LA RICERCA SUL GENERE NEI SERVIZI ALLA PRIMA INFANZIA IN UMBRIA
3. Che cos’è accaduto?
Si proverà ora a spiegare le ragioni e le difficoltà che hanno impedito la conclusione della ricerca.
Il primo aspetto riguarda il ruolo giocato da chi opera nei servizi e chi ne usufruisce. La distinzione è necessaria perché se ci siamo riferiti ad un clima di contrasto e di pre- giudizio nei confronti del tema della ricerca, questo si è manifestato non solo da parte di una pubblica opinione esterna e/o dai genitori, ma si è certamente percepito anche da parte degli operatori/trici dei servizi medesimi. Si vuole, infatti, precisare che il progetto di ricerca è stato presentato al gruppo del Centro di Documentazione, di cui fanno parte tutti i coordinatori/trici dei servizi alla prima infanzia della Regione, pubblici e privati e le rappresentanti dell’Università di Perugia, che hanno approvato in sede di programmazione triennale il progetto. Progetti che non avevano ricevuto la quota economica, a causa del mancato finanziamento annuale regionale. Ciò non è stato d’impedimento all’avvio della ricerca stessa, poiché si è deciso di utilizzare il fondo della ricerca di base personale, circa 2.000,00 euro. Si ricorda come in generale le disponibilità finanziare per fare ricerca spesso si riducono a poche migliaia di euro e che comunque l’obiettivo primario del progetto risiedeva nella possibilità di poter esplorare la realtà dei servizi alla prima infanzia rispetto al tema e si era ben coscienti di non poter realizzare una ricerca capace di sondare un vasto campione.
Con l’approvazione del progetto di ricerca sembravano non esservi particolari ostacoli, ma poi andando ad esaminare i dati, solo il 35% circa degli educatori/trici, su un totale di circa 500 unità, ha, di fatto, proceduto alla compilazione del questionario on-line. Alcuni/e hanno motivato la mancata compilazione adducendo problemi nel sistema informatico, altri nel non poter utilizzare il computer presente in sede, facendo subito emergere una non completa adesione al progetto. Le giustificazioni hanno, di fatto, dimostrato, se non il boicottaggio del progetto, quanto meno il disinteresse.
Continuando l’analisi dei dati passiamo ora ad esaminare quelli riguardanti la compilazione del questionario cartaceo. Come già detto, non potendo contare su numeri precisi, rispetto ai genitori, sono invece certi i numeri dei piccoli frequentanti le strutture, che sono tra loro molto varie sia per numerosità degli utenti, sia per la definizione delle attività caratterizzanti. Si tratta di 11.874 soggetti, di cui 6.153 maschi e 5.721 femmine, così distribuiti per età:
Bambini da 0 a 11 mesi Bambini da 12 a 23 mesi Bambini da 24 a 35 mesi Bambini da 36 mesi in poi Totale 1216 4471 5733 454 11.874 Fonte: Fornari 2015, p. 444
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Considerando il totale dei bambin* che frequentano i servizi umbri, il numero dei questionari cartacei compilati dai genitori sono stati solo 582. Una delle ragioni è sicuramente da rintracciare nell’impossibilità di seguire direttamente la distribuzione dei questionari. Di questi più della metà si sono espressi favorevolmente alla prosecuzione della ricerca, aderendo alla seconda fase (focus group), senza atteggiamenti polemici o critici nei confronti della tematica del “genere”. Solo alcuni genitori avevano posto delle riserve che li hanno portati a decidere di non compilare i questionari e/o di compilarli aggiungendo alcune annotazioni scritte per manifestare critiche o dubbi circa i fini della ricerca stessa. Si è trattato però di un numero esiguo, circa una decina sul totale dei questionari compilati. Il 53% di risposte positive ha fatto comunque ben sperare nella possibilità di iniziare l’approfondimento tematico previsto con la realizzazione di focus group nei diversi servizi della regione.
