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ANALISI DELLA PERFORMANCE DEGLI INVESTIMENTI NEL MERCATO DELL'ARTE

4.5 Il fattore rischio

4.5.2 Correlazione e diversificazione

Tutte le moderne forme della quantificazione del rischio derivano dalla teoria elaborata dall'economista Harry Markovitz, il quale ha sviluppato e formalizzato il concetto di “non buttare tutte le uova in un unico paniere” e l'ha applicato agli strumenti finanziari riguardanti la gestione del portafoglio278. Il modello di

Markovitz fornisce un procedimento per l'individuazione dell'insieme di portafogli efficienti composti da titoli compresi nell'universo delle attività finanziarie con rendimento soggetto a rischio279. Il primo passo consiste

277 Colombini F., De Simoni M. e Mancini A., La gestione dei portafogli finanziari. Modelli e

tecniche per l'attività di asset management. op. cit. p. 40.

278 McAndrew C., Fine Art and High Finance, op. cit. p. 92.

nell'individuazione dei rendimenti e delle deviazioni standard attesi dall'insieme dei titoli a disposizione, oltre ai parametri di variabilità congiunta (la covarianza e il coefficiente di correlazione).

Tre sono i concetti chiave di questa teoria che possono fornire un aiuto importante per comprendere come l'arte possa aiutare a raggiungere la diversificazione ipotizzata da Markovitz. Il primo afferma come il rendimento del portafoglio sia dato dal rendimento medio dei singoli asset presenti nel portafoglio, mentre il rischio totale del portafoglio non è dato dalla media dei rischi dei singoli asset, e sarà generalmente inferiore al rischio medio di ogni bene. Il secondo sostiene come la bassa correlazione tra le componenti del portafoglio azionario comporti un basso livello di rischio (“principio della diversificazione”). Infine, scrive Markowitz, il rischio di ogni singolo bene può essere pensato come costituito da due componenti: il rischio specifico, non sistematico (si riferisce al rischio derivante dai cambiamenti dei prezzi dovuti a determinate condizioni esterne al mercato: questo rischio può essere facilmente eliminato dal portafoglio tramite un'efficiente diversificazione) e il rischio “non specifico” o di mercato (comune a tutte le classi di beni, causato da movimenti interni del mercato: questo rischio può essere misurato semplicemente calcolando il fattore beta

dei singoli beni)280.

Il concetto principale per una corretta gestione di un portafoglio finanziario è quello della diversificazione. Riuscire ad assemblare beni tra loro non correlati garantisce un livello di rischio decisamente inferiore: la diversificazione è semplicemente una strategia che mira a ridurre l'esposizione al rischio semplicemente combinando una varietà di asset diversi tra loro, che quindi non tendono a muoversi nella stessa direzione. L'obiettivo quindi è proprio la creazione di un portafoglio che possa restituire un alto tasso di rendimento ma con un livello di rischio particolarmente basso; mira ad appianare gli effetti rischiosi causati da eventi non sistematici. Quando si combinano insieme due o più titoli, le cattive notizie che influenzano negativamente il rendimento di un bene sono compensate dalle buone notizie che influenzano positivamente il rendimento dell'altro: tali buone o cattive notizie si cancellano l'un l'altra e in tal modo

tecniche per l'attività di asset management.op. cit. pp. 57-58.

riducono il rischio del portafoglio281. La diversificazione quindi può essere molto

efficace per ridurre il rischio, anche se non ne permette la definitiva eliminazione282.

Investire in arte comporta un grosso beneficio alla diversificazione del portafoglio, e non solo in portafogli composti unicamente da titoli economici- finanziari, ma anche effettuando un alto grado di diversificazione in un portafoglio composto unicamente da opere d'arte: è possibile combinare in modo strategico opere appartenenti a diversi artisti e a diverse correnti artistiche283;

ovviamente anche in quest'ultimo caso più varia sarà la selezione delle opere maggiore sarà la possibilità di diminuire il livello di rischio284. La McAndrew

scrive come sia stato dimostrato da diversi studi che non solo i diversi generi d'arte mostrano una bassa se non una negativa correlazione con azioni, obbligazioni e altri asset nel lungo periodo, ma che le stesse opere tra loro risultano essere non correlate.

Si può adottare l'uso di una matrice, che viene raffigurata in Tabella 4.14, per mostrare il diverso grado di correlazione che intercorre tra alcuni asset presi in esempio; la correlazione serve a misurare il grado con cui coppie di beni si muovono nella stessa direzione, e traduce la misura della covarianza in una scala da -1 (o meno 100%) a +1 (o più 100%). Per calcolare la correlazione basta dividere la covarianza per gli scarti quadratici medi dei due titoli285.

