• Non ci sono risultati.

La giurisprudenza e l’autodichia: un rapporto già definito?

Sezione II- I limiti all’autonomia normativa del Presidente della Repubblica: il caso dell’autodichia

2. La giurisprudenza e l’autodichia: un rapporto già definito?

Come il titolo suggerisce e citato più volte in precedenza, si è recentissimamente un tassello fondamentale in un mosaico molto variopinto di decisioni della giustizia

326 Secondo l’art.14 il Segretariato Generale si avvarrà del patrocinio legale dell’Avvocatura

Generale dello Stato. Per un approfondimento sul punto si rinvia a OCCHICUPO N., op. cit., 1973, 308

165

amministrativa, ordinaria e delle Supreme Corti con la specificazione che importanti indicazioni si sono avute anche dal giudice sovranazionale della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo. Per cercare di ricostruire sinteticamente il tutto occorre fare riferimento alle varie pronunce analizzandole sul piano cronologico, poiché soprattutto nei primi orientamenti avutasi i principi di diritto enucleati vanno interpretati di pari passo all’evoluzione del quadro normativo. Si farà frequente riferimento, inoltre, all’analogo caso dell’autodichia del Parlamento per avere cognizione di numerosi ed interessanti spunti utili ai fini della presente ricerca. La posizione del Presidente della Repubblica in tema di autonomia giurisdizionale è stata dapprincipio fortemente criticata da molte sentenze dei giudici amministrativi e dalla Suprema Corte, a differenza degli orientamenti della Consulta, inaugurati con la storica sentenza n. 9 del 1959 e confermati nelle decisioni n.143 del 1968, n.110 del 1970 e n. 231 del 1975. In particolare, mentre le pronunce dei giudici comuni hanno riguardato nello specifico il caso del Presidente della Repubblica, le statuizioni della Corte costituzionale hanno interessato l’autodichia delle Camere e più in generale il regime comune degli organi costituzionali partecipi del potere sovrano, inclusa la Presidenza. Dalla giurisprudenza non costituzionale si possono prendere a riferimento le pronunce n.2979 del 1975 delle S.U. della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato, sez. IV n.208 del 1985, dove entrambe si sono focalizzate sul fatto che da un lato non sarebbe stato riscontrabile nel quadro regolamentare del Presidente un sistema di giustizia domestica simile alle Camere e sul presupposto che difficilmente si sarebbe potuto radicare una tale giurisdizione non essendo il Segretariato Generale un organo costituzionale ma bensì un apparato servente con natura meramente amministrativa e non partecipe delle funzioni presidenziali327. Ragion per cui non sussisterebbe alcun interesse costituzionalmente rilevante, affinché gli venisse riconosciuta l’autodichia. Ma in aggiunta l’interrogativo posto dai giudici in questione si è poi focalizzato nello

327Cass., sez. un., 5 agosto 1975, n. 2979, in Giur. it., 1976, I, 429 ss., PANUNZIO S.P., Sindacabiltà dei regolamenti parlamentari, in Giust. civ., 1975, I, 1602 ss. (con nota di De Fina, e in Foro it.,

1976, I, 392 ss. (con nota di Barone), Cons. St., sez. IV, 27 maggio 1985, n. 208, p. 519 ss., 521 s., e Cass., sez. un., 10 maggio 1988, n. 3422, V., inoltre: TAR Lazio, sez. I, 9 luglio 1986, n. 974, in I TAR, 1986, 2625; Cass., sez. un., 17 febbraio 1983, n. 1203, in Rass. avv. St., 1983, 492 ss., specialmente 496; Cons. St., sez. IV, 13 giugno 1984, n. 464, in Cons. St., 1984, 701; TAR Lazio, sez. I, 25 novembre 1981, n. 973, mentre per alcune pronunce durante l’ordinamento monarchico v. Cons. Stato, sez. IV, 25 febbraio 1942, riportata in dottrina da CRISAFULLI V., op. cit., 1942, 36 e ss. e OCCHIOCUPO N., op. cit., 1973, 222.

