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In relazione all’evoluzione dei prodotti industrializzati per l’architettura e alla transizione verso processi digitali, con la customizzazione, ad esempio, risultano ridefinite possibilità e modalità di interazione tra la dinamica cultura del progetto e la cultura materiale «che è per sua natura ripetitiva, diffusa, sedi- mentata, e per questo assimilata e accettata» (Nardi, 1994). La ricostruzione post-disastro può essere individuata come momen- to proficuo per indagare il valore del «binomio cultura-materia [che] trova paradossalmente proprio nell’instabilità, nella varia- zione, nel dinamismo che caratterizzano il tempo storico in cui viviamo [che risultano accentuati nel progetto per l’emergenza] le sue qualità più specifiche e riconoscibili» (Bertoldini, 2003). Il processo progettuale per la ricostruzione dovrebbe far proprio il binomio cultura-materia per meglio radicarsi nei luoghi, al fine di introdurre ed instillare l’innovazione in modo che non venga rigettata come si è verificato in passato.

Così, il tema progettuale della temporalità, la digitalizza- zione dei processi progettuali, gestionali e produttivi e le inno- vazioni del settore industriale per le costruzioni divengono gli elementi posti alla base di un’indagine circa la ricostruzione post-disastro che ricerca una possibile innovazione di quel bi- nomio cultura-materia, di così grande rilevanza in condizioni post-emergenziali. Per la necessità di ragionare su rapidità di montaggio, leggerezza, trasportabilità, riciclabilità e possibi- lità di riuso, certamente soluzioni appropriate vanno ricercate nell’ambito delle costruzioni a secco off-site. Molteplicità e inte- grabilità delle tecniche sono requisiti fondamentali per la gestio- ne di un processo complesso di così ampia e variabile scala. Tra le molteplici alternative il Cold Formed Steel si può individuare quale sistema di interesse per leggerezza, disassemblabilità, rici- clabilità e possibilità di riutilizzo.

Dunque, nell’ipotesi dell’impiego di strutture a secco realiz- zate in CFS – posta alla base della ricerca di dottorato in corso – si individua un’occasione per un processo progettuale per l’e- mergenza post-sisma che si configuri non solo quale fase tempo- ranea precedente alla fase di ricostruzione ma come temporalità variabili di un flusso continuo di ri-progettazione: occasione d’innovazione per quel binomio cultura-materia a partire dalla cultura materiale dei vari contesti.

Le strutture off-site in CFS: requisiti e vantaggi della costru- zione a secco (DS)

Materiali, prodotti e processi di matrice industriale stanno assumendo sempre maggiore importanza nel settore delle co- struzioni per via della pressione normativa sui temi della ridu- zione dei consumi energetici, della riduzione dell’impiego delle materie prime e dell’incentivazione di materiali facilmente ri- ciclabili e con riciclato all’interno. In questo ambito si inscrive perfettamente il Cold Formed Steel: materiale notevolmente leg- gero impiegato nella produzione di strutture off-site. Gli elemen- ti modulari preassemblati possono essere trasportati in cantiere con facilità e consentono di ridurre le operazioni on-site al solo montaggio. Dunque l’ingegneria degli elementi diviene centrale al fine di massimizzare lo spostamento off-site di una cospicua parte delle lavorazioni, comportando benefici all’intero proces- so.

Lo steel frame è impiegato in sistemi costruttivi con tecno- logia stratificata a secco, caratterizzata da unioni meccaniche di componenti accuratamente progettati. Nelle costruzioni a sec-

1 Irondom è una startup che realizza strutture stratificate a secco con pannelli portanti in steel frame ed è parte del “gruppo Mastantuoni”, impegnato nella lavora- zione di metalli laminati.

co si esaltano anzitutto reversibilità e riutilizzabilità, ed inoltre risultano essere aspetti rilevanti: la componibilità, la riduzione dei tempi e dei costi, l’elevato controllo della qualità durante la fase di produzione, la semplicità e la velocità nel montaggio delle strutture in cantiere, la sostenibilità ambientale sull’intero ciclo di vita del manufatto, la possibilità di personalizzazione e la riduzione degli scarti.

