Abstract
Il contributo esamina i confini progettuali della cultura tecnologica che si misura con l’esistente – miniera urbana, risorsa resiliente – attra- verso un approccio life-cycle in cui l’ambiente costruito è inteso come risorsa non rinnovabile da metabolizzare a scala locale mediante strategie e soluzioni tecnologiche a ciclo chiuso, che conservano l’energia incorporata ed evitano il consumo di suolo, in ottica NetZero environment (Zero Suolo-Zero Energia-Zero Rifiuti). A supporto di tale approccio, è indispensabile disporre di tool digitali per la raccolta e lo scambio di informa- zioni sui materiali.
Keywords: Life cycle approach, Resilient design, Adaptive reuse, Urban mining, Second time, NetZero environment
1 PDTA - Dipartimento di Pianificazione, Design, Tecnologia dell’Architettura, Sapienza Università di Roma, [email protected] 2 PDTA - Dipartimento di Pianificazione, Design, Tecnologia dell’Architettura, Sapienza Università di Roma, [email protected]
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Technology and Evolution of the Eco-Systemic Approach to the Design
L’esistente nell’approccio Life Cycle: miniera urbana, risor- sa resiliente
Valorizzare il carattere identitario dell’esistente, in una vi- sione dinamica dell’ambiente costruito, significa intessere la cultura tecnologica di apporti pluridisciplinari finalizzati a defi- nire soluzioni adattive, sulla base di un percorso metodologico finalizzato alla compatibilità e alla coerenza dell’intervento con la preesistenza, attivandone una seconda vita.
L’ambito di ricerca si muove nei fluidi confini progettuali della cultura tecnologica che si misura con l’esistente – minie- ra urbana, risorsa resiliente – guardando alle sperimentazioni incentrate su un consapevole approccio life-cycle, attraverso il resilient design, per comporre equilibrate integrazioni all’am- biente costruito, compatibili con le mutate esigenze funzionali, costruttive, economico-produttive ed energetico-ambientali, in una condizione di continua variabilità determinata anche dalle azioni multiple dei rischi. Per supportare la transizione verso un patrimonio “ecologicamente resiliente”, diventa basilare l’as- sunzione di un nuovo paradigma teorico e pratico, progettuale e processuale, critico e operativo che, secondo Holling (1973), sia in grado di assicurare risposte adeguate a eventi caotici, non lineari, oltre i parametri della “resilienza ingegnerizzata”, de- finendo un sistema “antifragile”, in grado di imparare e trarre beneficio dal disordine, alla ricerca di un equilibrio rinnovato.
Considerando il patrimonio costruito come risorsa non rin- novabile, da trasmettere alle generazioni future, unitamente all’energia grigia incorporata nei materiali, è fondamentale ope- rare sulla fase di “fine vita” dell’esistente per attivarne un nuovo ciclo virtuoso. L’ambiente costruito si pone come risorsa, costi- tuita da spazi, strutture, tecnologie e materiali da metabolizzare a scala locale attraverso strategie e soluzioni a ciclo chiuso, per evitare il consumo di suolo e al contempo recuperare la cultura materiale del luogo. Si tratta, quindi, di orientare le azioni di resilient design verso una simultanea riduzione dell’energia in- corporata in materiali, componenti e sistemi (anche energetici), garantendo il funzionamento passivo dell’esistente e limitando il volume dei rifiuti prodotti, per raggiungere il paradigma NetZe- ro environment (Zero Suolo-Zero Energia-Zero Rifiuti).
Continuità e innovazione nel processo circolare di uso e riuso dei materiali
L’approccio circolare all’esistente trova radicamento in processi consolidati su pratiche orientate al recupero e riuso di materiali e componenti, differenziate nel tempo. La pratica del reimpiego, così come il riuso – che si interrompe a partire dalla rivoluzione industriale, fase in cui più comune è la demolizione dell’esistente e la ricostruzione – rappresentano una vera e pro- pria costante: detriti e macerie sono impiegati come materiale di riempimento, nella costruzione di parti di città; gli edifici sono utilizzati come cave di materiali o di componenti già lavorate, nella progressiva stratificazione verticale dell’architettura.