166

specifico sulle pretese violazioni di alcuni dei principi costituzionali che regolano la funzione giurisdizionale, che sono: a) dell'art. 108 comma Cost. (non essendo garantita, nel caso del foro domestico della Camera, l'indipendenza dei componenti dei collegi giudicanti rispetto all'Amministrazione dell'organo costituzionale); b) dell'art. 102, comma 2 Cost. (in quanto il sistema di autodichia in esame comporta l'istituzione di giudici straordinari o speciali); c) dell'art. 111, comma 2 Cost328. Dalla Consulta, invece, era altresì radicato il presupposto logico per cui fosse presente nell’ordinamento costituzionale un regime comune di autonomia per tutti gli organi costituzionali. A questo primo filone sono seguiti alcuni mutamenti nel corso degli anni Ottanta. Innanzitutto, la già esaminata sentenza n.129 del 1981, che nello specifico ha riconosciuto autonomia contabile e normativa alla Presidenza sulla base di un principio implicito desumibile dalla Costituzione e da una tradizione stabilita in una consuetudine costituzionale. Indirizzo ribadito nei confronti delle Camere nell’altrettanto storica sentenza n. 154 del 1985, dove con riferimento ai regolamenti parlamentari in questo caso la Consulta ha ribadito l’esistenza di un fondamentale principio desumibile dalla centralità dell’organo sovrano Parlamento per cui l’eventuale sindacato sui regolamenti, che prevedono l’autodichia, la minerebbe e porterebbe le Camere ad illegittime interferenze da parte degli altri poteri dello Stato329. Granitica la posizione della Suprema Corte e della giustizia amministrativa sul non riconoscimento dell’autodichia agli organi costituzionali sino ad una pronuncia delle S.U. della Cassazione del 1986 (n.2861) e poi riconfermata anni avanti nel 1992 (n.1993), nel 1999 (n.317) e nel 2004 (n.11019). Questa serie di decisioni delle Sezioni Unite sono riferibili al sistema parlamentare di giurisdizione domestica ma sono da segnalare per gli importanti punti ricostruttivi che esse offrono. Ai quesiti sottoposti all’attenzione della Suprema Corte nelle dette sentenze si è dato conto, innanzitutto, di alcune importanti premesse metodologiche sulla soluzione più corretta da approntare:

328 Cass., sez. un., 5 agosto 1975, n. 2979, in Giur. it., 1976, I, 429 ss, OCCHIOCUPO N., op. ult.

cit, 214 e ss., Il diritto ad un giudice indipendente ed imparziale, in Riv. Dir. Proc. Amm., 1977, 777 e ss., Gli organi costituzionali legibus soluti?, in Giur.it., 1985, 14 e ss.

329 FLORIDIA G., Finale di partita, nota a Cass., sez. un., 28 novembre 1985, n. 2861, in Dir. proc.

amm., 1986, 281-288, CICCONETTI S.M., La insindacabilità dei regolamenti parlamentari, in Giur. cost., 1985, I, 1433 ss., OCCHIOCUPO N., «Sovranità» delle Camere e «diniego di giustizia»

nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in Dir. proc. amm., 1986, 252 ss.; MIDIRI M., Organi costituzionali e giurisdizione (note su una prerogativa controversa: l’autodichia), in Giur. cost., 1989, 55 ss

167

“[…] Un siffatto presidio dell'autonomia parlamentare deriva dal coacervo delle guarentigie poste dall'ordinamento costituzionale, dovendo queste essere considerate, non singolarmente, bensì nel loro insieme, poiché, pur potendo specificamente riguardare l'uno o l'altro degli aspetti dell'attività parlamentare […]”330

. Con questa affermazione si è voluto intendere che i vari profili dell’autonomia costituzionale dell’organo andassero analizzati in stretta sinergia tra loro, per cui se, secondo le indicazioni della giurisprudenza costituzionale, si è dato conto della insindacabilità dei regolamenti parlamentari come fonti primarie riservate alla Camere, allora l’istituto dell’autodichia che è ivi previsto non potrebbe trovare altra giustificazione che nella medesima che fonda la previsione di un’autonomia normativa. L’affermazione finale delle Sezioni Unite nel 2004 sulla “[…] necessità di configurare gli atti di esercizio della menzionata prerogativa, come inerenti essi stessi strettamente all'organizzazione ed al funzionamento delle Camere, con uguali connotati di insindacabilità esterna […] dove tale esercizio non sia in modo alcuno condizionato da interventi di altri poteri, i quali potrebbero indebolire quell'indipendenza che costituisce condizione essenziale per il pieno sviluppo della libera azione degli organi suddetti […]”331

è emblematica di questo principio.

