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“EDUCARE ALLE DIFFERENZE” UNA PROPOSTA PEDAGOGICA DI CO COSTRUZIONE DI SAPERI DEMOCRATICI A PARTIRE DAI MOVIMENT

7. Dall’educare alla diversità all’educare alle differenze

Per arrivare dunque alle tre straordinarie edizioni di Educare alle differenze, 2014, 2015, 2016 organizzate dall’associazione SCOSSE di Roma, Il Progetto Alice di Bologna e Stonewall, di Siracusa, grazie all'impegno di Giulia Selmi e Monica Pasquino, con il contributo di altre 250 associazioni, ho voluto fare i conti con un percorso che è maturato, ampliandosi negli anni, nella seconda generazione di giovani donne e uomini che hanno interiorizzato tanto la pratica politica che parte dal basso, dalle associazioni della società civile, e che va verso una visione critica dell'educazione, con il rispetto di ogni forma di differenza e di tutela da ogni forma di discriminazione, quanto il pensiero della differenza nato proprio dai lontani anni Ottanta, portando però un'ulteriore complessità, quella che Silvia Leonelli definisce complessificazione (Leonelli, 2011) prodotta dall'incontro delle dimensioni intersezionali della diversità, dal movimento LGBTQ e dalla rete dei centri antiviolenza.

Già prendendo le mosse dal titolo, Educare alle Differenze, si sottolineano i punti di contatto dell’attuale pratica politica con la tradizione dei movimenti educativi democratici che si sono confrontati con teorie e metodi di analisi del movimento delle donne. Mettendo in luce i caratteri comuni ai due movimenti e le differenze che le attuali mutazioni socio-economiche comportano, e cioè l'impellente lotta alla omofobia, al razzismo e alla violenza contro le donne e in ogni genere di rapporto sociale, è giusto sottolineare il filo rosso di una tradizione democratica che “cova sotto le ceneri” della Buona Scuola, e che riprenda in mano il bisogno diffuso di educazione alla pluralità e alla pace, all'affettività e al benessere già presenti all’interno delle scuole, che aspettavano di essere potenziati alla luce del pensiero delle differenze, senza subire ulteriormente lo stigma della definizione di “teoria del gender” e con il coinvolgimento di tutte le componenti della scuola stessa (docenti, collaboratori scolastici, studenti, genitori). Il cammino verso la parità di genere è stato lungo e non è ancora completato. A partire dagli anni Ottanta, quando, con la CEDAW, la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna, adottata nel 1979 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, entrata in vigore il 3 settembre 1981 e ratificata dall'Italia nel 1985, ogni forma di discriminazione in base al sesso e al genere rientra nelle violazioni dei diritti umani.

La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, chiamata Carta di Nizza, perché proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, rafforza anch'essa, negli art. 20-26, il diritto all'uguaglianza, e il divieto di ogni discriminazione relativa alla disabilità o all'orientamento sessuale (Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (2000/C

364/01), Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, in

http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf recuperato il 2 dicembre 2016). La stessa Costituzione italiana, agli art. 2, 3, 37, 51, 117 tutela i diritti dei cittadini senza distinzione di sesso, religione o razza, e ribadisce la garanzia dei diritti civili e sociali a cui sono chiamate a rispondere anche le Regioni, attraverso gli Statuti regionali e le leggi

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regionali. Un esempio virtuoso ne è, per l'Emilia Romagna, la Legge Regionale n. 6 del giugno 2014, che si muove verso una «compiuta democrazia paritaria» senza discriminazioni dovute a genere o sesso.

Per quanto gli anni del berlusconismo e della comunicazione asservita al mercato abbiano quasi completamente eliminato dai mezzi di comunicazione di massa una visione lucida e critica dei cambiamenti che avvengono nella società civile, la scuola rimane il luogo privilegiato per un'educazione alla destrutturazione di essenzialismi e stereotipi. Essa si pone come luogo vivo di confronto tra corpi in crescita, segnati dalla differenza, di genere ma non solo, che possano mettere in essere modalità di relazione e di comunicazione non violenta.

Sviluppo di competenze di vita, le life-skills, e progetti formativi su relazioni e sessualità che siano condivisi fra studenti, insegnanti e genitori, come “W l'amore”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna (XV Programma Prevenzione e lotta all'AIDS) e sviluppato in collaborazione con l'Università di Bologna e gli Spazi Giovani delle Aziende Sanitarie di Bologna, Forlì, Reggio-Emilia e ora di tutta la regione, sono alla base di una nuova consapevolezza di ragazze e ragazzi verso il rispetto di sé e dell'altro (Marmocchi, Raffuzzi, 2000; Marmocchi, 2012).

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