Sezione I- Il Segretariato ed il potere di rinvio delle legg
1. La “dottrina” Einaudi: quando la prassi “riempie” la Costituzione
È noto alla dottrina e alle cronache del tempo che il compito più arduo in capo a Luigi Einaudi al momento della sua elezione al Quirinale è stato quello di dover gettare le fondamenta con la sua prassi per fornire un’interpretazione delle scarne disposizioni costituzionali sui poteri del Presidente che conferisse, a sua volta, maggior chiarezza alla posizione costituzionale effettiva del Capo dello Stato. Nello specifico egli ha dovuto dare una prima conformazione all’organigramma del Segretariato Generale, tenendo ben presenti le coordinate entro le quali egli avrebbe dato la sua interpretazione al ruolo presidenziale; con il risultato che ogni particolare assetto organizzativo degli Uffici e Servizi ed ogni particolare usanza protocollare o convenzionale interna o esterna al Quirinale avrebbe costituito un precedente significativo73.
Com’è altrettanto noto, da un altro lato, che l’interpretazione data al ruolo presidenziale da Einaudi è stata tutt’altro che notarile e, anzi, molto perspicace e attenta nell’aver individuato gli ampi spazi di manovra presidenziale forniti dal testo costituzionale74. Uno di questi è senza dubbio il potere di rinvio delle leggi, alla cui interpretazione nella prassi ha costituito il pilone di riferimento per i successori, gli attori politico- istituzionali e la dottrina costituzionalistica stessa, individuando contenuti, limiti e meccanismi materiali di leale collaborazione tra i poteri interessati75.
È logicamente desumibile che dati questi orientamenti si deve trarre l’assunto che l’organizzazione interna del Quirinale abbia dovuto seguire questi sviluppi fornendo il proprio supporto tecnico costantemente e giocando un ruolo chiave. È la stessa e preziosissima testimonianza di Einaudi, raccolta nel suo “memoriale” Lo scrittoio del
73 Questa considerazione è avvalorata dal fatto che la Presidenza Einaudi dovette operare in contesti
politico-istituzionali molto differenti, consentendo di creare dei riferimenti costanti ai successori nell’operare in stagioni come quella del “centrismo” degasperiano a quella inaugurata nel 1953, anno della rottura del blocco monocolore democristiano e della nascita della formula di governo di coalizione che sarà uno dei tratti caratterizzanti della cd. Prima Repubblica.
74 ELIA L., op. ult. cit., 661, MORRONE A., op. cit., 1999, 91 e ss.
75 PELLIZZONE I., op cit. 208-209, 242-243, GALLIANI D., op. cit., II, 367 e ss., CROSA E., Gli organi costituzionali e il Presidente della Repubblica nella Costituzione italiana, in Rivista
Trimestrale di Diritto Pubblico, 1951, 106, DOGLIANI M., Il potere di esternazione del Presidente
della Repubblica in LUCIANI M.-VOLPI M. (a cura di) Il Presidente della Repubblica, 1997, 238
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Presidente ed in altri suoi scritti, che ha delineato le tempistiche e le modalità dell’attività dei suoi collaboratori, mentre un’altra preziosa fonte è costituita da alcune tracce contenute nella corrispondenza intercorsa tra Einaudi ed il suo Segretario Generale, Ferdinando Carbone.
L’opzione di fondo einaudiana sull’attività interna76
del lavoro del Segretariato si è commisurata su due parametri: a) istruttoria e consulenza giuridica su ogni tipologia di atto a firma presidenziale; b) attività di costante monitoraggio e di informazione per il Presidente sulle questioni giuridiche e politiche più importanti.
