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LA RICERCA SUL GENERE NEI SERVIZI ALLA PRIMA INFANZIA IN UMBRIA

1. Per incominciare

Il saggio che si presenta sintetizza il percorso di un progetto di ricerca approvato dal

Centro di Documentazione, Aggiornamento e Sperimentazione sull’infanzia della Regione Umbria1, di cui sono componente. La ricerca approvata nel 2015 si è proposta di approfondire il tema delle differenze di genere nei contesti educativi dei servizi alla prima infanzia e della promozione di una cultura capace di valorizzare le differenze tra bambine e bambini al fine di consentire una relazione autentica e positiva tra loro e di contribuire alla costruzione di un’identità flessibile e insieme solida. Si trattava di ragionare e comprendere, con chi opera nei servizi (educatori/coordinatori) e con chi usufruisce dei servizi (bambin* e genitori), se persistono stereotipi o pre-giudizi di “genere”. Tra gli obiettivi, vi erano anche la promozione e la sperimentazione dell'incontro con l’altro/a, vissuto come occasione di apprendimento al confronto reciproco attraverso il coinvolgimento nella ricerca degli educatori/trici e dei genitori utenti. Si riteneva inoltre, che il prodotto della ricerca fosse di stimolo per attivare un processo di sensibilizzazione ai temi dello sviluppo dell’educazione all’affettività, dell’integrazione e condivisione dei modi diversi di “essere e fare” famiglia (Fornari 2009).

La ricerca è partita dall’ipotesi che ancora oggi sono presenti atteggiamenti e comportamenti stereotipati nei confronti delle differenze di genere e che essi si possono riprodurre in maniera intenzionale o meno – in assenza di un’adeguata riflessività professionale - da parte degli operatori/trici dei servizi nella quotidianità relazionale con bimbi e bimbe.

Individuare il persistere di pregiudizi, difficili da superare, nell’assegnazione di ruoli maschili e femminili dalla più tenera età rappresenta il punto di partenza sulle disparità di genere (Ruspini E. a cura di, 2006). Il loro superamento favorisce lo sviluppo di un pensiero individuale armonico, riuscendo anche a porre le basi nel contrasto di condizionamenti culturali volti alla sopraffazione, come possono essere le diverse forme di violenza maschile, l’omofobia, il bullismo, ecc. È ormai noto quanto sia centrale per la crescita di bimbi e bimbe la stabilizzazione di forme relazionali legate a modelli sociali conosciuti, tali da sviluppare sin dai primi mesi di vita un riconoscimento sessuato molto forte. Il processo identificativo del genere vede coinvolti tutti gli attori della vita dei bambin*: genitori, famiglie, coordinatrici, educatrici; per questo si è valutato come approfondimento della ricerca l’analisi del punto di vista dei servizi e delle famiglie, per comprendere il loro grado d’influenza nel processo di crescita psico-fisica nella fascia d’età 0-3. Tutti questi soggetti sono stati compresi in diverso modo nelle fasi di realizzazione della ricerca e di monitoraggio a distanza di tempo rispetto a possibili cambiamenti e/o variazioni nell’atteggiamento, nella gestione e nella relazione tra i

1 Il Centro di Documentazione, Aggiornamento e Sperimentazione sull’infanzia della Regione Umbria ha stilato un accordo quadro con il Dipartimento di Filosofia, Scienze Sociali, Umane e della Formazione, dell’Università degli Studi di Perugia al quale afferisco.

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bambini e le bambine delle diverse realtà umbre (Fornari 2015). Con questo spirito la

ricerca è stata proposta, condivisa ed accettata dal Centro di Documentazione, tenendo

anche conto che una sperimentazione su questi temi era già stata avviata in un recente passato in Umbria, di cui si darà conto in seguito, e poco trattata in generale in Italia

(Ghigi 2009)2. Come spiegheremo, il percorso si è poi interrotto, ma le ragioni per cui

questo è avvenuto, ci sembrano utili alla riflessione e al confronto.

2. Definizione del progetto di ricerca

A proposito di quanto sopra esposto, si dà conto delle fasi della ricerca.