Le statuizioni della Suprema Corte non si sono invece focalizzate sui singoli parametri costituzionali che sono stati di volta in volta invocati dai giudici: le indicazioni appena citate hanno, infatti, costituito un prius logico secondo il quale si sarebbe venuto a creare uno schermo protettivo incontestabile se non dalla Consulta332.

Dal 2009 al 2017 si sono avute, invece, una serie di importanti decisioni che se, da un lato, non hanno effettivamente portato alla censura dell’istituto dell’autodichia, d’altro canto hanno indicato delle vie percorribili alternative che potrebbero nell’immediato futuro portare a riconsiderare totalmente i termini della questione. Il primo caso è la

330 Cass. S.U., 10 giugno 2004, 11019 con nota DI PAOLA L., Concorsi alla Camera dei deputati: resiste il principio di autodichia, Dir. e giust., n.29, 2004, 80

331 Ibidem

332 Uniche indicazioni si sono avute con riferimento alla esperibilità o meno del ricorso per

cassazione ex art. 111, comma 7 Cost. con il semplice riaffermare che non si potrebbe procedere sui medesimi presupposti costituzionali che impedirebbero di poter sindacare i regolamenti parlamentari. Per quanto comunque i ricorrenti abbiano sempre allegato le dette violazioni, la Cassazione non ha mai trovato risposta ai detti interrogativi a causa del silenzio della Consulta sul punto, unico giudice deputato a fornire un’interpretazione costituzionalmente conforme delle previsioni regolamentari.

168

storica sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Savino e altri c. Italia, del 28 aprile 2009 e rappresenta l’unico caso nel quale la questione della giurisdizione domestica degli organi costituzionali ha travalicato i confini dei giudici nazionali. Il ricorso è scaturito dalle istanze di due dipendenti della Camera dei deputati (Savino e Persichetti), i quali lamentavano delle incongruenze nei corrispettivi a loro attribuiti per aver fornito la loro prestazione d’opera nei confronti dell’amministrazione camerale333. Esperiti i ricorsi interni presso gli organi di autodichia della Camera, hanno infine proposto istanza a Strasburgo, lamentando la violazione da parte dell’art. 12 del Regolamento della Camera dell’art.6, paragrafo 1, della CEDU, in quanto la giurisdizione domestica non potesse essere considerata come un tribunale con funzioni giurisdizionali, precostituito per legge e dotato delle garanzie di imparzialità e terzietà. Il dispositivo della Corte EDU, come affermato da parte della dottrina, è una condanna a metà334. Infatti, per un verso, il giudice sovranazionale ha considerato conforme alla Convenzione la predisposizione di una giurisdizione domestica all’interno delle Camere stabilendo che si è di fronte ad un tribunale esercitante funzione giurisdizionale in quanto decidente sulla base di norme di diritto, con una procedura organizzata e con effetti vincolanti e autonomi da qualsiasi potere non giurisdizionale335. In aggiunta veniva respinta anche l’eccezione sulla pre-costituzione per legge, dal momento che la pubblicità delle fonti regolamentari che la prevedono è di per sé idonea a soddisfare l’esigenza di conoscibilità e trasparenza previste dalla Convenzione.

Ma il punto centrale è costituito dalla particolare soluzione data al problema della indipendenza ed imparzialità dell’organo giudicante. Il primo profilo viene sinteticamente risolto in senso positivo con l’affermazione che l’estraneità dal potere Esecutivo è di per sé bastevole a garantire l’indipendenza dell’organo. Sull’imparzialità, invece, la Corte EDU rileva che essa per ritenersi conforme ai dettami della Convenzione debba prevedere che i giudici scelti non siano troppo vicini ad una delle parti del giudizio, così come lamentato dai ricorrenti, essendo la Commissione per i ricorsi composta da deputati e l’organo Camera la parte

333 Nello specifico si tratta di un geometra ed un architetto che hanno collaborato con i loro progetti

alla realizzazione di lavori di ristrutturazione presso Montecitorio.