Dunque, nonostante tale sistema costruttivo abbia dei limiti di carattere strutturale – ad esempio circa il numero di piani fuori terra o le luci delle campate – i manufatti con struttura portante in steel frame consentono di soddisfare i requisiti sopracitati con qualità molto elevate e secondo standard di nuova concezione. Il processo progettuale nell’era digitale: nuove opportunità tra prodotto, progetto, processo (DS)

Nell’ambito della Quarta rivoluzione industriale il settore Architecture, Engineering and Construction è messo in discus- sione nelle sue prassi consolidate. L’AEC risulta rivoluzionato da un processo di coordinamento tra vari sistemi integrati per la gestione del processo progettuale (Building Information Mode- ling). Inoltre, di notevole interesse è lo stretto legame che inter- corre tra modellazione virtuale e produzione reale, in un passag- gio diretto definito file to factory, in cui le informazioni neces- sarie sono trasmesse a macchine utensili a controllo numerico computerizzato (Computer Aided Manufacturing). Si adottano dunque, contestualmente, diverse tecnologie abilitanti fonden- do, di fatto, realtà virtuale e produzione industriale.

Queste innovazioni fanno sì che il comparto, classicamen- te più riluttante all’innesto di novità tecnologiche, tenda ad al- linearsi al resto dei settori produttivi prediligendo costruzioni industrializzate. Il passaggio non è di semplice ed immediata re- alizzazione, di contro i vantaggi risultano evidenti per l’impatto positivo sui tempi di realizzazione delle opere, sui costi di co- struzione e soprattutto di gestione, oltre che per i benefici di tipo ambientale. D’altra parte, a valle del nuovo Codice degli Appal- ti, l’utilizzo delle metodologie BIM è divenuto obbligatorio e si afferma sempre più sia nelle prassi che nelle teorie innescando un circolo virtuoso che si alimenta reciprocamente.

La sinergia tra ambiente BIM, dove le informazioni sono condivise e proprie degli oggetti, e i sistemi CAD/CAM, che permettono di ottenere un prodotto artigianale industrializzando il processo, consente un’ottimizzazione della filiera progettua- le-produttiva in un mondo nuovo delle costruzioni dove diviene tangibile la stretta connessione tra progettazione, produzione e realizzazione. L’evoluzione della prefabbricazione è la custo- mizzazione, con la quale si passa da una produzione di massa ad una personalizzazione diffusa, da una democratizzazione del prodotto ad una democratizzazione della produzione.

Il processo digitalizzato e BIM-based diventa occasione per gestire e verificare l’intera filiera progettuale, in un’ottica di in- teroperabilità tra le varie figure coinvolte e per l’individuazione corretta dei flussi di lavoro tracciabili, così pure per una migliore gestione del cantiere, per i rapporti con la committenza e la fu- tura gestione del manufatto costruito (il facility management).

In quest’ottica, l’innovazione complessiva portata avanti da realtà industriali come quella di Irondom1 riguarda al contempo

il prodotto e il progetto. Questi, infatti, si innovano in paralle- lo e vicendevolmente, con un’innovazione che risiede anzitut- to nel processo. L’esperienza di una piccola e media impresa nel settore delle costruzioni mostra la possibilità di definire un “BIM customizzato” in cui modello architettonico, strutturale e

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Technology and Construction of a New Material Culture

impiantistico siedono allo stesso tavolo. Tale peculiarità rappre- senta un’occasione per gestire al meglio, in questa fase speri- mentale, le logiche processuali BIM tenendo insieme prodotto, progetto e processo.

Nel caso in questione, l’innovazione di processo è premessa per una lavorazione non complessa e non invasiva. Un nastro di lamiera zincata è la materia prima che giunge in officina sot- to forma di rotoli (coils). Dal nastro al prodotto finale il ciclo produttivo avviene mediante un processo di lavorazione in con- tinuo, attraverso l’impiego di un’unica macchina utensile che esegue tutte le operazioni necessarie comandate dal software di modellazione. Tale software2, oltre alla creazione del “file mac-

china”, permette anche di generare i grafici di assemblaggio delle strutture in officina e di montaggio in cantiere. L’assemblaggio, rapido e preciso grazie alle lavorazioni automatizzate, avviene mediante viti di tipo autofilettante o autoperforante; ciò risulta di fondamentale importanza al fine del riutilizzo della struttura.

Dunque, l’aspetto realmente innovativo non consiste tanto nel materiale o nelle singole operazioni elementari di ingegneria, produzione e posa bensì risiede nel processo.

Un “deposito in-sito”: un processo dal prodotto al pro- getto (GV)

La ricerca cui il contributo fa riferimento indaga il progetto nella sua natura processuale e transcalare e nelle sue molteplici temporalità, al fine di avanzare una proposta di metodologia pro- gettuale che trova come dominio di sperimentazione la proget- tazione con sistemi off-site in Light Steel Frame per l’emergen- za post-catastrofe. Si propone, dunque, un progetto aperto, che impieghi sistemi in CFS esaltandone leggerezza e reversibilità, concepito secondo una visione processuale e multiscalare che si può agevolmente gestire mediante la definizione di database informativi digitali.

