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I L P ROGETTO DEGLI S PAZI PER LA C URA Elisa Biolchini

Abstract

Negli ultimi decenni si è assistito allo sviluppo di tecnologie di modellazione e visualizzazione 3D, immersive e non (VR, AR), che possono migliorare i processi partecipativi, anche nell’ambito dell’architettura. È importante quindi comprendere quale sia l’efficacia di questo tipo di strumenti per una collaborazione proficua tra progettisti e utenti, e tra gli stessi progettisti di diverse discipline. In particolare questo discorso è rilevante in progetti architettonici complessi, come ad esempio quelli ospedalieri, nei quali sono già state realizzate alcune esperienze.

Keywords: Co-design, Virtual Reality, Sanità

1 DAD - Dipartimento di Architettura e Design, Politecnico di Torino, elisa.biolchini@studenti.polito.it

Introduzione

La pratica dell’architettura è sempre più legata allo svilup- po di tecnologie atte a rendere maggiormente agevole ed ef- ficace il processo di progettazione. Grazie a strumenti come i CAD (Computer-Aided Drafting e Computer-Aided Design), i software per la modellazione 3D, per la realizzazione di render e il BIM (Building Information Modeling), il progetto può es- sere visualizzato, rappresentato e descritto in modo sempre più realistico e articolato fin dalle prime fasi. L’implementazione di tecnologie che, tramite modelli virtuali, permettono un’intera- zione con spazi ancora in corso di progettazione hanno avuto un enorme sviluppo ma riservano un grande potenziale nel campo dell’architettura, in particolare, con l’impiego di questi strumen- ti nel co-design, che rappresenta il passaggio dalla progettazione per l’utente alla progettazione con l’utente (Dorta et al., 2016).

Il co-design, può permettere di verificare l’adeguatezza degli spazi alle attività riconoscendo limiti nel soddisfacimento delle esigenze dell’utenza prima della costruzione. Tale strumento è di particolare interesse, teorico e pratico, per il progetto di ambienti che ospitano funzioni particolari in cui l’architetto si confronta con esigenze e professionalità complesse, quali gli spazi per la cura e ospedalieri.

Il co-design

La carica innovativa della progettazione partecipata, nelle sue varie forme, risiede nel fatto che il progetto non si sviluppi solo sulla base delle esigenze dell’utente ma attraverso il coin- volgimento attivo di quest’ultimo nella definizione degli spazi. Le metodologie impiegate di consueto in questo campo sono basate su strumenti come questionari, focus group, workshop, derivati dalla psicologia ambientale (Gibson, 2014), dalla socio- logia e dalle prassi progettuali in ambito sociale. Il co-design parte dal presupposto che sia necessario e utile un dialogo tra gli attori del progetto e che quindi si debbano utilizzare linguaggio e strumenti comprensibili a tutte le parti coinvolte nel processo, nonostante le differenze di competenze, ruoli e abilità. In ambiti complessi come gli ospedali è importante il dialogo tra archi- tetti, personale sanitario e pazienti per evitare errori nel proget- to e nella gestione degli spazi. Non è insolito, infatti, che l’uso degli ambienti sia diverso da quello previsto con conseguenti inefficienze e necessità di modifica. In altri termini, il processo di definizione esigenziale-prestazionale, aldilà del mero rispetto

delle normative, si presenterebbe difficile per l’architetto, essen- do il progetto degli spazi e la loro qualità, fortemente interrelati e condizionati dal progetto sanitario delle azioni di cura e dalle particolari esigenze dell’utenza, personale medico, pazienti e care givers.

La qualità degli spazi di cura è un fattore fondamentale per il benessere di chi ne usufruisce e ha un forte impatto sulle per- sone, sul loro stato d’animo e, come ormai assodato da nume- rose ricerche, sulla salute e sulla guarigione. È quindi da tener presente, nel momento in cui si progetta, il fatto che ogni scelta incida in modo significativo sugli utenti, sulla loro percezione dello spazio e sul loro modo di utilizzarlo (Ulrich, 1991).

