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Sezione I- L’autonomia normativa del Presidente della Repubblica

1. L’autonomia normativa secondo la giurisprudenza

La cd. autonomia normativa del Presidente della Repubblica ha ricevuto da parte della giurisprudenza costituzionale, di legittimità e da parte della dottrina riscontri e contributi significativi. Con riguardo alla Presidenza della Repubblica, si sono registrate varie oscillazioni in giurisprudenza tra le statuizioni della Corte costituzionale e della Cassazione, così come in alcune pronunce dei tribunali amministrativi287.

287 Più in generale si dava conto dell’interpretazione del concetto di insindacabilità degli interna corporis FADDA C.-BENSA P.E., Note a WINDSCHEID B., Diritto delle pandette, trad. it., vol. I,

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La sentenza, per così dire, “pilota” è il caso in cui la giurisprudenza costituzionale ha esplicitamente elaborato delle proprie considerazioni sull’autonomia normativa della Presidenza della Repubblica. La sentenza è la n.129 del 1981, la quale ha deciso in merito ad un conflitto di attribuzione interorganico tra la Corte dei Conti, il Presidente della Repubblica e le Camere in ordine alla sussistenza o meno di un principio di autonomia contabile, amministrativa o autarchia in capo alle amministrazioni dei detti organi costituzionali. La sussistenza dell’autonomia in questione avrebbe comportato l’esclusione della giurisdizione della Corte dei Conti sulla contabilità degli organi parte del conflitto. Lasciando da parte per il momento le questioni inerenti l’autonomia amministrativa e giurisdizionale, importanti considerazioni sono state svolte sull’autonomia normativa. In particolare, la Consulta ha affermato, in ossequio al fatto che solo dall’esistenza dell’autonomia normativa potrà desumersi eventualmente quella contabile, che “[…] Tale autonomia si esprime anzitutto sul piano normativo, nel senso che agli organi in questione compete la produzione di apposite norme giuridiche, disciplinanti l'assetto ed il funzionamento dei loro apparati serventi […]”288. Nel cercare, poi, un fondamento costituzionale alla detta autonomia e dopo aver effettuato un parallelismo con le Camere, dove il fondamento è direttamente rinvenibile nell’art. 64 Cost., la Consulta nello statuire l’esenzione della giurisdizione della Corte dei Conti ha dichiarato, inoltre, che “[…] per quanto non siano completamente assimilabili ai regolamenti delle Camere, anche i regolamenti approvati a questa stregua dal Presidente della Repubblica debbono considerarsi sorretti da un implicito fondamento costituzionale […] tanto più che fonti del genere, se così non fosse, non potrebbero legittimamente inserirsi nell'attuale sistema degli atti normativi dello Stato”289, per cui trattasi di atti fonte di natura primaria a competenza riservata. A questa considerazione finale la Corte vi è arrivata sulla scorta di tre tipi di argomenti: a) per quanto non vi sia una espressa previsione costituzionale è indiscusso che vada attribuito anche “[…] a quest'organo un proprio apparato, non solo e non tanto per amministrare i beni rientranti nella "dotazione" stessa, quanto per consentire un efficiente esercizio delle funzioni

1902,107 e ss., FLORIDIA G.G.-SORRENTINO F., Interna corporis, in Enc. giur. Treccani, XVII, 1989; MIDIRI M., L’autonomia costituzionale delle Camere e potere giudiziario., 1999, 234 e ss.;

I poteri di garanzia dell’autonomia parlamentare, in Il Filangieri, 2014, 241 e ss., RACIOPPI E., Il sindacato giudiziario sulla costituzionalità delle leggi, in La legge, 1905, 721 e ss.

288 Corte cost., sent. n. 129/1981, punto 4 Considerato in diritto 289 Vedi nota precedente

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presidenziali, garantendo in tal modo la non-dipendenza del Presidente rispetto ad altri poteri dello Stato […]”290; b) non può quindi parlarsi di un mero apparato amministrativo distaccato dal Presidente ed assimilabile ad un qualsiasi apparato amministrativo dello Stato; c) la legge n.1077 del 1948 istitutiva del Segretariato Generale va interpretata sulla scorta di un’interpretazione teleologica come di carattere meramente ricognitivo dell’implicito fondamento costituzionale per cui il Presidente abbisogna di dotarsi di apparati amministrativi serventi delle sue funzioni costituzionalmente attribuitegli.

