• Non ci sono risultati.

LA RICERCA SUL GENERE NEI SERVIZI ALLA PRIMA INFANZIA IN UMBRIA

5. Le origini della ricerca Nulla nasce per caso

Come si è accennato la ricerca nella fascia 0-6, ma soprattutto in quella 0-3, nel nostro paese non ha mai incontrato grande interesse. La riflessione sulla prima infanzia in generale è sempre stata a macchia di leopardo, faticando a spogliarsi dell’ideologia di

9

Da questo Anno Accademico sono Coordinatrice del Corso di Studio magistrale in Consulenza Pedagogica e Coordinamento di Interventi Formativi, presso il Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione.

10

Eurydice (2009) Differenze di genere nei risultati educativi: Studio sulle misure adottate e sulla situazione attuale in Europa, ricerca consultabile sul sito http://www.eacea.ec.europa.eu, consultato in data 14.10.2016.

11

La disparità di genere nel mondo dell'educazione è stata confermata da una recente ricerca europea dell’OECD (Better Policies for Better Lives), Gender imbalances in the teaching profession, 2017, in cui si evidenzia ancora una volta, la femminilizzazione dell'insegnamento, processo in continua ascesa, che ha raggiunto il 68% come media dei Paesi oggetto di studio. Nella ricerca si sottolinea come il dato tendenziale della femminilizzazione del ruolo docente, in Europa, sia destinato a crescere, in quanto le sedi deputate alla formazione dei docenti sono quasi esclusivamente al femminile. La presenza delle donne dietro la cattedra arriva al 97% nella scuola dell'infanzia, all’85% nelle scuole primarie, al 68% nelle medie e rimane superiore alla media (58%) anche negli istituti superiori europei. Ricerca che ci rassicura in merito ad un processo che in Italia si manifesta con dati ancora più marcati e che la vede protagonista ormai da quarant’anni. Ricerca consultabile sul sito: http://www.oecd- ilibrary.org/docserver/download/54f0ef95-

en.pdf?expires=1490261305&id=id&accname=guest&checksum=62932E4FEF2E87B1F98F06BFF81C0D79, consultato in data 12.03.2017.

157

genere che la muove e l’alimenta. In termini educativi l’obiettivo è mettere bambini e bambine, fin dall’ingresso nei servizi per la prima infanzia, nella condizione e nell’opportunità di poter esplorare, sperimentare e sviluppare nella maniera più autonoma possibile interessi, gusti, abilità, posture, approcci al gioco e alla relazione molteplici e differenti, perché, di fatto come scrive Loredana Lipperini (2007) “difendendo le bambine diligenti dai maschi disturbatori, nei primi giochi e all’asilo, si condanneranno entrambi” (p. 13). L’apprendimento di genere dovrebbe sempre più configurarsi come la costruzione di progetti dove l’esistere di ciascuno trova confini e sentieri tanto nelle strutture euristiche della cultura in cui si è immersi che nella libertà del proprio pensare-sentire-agire, in una danza continua che consente di rivedere e rileggere vincoli e possibilità. Compito dei professionisti dell’educazione è quindi – come precisa Moira Sannipoli - da un lato quello di approfondire studi e ricerche sul genere insieme con un progressivo lavoro su di sé e sulle proprie mappe implicite ed esplicite che definiscono i territori di sperimentazione di bambini e bambine e dall’altro offrire possibilità di piste esistenziali che rispettino la diversità e le differenze, riconoscendone un senso prima che attribuendone dei significati (2015). Così come Fregona e Quaranti (2011) evidenziano quanto scrivono: “l’identità di genere (essere maschio, essere femmina) si struttura sempre dentro una relazione [e] il difficile equilibrio che si dovrebbe raggiungere è quello di tenere insieme uguaglianze e differenze perché nessuna delle due da sola è sufficiente” (p. 22). Attraverso la condivisione e la discussione delle esperienze, la costruzione di saperi su questi temi, che parte dall’osservazione e dall’ascolto in classe, emerge chiaramente il ruolo di mediatrice che la maestra e/o l’educatrice ricopre quando legge un libro, racconta una storia, sceglie un registro della voce, un linguaggio, quando seleziona i gesti, quando commenta o sorvola riguardo a dei comportamenti, esalta o svaluta dei caratteri o delle azioni o quando assegna dei compiti. È necessario dunque saper decifrare i modelli che consciamente o meno stiamo veicolando, per essere in grado di mediarli in modo sereno e consapevole. La ricerca presentata voleva fornire il proprio contributo sul tema, precisando che per quanto l’Umbria sia una realtà regionale piccola e poco coesa, in cui le diverse zone sociali rappresentano modalità di approcci non omogenei, ha sempre avuto un’attenzione forte al sociale, in particolare ai servizi per la prima infanzia. Nella Regione, diverse sono state le manifestazioni d’interesse e di confronto sul tema ed anche per questo la ricerca presentata voleva riprendere un discorso già avviato. Si ricorda sinteticamente, l’importante contributo di Laura Cipollone (2012), che negli anni Novanta ha posto al centro dei suoi studi il tema dell’educazione alla differenza di genere nei nidi umbri, oltre che il suo impegno per i servizi dedicati all’infanzia. Le sue ricerche sono quindi state antesignane in Umbria e nessuno è mai intervenuto per criticare o opporsi ai suoi interessi di studio e ricerca. Tematiche riguardanti anche la questione della differenza di genere, essenziale perché investe la costruzione dell’identità dei bambin*, e che rende necessaria una pedagogia ed una sociologia delle differenze. Un lavoro realizzabile – come precisano nel loro contributo Floriana Falcinelli e Paola Falteri - solo quando le educatrici e gli educatori sono formati (2005), quando ricevono gli strumenti per sviluppare una riflessione sull’essere donne, in relazione all’infanzia (quella propria e dei piccoli di cui si prendono cura), alle famiglie, alle colleghe. Da qui la necessità della formazione di tutti coloro che operano nei servizi alla prima infanzia, non solo per far acquisire apprendimenti utili per lo svolgimento della propria funzione professionale, ma anche nella logica di una crescita, possibile solo