È necessario sottolineare che l’impossibilità di svolgere un lavoro preliminare, a causa delle ridotte disponibilità economiche, ha di fatto inciso negativamente sul numero dei questionari compilati dagli educatori/trici e dai genitori. Il mancato controllo nella distribuzione e nella compilazione dei questionari online e cartacei da parte dei coordinatori/trici delle diverse zone sociali ed il conseguente ritardo nel ritiro degli stessi hanno ridotto la possibilità di ricevere un numero di questionari più elevato. La mancata possibilità di presentazione della ricerca ai genitori, ma anche agli/lle educatori/trici delle diverse strutture, ha di fatto portato a tali risultati. Si deve infatti, riconoscere che la mancata adesione al progetto di ricerca, trova una ragione proprio nel non essere riusciti a sensibilizzare, in primis i genitori facendo capire loro i reali obiettivi, e potendo così stabilire un momento di incontro importante, anche dal punto di vista formativo. Lo stesso errore è stato commesso nei confronti di chi opera nei servizi, avendo demandato questo compito coordinator* dei servizi e che di fatto non si sono sentiti coinvolti e/o interessati. In questo senso si può dedurre che i genitori che hanno aderito sono coloro che hanno potuto interagire col personale dei servizi favorevoli alla ricerca e che ne hanno promosso la partecipazione spiegando il fine dell’iniziativa e l’importanza delle loro risposte. Secondo gli studi sulle metodologie e le tecniche della ricerca di tipo quantitativo (Corbetta 2003), eseguita attraverso l’uso del questionario, la percentuale di risposte positive – com’è del resto ovvio - si riduce (pp. 179-189), soprattutto se la somministrazione dello strumento di rilevazione non viene seguita ed accompagnata. In questo senso la lettera di accompagnamento al questionario non poteva certo sostituirsi alla presentazione da parte dei ricercatori, ma poteva coadiuvare la scelta di rispondere o meno al questionario conoscitivo. In seguito si è scoperto che in molti casi la lettera di presentazione non era stata allegata al questionario e che le educatrici dei servizi non erano state incoraggiate a presentarlo, così come non si sono preoccupate di distribuirlo nei tempi e nei modi indicati, per favorire un maggiore ritorno in termini statistici dei questionari stessi.
Chi scrive, ritiene che uno dei punti più importanti per la costruzione di un sistema integrato dei servizi educativi per l’infanzia di qualità, deve contare sempre più sulla presenza dei genitori e delle famiglie: la condivisione del loro punto di vista, l'attenzione ai loro bisogni contribuisce ad innalzare il livello di qualità dei servizi stessi. I genitori e le famiglie che si rivolgono al nido hanno bisogni differenti di cura, di educazione, d’integrazione sia familiare sia sociale. Il nido deve garantire, secondo le specificità delle famiglie, la crescita dei bambini in stretta collaborazione con le stesse e pertanto
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sostenere e sollecitare la loro partecipazione alla vita del nido, come aveva evidenziato anche nella sua ricerca Laura Cipollone (a cura di, 1999). La ricerca poteva quindi essere un momento per riflettere e confrontarsi con le famiglie e i genitori sui nuovi bisogni dei loro bambini rispetto a domande che non sono mai scontate, quelle cioè che riguardano la relazione, in particolare tra i bambini e le bambine, con i loro genitori e con tutti quelli che a diverso titolo abitano il loro tempo e i loro spazi, come gli educatori e le educatrici. Si è valutato comunque di avviare la seconda parte della ricerca, contando su quel 53% di genitori che avevano accettato di essere contattati per gli approfondimenti tematici successivi. Con l’autorizzazione dell’ente promotore si è quindi proceduto, chiedendo nuovamente l’adesione a questa nuova fase dei coordinatori/trici dei servizi. Di questi, la maggior parte hanno così deciso di non aderire alla ricerca, adducendo ragioni diverse, come la partecipazione ad altri progetti o l’impegno in altre attività formative. Hanno confermato la loro adesione allo svolgimento della seconda fase della ricerca solo le coordinatrici dei Comuni di Castiglione del Lago, Gubbio e Perugia. Si tratta di tre comuni importanti, anche se rappresentativi della sola Provincia di Perugia. Nell’aprile 2016 si è così comunque proceduto alla programmazione di una serie di seminari preliminari per informare e sensibilizzare sul tema il personale dei servizi, i genitori, ma anche la cittadinanza, trattandosi di seminari aperti, volti alla presentazione della ricerca, le sue finalità e per acquisire le adesioni alla fase di approfondimento attraverso l’uso dei focus group.
