RELAZIONI SCOLASTICHE GENERATIVE DI RISORSE SOCIALI: IL SAPERE FEMMINILE FONTE PRIMARIA DI ATTIVAZIONE E DI CURA
7. Elementi di riflessione
Le parole della preside Laura esprimevano una visione sorpresa ed entusiasta di scuola, della professionalità insegnante, del ruolo giocato dalle famiglie. Realizzavo, mentre l'ascoltavo e annotavo velocemente le sue parole, che quello era l' esempio che avevo cercato, che lei rispondeva a quella domanda conoscitiva che aveva guidato la mia ricerca. Stavo incontrando un esempio di scuola che testimoniava come fosse stato possibile farsi centro di un lavoro comune, in cui più forze avevano lavorato in vista della produzione di un bene pubblico.
Nella storia della scuola Rubele, questo percorso risultava evidente. Il progetto di collaborazione scuola e famiglia attuato, aveva avuto la forza di vincere una sfida molto
135
grande, quella di continuare a far vivere la scuola. Il sostegno offerto dai genitori alle insegnanti, in termini di fiducia e di collaborazione fattiva, costituiva un terreno solido sul quale potersi muovere, che individuava uno spazio dove poter ricercare mediazioni e soluzioni possibili ai problemi che si erano presentati. Anche l’apertura delle insegnanti verso ogni forma di proposta e di partecipazione dei genitori al progetto educativo e formativo, dimostrava una disponibilità inedita verso l'esterno.
Quella stessa immagine di scuola suggerita da Hanifan (1916): una comunità educativa funzionale costituita da diversi soggetti all’interno e all’esterno della scuola. Un’esperienza, quella della Rubele, avviata in un momento in cui l’emergenza costringeva a sperimentarsi su nuovi campi, a cercare un modo di fare scuola più vicino ai desideri delle insegnanti, più rispondente alle situazioni iniziali dei bambini, e in cui la componente collaborativa delle famiglie aveva giocato un ruolo di primo piano. Fattori di facilitazione erano stati l’investimento sulle buone relazioni allacciate a diversi livelli: all’interno della scuola con una più stretta alleanza tra colleghe, a forme di contatto più stretto con la dirigente, ad aperture di condivisione con le agenzie del territorio attraverso le quali ampliare la gamma di opportunità di formazione offerte ai bambini. L’esempio della scuola Rubele, è stato un modo, come disse Annalisa, di creare comunità facendo quadrato attorno ad un problema, in cui si é verificato come da relazioni rafforzate, sia stato possibile raggiungere risultati insperati, che noi qui consideriamo un “prodotto” di quelle relazioni, una forma di capitale sociale.
La ricchezza reale e simbolica che definisce spazi sociali nei quali si intrecciano intense relazioni interpersonali non è certo un elemento di conoscenza nuovo per le scienze dell’educazione, nuova invece é la sollecitazione che deriva dal nuovo sapere, di come questi spazi simbolici e reali possano diventare moltiplicatori di risorse per le persone che partecipano a quelle relazioni e per coloro che indirettamente possono essere coinvolte. Con questa consapevolezza il compito di chi si occupa di educazione e di formazione a scuola assume un ulteriore onere di stimolo e di cura delle relazioni vitali e dei beni potenziali da esse prodotte.
Le figure delle maestre, in particolare, sulla scena delle nostre scuole rivestono un’importanza sociale sostanziale. Anche per comporre questo lavoro di ricerca le loro voci sono state fondamentali. Come ricorda Hill (1996), raramente sono state condotte ricerche su come gli insegnanti si uniscono per sopravvivere, per resistere, per avere successo nella scuola e perseguire i loro specifici obiettivi.
Narrare esperienze come questa significa ricostruire gli scenari dell'azione e della coscienza e costruire un sapere attraverso la stesura di racconti, nei quali é possibile comprendere le azioni umane a partire dagli eventi che si osservano (Mortari, 2003). I significati che qui sono emersi evidenziano il vantaggio costituito dal lavorare in ordine alla competenza relazionale dei soggetti, una stategia indispensabile per fronteggiare la cultura dei legami deboli che caratterizza il tempo moderno e risvegliare quel senso perduto di comunità, che proprio nella scuola dovrebbe ritrovare il suo centro di massima spinta.
