• Non ci sono risultati.

Sezione II- I limiti all’autonomia normativa del Presidente della Repubblica: il caso dell’autodichia

4. Legibus soluta o autonomia funzionale legittima? La posizione del Presidente della Repubblica

4.1. Cenni sull’evoluzione storica della teoria della separazione dei poter

4.1.1. In quali termini si pone la questione attualmente?

Per quanto sul primo quesito non si sia arrivati a dare una risposta compiuta è importante l’indicazione tracciata sulla necessità di riconsiderare profondamente i termini che legittimerebbero o meno l’istituto dell’autodichia per il Quirinale. In particolare, occorre distinguere gli interessi che sono in gioco per poter stabilire o meno se si possa parlare di autodichia nel nostro ordinamento costituzionale. Da un lato, infatti, vi sono ragioni che precluderebbero in maniera abbastanza netta la presenza di questo profili di autonomia costituzionale, mentre per altre ragioni si potrebbero individuare dei presupposti giustificativi di natura costituzionale a sostegno di essa. Sotto il primo versante e dato per assodato che non sia più legittimo disquisire di “Monadi politiche” con ordinamenti interni e separati, così come autorevolmente definito, permangono imperanti alcuni principi costituzionali in materia di tutela giurisdizionale dei diritti ed interessi legittimi362. Queste obiezioni, come si è avuto modo di vedere, sono state frequentemente invocate dalla giurisprudenza e dalla dottrina e sono ascrivibili alle seguenti disposizioni costituzionali: a) art. 102, comma 2 sul divieto di giurisdizioni speciali, ciò in quanto non sarebbero lecite nell’ordinamento delle giurisdizioni speciali non espressamente previste in Costituzione o in leggi costituzionali363; b) art.101, comma 2 poiché le giurisdizioni domestiche dovrebbero conformarsi ad un principio di legalità “regolamentare” avulso da quello pensato in Costituzione, riferibile alla legislazione ordinaria statale; c) il combinato disposto degli art.24, comma 1 e 113, comma 1, in quanto è ammesso ricorso alla giurisdizione ordinaria ed amministrativa per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi e contro tutti gli atti della Pubblica Amministrazione; d) art.111, comma 2, in quanto ogni giudizio è assunto di fronte ad un giudice terzo ed imparziale. Ora, limitando al momento la disamina alla lettera c, poiché le due norme dettano il principio che viene successivamente concretizzato nelle disposizioni di cui agli artt. 101 e ss., essa viene ascritta al novero, secondo la giurisprudenza della Corte

362 OCCHIOCUPO N., op. cit., 1973, 167, BARTHOLINI V., I rapporti tra i supremi organi regionali, 1961, 53 e ss., CASSESE S., I beni pubblici. Circolazione e tutela, 1969, 400

363 Salvo il limite previsto dalla VI disposizione transitoria e finale che consente la riforma di

giurisdizioni speciali già esistenti al momento di entrata in vigore della Costituzione entro n termine massimo di 5 anni.

182

costituzionale come principio supremo del nostro ordinamento, in quanto coessenziale a garantire in concreto la sussistenza in un ordinamento democratico di molti altri principi364, tra cui l’art.2 e 3. Per queste ragioni ogni sorta di limitazione e a fortiori disciplina di questi diritti che tenda a limitare se non ad escluderli dovrebbe prevedere i caratteri fondamentali della facoltatività del rimedio alternativo proposto, non potendo derogare ad un principio supremo in peius365. Queste indicazioni aiuterebbero ad inserire un ulteriore tassello al mosaico: la cornice di legalità costituzionale indica dei requisiti molto rigorosi nella loro forza passiva e specifici nel loro contenuto, entro le quali l’autodichia sembra debba coesistere. Il sistema dei principi fondamentali in ordine alla tutela giurisdizionale del singolo individuo è, in sintesi, il primo raggruppamento di interessi costituzionali da tener conto, per cui si condividono sotto questo aspetto di massima le obiezioni sollevate dalla dottrina.

Vi è, però, un’altra serie di principi di natura costituzionale da tenere in debito conto, che ictu oculi sembrerebbe stridere con le disposizioni supreme della Costituzione sopra accennate. Come visto nella precedente sezione, da un lato entra in gioco la questione riferibile al fondamento costituzionale indiretto che legittimerebbe l’esistenza di una sorta di autonomia normativa riservata della Presidenza e, in secondo luogo, alcune indicazioni di assoluto rilievo sugli obiettivi, perseguiti tramite l’autonomia regolamentare, di organizzazione e funzionamento dell’organo costituzionale di riferimento366.