Il co-design, basandosi su un processo partecipato e interdi- sciplinare con la collaborazione di utenti-clienti, stakeholders e altri professionisti a supporto del team di progettisti, ha come obiettivo principale proprio il miglioramento della qualità am- bientale degli spazi progettati attraverso la costruzione di un preciso profilo dell’utente, sia esso un paziente o un care gi- ver in condizioni di fragilità o, ancora, un operatore sanitario sottoposto al rischio del burnout. Nella prassi tradizionale di progettazione in ambito ospedaliero viene seguito un piano sa- nitario stilato da medici specialisti nell’organizzazione di questo settore, cui segue un programma di progetto della struttura se- condo la normativa sugli appalti e la cui finalità è la definizione in termini operativi degli obiettivi e del modello di requisiti dei committenti (documento preliminare all’avvio della progettazio- ne, progetto di fattibilità ecc.). Questi documenti sono di grande importanza in progetti complessi come quelli di edilizia sanitaria e la loro elaborazione costituisce, a sua volta, un campo di ele- zione delle pratiche di co-design.

Il lavoro di analisi in cui si impiegano, accanto a interviste e questionari, attività di workshop (visioning sessions), viene se- guito da quello tradizionalmente definito di progettazione in cui l’utente può essere coinvolto attraverso tecniche di visualizza- zione e animazione, che si affiancano alle usuali rappresentazio- ni del progetto architettonico.

Una volta sviluppate le idee di progetto è poi interessante proseguire con il coinvolgimento degli utenti tramite dei metodi di verifica e valutazione delle scelte attraverso mock-up fisici o virtuali. In questa fase l’obiettivo è quello di testare le scel- te fatte in relazione all’adeguatezza alla realtà nella quale verrà inserito il lavoro e, nel caso in cui vi siano delle incongruenze o disfunzioni, modificare il progetto (Cama, 2009). Si tratta di tecniche onerose, nel caso del mock-up fisico, complesse e spe-

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Technology and Evolution of the Eco-Systemic Approach to the Design

rimentali, per il mock-up virtuale. In questi ambiti si collocano le tecniche della Virtual Reality, della Realtà immersiva e della Augmented Reality.

La virtual reality

Gli strumenti di Virtual Reality stanno trovando ampio uti- lizzo in molti settori operativi e tecnologici, quali quello del- la medicina, in cui gli ambienti virtuali suscitano un notevole interesse nei ricercatori, specialmente in ambito riabilitativo e formativo.

La Realtà Virtuale può essere utile in campo riabilitativo sia per quanto riguarda deficit motori, congeniti o acquisiti, sia per il trattamento di disturbi legati all’ansia e per il recupero di al- cune abilità compromesse da lesioni cerebrali. Nonostante l’im- piego terapeutico di questo tipo sia ancora limitato, le strutture più all’avanguardia utilizzano la VR (Virtual Reality) e la AR (Augmented Reality) sottoponendo i pazienti ad una sequenza di esperienze immersive, vissute in prima persona, in ambienti virtuali sicuri (Hanapiah, 2019).

Un ulteriore ambito di impiego è quello della formazione di studenti e professionisti attraverso le simulazioni. Claudio Pen- sieri e Alessandra La Marca hanno sviluppato una review del- la letteratura medica analizzando 2252 articoli pubblicati tra il 2012 e il 2019 su PubMed, evidenziando una forte prevalenza di applicazioni dello strumento della Virtual Reality alla formazio- ne degli studenti (Pensieri and La Marca, 2019).

Nel campo dell’architettura l’impiego della Virtual Reality è oggi frequente nelle strutture professionali per semplificare la comprensione del progetto a clienti, acquirenti o investitori, per- ché questi possano visualizzare e sperimentare gli spazi prima che vengano realizzati fisicamente. Tramite queste tecnologie si tende a superare le difficoltà di comunicazione con persone che non hanno le competenze per comprendere appieno il disegno 2D (piante, prospetti, sezioni).

La modellazione 3D consente un sicuro passo avanti in tal senso, pur scontando a volte forme di banalizzazione, ma le tec- nologie immersive possono portare questo dialogo ad un livello più efficace consentendo, nella prospettiva citata del co-design, la collaborazione dell’utente al processo di progettazione.

Risulta tuttavia fondamentale la definizione e valutazione degli strumenti utilizzabili nell’ambito della disciplina architet- tonica e delle competenze specifiche che il progettista deve pos- sedere, nonché delle sue responsabilità nella definizione della forma e qualità degli spazi. In altri termini, una efficace rappre- sentazione non rende di valore una cattiva progettazione archi- tettonica, così come una forma architettonicamente corretta può non soddisfare le reali esigenze dell’utenza. In questo rapporto si racchiude la complessità del tema del co-design e dell’uso degli strumenti virtuali ed è necessario condurre ricerche e sperimen- tazioni in cui architetti, psicologi ambientali, sociologi, medici e specialisti in Realtà Virtuale indaghino e verifichino l’uso e l’efficacia ai fini della qualità finale del manufatto architettonico di quelle che sono e rimangono, senza il coinvolgimento di altre discipline, solo tecniche di rappresentazione.

