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125IL CONTROLLODELL’ELEMENTO NATURALE (ACQUA) PER MIGLIORARELA RESILIENZA AMBIENTALE URBANA

Valentina Dessì1

Abstract

L’uso dell’elemento naturale (vegetazione e acqua) rappresenta una delle strategie di adattamento climatico più efficace per migliorare la resilienza ambientale delle città di molti contesti climatici. Il caso dell’acqua è emblematico perché è legato, da una parte ad uno degli effetti dei cambiamenti climatici che genera livelli di criticità molto elevati (piogge eccessive, allagamenti, esondazioni...), dall’altra rappresenta una strategia per ridurre la temperatura dell’aria e superficiale negli spazi urbani, contribuendo a ridurre l’isola di calore urbana e a migliorare il comfort termico.

Keywords: Adattamento climatico, Run-off, Raffrescamento, SUDS, Acqua

1 DAStU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani, Politecnico di Milano, valentina.dessi@polimi.it

Introduzione

Il paper vuole essere una riflessione sulle modalità con le quali i cambiamenti climatici, in maniera differente nelle diverse aree geografiche, coinvolgono gli elementi naturali nella mitiga- zione e nella manifestazione degli effetti dei cambiamenti stessi sull’ambiente.

Nelle aree urbanizzate le misure sia di mitigazione che di adattamento ai cambiamenti climatici interessano prevalente- mente gli spazi urbani.

Per quanto riguarda la mitigazione climatica, la presenza di spazi verdi, la corretta conservazione con adeguate tecniche di gestione delle piante, e l’aumento della massa vegetale (soprat- tutto di specie selezionate), rappresentano la possibilità di assor- bire e dunque di garantire l’incremento dello stoccaggio diretto e indiretto del carbonio.

Le misure di adattamento vengono impiegate per mitigare gli effetti che i cambiamenti climatici generano nei diversi contesti urbani, intercettando le vulnerabilità che, secondo il quinto rap- porto pubblicato dal Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici, riguardano soprattutto l’approvvigionamento idrico ed energetico, le telecomunicazioni, l’ambiente costruito, le infra- strutture verdi e i servizi eco-sistemici, i servizi urbani e sociali. Lo stesso rapporto, del 2014, identifica almeno cinque impatti, diretti e indiretti, sulle aree urbane, quali le ondate di calore, la siccità, le inondazioni costiere, le inondazioni interne e problemi di salute umana, temi che sono presenti, almeno in parte, nei pia- ni di adattamento di città importanti, quali Londra, Parigi, Bolo- gna, e Copenaghen e in generale nelle strategie di adattamento dei diversi Stati europei.

Il contributo si focalizza sull’elemento dell’acqua, presente in modi diversi nel tema dell’adattamento per quanto riguarda per esempio:

- Ondate di calore. Nelle aree urbane rappresentano una criticità elevata perché si sommano all’isola di calore urbana.

- Piogge eccessive. Generano molti più problemi rispetto al passato, anche perché le superfici urbane imperme- abilizzate possono raggiungere l’80% del totale delle superfici orizzontali e non possono assorbire l’acqua piovana.

Acqua per ridurre l’eccesso di calore

L’influenza che ha l’acqua sul microclima è nota da tempo e le strategie basate sull’uso dell’acqua sono diverse. Tuttavia, il ruolo e l’effetto che l’acqua ha nel raffrescamento delle aree urbane è legato al tipo di clima e alle condizioni microclimatiche di un determinato momento, pertanto non è possibile proporre questa strategia dovunque (Fig. 1) e in maniera continuativa.

La capacità di raffrescare è legata a tre proprietà dell’acqua (Alvarez and Sanchez, 2016):

1. il calore specifico dell’acqua è molto elevato (la sua elevata inerzia termica porta ad un ritardo e ad uno smorzamento della temperatura dell’acqua);

2. il processo di evaporazione dell’acqua richiede un’elevata quantità di energia che si traduce in un abbassamento della temperatura dell’acqua e dell’aria;

3. il basso coefficiente di riflessione dell’acqua impedisce la riflessione della radiazione solare su altre superfici circo- stanti.