La proposta fa riferimento alla possibilità offerta da tali siste- mi – per i requisiti di componibilità e reversibilità – di divenire materiale da impiegare nelle diverse temporalità della ricostru- zione con logiche incrementali, reversibili ed adattive consentite dalla costruzione a secco. Eppure «la vera novità non è tanto (o non solo) nel nuovo “prodotto” off-site, quanto piuttosto nei contenuti soft che strutturano le nuove processualità di produ- zione-costruzione» (Russo Ermolli, 2020). Proprio questi con- tenuti informativi divengono lo strumento che rende possibile una innovativa gestione di un progetto complesso come quello dell’emergenza post-disastro interpretato in chiave processuale. In questa direzione, il progetto, coadiuvato e gestito mediante processi digitali BIM-based, punta a velocizzare e a semplificare la realizzazione con processi file to factory, a favorire l’intero- perabilità degli attori, la gestione circolare della costruzione e la strutturazione di una visione processuale del progetto relativa alle diverse temporalità.

La proposta, inoltre, si fa occasione di sperimentazione per azioni di rilancio economico al fine di far interagire in maniera proficua innovazione e culture materiali. Nei processi di recycle, upgrade e upcycle (McDonough, Braungart, 2013) delle archi- tetture e degli insediamenti, che si ipotizza possano scandire la gestione complessa del progetto post-emergenziale, si individua un’occasione, da un lato, per l’impiego di materiali a chilome- tro 0 (un esempio per tutti, l’uso della paglia come isolante) e, dall’altro, per sperimentazioni di tecniche che riattualizzino le culture materiali. A supporto di questa ipotesi vi è la possibilità di stabilire temporanei insediamenti produttivi di sistemi in CFS

2 Il software che coordina l’intero processo è Revit, con l’applicativo MWF di StrucSoft. Questa sinergia permette la modellazione e l’invio diretto in produzione di un progetto in CFS, permettendo di concretizzare il file to factory.

che potrebbero innescare la definizione di un più ampio network – che rimandi alla logica dei FabLab – che ambisca ad un nuovo modello industriale integrato nel tessuto urbano (Naboni, Pao- letti, 2014). Ciò sia al fine di contribuire alla riattivazione delle filiere produttive, sia come espediente per un coinvolgimento attivo degli stakeholder locali che miri alla sperimentazione di processi iterativi e ricorsivi di customizzazione. Si ritiene dun- que che una serialità non-standard, coadiuvata da un approccio progettuale attento alla scala urbana, possa individuare possibili scenari adattivi che sappiano rispondere ad istanze mutevoli e molteplici.

Allo scopo di definire possibili nuovi scenari evolutivi ri- spetto alle attuali prassi produttive e progettuali, le molteplici e variabili temporalità del processo proposte (in alternativa al semplicistico “progetto temporaneo”) fanno sì che la residenza provvisoria assemblata per la fase post-emergenziale possa es- sere reinterpretata, da un lato, come momento di innovazione e integrazione delle culture materiali e, dall’altro, come un depo- sito di materiale soggetto a possibili modificazioni e riconfigura- zioni. In tal senso si ritiene di interesse la possibilità di formare facilmente operatori che possano prender parte ai processi di assemblaggio e disassemblaggio degli elementi delle unità re- sidenziali in CFS. Tali interventi si ipotizza possano avvenire con differenti gradi di modificazione: upgrade prestazionali che intervengono sulla stratigrafia dell’involucro, ricomposizioni o aggiunte di nuovi elementi, smontaggio totale dei componenti in CFS e degli elementi della stratigrafia al fine di riutilizzarli altrove per costruire residenze permanenti e/o altre tipologie di edifici o, ancora, per reimpiegarli in progetti sul costruito nei processi di ricostruzione delle strutture danneggiate.

In conclusione, la proposta metodologico-progettuale di un “deposito in-sito” – grazie all’introduzione della customizzazio- ne nelle prassi produttivo-progettuali e delle innovative tecniche digitali di gestione del processo edilizio – prefigura la possibilità di definire sistemi residenziali aperti per la fase di post-emergen- za che siano incrementali, adattivi e reversibili: un patrimonio, anche nel senso monetario, capace di rendere possibili scenari complessi e dinamici.

References

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Fig. 1

LA MODELLAZIONE INFORMATIVAPERLA MITIGAZIONEDEGLI IMPATTI AMBIENTALIDEGLI EDIFICINZEB

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