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La costituzione dell’Ufficio a seguito della sentenza n.200 del 2006 della Corte costituzionale

Sezione II- l’attività del Comparto Grazie dell’Ufficio per gli Affari dell’amministrazione della giustizia

1. La costituzione dell’Ufficio a seguito della sentenza n.200 del 2006 della Corte costituzionale

Come il titolo della presente sezione vuole illustrare, questa parte del capitolo verterà nell’analisi dei presupposti alla costituzione di detto Ufficio e della sua attività riscontrata sulla base dei regolamenti autonomi del Presidente della Repubblica e nella prassi dei suoi primi undici anni di vita. Occorre iniziare da una breve disamina dei presupposti di natura costituzionale che hanno imposto la costituzione di detto Ufficio. Durante gli ultimi anni della Presidenza Ciampi era stato sollevato conflitto di attribuzione da parte del Presidente nei confronti dell’allora Ministro della Giustizia, Roberto Castelli, in merito alla concessione del provvedimento di clemenza nei confronti di Ovidio Bompressi, condannato in via definitiva in quanto esecutore materiale dell’omicidio del Commissario di P.S., Guido Calabresi. Al diniego da parte del Ministro di far pervenire al Quirinale il materiale dell’istruttoria della domanda di grazia e di porre in essere tramite nota ministeriale dell’8 novembre 2004 il proprio parere sfavorevole e diniego alla concessione, il Presidente sollevava il conflitto dinnanzi alla Consulta per vindicatio potestatis152. La successiva decisione del Giudice delle leggi ed in generale la vicenda politica è oramai assai nota all’interno delle cronache politiche e della dottrina costituzionalistica, ma in questa sede in modo da poter rendere maggiormente intellegibili i presupposti e le finalità dell’Ufficio oggetto

152 ELIA L., La sentenza sul potere di grazia dal contesto al testo, Rivista AIC, 2006; SICLARI M., Alcuni interrogativi suscitati dalla sentenza n. 200 del 2006 della Corte costituzionale,

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di esame, occorre rimarcare le linee guida enunciate dalla Corte nella decisione sopra citata.

La Corte in detta pronuncia ha di fatto reinterpretato l’art.87, comma 11 della Costituzione, nel senso che ha dichiarato che il detto potere è formalmente e sostanzialmente presidenziale, sovvertendo un’abbastanza consolidata prassi pluridecennale, che ha visto oscillare la prerogativa tra l’atto solo formalmente presidenziale o complesso, dove comunque era dirimente il parere conferito dal Ministro della Giustizia. Ciò nel senso che le pratiche e le istanze di grazia venivano raccolte dal Ministero e venivano presentate allo scrittoio presidenziale soltanto quelle dove fosse stato posto il parere favorevole del Ministro: questa considerazione sarebbe bastevole ad identificare il potere come a cavallo tra il potere duale o complesso e la sostanza governativa e sicuramente esclude radicalmente un’interpretazione in senso di prerogativa anche nella sostanza presidenziale153.

La Corte ha, quindi, stabilito che: a) la prerogativa è esclusivamente del Quirinale che la esercita in adempimento a fini “eccezionali di natura umanitaria” ex art.2 e 27, comma 3 Cost.154; b) la controfirma ministeriale è un atto dovuto laddove risulti che il Presidente voglia concedere la grazia; c) l’eventuale parere sfavorevole del Ministro può essere superato dal Capo dello Stato, il quale se favorevole alla concessione della clemenza adotterà il decreto dando motivazione del suo discostamento dal parere ministeriale (7.2.4 e 7.2.5 del “Considerato in Diritto); d) al Ministro rimane l’istruttoria delle domande, la predisposizione del parere e la responsabilità in tema di esecuzione del provvedimento di grazia; e) il Ministro della Giustizia, a parere di chi scrive, potrebbe tentare di sollevare conflitto di attribuzione in caso di controfirma di un provvedimento di clemenza concesso su presupposti che esulano palesemente da

153 RESCIGNO G.U., La Corte sul potere di grazia, ovvero come giuridificare rapporti politici e distruggere una componente essenziale del costituzionalismo nella forma di governo parlamentare,

in Giur. Cost., 3/2006. GIUPPONI T.F., Il potere di grazia e la sua (ir)responsabilità. Le possibili

ragioni di inammissibilità del conflitto, tra leale collaborazione e controfirma ministeriale, in (a

cura di) BIN R.-BRUNELLI G.-PUGIOTTO A.-VERONESI P., La grazia contesa, 2006, 167, Il

potere di grazia e il caso Sofri, in www.forumquadernicostituzionali.it 2003., GORLANI M.,

Irresponsabilità del Capo dello Stato e valenza politica ella grazia, in AA.VV. op. cit., 175 Leale

collaborazione che è venuta a frantumarsi già dalla Presidenza Cossiga a seguito della querelle con il Ministro Martelli in merito alla concessione della grazia a Renato Curcio, storico leader delle Brigate Rosse. Episodi in tal senso si sono verificati in merito alla grazia ad Adriano Sofri, anch’egli collegato come Bompressi alla vicenda dell’omicidio del Commissario Calabresi.