A seconda della massa d’acqua coinvolta, l’acqua può avere un impatto ad una scala più o meno estesa.

Sono sempre più diffusi nelle aree urbane i sistemi che utilizzano l’acqua in forma di lamine che scorrono su superfici verticali o orizzontali, o in forma di zampilli, che raffrescano la pavimenta- zione e l’area circostante, o come acqua nebulizzata. Le vasche d’acqua negli spazi pubblici hanno una reale efficacia micro- climatica solo se la massa d’acqua è elevata oppure se l’acqua è in movimento. In molti casi non si tratta neanche di vasche, ma di aree pavimentate che nella stagione più calda bagnano la pavimentazione ad intermittenza. In questo caso si evita il sur- riscaldamento delle superfici orizzontali e si evita dunque l’in- nalzamento delle temperature superficiali e della temperatura media radiante, importante nella valutazione del bilancio termi- co di una persona vicina all’acqua, e dunque delle condizioni di comfort termico.

Solo per citare qualche analisi basata su misurazioni, si pensi che una pavimentazione con albedo basso può raggiungere tem- perature fino a 25°C superiori alla temperatura dell’aria (Doulos, 2004).

I rilievi realizzati durante l’Expo ‘92 di Siviglia hanno eviden- ziato che quando il sistema dei getti d’acqua bagnano la pavi- mentazione, la temperatura superficiale si può ridurre di 8-9°C,

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Technology and Evolution of the Eco-Systemic Approach to the Design

mentre la differenza tra uno specchio d’acqua e la temperatura dell’aria intorno a 10-12°C (Alvares, 1992). Come evidenzia un altro studio (Xue, 2015) la riduzione della temperatura dell’aria è legata anche alla presenza del vento; in particolare, durante la campagna di misure effettuata in una giornata di agosto a Pe- chino, intorno ad un’area urbana caratterizzata dalla presenza di getti d’acqua, nelle aree sopravvento la riduzione è stata di circa 0,4°C. Il contributo maggiore si è registrato nelle aree sottoven- to. In queste aree, anche considerando la distanza dai getti, la riduzione dei valori della temperatura dell’aria è stata in media di 4,7°C1.

Tra i metodi più efficaci si possono menzionare i sistemi di nebulizzazione dell’acqua ad altezze elevate, che prevedono cioè la presenza di torri sulla cui sommità viene generata la ne- bulizzazione che raffresca l’aria ad alta quota, che per caduta raggiunge l’area occupata dalle persone. Questo meccanismo è stato sperimentato ampiamente, sia per il raffrescamento degli edifici che per il raffrescamento delle aree urbane, per esempio durante l’Expo’92 a Siviglia, dove, in un’area di circa 24.000 m2, furono installate dodici torri a trenta metri di altezza. Più

recente è l’esperienza realizzata a Madrid in un’area di nuova espansione, Vallecas, nel Bulevar de la Naturaleza dove sono stati installati tre cosiddetti “alberi d’aria”, costituiti da cilindri in acciaio alti 17-18 metri con superfici interne ricoperte di ede- ra, che rappresentano un prototipo sperimentale di intervento negli spazi pubblici urbani, ideati dal gruppo di progettazione Ecosistema urbano e riproposti successivamente all’Expo 2010 di Shanghai2 (Fig. 2). La struttura metallica cilindrica cava chia-

mata “South Air Tree”, situata nella zona nord del viale, è una struttura con un diametro esterno di 25 m., composta da 16 torri eoliche evaporative a 4,5 m. dal suolo. Ogni torre ha una corona di sei spruzzatori d’acqua e un ventilatore installato sulla parte superiore. Quando le temperature raggiungono i 27°C, si attiva- no i ventilatori che spingono l’aria nei cilindri e verso i pannelli di cellulosa inumiditi, che creano una nuvola di vapore acqueo, e portano ad una riduzione della temperatura dell’aria per caduta tra i 6°C e 8°C all’interno della torri3.

1 Al momento del rilievo i valori di temperatura dell’aria erano intorno a 32.8℃, dell’acqua di 24.5℃, e i valori di umidità assoluta di 14.9 g/kg.