158

quando la formazione è legata alla ricerca e poter così maturare una maggiore consapevolezza sia nella fase della progettualità, sia nella routine del servizio (Falteri, Archetti 2011, pp. 9-21). La ricerca-formazione diviene il luogo per poter discutere, riflettere e costruire insieme (ricercatori e utenti) un confronto, che di per sé è crescita, superamento della logica emergenziale e del quotidiano. Sviluppare un habitus, un modo per essere capaci di ridiscutere i propri confini relazionali e identitari (Boudier 1998). Processi ancora più necessari quando sono in atto cambiamenti relativi alle modalità di costruzione dell’identità. Ancor più quando ci si occupa della differenza sessuale e di genere, in un ambito come quello dei servizi alla prima infanzia in cui i luoghi di vita, ma anche i giochi e i giocattoli con i quali esprimono il loro essere maschietti o femminucce non è mai neutro, anzi “i modelli impliciti che (le) naturalizzano sono molteplici, anzi onnipresenti. Abituarsi a decodificarli, magari partendo da se stesse e dalla propria storia personale, è il primo passo per decostruirli e cambiarli” (Falteri 2000).

Si sottolinea, in conclusione, che il contesto di vita e relazionale di chi opera nei servizi della prima infanzia e dei loro utenti è certamente cambiato per diverse ragioni che non possono qui essere analizzate, ma che nulla hanno a che fare con l’idea del gender. Si voleva e si vorrebbe riflettere meglio sulla necessità di conoscere e saper affrontare le differenze di “genere”, e di quanto queste incidano sui processi socio-educativi nei servizi alla prima infanzia, in una società italiana misogena e tradizionalista, che con grande difficoltà riesce a pensarsi come società plurale e rispettosa delle differenze, di qualunque differenza si tratti. Tutto ciò si ritiene essere un lavoro che non può essere troppo a lungo rinviato, data la necessità per il nostro Paese di veder crescere una maggiore sensibilità verso tutti i temi delle differenze e delle disuguaglianze (Zanfrini 2011). Solo dopo sarà attuabile il processo d’integrazione e condivisione dei diversi modi di “fare” famiglia, senza ideologie o aut aut, ma nell’idea dell’et et; realtà diverse che possono convivere, senza perseguire una logica di perfezione, per costruire un modello al quale “tutti e tutte” debbano riferirsi tacitamente.

In conclusione, anche se non è stato possibile raggiungere l’obiettivo prefissato, resta l’impegno nel tentare di riprendere il percorso là dove si era interrotto, migliorando gli errori metodologici e sperando di non incontrare altri ostacoli ideologici sul proprio cammino.

Bibliografia

Belotti V., La Mendola S. (a cura di) (2010) Il futuro nel presente. Per una sociologia delle bambine e dei bambini, Milano: Guerini & Associati.

Bourdieu P. (1998) Il dominio maschile, Milano: Feltrinelli.

Cipollone L. (2012) Educare alla differenza. La ricerca e la passione di una vita (scritti 1980-2001), a cura di C. Carnieri, Perugia: Morlacchi.

Cipollone L. (2001) Madri e padri, lavoro di cura e rapporto con figlie e figli, in Cura dell’infanzia e uso dei servizi nelle famiglie con bambini da 0 a 3 anni. Una ricerca a Città

159

di Castello e Gubbio, Quaderni del Centro per l’Infanzia e l’Età Evolutiva – Regione dell’Umbria. Assessorato alle Politiche Sociali, Perugia: 103-113.

Cipollone L. (a cura di) (1999) Strumenti e indicatori per valutare il nido. Un percorso di analisi della qualità di un servizio educativo in Umbria, Bergamo: Junior.