Il primo elemento indica una caratteristica piuttosto comune a tutte le amministrazioni interne degli organi costituzionali, mentre il secondo rappresenta un aspetto, come si vedrà, assai significativo per la definizione del ruolo costituzionale del Capo dello Stato, essendo l’incipit di un meccanismo consuetudinario interno al Quirinale; è stato, poi, lo stesso Einaudi ad aver suffragato questi due assunti. Sul tema dell’istruttoria preventiva alla firma presidenziale l’allora Presidente ha affermato che per ogni singolo atto vincolato alla sua firma ha potuto beneficiare dei pareri dei suoi collaboratori, facendo ricorso ad usanze da Einaudi stesso definite come “non” protocollari77
. In sostanza il Presidente ha deciso di dover non dare più corso all’udienza settimanale fissa per la firma dei provvedimenti provenienti dall’Esecutivo, che coincideva in età monarchica al giovedì di ogni settimana al termina della seduta del Consiglio dei Ministri. Argomentando sul fatto che una prassi del genere avrebbe portato ad un rallentamento significativo dell’attività di controllo del Presidente78, dato l’ingente numero di provvedimenti settimanalmente emanati, si sarebbe proceduto ad una firma su una immediata presentazione del decreto, consentendo così ai membri del Segretariato Generale di poter adoperare il proprio scrutinio preventivo. L’utilizzo del termine “non protocollare” è stato giustificato da Einaudi sulla base che esse si fondavano su una diversa indole, ovvero sullo spirito della Costituzione repubblicana volto a dotare il Presidente di stringenti meccanismi di controllo, allora esclusi al Sovrano.
76 Per attività interna si intende quella attività volta a cercare di ottenere il miglior funzionamento
dell’ente a cui si riferisce. Approfondiscono molto questa distinzione OCCHIOCUPO N., op cit., 27 e ss. e SILVESTRI G., L’attività interna della Pubblica Amministrazione, 1950, 24
77 EINAUDI L., Di alcune usanze non protocollari attinenti alla Presidenza della Repubblica, in
Nuova Antologia, 1956, 434
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Andando nello specifico, a queste linee guida generali per la prassi interna si ramificheranno varie situazioni e accorgimenti, per cui si dividerà l’analisi, esaminando dapprima la situazione di rinvio delle leggi alle Camere, dell’attività di cd. “moral suasion” e del caso del potere di autorizzazione per la presentazione dei disegni di legge governativi alle Camere.
Il primo caso ha visto Einaudi rinviare in tre occasioni una deliberazione parlamentare per un riesame: nei primi due casi il parametro costituzionale di riferimento è stato l’art.81 Cost., comma 4, ed il terzo ha riguardato un caso di violazione del principio di ragionevolezza ex art. 3, comma 2. Un ricorso al rinvio molto parco per due ordini di ragioni: da un lato, la presenza di un solido indirizzo politico di maggioranza, soprattutto negli anni del centrismo degasperiano, sino al 1953 ed in secondo luogo a seguito dell’interpretazione data da Einaudi al potere di autorizzazione dei disegni di legge di iniziativa governativa. Laddove fosse già intervenuta una autorizzazione alla presentazione, non si sarebbe proceduto ad un rinvio alle Camere per non destabilizzare l’indirizzo politico governativo. L’attività del Segretariato si è orientata funzionalmente all’adempimento di questo fine. In caso di rinvio delle leggi è stata cura del Segretario Generale, Ferdinando Carbone e del Capo Ufficio Rapporti con il Governo ed il Parlamento, Nicola Picella, di dover redigere gli “opportuni appunti” per la stesura del messaggio motivato79. Per quanto riguarda i primi due rinvii, secondo la testimonianza di Einaudi, del 9 aprile 1949 e dell’11 gennaio 1950, i rilievi tracciati dal Segretariato sono stati decisivi e trasposti nel messaggio di motivazione, mentre per il terzo rinvio, che ha avuto oggetto una peculiare ricostruzione in tema di principio di ragionevolezza delle leggi il Presidente ha rivendicato la esclusiva “paternità” del rinvio80. Un altro elemento di grande interesse è provenuto dal potere, interpretato come speculare da Einaudi, dell’autorizzazione preventiva. Secondo la testimonianza del Segretario Generale Carbone, il Presidente avrebbe fatto un uso estensivo di detta prerogativa, confidando nella possibilità di instaurare una sorta di collaborazione fruttuosa con il Governo in sede preventiva e magari arginare eventuali conflitti a legge deliberata. L’attività dell’allora Segretario Generale è stata, invece, tutta volta a dissuadere il Capo dello Stato nell’utilizzare in maniera estensiva la detta prerogativa
79 EINAUDI L., Lo scrittoio del Presidente, Torino, 1956, 647-648 80 EINAUDI L., ult. Op. cit. Note conclusive, 648
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per non appunto porre in essere atti che avrebbero comportato la nascita di indirizzo politico presidenziale sovrapposto a quello governativo, contribuendo così a limitare l’attivismo presidenziale sul punto81.