Considerando il fattore correlazione, ci sono tre diverse possibilità. Due beni possono mostrare una correlazione positiva: se un bene registra una crescita sul mercato, allora anche l'altro tenderà a crescere; diversamente, se due beni sono correlati in modo negativo, alla crescita dei prezzi di uno, quelli dell'altro crolleranno, e vice versa. Oppure, come ultima possibilità, tra due beni può non esserci alcuna correlazione: i due asset non registrano alcun legame tra loro, e i loro prezzi risultano indipendenti gli uni dagli altri, e possiamo definirli beni incorrelati.

281 Colombini F., De Simoni M. e Mancini A., La gestione dei portafogli finanziari. Modelli e

tecniche per l'attività di asset management. op. cit. p. 11.

282 Ross S. A., Westerfield R. W. E Jaffe J. F., Finanza aziendale. op. cit. pp. 304-306. 283 Ibidem, p. 93.

284 Per quanto riguarda i benefici della diversificazione si veda anche Rigoni U., Finanza

comportamentale e gestione del risparmio. Torino, G. Giappichelli Editore, 2006.

Ma la correlazione può essere anche forte o debole, nel senso che la relazione tra i prezzi dei beni può essere molto significativa come anche molto debole. Più il coefficiente si avvicina a zero (sia dai valori positivi che da quelli negativi) più debole sarà la relazione tra i beni; la perfetta o assoluta indipendenza si raggiunge quando il coefficiente è pari a zero. Gli investitori cercheranno allora di affiancare degli asset che abbiamo una negativa o lievemente positiva (se non proprio uguale a zero) correlazione rispetto a tutti gli altri beni, per migliorare i potenziali benefici della diversificazione.

Il giudizio di ciò che può essere considerata un'indipendenza accettabile può essere altamente soggettivo. Solitamente i manager definiscono un livello accettabile di indipendenza un valore di correlazione inferiore al 50%, sebbene il valore ideale per una bassa correlazione si aggiri intorno al 25%.

Nella tabella 4.14 viene mostrato la matrice, tratta dal libro di Claire McAndrew, che esprime il grado di correlazione tra alcuni asset economico-finanziari e altri provenienti dal mercato dell'arte.

Nella matrice sono riportati i valori della correlazione per tre diversi settori dell'arte comparati all'indice azionario Standard & Poor's 500, all'indice del prezzo dell'oro e a quello dei prezzi dei consumatori (come misura dell'inflazione).

La tabella 4.14 offre un esempio di come i prezzi dell'arte abbiano avuto in diversi periodi una bassa se non negativa correlazione con gli altri indici finanziari; l'indice per i Dutch Old Master, ad esempio, ha una correlazione decisamente negativa sia con l'indice S&P 500 che con quello per i prezzi dell'oro: questi asset si muovono in direzioni completamente diverse. I risultati indicano come ci sia l'effettiva possibilità di includere le opere d'arte in un portafoglio azionario, garantendo una notevole diversificazione286.

Nella matrice sono riportati i valori della correlazione per tre diversi settori dell'arte comparati all'indice azionario Standard & Poor's 500, all'indice del prezzo dell'oro e a quello dei prezzi dei consumatori (come misura dell'inflazione).

La tabella 4.14 offre un esempio di come i prezzi dell'arte abbiano avuto in diversi periodi una bassa se non negativa correlazione con gli altri indici finanziari; l'indice per i Dutch Old Master, ad esempio, ha una correlazione decisamente

negativa sia con l'indice S&P 500 che con quello per i prezzi dell'oro: questi asset si muovono in direzioni completamente diverse. I risultati indicano come ci sia l'effettiva possibilità di includere le opere d'arte in un portafoglio azionario, garantendo una notevole diversificazione287.

Tabella 4.14 Matrice con i diversi gradi di correlazione degli asset in esame, 2008-2009 Dutch Old Masters American Pop Art Italian Contemporary S&P 500 CPI YOY Gold Spot $/oz. Dutch Old Masters 1 0,7 -0,82 -0,77 -0,37 -0,7 American Pop Art 0,7 1 -0,31 -0,21 0,3 -0,62 Italian Contempora ry -0,82 -0,31 1 0,96 0,73 0,4 S&P 500 -0,77 -0,21 0,96 1 0,81 0,41 CPI YOY -0,37 0,3 0,73 0,81 1 0,08 Gold Spot $/Oz. -0,7 -0,62 0,4 0,41 0,08 1

Fonte: McAndrew C., Fine Art and High Finance.