Questa sentenza ha costituito il punto di riferimento per la dottrina successiva ma anche per le successive pronunce dei giudici di legittimità ed amministrativi che hanno affrontato la questione291. Vi è da premettere che a differenza del giudice costituzionale questi ultimi non hanno in molte situazioni condiviso la chiave interpretativa della Consulta. In particolare, un orientamento della giurisprudenza amministrativa instauratosi immediatamente dopo la pronuncia citata della Consulta, culminato, infine, in un regolamento di giurisdizione delle Sezioni Unite della Cassazione, si è nettamente discostato dalla giurisprudenza costituzionale. È il caso della sentenza del Consiglio di Stato del 27 maggio 1985, che ha dichiarato la natura secondaria dei regolamenti presidenziali disciplinanti lo stato giuridico ed economico dei dipendenti del Segretariato e per questi motivi riconducibili alla cognizione e al sindacato della giustizia amministrativa ex art. 113 Cost. La vicenda riguardava il riconoscimento di alcuni contributi previdenziali perequativi in favore dei dipendenti ricorrenti, i quali avevano adito il Tar in primo grado, che però aveva dichiarato a sua volta il suo difetto di giurisdizione indicando la Corte dei Conti come giudice del caso. Il gravame al

290 V. Ibidem

291 LO CALZO A., L’Autodichia degli Organi costituzionali: il difficile percorso dalla sovranità istituzionale dell’organo alla garanzia della funzione, in Rivista Gruppo di Pisa, n. 3, 2015, 10

MIDIRI M., Sull’autonomia organizzativa degli organi costituzionali: la prassi recente, in Dir. soc., 2000, 438 ss.; OCCHIOCUPO N., Gli organi costituzionali “legibus soluti”? in Giur. it., 1985, 1 ss., Costituzione e Corte costituzionale: percorsi di un rapporto genetico dinamico, 2010, 102 ss. Come si vedrà di recente queste sono state le argomentazioni addotte dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza del 17 marzo 2010, n. 6592. Problema interpretativo secondo alcuni autori è quello di capire se si è di fronte ad un fondamento costituzionale implicito nella stessa natura di organo costituzionale o se si è di fronte ad un meccanismo consuetudinario, così come citato dalla Consulta nella sentenza n.129, CICCONETTI S.M., L’autodichia della presidenza della Repubblica, Rivista AIC n.3, 2010, 5 e ss.; GRANDI F., La Corte di cassazione (non) cambia idea sull’autodichia, in Giur Cost., n.6, 2010, 5290.

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Consiglio di Stato da parte dei dipendenti ha portato a questa statuizione292. Sul caso si è, infine, espressa la Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n.3422 del 1988), pronunciando in sede di regolamento di giurisdizione in favore della giurisdizione amministrativa e confermando la teoria del Consiglio di Stato.

La tesi della Suprema Corte si è basata su una particolare interpretazione della sentenza della n.129 della Consulta, affermando che il principio di diritto ricavabile sul punto da questa decisione andasse raffrontato con il “decisum” e cioè con il fatto che esso valesse solo per i giudizi aventi natura contabile. Secondo la Cassazione, infatti, il fondamento costituzionale indiretto dal quale si ricaverebbe la potestà normativa primaria della Presidenza varrebbe solo in quel frangente, escludendo categoricamente l’applicabilità di esso alle controversie in materia di rapporto di lavoro. Per queste ragioni il fondamento del potere regolamentare andrebbe semmai ravvisato nella legge ordinaria, la n.1077, istitutiva del Segretariato, che non avrebbe un mero carattere ricognitivo ma bensì “fondativo” della detta potestà regolamentare293

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Questo filone è stato praticamente riconfermato nel 1998 con una vicenda che ha avuto risvolti simili a quella sopra enunciata. La questione era partita con un ricorso al Tar del Lazio su un regolamento del Presidente della Repubblica che aveva predisposto la nomina alle funzioni di dirigente di un soggetto inquadrato precedentemente in funzioni di concetto. Questa nomina era stata impugnata da altri dipendenti in funzione di concetto presso il Tar del Lazio con eccezione per difetto di giurisdizione da parte della parte convenuta e del Segretariato. Il Tar aveva confermato così come lo avrebbe fatto successivamente il Consiglio di Stato riproponendo le statuizioni effettuate dieci anni prima nella vicenda sopra citata. Anche in questo caso si era arrivati in Cassazione per decidere del regolamento di giurisdizione invocato in ricorso dalle parti resistenti nei giudizi amministrativi: la statuizione definitiva è stata per il rigetto delle eccezioni di giurisdizione dei resistenti, ma il percorso argomentativo si è rivelato molto differente e sarà oggetto di approfondimento in merito al tema dell’autodichia.