2 Gli alberi d’aria sono stati sviluppati all’interno del progetto europeo ECO-VALLE - Mediterranean Verandahways LIFE02 ENV/E/000198, coordinato dalla Empresa Municipal de la Vivienda y Suelo. Tra i partner l’Agenzia dell’ecologia urbana di Barcellona e il centro di ricerca spagnolo CIEMAT.

3 La verifica è stata svolta tra il 2007 e il 2009 dall’ Unità di ricerca sull’efficienza energetica negli edifici (UiE3) del CIEMAT di Madrid.

Gestire l’acqua piovana in eccesso

Il secondo effetto dei cambiamenti climatici che coinvolge l’acqua è legato al fenomeno delle piogge eccessive, che rag- giungono le aree urbanizzate.

Il ciclo naturale dell’acqua, che si verifica tuttora nelle aree rurali con ampie superfici permeabili (terreni, spazi verdi), al- beri, vegetazione e corsi d’acqua naturali, è caratterizzato da un’elevata evaporazione, un alto tasso di infiltrazione e un basso deflusso superficiale. Negli ambienti urbani, con una distribu- zione uniforme di superfici impermeabilizzate, e dove gli spazi verdi e blu sono spesso scollegati, c’è maggiore deflusso super- ficiale, meno infiltrazione e meno evaporazione. Il problema si presenta quando volumi d’acqua importanti raggiungono le aree impermeabilizzate in tempi relativamente brevi.

In questi casi, la gestione delle acque piovane in eccesso è legata prevalentemente a due tipi di strategie di soft engineering: da una parte all’incremento di superfici permeabili (giardini e parchi urbani, rain garden…) che possono assorbire l’acqua, e successivamente restituirla in parte all’ambiente per evaporazio- ne, in parte cederla, una volta superato il momento di crisi, al sistema fognario. In alternativa, e in tessuti particolarmente den- si e impermeabilizzati, una strategia efficace sono le cosiddette “piazze della pioggia”, progettate per raccogliere l’acqua pio- vana dagli spazi pubblici e dalle coperture degli edifici e ideate dallo studio olandese De Urbanisten e dallo Studio Vermeulen grazie al sostegno del Comune di Rotterdam. Si tratta di vere e proprie piazze pavimentate e ribassate rispetto al livello della strada che in caso di eventi eccezionali raccolgono le acque pro- venienti dalle strade circostanti (Fig. 3).

Mettono a sistema l’edificato e lo spazio urbano, grazie alla verifica delle pendenze e i sistemi che convogliano le acque ver- so la piazza, a sua volta dotata di una camera d’acqua per il fil- traggio e il trattamento nel sottosuolo.

Possono essere progettate per raggiungere differenti livelli di allagamento. Per esempio, nel progetto della piazza Bloe- mhofplein a Rotterdam, conclusa nel 2013, le aree di gioco si riempiono per prime e l’acqua accumulata può essere utilizzata dai bambini per giocare.

Sistemi flessibili

Sono sempre più le città che hanno il problema di gestire i picchi di calore nei periodi più caldi e che hanno anche il proble- ma di gestire le acque piovane in eccesso. Le strategie di adat- tamento nel primo caso considerano l’acqua una risorsa, mentre nel secondo caso, dove si tende a dissiparla, è considerata una minaccia; l’acqua in questo caso viene trattata come rifiuto, ren- dendola una delle risorse naturali più sperperate al mondo.

Un approccio innovativo alla gestione dell’acqua piovana dovrebbe essere orientato a prevenire inondazioni e trattenere efficacemente le acque piovane, soprattutto nelle aree caratte- rizzate da scarsità d’acqua, riducendo la necessità di prelevare l’acqua da fiumi, laghi o falde acquifere a rapido esaurimento.

Gli esempi descritti, compatibili con l’immagine di una città densa e impermeabilizzata, dove l’acqua arriva tramite getti dal- la pavimentazione, o come acqua nebulizzata da torri evaporati- ve, si prestano ad essere riletti in funzione di una integrazione di strategie che rispondono a fenomeni differenti. Pensare di com- binare le strategie in un unico elemento, flessibile, per rispon- Fig. 1

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