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PROLOGO STORICO: L'IWW E LE LOTTE DEL BRACCIANTATO MIGRANTE ITALIANO NEGLI STATI UNIT

2.3. Mixed local e job delegate alla conquista del West

Organizzare una massa fluttuante, mobile, precaria e frammentata rappresentò un terreno di sfida che fin dalla sua costituzione l'IWW aveva cercato di praticare.

Ma se nelle aree industriali gran parte dello sforzo organizzativo dell’IWW si basò sulla riconfigurazione delle reti etniche da strumento di fluidificazione capitalistica per la gestione delle strategie di imbrigliamento della forza-lavoro - come il boss system o il

52 peonage - a risorsa strategica per l’autorganizzazione sindacale, in questi contesti rurali si trattò di costruire anche ex-novo percorsi di riconoscibilità e di comunità proletaria. Si trattava infatti di soggettività lavorative sparse sul territorio, con una estrema mobilità stagionale e territoriale: alla caratteristica itinerante del lavoro di boscaioli e tagliatori di legna, che d'estate si trasformavano il più delle volte in braccianti agricoli, si affiancava una strutturazione del mercato del lavoro fortemente individualistica e frammentata che rendeva ulteriormente complesso l'insediamento sindacale.

Analfabeti della lingua locale, prigionieri il più delle volte di un vero e proprio caporalato etnico, costretti a vivere in condizioni igieniche scandalose, ammassati a decine all'interno di baracche di legno o in tende, con un tasso di infortuni e morti sul lavoro più alto di quello della prima guerra mondiale, con giornate lavorative di 12/15 ore e salari giornalieri di pochissimi dollari: intercettare e organizzare questo segmento di proletariato era un lavoro molto difficile e complesso.

Ma non impossibile.

In primo luogo un ruolo determinante ebbe la scelta organizzativa degli wobblies di territorializzazione dell’azione sindacale : le mixed local, le sezioni locali dell’IWW nell’ovest rurale degli Stati Uniti, tralasciarono la tradizionale compartimentazione settoriale dei sindacati, che anche l'IWW adottò nei contesti industriali seppur rivoluzionandone la forma - dalla tipologia di mestiere alla tipologia del prodotto -, per privilegiare piuttosto una modalità di radicamento fortemente baricentrata sul territorio. Punto di riferimento durante gli spostamenti stagionali, centro di discussione e di collegamento sindacale, luogo di incontro e di socialità, addirittura "albergo" nei mesi invernali, le sezioni miste rappresentarono per quella moltitudine di lavoratori migranti stagionali un porto di "approdo" relativamente sicuro, nel mare di precarietà e insicurezza nel quale quotidianamente erano in movimento.

Le sezioni miste si proposero come spazio per la costruzione di campagne di lotta su questioni propriamente sociali, come ad esempio la questione abitativa, diventando poi queste il grimaldello per conquistare un'internità sociale da riversare poi anche sul terreno della mobilitazione più propriamente sindacale.

Su questo terreno, il fulcro della lotta non poteva che riferirsi in primo luogo alle modalità di reclutamento della forza-lavoro, nel tentativo di disarticolare il sistema di caporalato che gestiva il mercato delle braccia.

53 In verità nella Convenzione del 1906, i vertici dell'IWW avevano individuato nei lavoratori delle segherie, che rappresentavano uno dei segmenti più relativamente stabili nell'universo precario del lavoro stagionale dell'ovest, il punto di forza sul quale fare leva per penetrare nel mondo del casual laborer e di qui impiantare una base di reclutamento per gli stagionali, in grado di seguirli in qualche modo nelle loro peregrinazioni.

Lo sciopero di Portland l'anno successivo, quando tutte le segherie della zona restarono ferme per oltre 40 giorni per strappare aumenti salariali e diminuzione dell'orario di lavoro, sembrarono confermare questa impostazione, ma quando giunsero i primi inviati dell'IWW nell'Ovest si trovarono in primo luogo a fare i conti con le masse enormi di disoccupati che si aggiravano nelle città alla ricerca di un lavoro presso i peones e le agenzie di collocamento, alle quali erano costretti a pagare finanche 5 dollari in cambio di qualche giornata di lavoro.