Del primo seminario previsto a Castiglione del Lago, si era già stati avvisati della scarsa partecipazione e del fatto che l’assessore comunale coinvolto sarebbe arrivato solo in tarda serata. Il clima contrario all’iniziativa era frutto di una serie di eventi che avevano portato, tra l’altro, il Parroco del paese ad allertare i genitori in merito alle iniziative riguardanti il “gender” e agli effetti negativi sui loro figli. Il clima di depistaggio era ormai evidente, tanto che si era coscienti che al seminario pochi sarebbero stati i partecipanti. Così è stato: si sono presentati un numero ristretto di educatrici e ancor meno di genitori. Tra i genitori vi erano anche le così dette “sentinelle”, ovvero persone silenti che presiedono i luoghi in cui si dibatte di argomenti ritenuti “problematici” e sui quali “vigilare” per il bene della comunità. Naturalmente queste persone non amano stabilire un contatto attraverso un dibattito, ma si limitano ad ascoltare e poi si attivano per diffondere tra le persone non presenti delle informazioni circa quanto è stato detto. In queste condizioni di fatto il seminario è stato la presa d’atto del rifiuto della ricerca e che non sarebbe stato possibile svolgere nessun tipo di approfondimento successivo. Il secondo seminario previsto per i primi giorni di giugno a Gubbio si è svolto regolarmente, vedendo questa volta una partecipazione numerosa di educatrici, genitori e rappresentanti dell’amministrazione comunale, che a diverso titolo si sono presentati per sollecitare il dibattito, coinvolti dall’interesse per l’argomento e per testimoniare che il Comune era favorevole all’ampliarsi della discussione sui temi delle differenze di genere. Gli amministratori comunali erano, infatti, sensibili a tale argomento anche alla luce di altre problematiche non distinte da questa, ovvero gli atti di bullismo tra adolescenti e l’incremento delle violenze di genere che ha visto nella nostra Regione numerosi casi di femicidi e dell’aumento della violenza domestica. Ciò ha permesso di presentare la ricerca, discutere delle differenze di genere rispondendo anche alle domande dei genitori che richiedevano chiarimenti, soprattutto rispetto ad affermazioni stereotipate e retrograde, o a vere e proprie falsità intorno al mondo “gender”. Questo
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incontro stava facendo quindi ben sperare nell’accoglimento di adesioni per svolgere i focus group che avrebbero visto coinvolti gli educatori/trici e i genitori.
Il terzo seminario doveva svolgersi presso uno dei nidi del Comune di Perugia. L’amministrazione comunale ha iniziato a chiedere alla coordinatrice di rete del Comune di dare conto di ogni singola attività formativa e di attendere l’approvazione da parte della Giunta Comunale. Per questo motivo si è inviata richiesta scritta spiegando tutte le ragioni della ricerca e del lavoro svolto sino a quel momento, così come dei passaggi successivi, con dettaglio sulle modalità e le tempistiche dei seminari che si sarebbero dovuti svolgere presso le loro strutture comunali. Si è ancora in attesa di una risposta scritta da parte dell’amministrazione comunale. Ci si è chiesti le ragioni della mancata risposta alle richieste di poter continuare a svolgere la ricerca, ma il silenzio è stata l’unica risposta e questo da conto del clima culturale che caratterizza alcuni luoghi del Comune di Perugia e della Regione Umbria. Si precisa inoltre, che in quel periodo era iniziata una campagna contro tutto ciò che prevedeva l’uso del termine “genere” o “gender”; attività promossa principalmente da un collega dell’università e Consigliere del Comune di Perugia, facente parte anche del Consiglio Regionale dell’Umbria, che ancora oggi continua nella sua iniziativa, come è possibile vedere consultando il suo personale sito internet. In questo contesto si è instaurata una vera e propria contrapposizione tra due schieramenti – i pro e i contro “gender” - soprattutto riguardo all’ambito educativo, scolastico e della formazione in generale.
Era quindi chiaro che ormai non vi era più la possibilità di proseguire e di giungere a delle conclusioni, potendo contare solo sui dati esplorativi della prima fase e che non è possibile considerarli indicativi senza l’approfondimento previsto.