particolarmente ristretto della raccolta.

I migranti, incuneatisi in quest’interstizio del mercato del lavoro, a questo punto entrano in azione. Come in altri settori rurali, anche qui infatti “i lavoratori italiani non

sembrano molto interessati a competere con gli stranieri per lavori saltuari, faticosi e malpagati come quelli agricoli: si apre una divaricazione tra il lavoro richiesto e quello offerto, e in questo spazio si inserisce il lavoro immigrato. (Ambrosini 2001, 58) che a

sua volta, data la notevole disponibilità in loco, favorisce la riconversione verso colture intensive e maggiormente redditizie, attraverso “una razionalizzazione del ciclo

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illegali apparecchi e attrezzature, mettendo a rischio la salute e l.incolumità dei lavoratori stessi” (Inea 2009, 151).

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