Nell’articolato scenario operativo sull’esistente, dalla se- conda metà del Novecento è possibile individuare pratiche che ricadono all’interno del concetto di “riciclo” (Gangemi, 2004), azione consolidata che ha il proprio dominio nella fisicità e nella materialità. Due sono gli orientamenti emergenti: la re-invenzio- ne della pratica della demolizione e delle sue modalità, orientata verso una forma di “decostruzione” ordinata e selettiva, mate- riale per materiale, componente per componente; le pratiche di reimpiego, recupero e riciclaggio come una necessità, diversa- mente motivata nei differenti contesti storici e, per molti versi,
ineludibile anche in una società industrializzata.
Nel settore edilizio europeo, il ricorso a scarti di varia natura – non solo provenienti da edifici, ma anche da flussi di risor- se impiegati nell’industria, parte del metabolismo urbano – ha determinato, nell’ultimo ventennio, una sperimentazione incen- trata sulle strategie dell’upcycling e del superuse, che individua- no nell’uso di materiali di scarto la risorsa chiave del progetto (Superuse Studios, ARCò, Lot-ek, Izaskun Chinchilla, Arturo Franco).
La ricerca e sperimentazione progettuale contemporanea sono orientate a comporre le interrelazioni tra l’obiettivo di un’elevata Resource Productivity dei materiali da costruzione e l’innovazione nel processo del progetto in ottica Life Cycle, nel tentativo di trasferire nella cultura tecnologica mediterranea il Reversible Building Design.
In tale prospettiva, la sperimentazione avviata dal GdR nell’ambito romano delinea, nell’applicazione a diversi contesti (Torrevecchia, Tiburtino, Ostiense - ex Miralanza), un comples- so palinsesto per testare la possibilità di avviare processi di eco- nomia circolare a scala locale, mettendo in loop risorse materiali e immateriali, disponibili e potenziali, indotte dalle operazioni di rigenerazione. Sulla base della conoscenza dei sistemi costrutti- vi esistenti, approfondita attraverso l’applicazione di strumenti finalizzati a costruire un apparato quali-quantitativo delle risorse materiali presenti, le azioni di intervento sono orientate all’a- daptive reuse sulla base di un quadro socio-economico conte- stualizzato. Nell’ottica dell’urban mining, inoltre, la sperimen- tazione è stata indirizzata alla ricerca di risorse materiali, idonee all’impiego come componenti edilizi, afferenti alle filiere pro- duttive e di recupero presenti nell’intorno territoriale ristretto, attraverso la definizione dell’Harvest Map, con raggio di 25 km dal sito di intervento.
Gli interventi sugli edifici sperimentano la decostruzione di parte dei componenti, sostituiti da materiali/elementi di recupero o a matrice naturale, messi in opera con criteri di disassembla- bilità, che realizzano la flessibilità d’uso degli spazi, garantendo la variazione nel tempo dell’edificio, a seguito di innovate esi- genze; consentono la riparazione, il riutilizzo e il recupero di materiali, prodotti e sistemi; l’aggiornamento o la sostituzione di componenti per l’accessibilità semplificata ai diversi strati, attraverso la reversibilità delle connessioni.
Il progetto dell’esistente, quindi, si configura come proces- sualità aperta e complessa nello scambio e nella interrelazione di flussi di materiali che il progetto attiva con il proprio intorno (Fig. 1). Gli scarti diventano risorse capaci di connotare, in una immagine contemporanea, l’organismo edilizio da riqualificare attraverso elementi tecnici di involucro e addizioni, che carat- terizzano anche l’intervento di controllo energetico-ambientale. Dal Material Passport al catasto dei materiali: l’identità digitale dei materiali per il sistema circolare delle costruzioni
Le sperimentazioni mostrano, come elemento comune, la ne- cessità di adeguate e affidabili informazioni sui materiali a sup- porto delle strategie e delle azioni specifiche del processo circo- lare di rigenerazione dell’esistente. Disporre di consistenti set di dati, affidabili e standardizzati, sui flussi di materiali attivi e pre- vedibili nella filiera delle costruzioni e, più in generale, nell’am- biente costruito, è pre-condizione essenziale per implementare l’approccio circolare. Il tema è articolato: la disponibilità di dati differenziati si scontra con la reperibilità da fonti diverse, non sempre correlabili, o sulla non disponibilità, per effetto del © delle aziende produttrici (Heinrich, Lang, 2019).