Sul primo profilo, secondo i commentatori più critici di tale concetto la ratio dell’assenza di un’autonomia costituzionale in tal senso si rinverrebbe, così come per l’autonomia regolamentare, nell’assenza di un principio costituzionale espresso che

364 Corte cost., sent.n.98/1984, dove la Corte dà la sua definizione del diritto ex art. 24 Cost. come

“valore preminente […] essendo il diritto di difesa inserito nel quadro dei diritti inviolabili della persona, v. anche, Corte cost., sent.18/1992 e sent.n.114/2004, PIZZORUSSO A., voce Garanzia

costituzionale dell’azione, in D. disc. priv., 1992, p. 610, LAURICELLA G., Il diritto costituzionale alla difesa tra funzione di governo ed esercizio dell’azione penale, Forum Quaderni Costituzionali,

2011

365 Il leading case è rappresentato dalla nota sent. n. 1146/1988, mentre in dottrina sulla Presidenza

della Repubblica si sono inseriti i contributi di GRANDI F., La Corte di cassazione (non) cambia

idea sull’autodichia, in Giur. cost., 2010, p. 5283 ss.; CICCONETTI S.M., L’autodichia della presidenza della Repubblica (Cass. 17 marzo 2010, n. 6592), in Rivista AIC, n. 7, 2010;

MALINCONICO G., Sull’autodichia della presidenza della repubblica, in Federalismi.it, 7/2010.

366 Simile argomentazione si è intravista con riferimento all’iter logico seguito dalla Corte di

Strasburgo nel caso Savino e altri c. Italia, benché comunque non si stia cercando in questo caso un presupposto giustificativo per un’eccezione, ma bensì per tentare di far inserire la giurisdizione domestica entro i limiti designati dai principi supremi dell’ordinamento.

183

fondi la detta prerogativa367. Non si ripeteranno le argomentazioni addotte per confutare questa idea usate per il tema dei regolamenti della Presidenza della Repubblica, alle quali si rinvia, ma si vogliono con ciò riaffermare alcune connotazioni peculiari del tema in discussione e cioè che l’autonomia regolamentare implica la possibilità per il Presidente della Repubblica, così come è pacifico accada per le Camere, di uno spazio di competenza “riservato”, proveniente e legittimato profondamente dalla complessiva posizione costituzionale che detiene. Se si danno per valide queste determinazioni, il regolamento presidenziale, per potersi spingere a prevedere un meccanismo di giurisdizione domestica, potrebbe fare affidamento su altri presupposti giustificativi? In altri termini, è legittimo sostenere che l’esclusione della giurisdizione comune nell’ambito delle controversie sui rapporti di lavoro del personale dipendente sia suffragata da un qualche altro presupposto o esigenza di tipo costituzionale?

Per rispondere al quesito occorre riprendere un passaggio della sentenza n.129 del 1981 (ripreso anche nella sentenza del 2017), nel quale si dice che: “[…] l’autonomia […] non si esaurisce nella normazione, bensì comprende il momento applicativo delle norme stesse, incluse le scelte riguardanti la concreta adozione delle misure atte ad assicurarne l’osservanza […]”368

. Con tale inciso la Consulta ha voluto far rilevare che il regolamento non solo prevede la disciplina astratta dei rapporti di lavoro, ma altresì provvede a porre in essere tutti quei provvedimenti atti a regolare l’applicazione concreta, inclusa la regolazione di eventuali controversie. Laddove, quindi, la previsione astratta sussista e sia costituzionalmente giustificata, sarebbe inevitabile predisporre anche dei meccanismi adatti ad assicurarne l’osservanza: per cui la previsione di un sistema di giustizia domestica è da considerarsi una sorta di riserva applicativa delle norme regolamentari369. Da questa considerazione iniziale, è dato

367 STANCATI P., op. ult. cit., 955-956, CRISAFULLI V., Fonti del diritto (diritto costituzionale),

in questa Enciclopedia, XVII, 937 ss. e FOIS C., Legalità (principio di), ivi, XXIII, 691. CRISAFULLI V., Osservazioni sul nuovo regolamento generale della Corte costituzionale, in Giur. Cost., 1966 562, e in La continuità della Corte costituzionale, 24,1967, PANUNZIO S., I

regolamenti della Corte costituzionale, 1970, 212-213. In senso contrario, invece, GRASSO P., Prime osservazioni sulla potestà regolamentare della Corte costituzionale, in Rivista Trimestrale di

Diritto Pubblico, 1961, 946 e ss.