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quelli designati dalla Consulta nel caso Bompressi. A parere di chi scrive, la Consulta avrebbe agito con il fine di spoliticizzare la detta prerogativa e di ancorarla a dei presupposti legittimanti di natura costituzionale, dato che negli ultimi anni si erano registrati numerosi casi di scontro politico tra Quirinale e Ministro della Giustizia di una certa gravità e la leale collaborazione tra poteri, che aveva sorretto molto bene la prassi tra i due organi costituzionali, era risultata di sempre più difficile fattibilità. Da qui la necessità sul profilo soggettivo, secondo la Consulta di dover conferire detta prerogativa in via esclusiva al rappresentante dell’unità nazionale, quindi organo super partes, mentre, sul piano oggettivo, di stabilire che le ragioni di tipo umanitario andrebbero ricavate in via interpretativa dal combinato disposto degli artt. 2 e 27, comma terzo Costituzione. Precisando su quest’ultimo punto, la grazia non potrà mai costituire uno strumento volto ad attuare fini politici come quelli di natura penitenziaria ( come la prassi degli anni ’70 ha dimostrato) o come strumenti di censura nei confronti dell’operato della Magistratura per porre rimedio a situazioni inique, ma solo “[…] a finalità essenzialmente umanitarie, da apprezzare in rapporto ad una serie di circostanze (non sempre astrattamente tipizzabili), inerenti alla persona del condannato o comunque involgenti apprezzamenti di carattere equitativo, idonee a giustificare l’adozione di un atto di clemenza individuale[…] in definitiva, di attuare i valori costituzionali, consacrati nel terzo comma dell’art. 27 Cost., garantendo soprattutto il «senso di umanità», cui devono ispirarsi tutte le pene, e ciò anche nella prospettiva di assicurare il pieno rispetto del principio desumibile dall’art. 2 Cost., non senza trascurare il profilo di «rieducazione» proprio della pena155.

Questa breve ricostruzione indicherebbe, quindi, i presupposti ed i canoni ai quali l’azione del Quirinale (non inteso solo nella persona del Presidente e quindi anche del Segretariato) dovrebbe ispirarsi.

Ora, come anticipato, in questa sede non si disquisirà della compatibilità o meno di detta pronuncia sul piano della forma di governo parlamentare, ma si cercherà di esaminare l’evoluzione della costituzione dell’Ufficio per gli Affari dell’amministrazione della Giustizia e di poter cercare di apprezzarne gli effetti più diretti nella nuova interpretazione costituzionale del potere di grazia e del suo peso negli equilibri della forma di governo.

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Come si è già accennato, con il decreto presidenziale n.1 del 2006 del 31 maggio di quell’anno il Presidente Napolitano ha costituito l’Ufficio per gli Affari dell’amministrazione della Giustizia. La struttura è interna all’organigramma del Segretariato, è un ufficio “variabile”, di diretto supporto all’operato del Presidente, diretto da un suo Consigliere e composto al suo interno da tre comparti. Un comparto dedicato alle domande di Grazia, uno dedicato ai rapporti con il Consiglio Superiore della Magistratura ed alle istanze dei cittadini in tema di giustizia ed infine un comparto deputato al monitoraggio e all’istruttoria sui disegni e progetti di legge in materia di giustizia.

Il Comparto Grazie è l’ufficio deputato ad adempiere alle indicazioni della Consulta nella sentenza sul caso Bompressi: a capo di esso è presente un magistrato ordinario, collocato fuori ruolo, e alle sue dipendenze egli potrà contare di tre unità di personale amministrativo di riferimento. Esso assume in sé numerosi compiti e sono così elencati sulla scorta di dossier pubblicati sul sito internet del Quirinale156:

a) esame sia delle domande (o proposte: art. 681 comma 3 c.p.p.) di grazia o commutazione delle pene pervenute al Capo dello Stato sia delle comunicazioni che il Ministero competente (Difesa o Giustizia) invia alla Presidenza della Repubblica in relazione a quelle che a esso sono state presentate;

b) ricerca di eventuali precedenti e fascicolazione delle pratiche;

c) trasmissione al Ministero competente delle domande o proposte pervenute al Capo dello Stato, perché di esse si avvii la istruttoria;

d) richiesta al Ministero di assicurare priorità alla istruttoria di domande o proposte che prospettano situazioni obiettivamente meritevoli di trattazione urgente;

e) richiesta di notizie al Ministero sullo stato della istruttoria quando sono decorsi otto mesi dalla trasmissione della domanda o proposta;

f) esame e valutazione delle “proposte” formulate dal Ministro all’esito della istruttoria ed eventuale richiesta di integrazioni;

g) predisposizione della Relazione da inviarsi al Capo dello Stato per le sue determinazioni;

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h) comunicazione al Ministero delle determinazioni del Capo dello Stato;

i) tenuta e aggiornamento dell’archivio (cartaceo e informatico) con elaborazione ed esame dei dati sul numero e le tipologie delle determinazioni del Capo dello Stato;

j) studio delle problematiche attinenti all’istituto della grazia e, in rapporto con gli uffici ministeriali, individuazione di prassi che consentano la tempestiva definizione delle pratiche e il rispetto delle esigenze di riservatezza e trasparenza.

Secondo parte della dottrina questa costituzione rappresenterebbe una sorta di dichiarazione di intenti157, ma in realtà è un fedele allineamento ai principi stabiliti dalla Consulta: se permane in capo al Ministro la possibilità di istruire le cause, il Quirinale in quanto titolare dell’ultima parola in merito deve dotarsi di strutture specializzate tecnicamente e politicamente in modo da consentire al Capo dello Stato di poter prendere la decisione finale. Le competenze sono di vario numero e di varia natura: fanno riferimento sia ad ambiti che si potrebbero definire intra moenia Quirinalis come e sia extra moenia Quirinalis, alle lettere a, c, d, e, g dell’elenco di cui sopra, dove le prime fanno riferimento al rapporto di dipendenza che lega i membri del Segretariato al Presidente, mentre le seconde riguardano i rapporti di leale collaborazione da tenere con il Ministero della Giustizia e con l’Autorità Giudiziaria.

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