Contro queste vere e proprie tangenti, gli wobblies cercarono di mobilitare i lavoratori sulle parole d'ordine della gratuità del collocamento e per la costruzione di centri di collocamento autonomamente gestiti dai lavoratori stessi, organizzando comizi improvvisati nei luoghi di reclutamento e per le strade maggiormente frequentate. Quando le autorità locali, per ostacolare l'attività sindacale degli wobblies, iniziarono a promulgare ordinanze di divieto di raduni e comizi nei luoghi pubblici, minacciando l'arresto in caso di reiterata inottempranza, l'IWW lanciò le free speech fights, che divennero ben presto la campagna di lotta più celebre nella storia degli wobblies: l'azione consisteva nel piazzare un wobbly sopra un cassone che iniziava a comiziare ad un angolo di una strada fino a quando gli agenti di polizia non l'avrebbero prelevato e tratto in arresto. A quel punto spuntava un altro wobbly che prendeva il suo posto, che veniva a sua volta arrestato e rimpiazzato da un altro attivista e così via, fino a quando le celle delle prigioni locali non sarebbero bastate per contenerli tutti.

Tra le battaglie per la libertà di parola, la più estesa ebbe luogo nella città di Spokane, nel novembre del 1909, dove furono circa 600 gli wobblies arrestati e rilasciati solo nella primavera dell'anno successivo, sotto la spinta tanto di un'opinione pubblica nazionale colpita dallo slancio etico della disobbedienza civile quanto della popolazione locale, sulle cui spalle ricadevano i costi per il sostentamento di quella massa immensa di sindacalisti incarcerati.

54 Parallelamente alle free speech fights, finalizzate alla difesa degli spazi minimi di agibilità sindacale, l'IWW articolò l'organizzazione dei lavoratori stagionali attraverso la figura del job delegate: questi delegati sindacali erano dislocati all'interno delle jungle, gli accampamenti di fortuna nelle periferie delle città, da dove iniziarono a pianificare vertenze non solo sociali ma anche di lavoro, nei campi e nei boschi ove lavoravano come salariati giornalieri.

In questo settore si trattava essenzialmente di dare coordinamento e valenza sindacale alle forme di resistenza spontanea nei confronti delle forme più selvagge di sfruttamento: si tentò in primo luogo di trasformare il quitting, l'abbandono dei posti di lavoro più disumani gestiti da padroni senza scrupoli, da sottrazione e fuga individuale a pratica collettiva e unitaria di pressione, finalizzata a "colpirne uno per educarne cento". Allo stesso tempo i delegate job istruivano i nuovi migranti sulle pratiche di rallentamento della produzione, di sabotaggio, di rifiuto di lavoro, di "sottrazione deliberata di efficacia" protese a conquistare spazi di vita dentro gli ingranaggi pervasivi dello sfruttamento: si trattava di socializzare le pratiche spontanee di autonomia operaia che si erano sedimentate attraverso i continui e repentini turn-over dei cicli di mobilità, la cui estrema precarietà del rapporto di lavoro ne impediva però il consolidamento e l'estensione.

Proprio per fluidificare la circolazione delle lotte, degli scioperi e delle pratiche di insubordinazione proletaria, gli wobblies si dotarono di una pubblicistica particolarmente ricca di bollettini e giornali, in lingua inglese, nella lingua d'origine o anche bilingue, che rappresentò uno degli strumenti principali per aggirare e abbattere le barriere linguistiche che segmentavano il proletariato migrante: così come nelle produzioni editoriali, anche la vita politica e sociale nell'IWW era caratterizzata dallo sforzo continuo delle riunioni tradotte simultaneamente in diverse lingue, i volantini e i manifesti multilingue, il tutto all’interno di una forte vocazione internazionalistica che riconfigurava, a partire dalla condivisione delle medesime condizioni di vita e di lavoro, la percezione di sé e l’identità sociale stessa dei lavoratori.