È sempre bene ricordare come queste statistiche sulla correlazione indichino sì la direzione e l'estensione delle associazioni tra i diversi asset, ma non rivelino nulla riguarda alla causalità. Ad esempio, la correlazione tra i Dutch Old Masters e S&P 500 è negativa per un valore pari a -0,77%, ma questo valore non indica quale effetto può comportare, ad esempio, una crescita del 10% dell'indice S&P 500 sui prezzi delle opere dell'artista Jan Davidsz de Heem; la matrice di correlazione mostra semplicemente valori che si riferiscono all'andamento passato.

Inoltre, non bisogna pensare che un aumento dell' 1% dei prezzi dell'indice di S&P 500 comporti necessariamente un rialzo dei prezzi degli altri asset.

La diversificazione dei vari beni (o, come viene definita, asset allocation) è il fondamento di ogni investimento prudente e di successo per il lungo periodo.

Questo è l'unico modo possibile per cercare di ridurre al minimo il livello di rischio a cui viene continuamente esposto il portafoglio finanziario. Si è visto nei capitoli precedenti come le case d'asta pubblichino i cataloghi con tutte le informazioni riguardanti le opere in vendita qualche settimana prima della seduta; questo per fare in modo che i collezionisti abbiano tutto il tempo di valutare se e cosa comprare. Nei cataloghi vengono forniti due prezzi, quello di stima massima e quello di stima minima. Tra questi due prezzi si trova il prezzo di riserva del venditore, che però non viene mai rivelato (ogni casa d'asta ha il proprio modo di porre i prezzi di massima e di minima in relazione a quello di riserva). Guardando alla relazione che intercorre tra i prezzi di vendita raggiunti nel mercato e quelli precedenti di stima si può cercare di valutare il rischio relativo ad un investimento in arte. In questo caso, il rischio può essere valutato attraverso la deviazione tra il prezzo di vendita e quello che la casa d'asta sperava di ottenere (quindi il prezzo di stima massimo). Se il prezzo finale di un'opera risulta essere al di sopra di quello di stima, si registra un inaspettato beneficio dovuto al rialzo delle quotazioni; se, al contrario, l'hammer price è a un livello inferiore, si potrebbe essere in presenza di un effetto di downside.

Supponendo che le stime degli esperti siano effettuate in modo coerente ed efficiente288, si può andare a calcolare questa variazione dei prezzi. La McAndrew

ha quindi introdotto nel suo lavoro il termine di hammer ratio, indicando così il rapporto tra il prezzo di vendita dell'opera (l'hammer price) e la media delle stime dell'opera. Viene indicato dal rapporto:

HR = P/M

dove l'hammer ratio (HR) è uguale al prezzo di vendita (P) diviso per la media tra le due stime (M).

Invece di guardare alle variazioni dei prezzi nel tempo, gli investitori possono

288 La McAndrew sottolinea come in un suo studio precedente, in collaborazione con Thompson,

abbia analizzato il comportamento degli esperti delle case d'asta per valutare se le loro stime potessero essere soggette a delle distorsioni volontarie (come ad esempio hanno sostenuto Mei e Moses nel loro studio). Sono arrivati alla conclusione che gli esperti non avrebbero interesse a sovrastimare, e tanto meno a sottostimare, le stime delle opere; i valori che vengono indicati derivano da un lavoro accurato sugli indici e sulle quotazioni dei singoli artisti. Cfr, McAndrew C.,

guardare al valore di questo rapporto. Nella figura 4.8 viene mostrato un esempio289 di questa applicazione prendendo a riferimento le opere dei pittori

impressionisti francesi. Si nota subito guardando la figura come la distribuzione dell'hammer ratio non sia simmetrico, ma anzi, è decisamente inclinato verso destra.

Figura 4.8 Tassi di Hammer Ratio calcolati per le opere degli impressionisti.

Fonte: McAndrew C., Fine Art and High Finance.

L'analisi del portafoglio attraverso lo studio delle proprietà della distribuzione congiunta dei suoi elementi trova una naturale applicazione nella valutazione del rischio connesso alle fluttuazioni future del suo valore, in particolare a quelle variazioni di valore di segno negativo contro le quali si intende cautelarsi, o che servono a sintetizzare le caratteristiche di rischiosità del portafoglio medesimo290.

A questa esigenza risponde una misura semplice e sintetica nota come Value at Risk.

Il Value at risk, o VaR, è un tipo di analisi usata nel mercato finanziario per fornire una stima del valore che si può perdere nella detenzione di un portafoglio in un

289 Cfr, McAndrew C., Fine Art and High Finance, op. cit.

290 Gallo G. M. e Pacini B., Metodi quantitativi per i mercati finanziari. op. cit. p. 333.

0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8 2 2,2 2,4 2,6 2,8 3 0 50 100 150 200 250 hammer ratio n u m e ro d i o p e re

determinato arco temporale.