334 RANDAZZO B., L’autodichia della Camera dei deputati e il diritto al giudice: una condanna a metà, in Giornale di Diritto Amministrativo, n.10, 2009, 1051 e ss.

169

resistente336. I giudici di Strasburgo, però, insistono anche sul presupposto che il meccanismo della scelta sia tramite sorteggio dei giudici deputati ed in particolare che non vi siano tra i papabili i membri dell’Ufficio di Presidenza, organo legittimato a porre in essere le delibere amministrative nei confronti del personale dipendente. Cosa che invece sarebbe avvenuta per il Collegio d’appello, composto da deputati dell’Ufficio di Presidenza e, quindi, in contrasto con l’art.6 CEDU: questa rappresenta la pars destruens della pronuncia337. In sintesi, la Corte EDU ha tentato di fornire una sorta di decalogo dei requisiti che dovrebbe possedere una giurisdizione domestica per essere convenzionalmente conforme, ma ha mostrato d’altro canto numerosi limiti, poiché non ha sciolto i nodi in merito al concetto di terzietà del giudice, che, come si avrà modo di vedere a breve, rappresenta un presupposto logico indefettibile per delineare la presenza o meno di un vero e proprio organo giurisdizionale338.

La seconda pronuncia da richiamare è già stata esaminata con riferimento al tema dell’autonomia normativa del Presidente della Repubblica ed è la pronuncia delle S.U. della Cassazione n.6529 del 2010. Con riferimento al tema dell’autodichia la sentenza è originata a seguito del ricorso del dipendente del Segretariato e della sua richiesta di adire il giudice amministrativo, a cui la Suprema Corte risponde affidandosi ai criteri elaborati dal caso Savino ed ai principi elaborati dalla Consulta nella sentenza 129 del

336 Il paragrafo 101 recita testualmente: “[…] Quanto al requisito d’«imparzialità», ai sensi

dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, esso riveste due aspetti. Occorre innanzitutto che il tribunale non manifesti soggettivamente alcun partito preso né pregiudizio personale. Il tribunale deve essere poi oggettivamente imparziale, vale a dire offrire garanzie sufficienti ad escludere ogni legittimo dubbio al riguardo. All’atto pratico, si tratta di chiedersi se, indipendentemente dalla condotta personale dei giudici, alcuni fatti verificabili autorizzino a sospettare l’imparzialità di questi ultimi. È in gioco la fiducia che i tribunali di una società democratica sono tenuti ad ispirare alle parti in giudizio, a cominciare dalle parti nel procedimento (Morris c.Regno Unito, n. 38784/97, § 58, CEDU 2002-I).

337“[…] Tuttavia, essa non può ignorare il fatto che la Sezione, organo d’appello che delibera a titolo

definitivo, è composta interamente da membri dell’Ufficio di presidenza, vale a dire dell’organo della Camera dei deputati competente a dirimere le principali questioni amministrative della Camera, ivi comprese quelle riguardanti la contabilità e l’organizzazione dei concorsi per l’assunzione del personale […]”, così come recita il paragrafo 104.

338 Sul punto RANDAZZO B., op. ult. cit., 1057 e ss., FASONE C., L’autodichia delle Camere dopo il caso Savino. Una condanna (lieve) da parte della Corte di Strasburgo, 2009, 1074,

OCCHIOCUPO N., La Corte europea dei diritti dell’uomo dà il suo imprimatur all’autodichia della

Camera dei Deputati e degli organi costituzionali dello Stato italiano, in Il diritto dell’U.E., 2010,

n. 2, p. 397 ss.; PESOLE L., A proposito della sentenza Corte EDU sull’autodichia: le decisioni più

radicali sono lasciate all’ordinamento nazionale, in Federalismi.it, 8/2010, MALINCONICO G,, La corte europea dei diritti dell’uomo si pronuncia sull’autodichia delle Camere, in Federalismi.it,