Il carattere rivoluzionario dell’esperienza degli IWW risiede probabilmente in questo stravolgimento di senso, rendendo questo percorso di aggregazione sindacale un'angolatura particolarmente interessante di studio sulle modalità di tensione, connessione e sovrapposizione tra identità etnica e identità di classe, dove per identità etnica si intende non certo l' "invenzione della tradizione" nazionale italiana casomai

55 connessa a quei tempi con le scoperte biologiche sulla "razza mediterranea", ma le identità locali, il genius loci che attraverso i network migratori trasmigravano anche oltreoceano, e lì si contaminavano e rinscrivevano anche attraverso la lotta di classe: non più o non solo morconesi, longobucchesi, ma proletari.

2.4 Conclusioni

Gli wobblies vennero spazzati via ed emarginati dal quadro politico e sociale degli Stati Uniti nel giro di pochissimi anni: l'insorgere di un forte spirito nazionalistico all'indomani dello scoppio del primo conflitto mondiale segnò quella linea di demarcazione tra antagonismo irriducibile e riformismo funzionale agli interessi capitalistici che definì successivamente il quadro repressivo della "red scare", nel quale l'IWW divenne bersaglio privilegiato al punto che bastava averne la tessera sindacale o anche un suo bollettino cartaceo, per incorrere nella carcerazione e nell'espulsione immediata.

Ma la violenza furiosa di quella campagna di odio e di repressione fu semplicemente l'effetto più appariscente di un percorso profondo e sostanziale di ristrutturazione capitalistica proteso a zittire e disciplinare il rabbioso antagonismo sociale di un proletariato succube delle condizioni paraschiaviste del capitalismo prefordista: non è dunque errato individuare la fine dell'IWW nel gennaio 1914 allorquando Ford aprì le porte del suo stabilimento alle famose 8 ore per 5 dollari.

Nei fatti il fordismo azzerò gli spazi di agibilità di quel ribellismo sindacale degli wobblies ancorato a una composizione tecnica di classe che nel giro di pochi anni fu smantellata all'interno dell'ordine sociale della catena di montaggio.

Ma con il riemergere nella fase del postfordismo della centralità nei circuiti della valorizzazione capitalistica di quegli stessi elementi perturbativi che il fordismo si propose di annientare nel disciplinamento della catena di montaggio - la flessibilità, la mobilità, la precarietà - allora probabilmente le intuizioni dell'IWW, seppur con la dovuta contestualizzazione storica, possono tornare di estrema attualità.

Infatti, a distanza di un secolo, quello che salta agli occhi non sono solo le inquietanti analogie tra le condizioni di vita e di lavoro degli stagionali dell'ovest americano con quelle del bracciantato migrante meridionale attuale, ma anche tra le strategie di controllo con le quali gli apparati statali di ieri e di oggi cercano di contenere e

56 reprimere il loro impulso biopolitico alla rivolta: le immagini della deportazione forzata dei migranti di Rosarno non possono che riportarci alla mente la lunga marcia di Bisbee del 1917, con la quale le autorità locali cercarono di allontanare e disperdere quel migliaio di migranti impegnati nelle miniere che invece di piegare la schiena e subire in silenzio le violenze razziste e le vessazioni del padronato, ebbero l'ardire di alzare il capo, lottare per rivendicare diritti e dignità. Allora l'IWW era lì, con i migranti deportati.

Non solo al fianco, ma all'interno di quel corpo sociale. L'IWW era a Bisbee, all'alba di quel 12 luglio 1917. Non quattro mesi dopo, a festeggiare il primo maggio.

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CAPITOLO 3

I PERCORSI DI LOTTA NELL’AREA RURURBANA DI CASTEL

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