A questi orientamenti in senso fortemente critico alle statuizioni promosse dalla sentenza n.129 del 1981 della Consulta si sono di recente contrapposte indicazioni nuove da parte della stessa Corte di Cassazione a Sezioni Unite. Nella decisione n.6529

292 Cass. S.U., n.3422/1988, Considerato in fatto

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del 2010 le dette S.U. hanno deciso su un caso di regolamento preventivo di giurisdizione a seguito di ricorso al Tar di un soggetto inquadrato nelle funzioni esecutive amministrative del Segretariato. Il detto dipendente aveva adito precedentemente (per vedersi riconosciuti determinati trattamenti economici sulla base e a seguito del fatto che fosse precedentemente inquadrato in una determinata fascia presso la Presidenza del Consiglio non più riconosciutagli in Presidenza della Repubblica) gli organi di giurisdizione domestica del Segretariato294. A seguito del rigetto delle proprie istanze nei due gradi di giudizio ivi previsti, aveva tentato di adire il Tar, nel quale era stato sollevato il detto regolamento di giurisdizione. La Cassazione sul tema della qualificazione giuridica da dare ai regolamenti presidenziali ha operato un drastico cambiamento di orientamento allineandosi all’interpretazione data dalla Consulta nella sentenza n.129, affermando che “[…] l'esercizio di tale potere regolamentare, di natura chiaramente normativa e rispetto al quale la L. n. 1077 del 1948, assume mero ruolo ricognitivo […]”295

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Recentemente si è avuto un ulteriore tassello con la già storica sentenza n. 120 del 2014, che fa riferimento alla sindacabilità dei regolamenti parlamentari. Per quel che riguarda lo specifico tema d’indagine della presente sezione, la Corte in quella sede ha statuito che: a) i regolamenti parlamentari sono insindacabili dalla Corte costituzionale direttamente, poiché non sono atti aventi forza di legge inclusi nel catalogo dell’art.134 Cost., confermando il proprio indirizzo espresso nella pronuncia n.154 del 1985; b) queste fonti regolamentari non sono però da considerarsi come fonti interne ma come fonti riferibili all’ordinamento giuridico e, di conseguenza, assoggettate al principio di legalità costituzionale; c) nelle controversie riguardanti i rapporti di lavoro dei dipendenti è sollevabile conflitto di attribuzione inter-organico in modo da verificare se le dette fonti regolamentari abbiano prodotto delle turbative verso altri poteri dello Stato e di conseguenza delle lesioni di diritti costituzionalmente inviolabili296. Da

294 Cfr. Cass. S.U., n.6529/2010, CICCONETTI S.M., op. cit., 5 e ss.; GRANDI F., op. cit., 5290 295 V. Ibidem, Considerato in diritto punto 3

296 Corte cost., sentenza n. 120/2014, Considerato in diritto, punti 4.2, 4.3, 4.4. Si segnalano le note

di GIUPPONI T.F., La Corte e l’insindacabilità indiretta dei regolamenti parlamentari: il caso

dell’autodichia, in www.forumcostituzionale.it, 2014, LUGARA’ R., I regolamenti parlamentari al

vaglio dell’incostituzionalità, in Rivista AIC, n.4, 2014;TESTA L., La Corte salva (ma non troppo)

l’autodichia del Senato. Brevi note sulla sent. Corte cost. n. 120 del 2014, in Federalismi.it, 10/2014,

PASSAGLIA P., Autodichia ed insindacabilità dei regolamenti parlamentari: stare decisis e nuovi

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questi principi si desumerebbe in definitiva che le fonti regolamentari che regolano l’organizzazione interna degli organi costituzionali possano ricevere un sindacato di legittimità costituzionale indiretto da parte della Corte, in quanto norme facente parti dell’ordinamento giuridico e sottoposte ai principi e alle norme della Costituzione. Ora, l’influsso di questa inversione di rotta da parte della giurisprudenza costituzionale ha inevitabilmente coinvolto anche la questione sulla sindacabilità o meno delle statuizioni presenti nei regolamenti presidenziali e non poteva essere altrimenti per ragioni logiche e di ordine sistematico, per cui è stato sollevato nel 2015 un conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente della Repubblica da parte delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione. Il conflitto è stato definito al termine del 2017. Sono interessanti e degne di considerazione le riflessioni fatte dalla Suprema Corte nell’ordinanza con la quale ha sollevato il conflitto inter-organico. Le ragioni sono sintetizzabili in questo inciso dell’ordinanza, per cui “[…] Anche nella fattispecie in esame, infatti, assume rilievo determinante la ricostruzione dell'ambito di competenza riservato ai decreti presidenziali aventi ad oggetto l'organizzazione della Presidenza della Repubblica, è possibile il conflitto di attribuzione tra poteri, nella misura in cui il superamento del detto ambito ridondi in invasione o turbativa di altro potere dello Stato […]”297

. L’atto finale è di recentissima pubblicazione e se ne daranno successivamente alcune impressioni a prima lettura.

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