Ulteriore punto da considerare è nella complessiva attività di moral suasion. Einaudi ha sempre adoperato l’utilizzo delle cd. “prediche” per poter cercare di persuadere l’Esecutivo sulla legittimità di certi interventi correttivi, soprattutto in tema finanziario ed economico, ma anche su questioni istituzionali come successo nel caso di approvazione della legge elettorale maggioritaria, nota alle cronache come la cd. “legge truffa”, per le elezioni politiche del 1953. Al di là della problematica questione della legittimità costituzionale di simili interventi, pur coperti dal riserbo istituzionale, è necessario segnalare come la possibilità materiale di poter esternare nelle corrispondenze con il Presidente del Consiglio possa nascere solo da un’accurata opera di ricostruzione e monitoraggio delle tematiche da parte degli Uffici del Quirinale. Non solo quindi attività di consulenza giuridica, ma piuttosto attività di informazione, capace di rendere il Presidente non solo edotto, ma anche maggiormente dinamico e legittimato nella sua auctoritas nell’instaurare una dialettica con gli organi di indirizzo politico.
Si possono trarre alcune risultanze. Innanzitutto, è chiaro che il Segretariato abbia seguito la linea politica-istituzionale lanciata dal Presidente in una logica pienamente compatibile con il dettato della legge n.1077 che comporta la presenza di uno stretto vincolo di fiducia politica tra Segretario e Presidente. In secondo luogo, è rilevante la presenza di una dualità di funzioni all’interno del Segretariato: il rilievo politico- istituzionale giocato dalla componente variabile ovvero dagli uffici di staff che sanciscono la loro appartenenza al Segretariato sulla base non solo dei compiti di consulenza politica e giuridica, ma soprattutto su un legame di fiducia con il vertice presidenziale.
Si può, comunque, affermare (ma si avrà modo di approfondire in seguito) che la Presidenza Einaudi ha cercato di sedimentare dei meccanismi convenzionali intra moenia per l’organizzazione dell’attività interna, ma anche finalizzata a plasmare la posizione costituzionale del Presidente, quindi in una sorta di rilevanza anche “esterna”
81 FAUCCI R, Luigi Einaudi, Torino, 1986, 390 e ss., PICELLA N., Luigi Einaudi nel ricordo di un suo collaboratore, Studi per il XX anniversario dell’Assemblea Costituente, Vol. I, Firenze, 1969,
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anche se non direttamente per il tramite del Segretariato. Contando che Einaudi ha dovuto operare in un contesto, dove nessun precedente nella prassi avrebbe potuto legittimare il suo operato e in un quadro giuridico-costituzionale fatto di norme volutamente aperte all’interpretazione tramite la prassi. In sintesi, i meccanismi convenzionali o “non” protocollari sopra descritti sono da ascrivere a dei primi tentativi di “enlargement of functions” dove il Segretariato agisce come instrumentum regni. Senza voler anticipare le conclusioni del presente lavoro, occorre sottolineare un ulteriore elemento. Più la figura presidenziale enlarges its action più i meccanismi convenzionali interni che “sorreggono” di fatto questa azione possono prendere delle linee evolutive che possono creare delle problematiche sulla legittimità costituzionale oppure dei meccanismi convenzionali di tale rilievo da fornire nuove chiavi di lettura all’interpretazione della forma di governo.