9/2009, PELELLA G,, Si consolida l’autodichia parlamentare dopo il vaglio della Corte europea

170

1981. I giudici di legittimità danno torto al ricorrente sulla base di un triplice argomento: a) giudice precostituito a seguito di una designazione preventiva della composizione dei collegi, visto nel paragrafo precedente ; b) l’indipendenza e terzietà dei collegi sono garantiti dalla totale estraneità dei loro membri dai ruoli dell’organo costituzionale in cui operano; c) imparzialità assicurata dall’appartenenza ordinamentale alla Magistratura e dal rispetto previsto dai regolamenti presidenziali alle norme di deontologia degli ordini di appartenenza339. Questa pronuncia ha sicuramente assunto il merito di aver operato un’indagine globale dei principi fondamentali della funzione giurisdizionale, estendendo il suo controllo anche alla verifica dell’importante requisito della terzietà.

I contrasti giurisprudenziali sono, però, proseguiti fino ad adire la Corte costituzionale nel tentativo di ottenere una pronuncia che potesse definire le questioni irrisolte. Nella già, per certi versi, esaminata pronuncia n.120 del 2014 la Consulta ha indicato come terreno di scontro il conflitto di attribuzione inter-organico tra Cassazione e l’organo costituzionale dotato di autodichia. L’importante apertura fatta sul principio presupposto che i regolamenti parlamentari non immediatamente riferibili a funzioni costituzionalmente previste per l’organo andassero ricondotti alla grande regola dello Stato di diritto per la tutela dei diritti fondamentali dei singoli, ha fatto sì che in termini metodologici l’ammissibilità o meno dell’autodichia nel nostro ordinamento fosse ricondotta ad un problema di corretta delimitazione di spazi di competenza costituzionalmente riservati. Nel senso che, secondo la Corte, laddove fossero presenti delle lesioni concrete dei diritti fondamentali dell’individuo a seguito dell’azione degli organismi di autodichia, allora tramite il sollevamento del conflitto la Corte potrebbe

339 Cass. S.U., 17 marzo 2010, n.6529, con nota di MONZANI S., Il rinnovato sistema di giustizia domestica della Presidenza della Repubblica e l'esercizio del potere di autodichia. Foro amm.

CDS,7-8, 2010, 1406, ma anche sul punto RASCIO V., L’autodichia del Presidente della

Repubblica nell’ambito delle controversie di lavoro (Cass. Sez. Un., 19 gennaio 2015, n. 740), in

Rivista Nel diritto, 2015, 796 ss., VANZ M.C., L’autodichia della presidenza della repubblica sulle

cause dei dipendenti del segretariato generale: un revirement delle SS. UU. poco convincente,Riv.

dir. proc., 2011. Al riguardo si vedano gli ulteriori approfondimenti di GRANDI F., La Corte di

cassazione (non) cambia idea sull’autodichia, in Giur. cost., 2010, p. 5283 ss.; CICCONETTI S.M., L’autodichia della presidenza della Repubblica (Cass. 17 marzo 2010, n. 6592), in Rivista AIC, n.

7, 2010; MALINCONICO G., Sull’autodichia della presidenza della repubblica, in Federalismi.it, 7/2010.

171

rilevare una eventuale menomazione e sconfinamento in modo da far rientrare nella cornice di legalità costituzionale l’agire di questi organismi340.

Su questa traccia si sono per l’appunto inseriti due analoghi sollevamenti di un conflitto inter-organico da parte delle S.U. della Cassazione contro il Senato della Repubblica e contro il Quirinale (nella veste del Presidente, unico organo-potere legittimato a stare in questo tipo di giudizio di fronte la Consulta). In particolare, si guarda al ricorso per conflitto di attribuzione n.2 del 16 luglio 2015 sollevato contro il Capo dello Stato. Anche in questo atto giudiziario, esaminati i profili inerenti all’autonomia normativa, sullo specifico tema della giurisdizione domestica, l’intenzione della Cassazione, parte attrice del conflitto, è quella di affermare che “[…] il rispetto dei diritti fondamentali costituisce un limite alla competenza regolamentare delle Camere. L'eventuale superamento di questo limite non ridonda in vizio di incostituzionalità censurabile nei modi del giudizio di costituzionalità in via incidentale, che rappresenta la forma ordinaria del controllo di costituzionalità accentrato nella giurisdizione della Corte costituzionale, ma costituisce un'invasione di campo, una violazione delle regole di competenza, un'alterazione dell'equilibrio dei poteri dello Stato […]”341