Nel caso di normalità dei rendimenti, il rischio legato alla detenzione di un portafoglio può essere misurato tramite la varianza del rendimento; una metodologia proposta da J. P. Morgan (1995) effettua la misurazione del rischio in termini della varianza della ricchezza finale dell'investitore anziché della varianza dell'investitore291. Partendo dalla conoscenza della probabilità dei rendimenti di un

portafoglio in un certo orizzonte temporale, il VaR corrisponde al valore della massima perdita in cui si può incorrere nel futuro292.

Solitamente si tende a misurare il lato sinistro della distribuzione dell'hammer price (si faccia sempre riferimento alla figura 4.8), dove il valore HR è minore di 1, ovvero dove i prezzi hanno reso meno di quanto ci si aspettava. Dalla distribuzione dei valori nel grafico, un analista può derivare tutto un insieme di fattori che indicano la presenza del downside risk per l'investimento in arte. Ma anche un comune investitore può percepire importanti informazioni guardando alla distribuzione dell'hammer ratio: la distribuzione tende a concentrarsi soprattutto a destra. La maggior parte dei valori di HR sono maggiori di 1, e questo significa che i prezzi di vendita hanno superato quelli di stima. Ovviamente questi sono quei beni su cui spera di investire ogni individuo. I beni, invece, che hanno un valore HR inferiore a 1, rappresentano il downside risk. La varianza di una distribuzione dei rendimenti è una misura di quanto i rendimenti realizzati si scostino dal rendimento medio; in quanto tale, la varianza riflette sia i rendimenti superiori al rendimento medio (upside risk) che quelli inferiori (downside risk)293. Spesso però la nozioni di rischio viene associata

solamente al suo aspetto negativo, quindi al downside risk; esiste una misura, detta semi-varianza, che riflette proprio questo fattore. Per calcolarla basta sostituire nella formula della varianza i rendimenti realizzati inferiori al rendimento medio di portafoglio294.

291 Gallo G. M. e Pacini B., Metodi quantitativi per i mercati finanziari. op. cit. p. 50.

292 Nel caso in cui l'orizzonte temporale sia uguale a un giorno, il termine utilizzato è Daily

Earnings at Risk o DEaR; il VaR sarà allora calcolato moltiplicando il valore DEaR per la radice quadrata dell'orizzonte temporale τdesiderato. Cfr, Gallo G. M. e Pacini B., Metodi quantitativi

per i mercati finanziari. op. cit. p. 334.

293 Damodaran A., Finanza aziendale. op. cit. p. 57

294 Se i rendimenti seguono una distribuzione normale, la semi-varianza e la varianza coincidono;

ma se i rendimenti seguono una distribuzione non-simmetrica, semi-varianza e varianza possono differire notevolmente. Cfr, Damodaran A., Finanza aziendale. op. cit. p. 57.

Quindi, quando parliamo di downside risk ci riferiamo a quei valori dei prezzi raggiunti dal bene investito che sono sotto a una soglia minima posta dall'investitore. Rappresenta la differenza tra il rendimento effettivo e il rendimento atteso (se quello effettivo è inferiore a quello atteso). Il downside risk può essere espresso dalla formula:

Dsr =

Σi=1

n

[

Eri

(

ifEri≤0

)]

2

n−1

In generale, le misure di downside risk sono legate alla definizione di “momento negativo parziale” (LPM), ossia alla misura statistica della parte sinistra, o comunque della parte di perdita, della distribuzione di probabilità dei rendimenti295.

Ad ogni modo, nonostante l'analisi dell'hammer ratio possa fornire un'indicazione sull'andamento delle opere in esame, è insufficiente per misurare il downside risk, soprattutto a causa della mancata inclusione delle opere soggette al fenomeno del buy-in nell'analisi296. La figura 4.8 rappresenta quindi un'analisi parziale: per

essere incluse nel grafico, le opere devono aver registrato una vendita con un minimo di successo. Nella figura 4.9 sono stati inseriti anche i valori di buy-in. I dati di buy-in risultano di fondamentale importanza per l'analisi che ne deve fare l'investitore: infatti considerando il nuovo grafico, in figura 4.9, si può facilmente osservare come il segmento del downside risk sia aumentato notevolmente rispetto a quello precedente. Considerare solo le vendite che, come scrive la McAndrew, hanno avuto successo, può ingannare un investitore inesperto.

295 Cherubini U. e Della Lunga G., Il rischio finanziario. Milano, McGraw Hill, 2001. pp. 154-155. 296 Si veda a questo proposito Frova S., Galbiati P. e Massari M., Cambiamento e rischio aziendale.

Figura 4.9 Aggiunta dei valori di bought-in a quelli dell'Hammer Ratio

Fonte: McAndrew C., Fine Art and High Finance.