La prima di tipo conoscitivo, aveva come obiettivo quello di comprendere il livello di consapevolezza e l’interesse sia degli operatori/trici dei nidi (coordinator* ed educator*) sia dei genitori rispetto alla questione del genere. Per l’indagine esplorativa si è proceduto alla stesura di due questionari semi-strutturati: il primo, da compilare on-line, rivolto al personale educativo dei servizi (138 compilati – su 500 circa educatrici/coordinatrici); un secondo questionario cartaceo rivolto ai genitori. Quest’ultimo è stato impostato per avere informazioni sulla condizione socio- demografica degli stessi, per comprendere il loro grado di consapevolezza sulla tema “genere” ed ottenere la loro adesione alla seconda parte della ricerca. Il questionario è stato distribuito presso le strutture dalle educatrici, senza una pre-selezione del campione, poiché i genitori potevano decidere liberamente se compilare o meno il questionario3.

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Ancora oggi le ricerche che possiamo citare sono solo due, condotte a distanza di quarant’anni l’una dall’altra. La prima, la più nota, della pedagogista montessoriana Elena Giannini Belotti che se ne è occupata all’inizio degli anni Settata del Novecento; cfr., Giannini Belotti E. (1973) Dalla parte delle bambine. L'influenza dei condizionamenti sociali nella formazione del ruolo femminile nei primi anni di vita, Milano: Feltrinelli; la seconda condotta nel 2012 dalla Regione Emilia Romagna in collaborazione con il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna dal titolo: Stereotipi di genere. Relazioni educative ed infanzie, Bologna, giugno 2012. Ricerca in cui sono state indagate le relazioni tra i generi rappresentativi del mondo educativo 0-6, nei servizi per la prima infanzia e tra gli insegnanti della scuola dell’infanzia. Sono stati coinvolti nella ricerca padri, madri, nonne, nonni, educatrici. Report disponibile al sito: http://parita.regione.emilia-romagna.it/entra-in- regione/documentazione/documentazione-temi/documentazione-stereotipi-di-genere/ricerca-

201cstereotipi-di-genere-relazioni-educative-e-infanzie201d-1, consultato in data 21.12.2016. Si cita inoltre il progetto “Educare al genere: differenze e complessità” del Comune di Livorno, sviluppato in due percorsi: 1) Rosa, celeste e arcobaleno, rivolto all’infanzia (servizi educativi e scuole dell’Infanzia), scuola primaria e scuola secondaria di 1° grado; 2) Educare alla consapevolezza del Sé per educare alla differenza, rivolto agli studenti della scuola secondaria di 2° grado. Il primo percorso è stato condotto dal gruppo psicopedagogico del Comune di Livorno, in collaborazione con il Dipartimento SciFoPsi dell’Università di Firenze con la responsabilità scientifica della prof.ssa Simonetta Ulivieri. Disponibile al sito: http://www.comune.livorno.it/-livo/it/default/14000/Educare-algenere-differenze-e-complessit- .html, consultato in data 21.12.2016.

3 Rispetto all’universo dei genitori che usufruiscono dei servizi in Umbria non si hanno valori certi, in quanto non vi è un controllo demografico sulle caratteristiche dell’utenza da parte di tutti i diversi servizi. Inoltre, si sottolinea che al momento della distribuzione del questionario ai genitori non vi è stato riscontro sul numero di copie fatte e quindi rilasciate ai genitori, possiamo contare solo sul numero dei questionari ritornati. Si tratta di 582 questionari compilati da uno solo dei genitori, anche se separati o divorziati, di cui 475 sono madri e 107 padri; in merito alla richiesta di adesione alla seconda parte della ricerca, più della metà del campione (313 adesioni, pari al 53,8%) si è espresso favorevolmente.