Virtual Reality e progetto in sanità

Nella progettazione architettonica per la sanità sono state sviluppate esperienze di utilizzo della Virtual Reality con il coin- volgimento degli utenti che manifestano elevate potenzialità e possibili sviluppi futuri.

In tale contesto la Realtà Virtuale può consentire di testare e modificare il progetto in fase di sviluppo con la partecipazione

di attori, essenzialmente il personale sanitario, portatore di com- petenze ed esperienze specifiche.

A tal proposito, l’Università del Minnesota, con il College of Design’s Virtual Reality Design Lab, ha sviluppato uno studio che confronta vantaggi e svantaggi di mock-up fisici e virtuali (Johansson, 2012). Questa ricerca, basata sul caso della proget- tazione di una camera di degenza, ha dimostrato che, pur con i limiti delle tecnologie dell’epoca, il mock-up virtuale fosse effi- cace e sicuramente vantaggioso in termini di costi, tempi e spazi necessari per la sua realizzazione.

Un altro recente studio finlandese analizza un caso di proget- tazione e costruzione di un ospedale (2014-2018) per il quale si sono impiegati prototipi virtuali in scala reale per consentire allo staff sanitario di simulare le dinamiche dell’attività nell’area di degenza. Rispetto all’esperienza precedentemente citata e gra- zie all’avanzamento tecnologico si sono potute svolgere sedute durante le quali diversi membri del personale sanitario interagi- vano simultaneamente con gli spazi e tra di loro. L’esperienza ha permesso di avere numerosi gruppi di partecipanti che hanno contribuito con osservazioni durante la simulazione e attraverso questionari. In questo caso si è sviluppato un modello definito di “Virtual Environment Walk-in”: una stanza con tre pareti, un soffitto e un pavimento, in cui interagivano più soggetti. Sulle superfici sono state proiettate delle immagini che, grazie agli oc- chiali stereoscopici in dotazione, diventavano riproduzioni 3D a grandezza naturale. Il progetto è stato il risultato di tre round di simulazione con aumento crescente del realismo dei prototi- pi. Tale esperienza presenta forti analogie con gli “immersive visualisation theatres” e con le “CAVE virtuali”, già impiega- te in numerose applicazioni in sanità. Un’esperienza di questo genere può essere condotta e messa in atto solo da un gruppo di professionisti con competenze differenti, architetti, psicologi ambientali, ingegneri clinici, ingegneri informatici ed elettroni- ci e personale medico. Tale processo richiede lo sviluppo degli strumenti informatici ed elettronici da impiegare, la simulazione degli ambienti, la raccolta e l’elaborazione delle informazioni ottenute (Tiainen and Jouppila, 2019).

Nell’ottica, leggermente diversa dagli esempi sopra riportati, della condivisione dell’informazione e della collaborazione tra più attori citiamo il recente caso della costruzione del Nuovo Ospedale Universitario di Odense, in Danimarca, sviluppato da ATIproject, CMB e Itinera con la metodologia del digital twin, concetto nato negli anni ’60 dal Programma Apollo della NASA (Barboza D. et al., 2019).

Nell’esempio danese la costruzione di un modello complesso di simulazione dell’ospedale, il digital twin, ha permesso a pro- gettisti, utenti, committenti e imprese di gestire e condividere in tempo reale tutte le informazioni del processo, dalla definizione dei requisiti, alla progettazione preliminare, a quella definitiva (BIM portale, 2019).

Conclusioni

La progettazione degli spazi coinvolge in modo articolato sempre più attori, e serve un importante lavoro di collaborazione di tutti i soggetti.

Alla progettazione partecipano non solo gli architetti, gli altri professionisti della costruzione, dell’impiantistica, del- la gestione, i committenti e gli investitori ma anche gli utenti degli spazi. Tale coinvolgimento, nella forma del co-design, è particolarmente importante per gli edifici che ospitano attività complesse, quali quelli ospedalieri. In tal modo si amplia l’am- bito del progetto rendendo necessario sia ripensare il concetto di coinvolgimento dell’utente sia la sua pratica attuazione. Le nuo-

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