Cipollone L. (1991) Bambine e donne in educazione, Milano: FrancoAngeli.

Corbetta P. (2003), La ricerca sociale: metodologia e tecniche. Vol. II Le tecniche quantitative, Bologna: il Mulino.

Decataldo A., Ruspini E. (2014) La ricerca di genere, Roma: Carocci.

Eurydice (2009) Differenze di genere nei risultati educativi: Studio sulle misure adottate e sulla situazione attuale in Europa, testo disponibile al sito http://www.eacea.ec.europa.eu, consultato in data 14.10.2016.

Falcinelli F., Falteri P. (a cura di) (2005) Le educatrici dei servizi per la prima infanzia. Contributi di ricerca e riflessione su una professionalità in mutamento, Bergamo: Junior. Falteri P. (2001) L’immagine dell’autonomia di bambini e bambine sotto i tre anni e il sistema di attese dei loro genitori, in Cura dell’infanzia e uso dei servizi nelle famiglie con bambini da 0 a 3 anni. Una ricerca a Città di Castello e Gubbio, Quaderni del Centro per l’Infanzia e l’Età Evolutiva - Regione dell’Umbria, Assessorato alle Politiche Sociali, Perugia: 23-40.

Falteri P. (2000) Formazione, ricerca, spazi di incontro con le madri, Bambini e Bambine in Umbria, supplemento a Bambini, XVII, 6.

Falteri P., Archetti M. (2001) Il percorso formativo e la metodologia della ricerca, in Cura dell’infanzia e uso dei servizi nelle famiglie con bambini da 0 a 3 anni. Una ricerca a Città di Castello e Gubbio, Quaderni del Centro per l’Infanzia e l’Età Evolutiva - Regione dell’Umbria, Assessorato alle Politiche Sociali, Perugia.

Fornari S. (2015) Bimbi e bimbe nei nidi: giochi, relazioni, diversità, madri, padri, in AUR, L’Umbria contemporanea una lettura di genere, Perugia: AURapporti, 431-452.

Fornari S. (a cura di) (2009) Essere o fare famiglia. La famiglia come istituzione sociale plurale, Torino: Utet.

Fornari S. (a cura di) (2017) Genere e modelli educativi. Voci dal mondo dell’educazione e dei servizi, Pisa: Pacini.

Fregona R., Quaranti C. (2011) Maschi contro femmine? Giochi ed attività per educare bambini e bambine oltre gli stereotipi, Trento: Erickson.

160

Fustini T. (2007) Educazione partecipata e corresponsabilità educativa tra famiglia e nido d’infanzia: il volto nuovo dei servizi educativi, Rivista Italiana di Educazione Familiare, 2: 58-65.

Ghigi R. (2009) Le bambine ancora da una parte? Prospettive e ricerche contemporanee sul genere e l’infanzia, Infanzia, 5: 325-330.

Gianini Belotti E. (1973) Dalla parte delle bambine. L'influenza dei condizionamenti sociali nella formazione del ruolo femminile nei primi anni di vita, Milano: Feltrinelli. Leonelli S. (2009) Sulla necessità di continuare a indagare il genere nelle scuole e nei servizi educativi, Infanzia, 5: 346-350.

Lipperini L. (2007) Ancora dalla parte delle bambine, Milano: Feltrinelli.

Malavasi L. (2010) Fare educazione al maschile, Bambini, 3: 11-14.

Mapelli B. (2013) Introduzione, in R. Torti Mamma, perché Dio è Maschio, Cantalupa (TO): Effatà Editrice: 7-49

Piccone Stella S., Saraceno C. (a cura di) (1996) Genere. La costruzione sociale del femminile e del maschile, Bologna: il Mulino.

Risman J. R. (2012) Gender as a Social Structure: Crossing Disciplinary Boundaries to Advance Science and Equality, AG About Gender, 1, 2: 1-29.

Rossi E. (2009) La socializzazione e l’educazione di genere nella prima infanzia: prospettive teoriche ed esempi di ricerca, Infanzia, 5: 337-341.

Ruminati R. (2010) Donne e uomini. Si nasce o si diventa, Bologna: il Mulino.

Ruspini E. (a cura di) (2006) Donne e uomini che cambiano. Relazioni di genere, identità sessuali e mutamento sociale, Milano: Guerini.

Sannipoli M. (2015) Diversità e differenze nella prospettica coevolutiva, Milano: Franco Angeli.

Sapegno M.S. (2014) Scuola ed educazione al genere, in Id. (a cura di) La differenza insegna. La didattica delle discipline in una prospettiva di genere, Roma: Carocci. Satta C. (2012) Bambini e adulti la nuova sociologia dell’infanzia, Roma: Carocci.

Zanfrini L. (a cura di) (2011), Sociologia delle differenze e delle disuguaglianze, Bologna: Zanichelli

Zaninella F.L. (2013) Pedagogia e infanzia. Questioni educative nei servizi, Milano: Franco Angeli.

161

Documenti correlati