368 Corte cost., sent.129/1981, in Giur Cost., con nota di OCCHIOCUPO N., Teologia dei corpi separati e partecipazione di troppo ad un conflitto di attribuzione tra organi supremi

1980,1421-1432

369 Così come la Corte aveva già deciso in merito all’insussistenza dell’autodichia per l’Assemblea

Regionale Siciliana nella sent.n.66/1964, con osservazioni di GROTTANELLI DE’SANTI G.,

184

chiedersi: su quali presupposti si basano queste previsioni di riserva di applicazione di norme regolamentari? Anche in questo frangente è dalla giurisprudenza della Consulta che può rinvenirsi una soluzione. La giurisprudenza sull’art.68 Cost. ha elaborato un particolare concetto valevole per poter separare definitivamente le sfere di attribuzione interne delle Camere con quelle della Magistratura. Per quanto le dette prerogative attengano maggiormente allo status del parlamentare in quanto tale, la teoria del nesso funzionale potrebbe dispiegare anche il nodo inerente all’autodichia. Solo, infatti, una stretta connessione tra organizzazione amministrativa e funzioni costituzionalmente previste o riferibili a principi previsti dallo stesso dettato costituzionale potrebbero legittimare l’esistenza di una giurisdizione domestica e, quindi, di una riserva di applicazione delle norme regolamentari che la prevedono370. Con particolar riguardo, come si è avuto modo di vedere con tutte le attività serventi o di supporto che sono espletate dal personale dipendente degli Uffici del Segretariato, dove il nesso funzionale risulta maggiormente intellegibile. Per quanto riguarda i Servizi, come si è visto precedentemente, si è pensato di considerarli diversamente in ragione della loro non immediata connessione con le funzioni presidenziali, ma anche in questo caso bisogna ripartire dalla regola per cui è la discrezionalità del Presidente, espressa con l’emanazione delle previsioni regolamentari ad hoc a costituire se si è di fronte ad un regolamento normativo espressione di autonomia riservata. In tal caso, benché sia stata prevista la qualifica di atto fonte primaria, bisognerà scrutinare l’esistenza o meno di tale nesso e specialmente se non sia stata posta una deroga ad alcun principio costituzionale e ai diritti fondamentali del singolo dipendente in quanto cittadino. La ragione si rinviene nel fatto che non è consentito, proprio per il rischio che si possano operare scelte contro principi inderogabili dell’ordinamento, presumere l’esistenza di

S., Il potere regolamentare dei Consigli regionali in relazione alla tutela giurisdizionale dei loro

dipendenti., in Giur. Cost., 1967, 687 e ss. Sul tema del concetto di organizzazione interna e

autodichia SANDULLI A.M., op. cit., 1977, 1831 e ss., op. cit., 1950, 980 e ss., D’ANDREA A.,

Autonomia costituzionale delle Camere e principio di legalità, 2004, 186-187.

370 La dottrina sta guardando di buon occhio questa soluzione dopo la sentenza 120 del 2014,

GRIGLIO E., op. cit., 5 e ss., LEHNER E., «Regolamento per la tutela giurisdizionale relativa agli

atti di amministrazione della Camera dei deputati non concernenti i dipendenti, in Giur. cost.,

1/2000, 486 e ss., BRUNETTI L., Un significativo passo avanti della giurisprudenza costituzionale

sull'autodichia delle camere, nella pronuncia della Corte che conferma l'insindacabilità dei

regolamenti parlamentari, in www.forumcostituzionale.it 2014, BUONOMO G., Il diritto pretorio

sull'autodichia, tra resistenze e desistenze, www.forumcostituzionale.it 2014, LUGARÀ R., I

regolamenti parlamentari al vaglio di costituzionalità: la Consulta indica la strada, in Rivista AIC,

185

tale nesso solo sulla scorta del nomen juris o, meglio del rango gerarchico attribuibile al regolamento presidenziale. La Corte nella recente sentenza del 2017 ha sciolto il nodo positivamente e confermato parecchi di questi punti citati, ma per il momento basta rilevare questo profilo: l’esigenza e la necessità che debbano sussistere degli strumenti peculiari o domestici volti a soddisfare gli interessi politici collegati dal dettato costituzionale all’esercizio delle competenze espressamente assegnate e coperti da uno spazio di competenza riservato che si ricava dalla consustanzialità alla sua natura di organo costituzionale e delle sue funzioni che espleta nell’ordinamento.

4.2. La “via maestra” del conflitto di attribuzione: un valido punto di equilibrio nel

Outline

Documenti correlati