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La seconda fase della ricerca prevedeva la realizzazione di seminari di approfondimento e di focus group rivolti ai genitori, da attuarsi con la collaborazione dei coordinatori/trici dei servizi, giacché questo avrebbe permesso anche la realizzazione di momenti d’incontro tra chi usufruisce dei servizi e di chi li coordina. L’utilizzo del focus group avrebbe permesso di cogliere le interpretazioni e le rappresentazioni dei principali attori della socializzazione, sia per quanto riguarda i significati generali attribuiti al genere, sia per ciò che concerne l’osservazione dei processi comunicativi cui bambini e bambine prendono parte. La tecnica avrebbe potuto individuare le potenzialità dei gruppi di lavoro con un metodo che consentisse l’integrazione dei componenti stessi, offrendo l’opportunità di libero confronto e discussione tra le/i partecipanti sui temi di interesse della ricerca. Con l’adesione dei genitori alla seconda fase della ricerca si sarebbe andati ad approfondire le problematiche legate alla “condivisione della cura e della responsabilità tra i genitori e l’immagine dei figli* rispetto al genere”4. Un aspetto fondamentale questo per approfondire una contraddizione emersa in una precedente ricerca condotta in Umbria più di venti anni fa (Cipollone L. 1991), in cui la maggioranza dei genitori manifestò l’idea che da piccoli i maschi e le femmine sono uguali e che non ci devono essere distinzioni nell’educazione. Pensiero che necessita una riflessione importante per capire se ancora oggi quest’idea sia presente e quanto lo sia nei giovani genitori inseriti in un contesto sociale apparentemente più “emancipato”.

In conclusione la ricerca avrebbe voluto mostrare come la costruzione e la produzione dei significati sociali, sia centrale per la socializzazione e l’educazione di bambine e bambini e di quanto sia forte l’influenza degli adulti nella costruzione sociale del genere e dei suoi riflessi nella fascia di età più fragile (0-3 ). La capacità degli adulti di costruire e de-costruire il genere nell’interazione con i bambin* è influenzata anche dagli aspetti socio-culturali, mentre i bambini così piccoli si caratterizzano per avere una maggiore capacità di apertura a forme di ibridazione e minor polarizzazione identitaria. Conoscere le forme di socializzazione messe in atto dai diversi soggetti coinvolti nel processo, serviva per superare o migliorare costrutti e modelli tradizionali nell’esplicitazione di significati e aspettative tipiche dei processi di differenziazione di genere. Non si può oggi tacere, infine, la rilevanza che un simile focus d’indagine riveste per superare le diverse forme di violenza sulle donne, e l’idea di un maschile definito autoritario, irruento o aggressivo. Se Barbara Mapelli (2013) docente di ‘pedagogia della differenza’ raccomanda – giustamente – di porre particolare cura alla relazione con le bambine e alla loro educazione, con questo non può implicitamente suggerire di trascurare l’attenzione verso i maschi affinché la costruzione della loro identità conosca un equilibrio, del tutto complementare al raggiungimento delle pari opportunità e di un rapporto positivo con il femminile, poiché “siamo tutti e tutte uguali nella differenza, nella differenza di genere, nella differenza che ognuno rappresenta nel suo essere nel mondo come individuo unico e irripetibile […] discutere, comprendere e accettare le differenze di genere è quindi una grande apertura che insegna a comprendere, accettare e valorizzare tutte le altre differenze” (pp. 48-49). L’educazione di genere è quindi uno

4 Questione affrontata negli items di base (“Il nucleo familiare”, pp. 127-128) e alla cura madre/ padre (item 8-11, 12-17) nello strumento di rilevazione utilizzato da Falteri P., Archetti M. (2001) Il percorso formativo e la metodologia della ricerca, in Cura dell’infanzia e uso dei servizi nelle famiglie con bambini da 0 a 3 anni. Una ricerca a Città di Castello e Gubbio, in Quaderni del Centro per l’Infanzia e l’Età Evolutiva - Regione dell’Umbria. Assessorato alle Politiche Sociali, Perugia: 9-21.

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sguardo, non un progetto specifico: significa guardare in modo diverso alle dinamiche che avvengono in un ambiente formativo, significa usare un linguaggio appropriato, contrastare gli stereotipi e i luoghi comuni. Temi vecchi che devono oggi trovare una nuova soluzione in modo che tutti quelli che lavorano in questa realtà siano adeguatamente formati e facciano proprio quello sguardo.

Tutto ciò è restato sulla carta in quanto, per le ragioni che di seguito saranno esposte, questa seconda fase non si è potuta realizzare e non si è così potuta concludere la ricerca nella sua parte più rilevante.

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