136
Bibliografia
Andreotti A. (2009), Che cos’è il Capitale Sociale, Roma: Carrocci.
Bagnasco A., Piselli F., Pizzorno A. Triglia C. (2001) Il Capitale Sociale, Bologna: Il Mulino. Benadusi M. (2004) Etnografia di un istituto scolastico, Rimini: Guaraldi universitaria.
Bertani M. (2006) Capitale sociale e reti informali in aree ad alta densità di immigrati: il quartiere di Veronetta, in Di Nicola P. (a cura di) Dalla società civile al capitale sociale, Milano: Franco Angeli.
Bianchi L. (2004) Cura familiare e cura professionale. in Colombo G. ( a cura di), Il lavoro di cura, come si impara come si insegna, Roma: Carrocci.
Bottani N. (2002) Insegnanti al timone, Bologna: Il Mulino.
Bottani N. (2005) Il capitale sociale un parametro indispensabile dell’autonomia scolastica (testo disponibile al sito: www.oxydiane.net/IMG/pdf_Lodi_CS.pdf)
Coleman J. (1988) Social capital in the creation of human capital, American Journal of Sociology, 94, 95-120.
Coleman J. (1990) Foundations of social theory. Cambridge MA: The Becknap Press of Harvard University Press. Trad. Ital. (2005) Fondamenti di teoria sociale. Bologna: Il Mulino.
Colozzi I. (2011) Scuola e capitale sociale, Trento: Erikson.
Cooperativa Guglielma (2003) La mappa non è il territorio. Risorse plurali in Veronetta, Assessorato Cultura delle Differenze, Comune di Verona.
Di Nicola P. (2008), La relazione, antidoto ai legami deboli, Etica, 1: 52-57.
Diotima (1995) Oltre l’uguaglianza. Le radici femminili dell’autorità, Napoli: Liguori.
Diotima (1996) La sapienza di partire da sé, Napoli: Liguori.
Diotima (1999) Il profumo della maestra, Napoli: Liguori.
Donati P. (1994) Teoria relazionale della società, Milano: Franco Angeli.
Donati P. (2003) Famiglia e capitale sociale nella società italiana. Ottavo rapporto CISF. Milano: San Paolo.
Donati P. (2007) Il Capitale Sociale l’approccio relazionale, Sociologia e politiche sociali, Milano: Franco Angeli.
137
Gobbo F., Gomes A. (2003) Etnografia nei contesti educativi, Roma: CISU.
Hanifan L.J. (1916) The rural School Comunity Center, Annales of the American Academy of Political and Social Science, 67: 130-138.
Hanifan L.J. (1920) Educational Writings, The Elementary School Journal, 20, No 8: 635- 636.
Iori V. (2000) Filosofia dell’educazione, Milano: Guerini Studio.
Jedlowsky P. (2009) Il racconto come dimora, Torino: Bollati Boringhieri.
Maccarini M., Scanagatta S. (2009) L’educazione come capitale sociale, Milano: Franco Angeli
Mecenero C. (2004) Voci Maestre, esistenze femminili e sapere educativo. Bergamo: Edizioni Junior.
Mortari, L. (1998) Guadagnare sapere dall’esperienza, Encyclopaideia, II, 2: 53-67.
Mutti A. (1996) Reti sociali: tra metafore e programmi teorici. Rassegna Italiana di Sociologia, 1: 15-28.
Ogbu J.U., (1981). School ethnography. A multilevel approach. Anthropology and Education Quartely, 12, 1, 3-10.
Passuello L. (2004) Famiglia e scuola, per un impegno educativo condiviso, La Famiglia, 226: 11-22.
Piussi A.M. (2006) Paesaggi e figure della formazione nella creazione sociale, Roma: Carocci.
Piasere L. (2002) L’etnografo imperfetto. Esperienza e cognizione in antropologia, Bari: Laterza.
Putnam R. (2000) Bowling Alone: The Collapse and Revival of America Community. New York: Simon&Schuster. Trad. it. (2004) Capitale sociale e individualismo, Bologna: Il Mulino.
Symeou L. (2008) From School Family Links to Social Capital: Urabn and Rural Distinctions in teacher and parent Networks in Cyprus, Urban Education: 43, 6: 696-722.
138