. Da questo passaggio può dedursi come la questione vada a porsi metodologicamente e definitivamente nell’alveo designato dalla sentenza 120/2014, per cui la decisione n.262 del 2017 si inserisce in questi binari.342

La pronuncia è stata molto travagliata all’interno della Corte costituzionale e ciò può desumersi dal cambio di relatore (dal Prof. Amato al Prof. Zanon) avutosi e dallo stacco temporale consistente tra camera di consiglio e pubblicazione motivazioni. Per quanto la riflessione possa essere stata lunga l’impressione che si trae è però quella di un apparato argomentativo in termini di diritto molto strutturato e nei contenuti dà l’impressione di essere stata una pronuncia “definitiva” sull’autodichia degli organi in

340 DICKMANN R., Tramonto o rilegittimazione dell’autodichia delle Camere, in Federalismi.it,

10/2014, GRIGLIO E., Le assemblee parlamentari, giudici in causa propria, ma non a titolo

esclusivo? I seguiti della sent. n. 120/2014 della Corte costituzionale, in Osservatoriosullefonti.it,

1/2015,3 ss., GIUPPONI, La Corte e la “sindacabilità indiretta” dei regolamenti parlamentari: il

caso dell’autodichia, in Forum costituzionale, 2014, 3; OCCHIOCUPO N., Organi costituzionali e «teologia dei corpi separati», in Rass. parl., 2015, 139;

341 Cass. S.U., ricorso per conflitto di attribuzione n.2, 16 luglio 2015, www.cortecostituzionale.it 342 Ci si riserva di approfondire nel dettaglio la detta pronuncia con un saggio o nota sentenza. Al

momento ma puramente per ragioni di ordine temporale (uscita sentenza quasi coincidente con

deadline presente lavoro) si potrà procedere solo ad illustrare in sintesi i contenuti essenziali e

172

questione. Con la presente sentenza la Corte costituzionale ha rigettato nel merito il ricorso per conflitto di attribuzione per vindicatio potestatis in merito alla giurisdizione domestica, sollevato dalla Corte di cassazione nei confronti del Senato della Repubblica e del Presidente della Repubblica. La Consulta ha stabilito che l’istituto giuridico dell’autodichia è una diretta manifestazione del principio di autonomia costituzionale di questi organi e consustanziale a far sì che gli organi costituzionali esercitino liberamente le proprie funzioni primarie. La Corte così esplicita: “[…] Così, l’autonomia normativa logicamente investe anche gli aspetti organizzativi, ricomprendendovi ciò che riguarda il funzionamento degli apparati amministrativi “serventi”, che consentono agli organi costituzionali di adempiere liberamente, e in modo efficiente, alle proprie funzioni costituzionali. Su questo stesso fondamento poggia la potestà, riconosciuta agli organi costituzionali, di approvare norme relative al rapporto di lavoro con i propri dipendenti: infatti, il buon esercizio delle alte funzioni costituzionali attribuite agli organi in questione dipende in misura decisiva dalle modalità con le quali è selezionato, normativamente disciplinato, organizzato e gestito il personale […]”343

. In una seconda parte della sentenza la Corte specifica che è comunque costretta a scrutinare l’effettiva presenza di un sistema giurisdizionale, seguendo l’impostazione che essa stessa aveva proposto nel 2014 che tuteli i diritti fondamentali dei singoli dipendenti degli organi ricorrenti. Nel caso di specie la Consulta ritiene che le garanzie previste dalla Costituzione sussistano sia per il Senato e sia per il Presidente della Repubblica: “[…] Per parte sua, il Presidente della Repubblica ha istituito organi di primo e secondo grado, composti solo da magistrati, nominati con suo decreto, su proposta del Segretario generale, previa designazione dei

Outline

Documenti correlati